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30.01.15

I Diritti Umani in Brasile nel Rapporto 2015 di Human Rights Watch

Tortura, letalità della polizia, esecuzioni sommarie, impunità degli agenti dello stato, un sistema penitenziario medievale e sovraffollato a causa delle politiche di carcerazione di massa, impunità dei crimini commessi dalla dittatura militare... questo ed altro nel Rapporto 2014 di Human Rights Watch presentato il 29 gennaio scorso.

Il Brasile nel apporto 2014 di Human Rights Watch

Secondo il rapporto pubblicato lo scorso giovedì 29 gennaio dalla ONG Human Rights Watch, il Brasile convive ancora con "abusi cronici" come, tra gli altri, la tortura, la letalità della polizia e le sue esecuzioni sommarie, l'impunità dei crimini commessi durante la dittatura e le pessime condizioni dei suoi penitenziari.

 

Il capitolo brasiliano del rapporto (che valuta la situazione dei diritti umani in più di 90 paesi del mondo nel 2014) riconosce che le polizie di San Paolo e Rio de Janeiro hanno adottato recentemente misure per combattere l'uso indebito della forza, ma che si sono rivelate ben lontane dall'essere sufficienti e sottolinea che queste due corporazioni sono state responsabili, insieme, di 941 morti nei primi nove mesi dello scorso anno.

 

Secondo la ricerca, il numero delle persone uccise in azioni di polizia in questi stati è aumentato drasticamente nel 2014 (40% nello Stato di Rio de Janeiro e più del 90% in quello di San Paolo). "Molte di queste uccisioni non sono giustificate da un uso "legittimo" della forza. La polizia di San Paolo uccide molto di più che la polizia di tutto il Sudafrica. Si verificano infiniti casi di esecuzioni sommarie registrate dalla polizia come "autos de resistencia" . (ndt. Gli "autos de resistência" , atti di resistenza, detti anche "atti di resistenza seguiti da morte", sono un artificio legale della polizia, utilizzato abitualmente per archiviare senza indagini l'omicidio di "soggetti che hanno opposto resistenza all'arresto". Questo strumento, una sorta di vera e propria "licenza d'uccidere impunemente" è stato creato durante la dittatura militare per legittimare la repressione poliziesca dei movimenti che lottavano per riportare la democrazia nel paese.)

 

Anche il capitolo della repressione delle proteste sociali mette sotto accusa la polizia. Un esempio di ciò è dato dal numero degli arresti e delle aggressioni di giornalisti. Almeno 178 tra quelli che hanno seguito le manifestazioni di piazza del 2013/14 sono stati arrestati o feriti.

 

Oltre a questo, il sistema penitenziario, che ospita oltre mezzo milione di detenuti,  ne detiene almeno il 37% in più rispetto alla sua capacità, anche perché moltissimi di loro si trovano ancora in attesa di giudizio.

 

Secondo la direttrice di Human Rights Watc in Brasile, Maria Laura Canineu, "le politiche di incarcerazione di massa in un sistema negligente e medievale, non sono sicuramente efficienti nella lotta alla criminalità. Questo tipo di politiche di sicurezza pubblica non hanno generato maggior sicurezza", aggiunge.

 

Anche la tortura continua ad essere un "problema cronico nel paese", afferma la ONG.

 

Tra gennaio del 2012 e giugno del 2014, il centro di ascolto della Segreteria Nazionale dei Diritti Umani ha ricevuto 5.431 denuncie di tortura e trattamento crudele, disumano o degradante. La maggioranza (84%) dei casi si riferiva ad incidenti occorsi quando il detenuto si trovava già sotto la custodia dello stato, in penitenziari, stazioni di polizia ed in "Unidades de Medida Sócio-Educativa" (carceri minorili).

 

"Il perpetrarsi delle pratiche di tortura è uno dei punti più sensibili nella protezione dei diritti umani in Brasile. In almeno 64 casi di tortura da noi analizzati tra il 2010 ed il 2014 in 5 stati (PR, SP, ES, BA e RJ) più di 150 agenti pubblici, poliziotti civili, militari, agenti penitenziari e socio-educativi sono stati identificati."

 

La relazione rivela che ogni giorno almeno sei persone sono vittima di tortura in Brasile e sottolinea che ciò avviene anche perché favorito dall'impunità concessa quasi sempre agli aggressori. "Si tratta di una situazione inaccettabile per uno stato democratico. Le torture vengono praticate nelle strade, nelle auto della polizia, nei centri di detenzione minorili, nelle carceri, ed i metodi usati sono i più crudeli: scariche elettriche, pestaggi, violenza sessuale, minacce ed altri sistemi che, in questa fase della democrazia, non ci si aspetta possano ancora esistere.

Più che di un'eredità della dittatura militare, la tortura è un'eredità dell'impunità. Il poliziotto sa che non verrà punito, per questo tortura" ha affermato Maria Laura Canineu.

 

L'altissimo numero di violenze (e morti) subite da omosessuali e transessuali e la piaga degli aborti clandestini e delle conseguenze spesso letali che provocano (in assenza di una legislazione che legalizzi e regoli l'aborto) sono altri dei temi sui quali la ONG chiede risposte al governo brasiliano.

 

Se da un lato, secondo la ONG, il 2014 è stato un anno storico per il Brasile, in quanto la Commissione Nazionale di Verità ha pubblicato la sua relazione sui crimini della dittatura militare (1964-1985), dall'altro, anche a prescindere dalla Legge di Amnistia, non ci sono state punizioni per i militari ed i loro collaboratori che se ne sono macchiati.

 

"Noi pensiamo che non sia necessaria la revocazione della Legge sull'Amnistia per punire chi ha agito durante il regime militare. Il Cile, ad esempio, ha punito i suoi aggressori pur in presenza di una legge di amnistia. Pensiamo infatti che la legge non sia applicabile in caso di crimini contro l'umanità" ha detto ancora la direttrice Maria Laura Canineu.

 

In un altro capitolo del rapporto viene anche affrontato il tema della violenza sulle popolazioni indigene e rurali. Tra il gennaio e l'agosto del 2014, 23 persone sono state uccise in conflitti per la terra. Nel 2015 erano state 15.

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