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Writer's pictureEliane Brum

Brasile. Donne contro l’oppressione

Updated: Sep 16, 2021

Il movimento delle Donne Unite Contro Bolsonaro è l'accadimento più importante di queste elezioni. Camminare insieme a loro sabato prossimo, 29 settembre, è scegliere di dire insieme, donne e uomini, all'unisono, non malgrado tutte le differenze, ma con tutte le differenze, che scegliamo la libertà contro l'oppressione. Che scegliamo il rispetto contro il pregiudizio. Che scegliamo l'uguaglianza contro il razzismo. Che scegliamo la diversità dei molti contro l'egemonia dell'uno. Che scegliamo la pace contro la violenza. Se dipenderà dalle Donne Unite Contro Bolsonaro, l'odio non governerà il Brasile.

di Eliane Brum*, El Pais 24.09.18 (Traduzione Martina Morbidini e Carlinho Utopia)

Gli analisti del bolsonarismo credono che egli rappresenti, per i suoi elettori, un grido contro ciò che non funziona e contro l’abbandono, o anche contro la precarietà delle risposte della democrazia ai problemi reali della vita quotidiana. La candidatura di Jair Bolsonaro rappresenterebbe anche il voto del cosiddetto Gli analisti del bolsonarismo credono che, per i suoi elettori, egli rappresenti un grido contro ciò che non funziona e contro l’abbandono, o anche contro la precarietà delle risposte della democrazia ai problemi reali della vita quotidiana. La candidatura di Jair Bolsonaro rappresenterebbe anche il voto del cosiddetto “antipetismo” (ndt. l’essere contro il PT, il Partito dei Lavoratori) questo sentimento che è andato rafforzandosi a partire dal 2013 e, nel 2015, si è trasformato in odio. Posizionandosi contro ciò che il candidato di estrema destra rappresenta, il movimento “Mulheres Unidas Contra Bolsonaro” (ndt. Donne Unite Contro Bolsonaro), che raggruppa oltre 3 milioni di brasiliane sulla sua pagina Facebook, denuncia giustamente l'impossibilità del voto a Bolsonaro in quanto voto "anti-sistema". Ciò che queste donne sottolineano è che non c'è niente di più a favore del sistema di Bolsonaro. Votare per lui significa votare ciò che non ha mai rappresentato nulla di buono in Brasile, ma è sempre esistito. O per il ritorno di quelli che non se ne sono mai andati. È possibile votare Bolsonaro. Può essere considerato da molti immorale o perfino non etico, dato che lui difende apertamente la violenza contro i gruppi più fragili, come le donne, i neri, i gay, i contadini e gli indigeni. E incita alla violenza in uno dei paesi che è già tra i più violenti del mondo. Ma, se tu la pensi come lui, ha senso votare per chi rappresenta i tuoi ideali. È questa, alla fine, la democrazia. Per quanto per qualcuno possa essere difficile da accettare, Bolsonaro e il suo autoritarismo sono a loro volta un prodotto delle contraddizioni della democrazia. Bolsonaro è un fenomeno interno alla democrazia, non un alieno.

Tuttavia, non è possibile votare Bolsonaro e al tempo stesso affermare che si stia votando a favore di un cambiamento o come forma di protesta contro l’establishment. Questo no. Affermazioni di questo genere sono evidentemente insostenibili. Un voto a Bolsonaro è esattamente un voto a favore di tutto ciò che è sempre stato al potere. O che vi è stato più a lungo di qualsiasi altro.


1 - Bolsonaro e i nuovi “coronelismi” rurali e urbani


Non è certo una coincidenza che le vecchie (e le nuove) oligarchie rurali, legate alla violenza nei campi, abbiano stampato sui propri camion le effigi del loro candidato Bolsonaro. Le forze che Bolsonaro rappresenta attraversano tutta la storia brasiliana. Con alti e bassi nella presenza ai vertici del potere politico. Ma sono queste forze che hanno trasformato il Brasile in uno dei paesi con più diseguaglianza e più violenza al mondo.

Per i "colonnelli" del Brasile rurale, il Brasile sarà sempre una grande fazenda

Bolsonaro non strizza l’occhio soltanto alla dittatura civile-militare che ha governato il paese con la forza dal 1964 al 1985. Prima di tutto dialoga con personaggi e con forze molto più antiche e fondanti del Brasile. Bolsonaro dialoga con il “coronelismo” (ndt. da “coronel” colonnello. Il potere economico, politico e sociale esercitato sui territori dai grandi latifondisti, i "colonnelli" appunto, anche attraverso la violenza delle loro milizie armate) che ha segnato il Brasile rurale e che, in molte sue forme, resiste ancora oggi. Rinnovato, reso attuale, perché niente attraversa la storia senza assumere nuove nuances e aggregando nuovi protagonisti.


In quanto fenomeno, Bolsonaro è una sintesi fra la parte golpista del militarismo professionista, rappresentata dal suo vice, il generale in pensione Hamilton Mourão, e il “coronelismo” politico di un Brasile rurale che usa l’agribusiness per mostrarsi al passo con la modernità, ma che conserva nei campi le stesse pratiche violente di sempre. Per questi, il Brasile sarà sempre una grande fazenda e la privatizzazione di ciò che ancora resta delle terre pubbliche e collettive nel paese, la lotta di sempre. Queste due forze si sono connesse in molti momenti della storia brasiliana. Come oggi.


In regioni come il Nord e il Centro-Est del Brasile, questo politico di un Brasile rurale che usa l’agrobusiness per mostrarsi al passo com la modernità, ma che conserva nei campi le stesse pratiche violente di sempre. Per questi, il Brasile resterà per sempre una grande fazenda e la lotta sarà sempre sarà quella di privatizzare ciò che ancora resta delle terre pubbliche e collettive nel paese. Queste due forze si sono connesse in molti momenti della storia brasiliana. Come oggi.


In regioni come il Nord e il Centro-Est del Brasile, questo “coronelismo” non rappresenta le vecchie oligarchie rurali del diciannovesimo secolo e della prima metà del ventesimo, ma nuove oligarchie che si sono costituite nella seconda metà del secolo scorso, sia durante il processo di espulsione e di massacro dei popoli indigeni, per liberare le loro terre ancestrali per i progetti della dittatura, sia nell’accaparramento illegale (land grabbing) di vaste porzioni di foresta, un processo tutt’ora in corso e che ha ripreso vigore negli ultimi anni.


Parte di questo accaparramento messo in atto già nel secolo XXI è stato legalizzato dal governo Temer, il cui garante principale è la “bancada ruralista” .

(ndt. Il termine "Bancadas", letteralmente, indica i "Banchi del Parlamento". Al'interno del Congresso Nazionale brasiliano esistono tre fortissimi gruppi di potere trasversali ai partiti, legati ad interessi specifici: la "Bancada ruralista", legata ai grandi latifondisti e all'agribusiness; la "Bancada da Bala", letteralmente "della pallottola", formata da politici legati alle industrie di armi, da molti ex poliziotti e militari; la "Bancada da Biblia", cioè della Bibbia, il fronte religioso evangelico).


Ma, pur avendo garantito e garantendo il governo, questi colonnelli e i loro rappresentanti al Congresso non hanno mai nemmeno pensato di votare un candidato del MDB (Movimento Democratico Brasiliano) o del PSDB (Partito della Social Democrazia Brasiliana), anche se attraverso questi partiti amministrano il potere a livello locale e regionale. Sono elettori di Bolsonaro dal primo giorno in cui il suo nome è spuntato tra i candidati.

Alcuni di coloro che si autodefiniscono “pastori” sono truffatori della fede o "colonnelli della fede”

Aggregandosi a nuovi e vecchi colonnelli, fa la sua apparizione la parte urbana e più rumorosa del Brasile evangelico, che sa utilizzare le parole con molta competenza. A cominciare dalla propria denominazione religiosa. Trasformando quella che è una brutale disputa di potere in una guerra del bene contro il male, parte delle leadership evangeliche nascondono sotto il discorso religioso ciò che è sempre stato squisitamente politico. Le critiche a queste leadership vengono lette come critiche all'intero gruppo religioso evangelico, e discriminerebbero settori della popolazione già storicamente discriminati. Un trucco questo di cui ultimamente abusano molto alcuni di questi leader. Aver battezzato “bancada della Bibbia” il loro gruppo all'interno del Congresso, non fa che aiutarli in questa trasmutazione da politica in religione.


Gli evangelici sono un gruppo molto eterogeneo con posizionamenti morali che variano, in alcuni casi radicalmente, nelle differenti chiese, rendendo così impreciso qualsiasi tentativo di definirli unitariamente. Ma la cosa più importante è che la critica non è alla religione, né ai suoi fedeli, e tanto meno una sorta di guerra santa. Al contrario. È una critica ai truffatori che usano la religione per l’arricchimento privato e per conquistare potere politico con fini di arricchimento privato.


La maggioranza di questi “truffatori della fede”, che si potrebbero anche chiamare “colonnelli della fede”, sono allineati a Bolsonaro. Sono allo stesso tempo i vecchi e i nuovi. La novità delle loro origini e dei loro linguaggi non riesce a nascondere che le loro azioni puntano a mantenere il Brasile esattamente così com'è, perché è in questo contesto che sono riusciti ad arricchirsi e a conquistare potere. Per mantenere la loro clientela dipendono dalla miseria, dalla disperazione e dalla paura. La loro sfida è di riuscire a moltiplicare la propria ricchezza privata, così come di continuare a garantirsi quei benefici pubblici che esentano le loro chiese da qualsiasi tassa.


La religione è solo il mezzo. Il lucro è il fine. La strategia di coprire la lotta per il potere con temi morali si è dimostrata così efficace che quella sorta di “milizie” che agiscono in rete e sui social, come il MBL (Movimento Brasile Libero), prevalentemente urbane, l’hanno adottata a partire dal 2017 per ampliare il numero dei seguaci, attaccando artisti e manifestazioni artistiche.


È interessante osservare come ciò che c'è di più retrogrado in Brasile si sia unito a fenomeni recenti per produrre quello che su internet ultimamente viene chiamato che agiscono in rete e sui social, come il MBL (Movimento Brasile Libero), prevalentemente urbane, l’hanno adottata a partire dal 2017 per ampliare il numero dei seguaci, attaccando artisti e manifestazioni artistiche.


È interessante osservare come ciò che c'è di più retrogrado in Brasile si sia unito a fenomeni recenti per produrre quello che su internet ultimamente viene chiamato “il coso” . Questo nickname, tipico dei social, è finalizzato a due obiettivi: il primo è quello di non rendere il candidato ancora più popolare, potendosi così assicurare i voti di quelli che, quando entrano nei seggi, votano il primo nome che ricordano; il secondo è riferito al fatto che, per tutto ciò che rappresenta, per il suo autoritarismo, sarebbe innominabile, o non nominabile. Nella definizione di “coso” entrano molte cose. Bolsonaro come una specie di Voldemort, il cattivo della serie di Harry Potter, al quale i maghi preferiscono riferirsi come entrano molte cose. Bolsonaro come una specie di Voldemort, il cattivo della serie di Harry Potter, al quale i maghi preferiscono riferirsi con un “voi sapete chi”, per evitare che l’invocazione del nome lo possa materializzare come realtà fisica.

Bolsonaro ha molto più del politico professionista dai risultati patetici piuttosto che del capitano dell’Esercito

Il fatto che Jair Bolsonaro sia in testa nelle intenzioni di voto (28%, secondo l’ultimo sondaggio di Datafolha), mostra la forza con cui ciò che esiste di più arcaico e oscuro in Brasile sia tornato alla luce. E come si sia incarnato in una figura che ha molto più del politico professionista piuttosto che del capitano dell’Esercito in pensione. E non un politico professionista che concorre alla costruzione di un paese, ma uno che lavora per la propria permanenza a libro paga del Congresso.


In 26 anni da parlamentare, secondo la ricerca del giornale O Estado de S. Paulo, Bolsonaro è riuscito a far approvare solo due progetti di legge a suo nome: 13 anni di stipendio, benefici, sussidi ecc. per ogni progetto. A domanda sulla sua bassa produttività, il candidato ha risposto: “Non prendere gol è importante tanto quanto segnarne”.


Questi sono i fatti, se i fatti valessero qualcosa nella costruzione mentale degli elettori. Risultati che avrebbero portato al licenziamento qualsiasi funzionario in qualsiasi azienda nel mondo, lo hanno premiato come funzionario del popolo. Tanto che Bolsonaro è diventato il leader nei sondaggi per la presidenza della Repubblica, primo nelle intenzioni di voto specialmente fra i più ricchi ed istruiti, precisamente quelli che si suppone avrebbero dovuto avere più accesso a informazioni di qualità, se mai questo contasse nel processo decisionale. Nell'epoca delle “auto-verità”, tuttavia, i fatti non valgono niente.


Ci sono diversi aggettivi che potrebbero essere usati per definire il comportamento dell'elettore di Bolsonaro. Illegittimo non è uno di questi. Se credi che il politico ideale sia colui che ha approvato due progetti in 26 anni di servizio pubblico e ti senti rappresentato dalla prestazione di Bolsonaro, ha senso votare per lui. Per motivi di coerenza, questo dovrebbe diventare il criterio di produttività per gli imprenditori che sono anche gli elettori di Bolsonaro, che su queste basi dovrebbero anche iniziare a selezionare i loro dipendenti e stabilirne i piani di carriera.


2 - Come le élite hanno scoperto che le piazze non sono il loro "animale da compagnia"


Il fenomeno chiamato "coso" mette in luce la monumentale arroganza di una parte dell'élite politica ed economica del Brasile, così come l'arroganza di una parte della magistratura. Queste élite condividevano l'illusione di controllare le piazze e anche i processi politici. Hanno scoperto che osservare il Brasile dall'alto non è sufficiente per capire i tanti “brasili”. Cominciano a rendersi conto che quando pensavano di usare, erano in realtà usate. Bolsonaro non rivela solo se stesso, ma molto oltre se stesso. Non è un evento isolato, ma una trama.


Il PT, in modo molto doloroso, ha scoperto nel 2013 che non era più un partito di piazza. In quel momento, l'arroganza del partito era tanta che pensava che le piazze sarebbero state sue per sempre. Così tanta che ha pensato di non doverci più andare. Nel 2013, il PT ha scoperto che stava venendo espulso dalle piazze. Nel 2015 gli enormi pupazzi gonfiabili di Lula e Dilma vestiti da carcerati hanno invaso i cieli. Il sentimento “antipetista” si è trasformato in odio.

Aécio Neves e il PSDB hanno una grande responsabilità per il pantano in cui si trova attualmente il Brasile

Ma l'esempio più evidente ancora è quello del PSDB (Partito della Social Democrazia Brasiliana), il cui dramma si svolge in questo momento. Quando Aécio Neves (PSDB) ha perso le elezioni del 2014 contro Dilma Rousseff (PT), lui e il suo partito hanno commesso l'atto, al tempo stesso opportunistico e irresponsabile, di mettere in discussione il processo elettorale senza che ci fosse nulla che giustificare il sospetto sul risultato delle elezioni. Il Brasile, con il voto elettronico, ha uno dei sistemi di voto più affidabili al mondo. Accettare la sconfitta è parte delle regole fondamentali della democrazia.


Aécio, il corrotto, ha avviato in quel momento una crisi e ha stabilito un pericoloso precedente. Più tardi, una registrazione avrebbe rivelato che Aécio affermava di aver chiesto la verifica dei risultati elettorali solo per "rompere le scatole". Aécio deve entrare nella storia non solo per le sue vicende di corruzione, ma a causa di questo atto di irresponsabilità criminale. Il “tucano” (ndr. il tucano è il simbolo del PSDB e "tucani" vengono chiamati i suoi militanti) dovrebbe essere bollato come uno dei politici che più ha contribuito all'erosione della democrazia in questo inizio di secolo.


Dall'interno dell'ospedale dove si sta riprendendo dopo il suo accoltellamento, Bolsonaro ha registrato un video mettendo in discussione il sistema di voto elettronico e segnalando che potrebbe non accettare il risultato delle elezioni in caso di sconfitta. Il suo vice, Hamilton Mourão, aveva già rilasciato un'intervista a Globo News in cui affermava la possibilità di un auto-colpo di stato del presidente eletto, con il supporto delle forze armate. È irresponsabile e gravissimo per un politico annunciare che partecipa al gioco, ma che accetterà il risultato solo in caso di vittoria. Qualunque bambino che gioca una partita di calcio in un campetto infangato sa che non è possibile accettare le regole del gioco solo quando vinci.


Il PSDB ha svolto un ruolo importante nell'impeachment senza base legale di Dilma Rousseff e ha partecipato al governo corrotto di Michel Temer (MDB). Quando si unirono ai movimenti di piazza in favore dell'impeachment e contro il PT, vestiti con la maglia della nazionale brasiliana, i politici tucani si sono illusi a loro volta che la piazza fosse loro. Neanche per sogno. Recentemente, uno dei capi del partito, Tasso Jereissati, ha detto che entrare nel governo di Temer è stato "il grande errore" del PSDB. "Siamo stati inghiottiti dalla tentazione del potere", ha ammesso. Troppo tardi.

Chiunque pensi di controllare le piazze non ha studiato né la storia né la psicologia umana

Chiunque pensi di controllare le piazze non ha studiato né la storia né la psicologia umana. Sia Aécio che il PSDB sono oggi più piccoli che mai, da ogni punto di vista. Non solo hanno perso risonanza ma, peggio ancora, hanno perso il rispetto. Il PSDB che era nato con il ritorno della democrazia non esiste più. Ciò che n'è rimasto è qualcosa di così diverso che neanche i suoi stessi leader sanno più definire.


Il destino di Michel Temer è ironico. Quasi tragico. Temer, il vice presidente traditore, rinomata volpe politica, ha creduto di poter fare tutto ciò che ha fatto ed essere ancora visto come uno statista. Subito dopo l'impeachment, era ben chiaro che Temer ed i suoi sostenitori nel Congresso, nel Mercato e in alcuni settori della Stampa, credevano che fosse tutto sotto controllo, pronto a ritornare ciò che era sempre stato. Temer sta terminando il suo mandato indicato come il presidente più impopolare della storia (o il più impopolare da quando esistono istituti di ricerca per valutare l'opinione della popolazione).


La disperazione dei liberali e dei neoliberisti segnala anche di quante illusioni si nutrono coloro che rappresentano il mercato. Parte delle élite economiche, con il più eclatante esempio della potente Federazione delle Industrie dello Stato di São Paulo (FIESP), che ha agito in modo esplicito e decisivo per l'impeachment della presidenta eletta, così come diversi portavoce di quello che viene chiamato "Mercato" credevano che tutto sarebbe andato secondo i loro piani. Avrebbero messo al Planalto (ndr. il palazzo della presidenza della Repubblica) qualcuno di cui si fidavano e tutto sarebbe andato a posto, avrebbero costruito quel "ponte verso il futuro" che avrebbe mantenuto i privilegi del passato. Credevano che il popolo nelle piazze fosse solo un burattino manovrabile, che la gente per le strade fosse la vera papera della FIESP (ndt. una enorme papera gonfiabile di colore giallo utilizzata dalla FIESP a supporto delle manifestazioni contro il governo Dilma e a favore del suo impeachment).


All'improvviso, Jair Bolsonaro, che avrebbe dovuto essere solo un partner buffone nel rovesciamento del governo PT, ha conquistato il primo posto nei sondaggi per le elezioni alla presidenza. Insieme a lui c'è Paulo Guedes, un economista ultraliberista troppo radicale perfino per i liberali. Quando parla, fa paura. Giorni fa ha lanciato una sorta di nuovo CPMF (Contributo Provvisorio sui Movimenti Finanziari). Ha dovuto smentire e cancellare gli impegni per non dire più assurdità sincere ma molto impopolari.

Sui social network, il nome del settimanale The Economist è stato storpiato in "The Communist". Sì, in Brasile il realismo magico è solo realismo

Se il Brasile non fosse in uno stato così tragico, sarebbe delizioso vedere una rivista liberale come l'inglese The Economist, che (sulle sue copertine) aveva già fatto decollare e poi precipitare il Cristo Redentore ai tempi di Dilma Rousseff, lanciare Jair Bolsonaro come "l'ultima minaccia latinoamericana" sulla copertina della scorsa settimana. La rivista preferita del Mercato si è manifestata inequivocabilmente contro l'ultraliberismo di Paulo Guedes, le tendenze golpiste di Hamilton Mourão e l'autoritarismo di Jair Bolsonaro. Sui social network il nome del settimanale è stato storpiato in "The Communist". Sì, in Brasile il realismo magico è solo realismo.


Certamente non era questo il copione immaginato da coloro che non avevano rispettato il voto dei brasiliani. E non era il copione che avevano sognato per questo momento quelle parti della grande stampa e dei media che hanno agito in modo decisivo per l'impeachment. La rete televisiva Globo ha scoperto presto, fallendo nel tentativo di rovesciare Michel Temer dopo le accuse di corruzione, che il suo immenso potere aveva dei limiti. Jair Bolsonaro, a proposito, non si stanca di ricordare dal vivo negli studi televisivi di Rede Globo quanto essa stessa abbia sostenuto la dittatura civile-militare che egli esalta entusiasticamente.


È improbabile che lo scenario attuale stia anche nel copione immaginato da quei magistrati che hanno deciso di personalizzare la giustizia, che hanno dimenticato di essere funzionari pubblici e hanno creduto di essere eroi. Chi ha vinto - e continua a vincere - è quel potere che attraversa i governi e che oggi è rappresentato dalla "bancada ruralista", in gran parte collegata all'escalation di violenza contro contadini e indigeni nelle campagne e nella foresta, che si è andata inasprendo dal 2015. Attorno alla "bancada ruralista" gravitano la bancada dei difensori delle armi che traggono profitto dalla violenza, e quella dei “truffatori della fede” che manipolano i temi morali per ottenere potere e privilegi.

Bolsonaro è l'uomo bianco ultraconservatore, ma bruto e senza lustro, che gli illuminati di destra e di sinistra non vogliono nella loro sala da pranzo

Questo è il mondo di Bolsonaro, che ha quindi spaventato non solo la sinistra, ma anche la destra chic e i veri liberali, che hanno nel The Economist il loro oracolo. È la parte arretrata e violenta del Brasile rurale, associata a ciò che vi è di più marcio nei fenomeni urbani, che concorre alla presidenza del paese con possibilità di vittoria. Bolsonaro rappresenta l'uomo bianco ultraconservatore, ma bruto e senza lustro, che gli illuminati di destra e di sinistra non vogliono nella loro sala da pranzo.


Con la possibilità sempre maggiore di raggiungere il secondo turno, l'ex sindaco di São Paulo Fernando Haddad (PT), candidato di Lula, rende lo scenario ancora più complesso. La cosiddetta opzione "centrista", della quale in così tanti si erano riempiti la bocca, a due settimane dalle elezioni non ha ancora mobilitato gli elettori. Dall'interno della prigione, in cui è stato messo da un processo assai rapido, con prove assai fragili e giudici assai chiacchieroni, Lula continua a influenzare i destini del paese.


Nonostante gli sia stato impedito dalla magistratura di essere candidato, è ancora uno dei principali protagonisti delle elezioni. Poiché nulla è semplice, Haddad e il PT hanno ricucito intese con gli alleati che li hanno traditi nella battaglia dell'impeachment, con i politici che hanno fatto parte del governo Temer. Gli alleati che sono diventati "golpisti" sono di nuovo alleati senza cessare di essere "golpisti". In Brasile, la realpolitik è magica. Ma quando l'elettore non vota come previsto, viene chiamato ignorante.


3 - Il movimento delle donne contro Bolsonaro è il più importante in queste elezioni


Le donne sono più della metà della popolazione in Brasile, ma hanno ancora poca rappresentanza nella politica formale. Una delle sue rappresentanti più interessanti e promettenti, Marielle Franco (PSOL - Partito Socialismo e Libertà)), consigliera comunale di Rio, è stata assassinata a colpi d'arma da fuoco, un assassinio che non è stato ancora risolto e punito, nonostante siano trascorsi più di sei mesi.


Il suo protagonismo politico infastidiva molti che erano abituati a parlare da soli e improvvisamente avevano visto i loro interessi compromessi da una donna. E non da una donna qualsiasi. Cresciuta nella favela di Maré, a Rio, Marielle era nera, lesbica e povera. Rappresentava i gruppi più fragili e violentati in tutta la storia del Brasile che, grazie alle molte lotte, cominciano ad avere potere politico. E allora è stata freddata da proiettili di alto calibro, sparati da un'arma a uso limitato, lungo un percorso in cui le telecamere erano spente.


Con un'iniziativa partita su internet, pensata per riempire le piazze, le donne sono diventate protagoniste di questa campagna elettorale così complessa e delicata. Il movimento autonomo è stato creato da donne di Bahia, al di fuori dai gruppi femministi del centro-sud più noti in Brasile e dalle loro dirigenze. Il loro dibattito su Facebook è arrivato a ispirare le manifestazioni contro Bolsonaro previste per il prossimo sabato in varie città del Brasile e del mondo. Nelle manifestazioni del 29 settembre, si aspettano anche il sostegno degli uomini che amano le donne.

Bolsonaro, con le sue dichiarazioni, ha già dimostrato di essere un uomo che odia le donne

La proposta di queste donne è di mettere in campo una partecipazione trasversale e apartitica alle manifestazioni contro Jair Bolsonaro e tutto ciò che rappresenta. Bolsonaro, con le sue dichiarazioni, ha già dimostrato di essere un uomo che odia le donne tanto quanto il suo vice, il generale in pensione Hamilton Mourão. Bolsonaro è un personaggio classico, specialmente nei paesi che hanno vissuto la loro versione di far west: l'uomo bianco, che si sente superiore per il solo fatto di essere nato bianco; eterosessuale, ma del tipo che ha bisogno continuamente di proclamare la sua eterosessualità, come se non parlarne potesse in qualche modo minacciarla; che si sente più potente con un'arma in mano e, quando non ce l'ha, simula con le sue mani l'espressione fallica, come un'affermazione di mascolinità che deve essere costantemente reiterata per non venir messa in dubbio.


Quando qualcuno di questi ingredienti che secondo la sua convinzione lo rendono un "uomo" viene in qualche modo messo in discussione, si sente minacciato e reagisce con la violenza. Uno psicologo da rotocalco potrebbe dire che Bolsonaro è un insicuro. All'ospedale (ndr. ricoverato dopo l'accoltellamento subito in piazza durante una manifestazione elettorale), simulando con la mano il gesto di sparare, sembrava un ragazzino che cercava l'approvazione del pubblico in uno spettacolo dell'asilo. Ma deve essere ben più complesso di così.


Per mantenere il privilegio di sentirsi superiore in un mondo in cui non è più sufficiente essere bianchi e avere un'arma per rimanere in cima alla catena alimentare, Bolsonaro non rispetta le minoranze, razzialai e di genere, proprio le parti più fragili della popolazione, e incita la violenza contro di loro. Al momento, incarna un altro tipo classico, il forzuto vigliacco a scuola. Lo fa dicendo che difende i "valori tradizionali". Ma quelli che lui chiama valori tradizionali sono solo i suoi privilegi.


È interessante notare che Michel Temer, assunto il potere, aveva promosso con i suoi ministri maschi, molti dei quali anziani, un ritratto ingiallito. A rinverdire questa immagine, specialmente nel primo anno di governo, c'era stata la figura di sua moglie, 43 anni più giovane: Marcela Temer, la moglie "bella, pudica e di casa", come la definì la rivista conservatriceVeja.


Questa conformazione simbolica del potere si riferiva alla “Repubblica Vecchia” (1889 – 1930), come è stato detto, ma molto di più a un racconto a puntate di Nelson Rodrigues. Finché è stato possibile, alcuni giornalisti, anche loro uomini e bianchi, molti dei quali anziani, hanno fatto commenti incantati, alcuni dei quali piuttosto imbarazzanti, sulla bellezza della moglie del presidente. Per qualche tempo, prima che il suo governo crollasse per corruzione e incompetenza, Temer si era guadagnato l'attributo di un potere virile applicato alla politica, per l'essere sposato con una bella giovane donna.


Jair Bolsonaro porta il machismo e il patriarcato ad un altro livello. Le donne non sono oggetti, ma un nemico. Nel 2014, alla Camera dei Deputati, disse che non avrebbe violentato la sua collega Maria do Rosário (PT): "Non ti meriti di essere violentata, sei molto brutta". Poi ribadì al giornale Zero Hora: "Non se lo merita (di essere violentata). Perché lei è cattiva, molto brutta, non è il mio genere, non la violenterei mai ". Il commento, detto e ripetuto, lo ha reso colpevole di apologia di violenza sessuale davanti alla Corte Suprema federale.


Per quanto riguarda il congedo di maternità, conquista storica delle donne (e anche degli uomini), il parlamentare che ha approvato due progetti in 26 anni di lavoro ben retribuito, ha dichiarato nel 2015: "Le donne dovrebbero ricevere un salario più basso perché rimangono incinte. Quando lei torna (dal congedo di maternità) ha un mese di ferie, il che significa che ha lavorato cinque mesi in un anno".


Nel 2011, ha dichiarato: "Sono molto orgoglioso dei miei pregiudizi". Sebbene i magistrati bianchi del Tribunale Federale non lo riconoscano, ciò che Bolsonaro chiama pregiudizio è razzismo. Rispondendo a una domanda della cantante Preta Gil, ha detto che i suoi figli non avrebbero mai una relazione con una donna nera e mai potrebbero diventare gay: "Non corro questo rischio. I miei figli sono stati educati per bene e non hanno vissuto in ambienti come purtroppo è il tuo."


Nel 2017, tenendo una conferenza al Club Ebraico di Rio de Janeiro, il parlamentare ha raccontato di aver fatto visita a un quilombo (ndr. comunità formata da discendenti di schiavi africani fuggiti dalle piantagioni in cui erano prigionieri nel Brasile all'epoca della schiavitù. Attualmente si contano oltre 1500 comunità presenti in varie aree del paese): "L'afrodiscendente più leggero pesava sette arrobas (ndr. l'arroba è una unità di misura equivalente a cirfca 14,7 Kg)... Non fanno nulla, non penso che servano più neanche come procreatori".


Il "pregiudizio" di cui Bolsonaro è così tanto orgoglioso è ampiamente applicato contro gli omosessuali, in un paese con un alto tasso di omicidi omofobi. Tra le varie dichiarazioni contro i gay, Bolsonaro ha anche affermato in un'intervista: "Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Preferirei che mio figlio morisse in un incidente d'auto piuttosto che si presenti con uno con i baffi."


È importante capire perché, malgrado queste affermazioni, esistano donne che votano Bolsonaro. C'è chi crede che sarebbe lo stesso tipo di attrazione per il pericolo e la violenza che fa sì che alcune donne si innamorino di criminali famosi o addirittura non famosi. Le prigioni sono piene di romanzi come questi. Alcune elettrici di Bolsonaro hanno già giustificato il voto affermando che questo è semplicemente il suo modo di fare "da spaccone”, che "in realtà" egli sarebbe un "difensore delle donne". Una di loro mi ha detto che riconosce che lui sia uno "mezzo stupido", ma pensa lo stesso che "riporterà un po' d'ordine". In questo caso, il maschilismo sarebbe meno importante della convinzione che Bolsonaro la metterebbe al "sicuro".

Per alcune donne, Bolsonaro è un bambinone mezzo scemo ma carismatico

Ascoltando le sostenitrici di Bolsonaro, sono sorte altre ipotesi. Per alcune, non è un voto al maschio alfa, come supponevo all'inizio, ma il voto a un bambinone mezzo scemo ma carismatico, per il quale provano una specie di amore permissivo. Sarebbe importante condurre un'indagine formale qualitativa e quantitativa tra le elettrici di Bolsonaro e Mourão per capire cosa può portare le donne a votare per uomini che non le rispettano.


Il vice di Bolsonaro è la sua anima gemella. Bolsonaro e Mourão, entrambi adoratori delle armi, coincidono sia nell'ideologia sia nell'eloquenza dei loro discorsi. Ad agosto, durante un evento nel sud del paese, Mourão ha detto che il Brasile ha ereditato "l'indolenza degli indigeni" e "la mascalzonaggine degli africani". Stava teorizzando le radici del "sottosviluppo" del Brasile e dell'America Latina con l'abituale competenza.


Il 17 settembre, il Generale in pensione ha attaccato le donne collegando la violenza nelle "aree più povere" al fatto che in quei contesti le famiglie erano guidate da "madri e nonne", senza "padri e nonni". L’educazione di bambini da parte di donne single, secondo il parere del generale, si tradurrebbe in "una fabbrica di soggetti disadattati che tendono ad entrare tra le fila delle bande di narcotrafficanti che colpiscono il nostro paese".

Nell'affermare che le famiglie guidate da donne single creano “una fabbrica di soggetti disadattati”, il vice di Bolsonaro ha attaccato violentemente le donne più povere, per la maggior parte nere

Nel fare questa affermazione, il deputato di Bolsonaro ha attaccato violentemente le donne più povere, per la maggior parte nere, che sono capo famiglia e allevano i loro figli da sole e con grande sforzo. Ma non solo loro. La dichiarazione ha provocato un sorprendente sostegno al movimento delle donne contro Bolsonaro. La conduttrice televisiva Rachel Sheherazade, una dei portavoce della destra più truculenta del Brasile, ha pubblicato sul suo account Twitter: "Sono una donna. Cresco due figli da sola. Sono stata cresciuta da mia madre e mia nonna. No. Non siamo criminali. Siamo eroine." Ed ha aggiunto uno degli hashtag del movimento:


Le donne sono il segmento della popolazione che maggiormente rifiuta Jair Bolsonaro. Ma dopo che ha ricevuto una coltellata durante la campagna elettorale, il consenso di Bolsonaro è cresciuto. "Malgrado si sia evoluto nello strato, è cresciuto di sette punti nell'ultimo mese, il sostegno nel segmento femminile è più localizzato tra quelle con un reddito familiare più elevato – arriva al 32% tra quelle che mettono insieme più di 5 salari minimi, contro solo il 14% tra le più povere ", hanno analizzato Mauro Paulino e Alessandro Janoni, del quotidiano Folha de S. Paulo. Il primo strato corrisponde solo al 6% dell'elettorato e il secondo raggiunge il 28%.


In un'intervista a El Pais, lo statistico Paulo Guimarães ha dichiarato: "Le donne non votano Bolsonaro, ma le donne povere tendono a decidere per chi votare alla fine. Il paese è assurdamente maschilista. Sarà il marito a dire per chi devono votare, specialmente nelle classi più basse, tra le donne più maltrattate. Il voto delle donne, storicamente, si è allineato al voto dell'uomo."


È ancora così? La mia ipotesi è che la crescita del protagonismo delle donne nella sfera domestica, in parte reso possibile dalla “Bolsa Família” (ndt. sussidio familiare governativo) e dal reale aumento del salario minimo di cui ha beneficiato il grande contingente di domestiche nel paese, abbia cambiato questi rapporti di potere. Non totalmente, ma questa è una forza emergente. Come giornalista che ascolta da 30 anni la gente, non ho mai sentito così tante donne in disaccordo con i loro mariti, nelle interviste con le famiglie, come fanno oggi. Voto compreso.


È enormemente significativo il fatto che la principale resistenza alla candidatura di Bolsonaro e a tutto ciò che questa candidatura rappresenta venga proprio dalle donne. Loro, che sono emarginate dalla politica formale, se non addirittura uccise, sono diventate la principale forza politica che si oppone a un progetto esplicitamente autoritario. E fanno politica proprio nel territorio che fino ad allora era dominato dai sostenitori di Bolsonaro: i social network. Proprio per questo, le amministratrici della pagina del movimento sono state hackerate, minacciate e hanno visto esposti i loro dati personali, con la vigliaccheria abituale di coloro che non si fidano delle loro argomentazioni, che dispongono solo di forza bruta.


Se il movimento è trasversale e apartitico e abbraccia le donne di tutti i colori e origini, è importante sottolineare che questo movimento è anche razziale e di classe. Come già accennato, Bolsonaro trova i suoi elettori, secondo la ricerca, tra gli uomini più ricchi e più istruiti. E ha il suo più grande rifiuto tra le donne e tra i più poveri. Come mostrano le statistiche, la maggior parte delle donne più povere del paese sono nere.

Il voto delle donne nere può determinare il destino di Bolsonaro

Il voto delle donne nere può determinare il destino di Bolsonaro. Questo non è assolutamente un dato qualunque in Brasile. C'è in esso un grande potere e significato. È molto simbolico che sia questa la forza che tutta la repressione degli ultimi anni del paese, tutti i diritti perduti, non è riuscita a fermare. Le donne che sono andate all'università per la prima volta, le donne che hanno iniziato a guadagnare un po' di più, le donne che per la prima volta hanno avuto diritti di lavoro egualitari, come le domestiche. Forse non è un caso che la creatrice della pagina "Donne Unite contro Bolsonaro", che a causa delle minacce oggi è citata solo con le iniziali, sia nera.


Il movimento delle Donne Unite Contro Bolsonaro è l'accadimento più importante di queste elezioni. Camminare insieme a loro sabato prossimo, 29 settembre, è scegliere di dire insieme, donne e uomini, all'unisono, non malgrado tutte le differenze, ma con tutte le differenze, che scegliamo la libertà contro l'oppressione. Che scegliamo il rispetto contro il pregiudizio. Che scegliamo l'uguaglianza contro il razzismo. Che scegliamo la diversità dei molti contro l'egemonia dell'uno. Che scegliamo la pace contro la violenza.


Se dipenderà dalle Donne Unite Contro Bolsonaro, l'odio non governerà il Brasile.


*Eliane Brum è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista si occupa in particolare di Amazzonia e di periferie urbane. Collabora con El País e The Guardian e i suoi articoli appaiono anche sulla rivista Internazionale. Ha pubblicato un romanzo, Uma Duas (2011), e varie raccolte di interviste e reportage, tra cui “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro” (Arquipélago). In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere (Feltrinelli 2011). Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo. “Le vite che nessuno vede” è stato selezionato per il National Book Award 2019 ed è stata tradotta in numerosi paesi.


Email: elianebrum.coluna@gmail.com

Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum


Oltre che su questo blog, altri articoli di Eliane Brum tradotti in italiano sono presenti sul sito Il Resto del Carlinho Utopia, qui

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