27.09.14
Bahia è immersa in un mare di sangue
Una posizione radicale è inaccettabile per poliziotti abituati a prendere a calci i neri.
intervista collettiva a di Paula Farias, Jorge Américo e Douglas Belchior
24.09.14 - Blog Negro Belchior (Carta Capital)
traduzione di Carlinho Utopia
In un'intervista esclusiva, Hamilton Borges parla delle persecuzioni sofferte dopo la realizzazione della seconda Marcia Nazionale Contro il Genocidio del Popolo Nero. La reazione contro il razzismo e la violenza della polizia è diventata scomoda per lo stato.
Dal giorno 22 Agosto 2014 per lo stato brasiliano è diventato più difficile nascondere morti e carcerazioni che prima non erano altro che numeri per le organizzazioni per i diritti umani e gli istituti di statistica. Questa è l'analisi di Hamilton Borges, uno degli organizzatori della seconda Marcia Nazionale contro il Genocidio del Popolo Nero, che ha portato in piazza più di 60 mila persone per denunciare il razzismo e la violenza di stato che fanno migliaia di vittime ogni anno.
In questa intervista concessa al Blog Negro Belchior, della rivista Carta Capital e al giornale Brasil de Fato, Hamilton denuncia le persecuzioni subite per aver adottato una posizione intransigente nella lotta contro la violenza della polizia. Hamilton è orgoglioso di essere cresciuto a Curuzu, a Salvador (Bahia), "il quartiere più nero al mondo, dopo Harlem" a New York. L'ispirazione per la lotta è venuta dalla convivenza con le donne che si prendevano cura della famiglia.
Hamilton non ha dubbi: "il genocidio è un dato di fatto in Brasile, un crimine contro l'umanità compiuto contro un popolo che ha costruito questa nazione e vive circondato da morte, terrore di stato e carcerazione di massa." Il militante nero non ha esitazioni nel dichiarare che "Bahia è immersa in un mare di sangue." Rivela di non essere rimasto sorpreso dalle minacce ricevute, perché "questa manifestazione radicale è troppo per la testa di poliziotti abituati a prenderci a calci tutti i giorni ignorando la nostra umanità."
PF, JA e DB: Come hai iniziato la tua militanza nera nel movimento e come è nato Quilombo X e la campagna "Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta"?
Hamilton Borges: In realtà ho iniziato la mia militanza con gli esempi di mia madre, di mia nonna e di mia zia che mi hanno cresciuto, sono diventato grande guardando le donne prendersi cura della famiglia. Mi hanno dato un esempio di solidarietà africana, nel quartiere più nero del mondo dopo Harlem: il Curuzu, a Salvador da Bahia, dove è stato fondato il Blocco africano Ile Aiye.
Poi sono entrato nel MNU (Movimento Nero Unificato) che, a partire dalla scalinata del Teatro Municipale di São Paulo, fino a raggiungere il paese intero, ha posto il razzismo all'ordine del giorno nazionale senza tregue o concessioni. Poi nel 2005 abbiamo ripreso Quilombo X - Azione Culturale Comunitaria, che era stata creata nel 2001 a Belo Horizonte, come organizzazione culturale, ma che si è trasformata in una organizzazione politica per dare impulso alla "Campagna "Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta" (Reagisci o muori, Reagisci o sarai ucciso).
La Campagna Reaja è nata nel 2005 qui a Salvador quando decidemmo di smettere di contare i nostri morti causati dala violenza razziale, quella dello Stato, dei gruppi di sterminio e di quelli paramilitari che la polizia legittima, alimenta e rafforza attraverso l'azione (quando i suoi agenti ne sono anche membri integranti) o l'omissione (quando sa che ci sono gruppi che agiscono ma non agisce per impedirlo). Occupammo le scale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza con persone provenienti da tutta la città e cominciammo a politicizzare la nostra morte, a piangere i nostri morti che fino ad allora non erano stati altro che numeri per le organizzazioni per i diritti umani, per quelli di statistica, per ONG e per ogni sorta di organizzazione di rapina. Abbiamo iniziato a dare un nome ai morti e ad evidenziare il carattere genocida di queste morti.
PF JA e DB: In tutti questi anni dedicati al movimento nero, hai sempre convissuto con le intimidazioni, ma negli ultimi tempi la situazione è peggiorata. Pensi che questo sia un riflesso della Marcia Nazionale Contro il Genocidio del Popolo Nero che sta crescendo ogni anno?
Hamilton Borges: Fin dal primo momento in cui Reaja è scesa nelle piazze, la situazione si è fatta tesa. Nere e neri di favelas e periferie hanno preso voce, non permettendo la mediazione di parlamentari o di esperti prezzolati e già questo ha creato un guasto, ha evidenziato una rottura, non volevamo più fare concessioni relativamente alle nostre disgrazie - e così andremo avanti, fino alle ultime conseguenze. Fu allora che la polizia ed i governi cominciarono a guardarci come una minaccia alla loro cultura di paura e silenzio e a trattarci come criminali. Abbiamo sentito sulla pelle questo processo di criminalizzazione, arresti senza fondamento, ritorsioni, accuse infondate, minacce... è stato allora che cercammo di rafforzarci, creando reti di protezione al di fuori dello Stato, al di fuori del paese, prendendo contatti con l'ONU, l'OEA, cercando il sostegno di Justiça Global (Giustizia Globale), Amnesty International e della stampa seria.
Era chiaro che la Marcia si sarebbe tradotta in rappresaglia. A livello internazionale abbiamo rivelato al mondo che il genocidio è un dato di fatto in Brasile, un crimine contro l'umanità compiuto contro un popolo che ha costruito questa nazione e vive circondato da morte, terrore di stato e carcerazione di massa. Poi a livello nazionale abbiamo chiamato il movimento nero in particolare e i movimenti sociali in generale a reagire, a scendere in piazza, senza bandiere di partito, senza soldi del governo, senza rivendicazioni elettorali. È stata molta sfacciataggine da parte nostra, ancor più perché venuta da un gruppo che nella sua base e al suo comando ha donne, donne di detenuti, ex detenuti, disoccupati, gente della favela (Reaja è coordinata da un comitato di donne, la dottoressa Andreia, Aline Santos, Jamile, Elaine, Fabia).
Qualcuno ha detto ai nostri amici stranieri di aver perso il controllo della marcia, questi tipi sono i garzoni dei governi con i loro diplomi e master in business administration e la loro mentalità da zerbini, quelli che si aspettano che il paese muti la logica razzista per mezzo dei loro programmini e progetti, ma noi diciamo che può cambiare solo con un altro modello di Stato, un'altra nazione e non questa dei bianchi.
E poi a livello locale, a Bahia, affrontando i politici che sostengono la pena di morte e l'ergastolo, come Oto Alencar, affrontando la polizia che uccide la nostra gente (30 in un mese nel quartiere Suburbana, 21 nel quartiere di Engenho Velho de Brotas, 16 in quello del Nordeste de Amaralina), affrontare i piazzisti elettorali con le loro promesse di cooptazione, andando davanti alla più antica Caserma della Polizia Militare del Brasile e, afflitti, dire che vogliamo la fine della polizia militare, la smilitarizzazione della pubblica sicurezza, giustizia per i morti e che quel giorno, il 22 agosto 2014, loro non avrebbero ucciso nessun nero o nera... questa performance radicale è stata davvero troppo per la testa di poliziotti abituati a prenderci a calci ogni giorno ignorando la nostra umanità.
PF, JA e DB: In questi casi di vessazioni, minacce, invasioni di casa, come hai affrontato la situazione? Qual è la posizione delle autorità politiche e dei leader di altri movimenti neri di fronte a questi fatti? Ti senti sostenuto da loro?
Hamilton Borges: Beh, c'è questa cosa dell'anno di elezioni che tappa la bocca ad un sacco di brava gente. Ci sono molte brave persone che sono andate al governo e non possono contraddire chi paga il loro stipendio, abbiamo il sostegno di movimenti indipendenti, supporto dall'estero, in Spagna la nostra sorella, la Foja, promuove in tutta Europa una campagna "Siamo tutti Hamilton Borges", dagli Stati Uniti riceviamo apoggio dal Texas, da São Paulo (Posse Haussa, Uneafro, Quilombagem, Estudantes Negros da USP, Douglas Belchior, CRP-SP, Afropress) da Rio de Janeiro (Giustizia Globale, Amnesty International, Collettivo das Lutas), da Reja di João Pessoa, qui a Bahia da comunità, villaggi, favelas, carceri. Ma capiamo questo sequestro di solidarietà di certi movimenti che sono parte di un certo tipo di pragmatismo elettorale che deve chiudere gli occhi di fronte a certe cose e noi siamo l'opposto: noi siamo dei combattenti.
Il Governo dello Stato è già a conoscenza della situazione, Amnesty e Giustizia Globale hanno inviato lettere al SSP-BA (Ufficio di pubblica sicurezza di Bahia) e al SJDH (Dipartimento di Giustizia e dei Diritti Umani). Comunichiamo via e-mail con la SEPROMI (Segreteria di promozione della parità), che "dovrebbe occuparsi dei problemi dei neri", come si dice, ma fino ad oggi da parte del governo c'e stato solo il silenzio, lo stesso silenzio di quando la polizia cercò di entrare in casa mia dopo la Marcia del 2013.
Noi della Campagna Reaja ci sentiamo sostenuti in primo luogo dalla solidarietà che ci viene dai nostri, come nel caso di Lázaro Ramos (ndt. attore nero di grande fama in Brasile) che ha parlato con noi, ha fatto foto, ci ha sostenuto, cose che possono apparire semplici, ma che invece fanno la differenza.
PF, JA e DB: Il governo ha preso una qualche posizione di fronte alle accuse di abuso di potere?
Hamilton Borges: Finora niente. Bahia è immersa in un mare di sangue, atti di terrore commessi dalla polizia e da bande criminali di sterminio e il governo non dice una parola, la nostra vita non ha alcun valore per loro. Se morisse un giovane bianco della classe media, scriverebbero trattati per tutta la vita - e questo vale per tutti i candidati, tranne l'unico candidato nero al Senato, che ha fatto un dibattito solitario sui diritti umani e il razzismo.
PF, JA e DB: Quanto è importante la Marcia Nazionale contro il genocidio del popolo nero, questa rete tra diversi compagni di lotta di vari stati?
Hamilton Borges: In realtà ci sono diversi stati ed anche diversi paesi. Abbiamo fatto un passo verso l'unità internazionale. Abbiamo abbandonato la condizione di mendicanti di spazio negli ordini del giorno di organizzazioni che ci collocano come accessorio, abbiamo messo il genocidio all'ordine del giorno come motore della lotta dei neri e possiamo costruire grandi ponti per ripensare la società dal punto di vista dei neri e delle nere, senza bisogno di consegnare i nostri simboli sacri (come un conto Orisha) a qualche salvatore che poco si preoccupa per le nostre vite non protette. Il messaggio che diamo è che noi possiamo organizzarci senza chiedere le briciole.
PF, JA e DB: Facendo una riflessione sulla campagna "Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta", quali sono stati i progressi? E come è stata la partecipazione dei giovani in questa lotta?
Hamilton Borges: La nostra campagna non è generazionale, ma è evidente che i giovani e le giovani hanno un ruolo importante e hanno affrontato bene questo dibattito, lo hanno fatto avanzare. Abbiamo messo diversi punti all'ordine del giorno, affermando sempre la centralità del razzismo. Abbiamo reso popolare il dibattito sulla carcerazione di massa, sulla pratica delle riviste vessatorie nei penitenziari e sul sostegno ai familiari in ricordo nella lotta per la memoria dei loro cari.
Noi abbiamo provocato il governo perché creasse un programma per affrontare la morte dei giovani neri, ma come sempre il governo federale ha molto "pudore" nel pronunciare la parola nero e non mette in bilancio le risorse necessarie per la buona politica (limitandosi così solo all'organizzazione di incontri e seminari). Ma, soprattutto, abbiamo fornito un'arma al nostro popolo, dando continuità al pensiero dei nostri vecchi, molte e molti ancora vivi, quando dicevano che non possiamo negoziare il razzismo, dobbiamo combatterlo. Chi vuole promuovere la parità deve rivolgersi alla porta accanto, la Reaja è un'altra cosa, è "quilombismo".
PF, JA e DB: Come si è posizionato il movimento in questo anno di elezioni? Che analisi fate delle candidature alla Presidenza della Repubblica? Avete qualche speranza di poter far avanzare il programma di lotta contro il razzismo e il genocidio attraverso qualcuno dei candidati?
Hamilton Borges: Noi di Reaja non parliamo per nessuno, ma non vediamo nessuna alternativa per il nostro popolo tra i candidati. Vai alla Favela do Moinho e chiedi alle persone cosa ne pensano - e lì sono nella città più ricca del Brasile - São Paulo. La gente vi dirà che lo stato non esiste. Nessuno di questi tre candidati più quotati spende una parola nei dibattiti sul razzismo o i diritti umani o sulla situazione carceraria. Le elezioni sono diventate un lavoro subordinato per i neri e le nere, presenti nelle piazze con bandiere e striscioni mentre i palchi dei comizi sono affollati di bianchi e di imprenditori. Per noi la scommessa è l'organizzazione per l'autonomia della comunità e la pressione sui nostri nemici.
PF, JA e DB: Di fronte ai numeri spaventosi relativi agli omicidi di neri, come dimostrato dalla Mappa della Violenza 2014, e del disinteresse da parte dello Stato, quali saranno i prossimi passi che intendete compiere?
Hamilton Borges: Dobbiamo internazionalizzare sempre più il dibattito e l'organizzazione e allo stesso tempo internalizzarlo, portarlo verso le periferie dello stato, nelle comunità, portare il messaggio e il metodo della solidarietà e della autonomia, creare un'organizzazione orizzontale, basato sulla vita reale, creare strumenti di pressione e invece di seguirli con il piattino in mano, affrontare le oligarchie, i razzisti, i sessisti e omofonici con la forza nera di tutti i livelli coscienti e rafforzati. Il passo successivo è la terza Marcia, la cui preparazione è già cominciata dal giorno 23 agosto 2014.
PF, JA e DB: A te le ultime considerazioni che ritieni necessarie.
Hamilton Borges: Abbiamo bisogno di un altro modello di nazione che sia veramente inclusiva e non lo conquisteremo con arrangiamenti e rammendi, abbiamo bisogno di un'altra politica, di un altro stato e lo conquisteremo con la lotta e la solidarietà.
Quilombo Xis - Ação Cultural Comunitária
https://www.facebook.com/QuilomboXis
Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta