17.07.16
Pacificare per chi?
Noi, Tupinambá, ci rivolgiamo al Governo brasiliano e chiediamo: che ci restituiscano le nostre terre o che ci mandino ad uccidere e mettano i bianchi al nostro posto. Ma che prendano una decisione adesso. Né gli adulti, né i bambini, possono vivere in questo inferno.
di Rosivaldo Ferreira Da Silva* e Rosemiro Ferreira Da Silva*, pubblicato su El Pais il 30.06.16
traduzione di Caterina Guerra per il Resto del Carlinho Utopia
Il 5 Aprile, il ministro Napoleão Nunes Maia Filho, del Tribunale Superiore di Giustizia, ha reso nota la decisione di sospendere la demarcazione della Terra Indígena Tupinambá di Olivença.
Data la gravità dell'avvenuto, noi, i Tupinambá del villaggio Serra do Padeiro, una delle comunità che vive in questo territorio, presentiamo questa denuncia e sollecitiamo il Governo brasiliano e le istituzioni internazionali a prendere le misure necessarie per impedire che i nostri diritti continuino ad essere violati. Solo negli ultimi anni, più di 30 Tupinambá sono stati uccisi.
C'è violenza maggiore che vedere i nostri fratelli assassinati, senza che nessuno ne sia riconosciuto responsabile, ed ancora vederci negato il diritto alla nostra terra?
In risposta alla decisione del ministro, presentiamo una relazione storica su quanto il nostro popolo sta affrontando da 500 anni. Al contrario di ciò che è stato detto dai fazendeiros (ndt. grandi proprietari terrieri, latifondisti) e dagli imprenditori nell'ingiunzione accolta dal ministro, malgrado tutte la violenze, non abbiamo mai lasciato la nostra terra.
Nel 1500, quando qui arrivarono gli europei, dichiararono subito che i Tupinambá erano il nemico della Corona portoghese e che dovevano essere sterminati ed espulsi dai loro territori.
Nel capitanato portoghese di São Jorge dos Ilhéus, fummo schiavizzati nelle piantagioni di canna da zucchero, reagimmo e soffrimmo la rappresaglia della Corona portoghese, nel massacro comandato da Mem de Sá, nel 1559.
Il nostro popolo ha quindi dovuto lottare contro i francesi, nella Confederação dos Tamoios.
Dopo di che, abbiamo dovuto lottare contro gli olandesi, per espellerli da Bahia. E sempre ci furono negati i nostri diritti.
Nel 1680, crearono l'aldeamento gesuita di Nossa Senhora de Escada, per imprigionare i Tupinambá. Lì si sforzarono di privarci della nostra lingua, della nostra fede, della nostra religione – di privarci tutto. (ndt. "Aldeamento Gesuita": gli "aldeamentos" noti anche come "Riduzioni Gesuite" o "reducciones de indios", erano piccoli nuclei cittadini, in cui erano strutturate le missioni gesuitiche, che le amministravano con la finalità di "rieducare" ed evangelizzare le popolazioni indigene dell'America meridionale)
Ma i Tupinambá hanno sempre avuto la forza di ribellarsi e lottare per non lasciare che gli altri occupassero completamente il nostro territorio. Quando il Governo si rese conto che, nonostante l'aldeamento, continuavamo a crescere, decise che esso doveva essere estinto ed elevato a condizione di villaggio, il che avvenne nel 1758. In questo periodo, i Tupinambá arrivarono ad ottenere qualche diritto, come l'elezione di rappresentanti alla Camera di Olivença, che arrivò ad essere presieduta da un indigeno, Nonato do Amaral. Tuttavia, i bianchi lo mandarono a destituire. Gli indigeni resistettero e uccisero gli uomini inviati per prendere il suo posto alla Camera.
Il giudice federale Pinheiro Costa ha detto che dobbiamo trovare un accordo e cedere parte della nostra terra. Lui dice che la nostra terra deve essere demarcata a “isole” (appezzamenti di terreno sparsi nel territorio), ed ha escluso la spiaggia. Come possono i Tupinambá della spiaggia stare senza spiaggia?
Il giudice afferma che è necessario “pacificare” la regione.
Noi domandiamo: pacificare per chi? Perché chi sta morendo siamo noi, ad essere sepolti nel corso della storia siamo noi.
Così , noi ci rivolgiamo al governo brasiliano, nelle sue diverse istanze, e chiediamo: che ci restituiscano le nostre terre o, semplicemente, smettano di dirci che noi non siamo Tupinambá: che mandino ad ucciderci, in meno di un anno, e mettano i bianchi al nostro posto. Ma che prendano una decisione adesso. Né gli adulti, né i bambini, possono vivere in questo inferno.
Stiamo nella nostra terra, lavoriamo e, quando meno ce lo aspettiamo, la polizia arriva per mandarci via. Negli ultimi anni, la polizia ha tentato di ucciderci decine di volte. Rendetevi conto della gravità di ciò che diciamo: noi non ci stiamo riferendo ad azioni di fazendeiros o imprenditori; è il governo brasiliano, attraverso la sua polizia, che tenta di metter fine alla nostra comunità a qualunque costo. Come possiamo affrontare una lotta come questa? Che possibilità abbiamo di vincerla?
Voi non avete un luogo dove portarci, perché noi non siamo mai stati di un altro luogo.
I fazendeiros e gli imprenditori dicono che noi non siamo gli occupanti tradizionali di questa terra. Non sono loro che devono dirlo, siamo noi, che abitiamo qui, sono gli anziani che ancora vivono in questa terra e hanno storie, molte storie, con i bianchi che da sempre tentano di rendere le loro vite un inferno. Il ministro che ha deciso di sospendere la demarcazione della nostra terra non è mai venuto qui, noi non sappiamo chi sia. Ciò che sappiamo è che la giustizia brasiliana ha sempre una scusa per lasciare tutto nelle mani degli invasori. Sempre. Perché voi lo sappiate: nessuno ha mai governato e mai governerà i Tupinambá della Serra di Padeiro.
Vogliamo che questo governo decida in fretta. E chiediamo anche che la comunità internazionale e la Chiesa Cattolica si posizionino.
Nessuno può vivere mille anni in questo modo, nel modo in cui abbiamo già vissuto per più di 500 anni.
Rosivaldo Ferreira da Silva è il "cacique" (capo indigeno) Babau, che rappresenta l'organizzazione politica dei Tupinambá da Serra do Padeiro (Bahia) e Rosemiro Ferreira da Silva è il "pajé" (leader spirituale) che ne rappresenta l'organizzazione religiosa.
Il popolo Tupinambá aspetta fin dal 2004 la conclusione del processo di demarcazione della Terra Indígena Tupinambá de Olivença. Situata nel sud dello stato di Bahia, ha un'estensione di circa 47.000 etari ed è abitata da circa 5000 indigeni. Lo scorso 5 aprile, il Tribunale Supremo di Giustizia (STJ) ha determinato la sospensione del processo di demarcazione, accogliendo l'istanza di associazioni di agricoltori, impresari e residenti dell'area interessata al processo di demarcazione. Il prolungarsi del processo di demarcazione della terra ha aggravato i conflitti nella regione, causando la morte di molti indigeni, così come accade in altre aree del paese come il Mato Grosso do Sul.
Una breve ed efficace animazione realizzata da "A Publica" illustra in quattro minuti i punti fondamentali della questione indigena brasiliana, spiegando come avviene il processo di demarcazione delle terre indigene