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13.07.16

La resistenza di una donna nera nella periferia del mondo

Ji-Paranà, piccolo municipio nello stato di Rondonia, al confine con la Bolivia. Lontano migliaia di chilometri dai maggiori e più conosciuti centri urbani del Brasile, una giovane donna nera si batte per una educazione di qualità e per tutti

 

di Laura Recanatini, da Ji-Paranà (Rondonia - Brasile)

Siamo in Rondonia, regione settentrionale del Brasile, cui l'attività prevalente “ufficiale” è l'agricoltura e la produzione di carni bovine, ma dove in realtà i grandi interessi economici ruotano attorno alle ricche risorse del sottosuolo (niobio e cassiterite) localizzate sopratutto nelle aree indigene “protette” e in quelle sotto il controllo del narcotraffico per la vicinanza con la Bolivia.

 

Siamo nella cosiddetta “periferia della periferia del mondo” dove la vita purtroppo vale poco e dove si fa sempre più fatica a rivendicare i diritti fondamentali dell'essere umano. Lontani dai riflettori dei media nascono e crescono indisturbate lobby sempre più potenti che fanno i loro affari grazie alla politica e che dettano gli indirizzi e le scelte delle amministrazioni locali.

 

In questo scenario abbiamo voluto raccontare una storia di coraggio, una di quelle piccole grandi storie positive di cui nessuno parla, in questo laboratorio di idee e di resistenze che è la periferia, la provincia, il “piccolo mondo fuori”. Leiva Custódio Pereira è una donna di 38 anni, due lauree in Pedagogia e Diritto conseguite presso Università pubbliche, è la prima assessore donna e nera di Ji-Paranà. Municipio che conta circa 130.000 abitanti distribuiti in un territorio di quasi 7.000 km quadrati, grande poco meno di tutta la regione Umbria.

 

Nel periodo del suo mandato di 4 anni che sta volgendo al termine, è riuscita  ad “umanizzare” e valorizzare tutto ciò che riguarda il sistema educativo, riportando al centro dell'attenzione il valore primario e imprescindibile dell'istruzione. Durante la sua amministrazione sono state costruite diverse scuole, modernizzate quelle già esistenti e sviluppato il concetto di “scuola di campo”, portando le scuole vicino alle comunità contadine fermando così il flusso, così tanto conclamato nel passato, dell'emigrazione verso le città.

 

Ci accoglie nel suo studio, curiosa e divertita, quasi sorpresa del nostro interesse circa la sua attività di assessore. Parliamo per più di 2 ore, del socialismo dalla caduta del muro di Berlino in poi, di Cuba, della globalizzazione per arrivare alle cose concrete di ogni giorno. Un colloquio piacevole, mai noioso, con chi nella fatica di ogni giorno costruisce invece di distruggere. In questo clima di intolleranza e di odio dove le differenze vengono criminalizzate rimane solo lo spazio per resistere e tentare di far prevalere la ragione sulla deriva oscurantista globale. Anche in questo posto che è “in culo al mondo”.

 

Leiva Custódio Pereira

Signora Leiva, dopo 4 anni di gestione della Scuola Pubblica comunale e dopo aver dato un nuovo impulso a questo settore, quali sono le cose che avrebbe voluto realizzare e non è riuscita ? 

Avrei voluto rivedere tutto il “piano di carriera” e le retribuzioni dei dipendenti pubblici del mio settore e adattarlo alla normativa vigente e mi sarebbe piaciuto ampliare l’offerta di più posti nelle scuole a tempo pieno. Ritengo queste due cose fondamentali.... purtroppo non è stato possibile per mancanza di risorse economiche.

 

Nel territorio appartenente al municipio di Ji-Paraná esistono 8 comunità indigene, con circa 700 indios di etnia Arara e Gavião, qual'è la situazione relativa alle politiche pubbliche destinate a questa  popolazione?

In ambito comunale l’approccio è ancora molto timido. (Ndt. La gestione dell’istruzione nelle aree indigene è compito esclusivo della sfera statale, tranne  l’educazione infantile). È necessario  offrire l’educazione infantile nelle aree indigene e costruire un curriculum specifico per questa popolazione. Fino a d’ora, purtroppo, non siamo riusciti nell’intento.

 

La freccia indica Ji-Paranà - clicca per ingrandire

In questo periodo storico, in cui il dibattito è incentrato sulla questione di genere e di “razza”, ha sofferto qualche tipo di discriminazione per il suo essere una donna al comando, nera e che, fieramente, non si nasconde dietro una piastra per lisciarsi i capelli....?

Sorride...

All'inizio sono stata molto ostacolata da parte di un gruppo specifico che era abituato a decidere e pilotare le scelte del precedente assessore, un piccolo gruppo caratterizzato da forti interessi personali. Sono sicura che la mancanza di accettazione iniziale sia derivata direttamente dal fatto di essere una donna, nera e appartenente alle classi popolari .

 

E quale è stata la sua reazione?

Quando vivo sulla mia pelle situazioni del genere, cerco di reagire con fermezza e determinazione, perché questo è il prezzo da pagare per guadagnarsi uno spazio che è sempre stato riservato agli uomini e bianchi.

 

In un paese in cui i super ricchi, circa 71.000 persone ( 0,05 % della popolazione adulta) guadagna più di 4 milioni di reais (circa 1 milione di euro) all’anno e dove i più poveri proporzionalmente pagano più tasse, ha senso ancora parlare di “educazione”?

Credo che non abbiamo altra via d'uscita . Ma abbiamo bisogno di rivedere tutto il sistema educativo da un altro punto di vista che va oltre l'accesso universale . Dobbiamo migliorare i corsi di laurea che formano i nostri insegnanti, in modo che possano essere in grado di pensare con la propria testa, di essere capaci di leggere il mondo al di là di ciò che vedono nei media che sono letteralmente comprati per servire gli interessi delle classi dominanti.

 

Il Brasile registra uno degli indici di omicidi più alti del mondo. Le vittime sono per la stragrande maggioranza i giovani neri che abitano nelle periferie e nelle favelas. L'azione feroce della polizia militare contribuisce molto a far aumentare questi indici, ma l’opinione pubblica appare nettamente divisa  riguardo alla questione della sicurezza pubblica. Recenti sondaggi hanno mostrato che il 50% dei brasiliani concorda con l'idea di giustizia sommaria espressa da un noto detto popolare: "Bandido bom é bandido morto" (l’unico delinquente buono è quello morto)  e sostiene la proposta di legge che ridurrebbe la maggiore età per la responsabilità penale ai 16 anni d'età. Quanto è importante, secondo lei, Investire in scolarizzazione e cultura, nel suo senso più ampio, per tentare di risolvere questo problema? 

Diversi studi dimostrano che i bambini che hanno accesso all’istruzione durante la prima infanzia sono meno soggetti a subire o a praticare atti di violenza. Ciò è evidente quando guardiamo al basso indice di scolarizzazione soprattutto nella popolazione nera. Le famiglie più abbienti possono permettersi di pagare asili e scuole private e i più poveri e neri sono esclusi dal sistema educativo e, quindi, più facilmente vittime della violenza. Credo che la migliore forma di opposizione a questo sistema sia quello di portare il problema alla luce. Non possiamo ingannare noi stessi e credere che solo per il fatto che esista una legge questo ci renda tutti uguali. Abbiamo bisogno di dare visibilità ai problemi e affrontare lo scontro sociale. Chi pensa che “l’unico delinquente buono è quello morto”, purtroppo, è incapace di fare una analisi critica della nostra “costruzione” storica e ignaro del fatto che il nostro sistema economico è perverso. Sono persone che per lo più riproducono ciò che vedono in TV, sopratutto nei canali aperti, dove si predica la violenza dei poveri contro i poveri.

 

Cosa è successo in questi 13 anni di governo del PT (Partito dei Lavoratori, Ndt) prima con Lula poi con Dilma Rousseff, perché questo calo di consensi da parte di quella popolazione che innegabilmente è stata beneficiata dalle politiche sociali attuate in questo periodo?

Credo che il grande problema di Lula e di tutto il PT sia stato quello di allontanarsi dalle proposte costruite collettivamente dai movimenti sociali. Il partito ha perso la sua organicità. Penso che con tutta la sua grande popolarità e carisma Lula avrebbe potuto fare molto di più, principalmente la riforma politica, previdenziale e la tanto attesa riforma agraria. Ha perso una preziosa opportunità di cambiare le strutture sociali del Brasile.

 

In questo contesto politico di sfiducia nei confronti dei partiti tradizionali, con il  conseguente inasprimento di posizioni radicali e populiste in cui si cerca a tutti i costi un “salvatore” della patria che possa sconfiggere tutto il male, come comportarsi, come “resistere” a questa ondata fascista e razzista?

Resistere per me significa non accettare indifferenti questa situazione e allo stesso tempo tentare di far valere ciò in cui si crede. Penso che abbiamo bisogno di costruire spazi per il dibattito, per il dialogo. Oggi i mezzi di comunicazione egemonizzano il pensiero e le opinioni delle persone. Abbiamo bisogno di organizzarci per resistere, se rimaniamo divisi diventiamo fragili. Credo che questo squilibrio, questa crisi politica e partitica aiuterà a svegliare i movimenti sociali che si erano assopiti e a percepire che abbiamo ancora tanto da costruire.

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