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15.06.16

"Escrache" dei militanti neri e delle periferie a una manifestazione di bianchi a favore della morte di un bambino

di Fausto Salvadori, Kaique Dalapola e Daniel Arroyo, pubblicato su Ponte Jornalismo il 13.06.16
traduzione di Sara De Vidi per il Resto del Carlinho Utopia

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Doveva essere il giorno in cui una ventina circa di abitanti di Morumbi, quartiere nobile della zona sud di San Paolo, quasi tutti bianchi, si riunivano per dichiarare il loro appoggio ai poliziotti che hanno ucciso un bambino di dieci anni, Italo Ferreira de Jesus Siqueira.

 

Ma un gruppo leggermente più numeroso, di circa 30 persone, quasi tutti neri, provenienti dai quartieri di periferia, ha cambiato la storia svoltasi quest’ultimo sabato (11/06).

 

Con striscioni che definivano “razzisti assasini”  i manifestanti del quartiere Morumbi e manifesti con i volti dei giovani morti nei massacri commessi dalla Polizia Militare ad Osasco (San Paolo) e a Mogi das Cruzes (SP), i neri hanno rubato la scena della manifestazione dei bianchi proprio nel cuore di Morumbi, davanti al Palácio dos Bandeirantes, sede del governo Geraldo Alckmin.

 

Ciascun gruppo si era posizionato su un lato della Avenida Morumbi, i militanti di periferia gridando “razzisti, fascisti, non passeranno” e “non è finita, deve finire, vogliamo la fine della Polizia Militare”, mentre gli abitanti del Morumbi rispondevano con “Appoggiamo la Polizia Militare” e “I bambini stanno a scuola, i delinquenti in galera”. In questo scontro verbale, i rappresentanti dello stato hanno scelto da che parte stare. Di fronte ai manifestanti bianchi, un gruppo di sei poliziotti che si stavano occupando della sicurezza esterna al Palazzo si sono messi sull'attenti e ringraziato per il sostegno.

 

“Grazie comandante”, ha detto il tenente Damasceno, a capo del battaglione di poliziotti, a uno dei manifestanti pro-violenza poliziesca, il deputato federale (SD-SP) e riservista della polizia militare Maggiore José Olímpio. Intervistato da Ponte Jornalismo a proposito delle ragioni del suo gesto, il tenente ha dichiarato: “Mettersi sull'attenti è un segno di rispetto indirizzato a tutti i cittadini per bene”. E mentre l’ufficiale dava spiegazioni, uno dei cittadini per bene applaudiva i poliziotti e gridava “Non aspettare che il criminale spari, no, ficcagli una pallottola e uccidilo, uccidilo!”.

 

In una nota, l’ufficio stampa della Segreteria di Sicurezza Pubblica (SSP) ha riconosciuto l’irregolarità del gesto tributato ai manifestanti. “È necessario chiarire che il mettersi sull'attenti è un saluto militare e viene realizzato tra poliziotti, inclusi i riservisti”, ha affermato. Malgrado tutto, la SSP ha negato che i poliziotti militari si fossero schierati con una delle due parti dei manifestanti. “La PM ha seguito la manifestazione per garantire la sicurezza di entrambi gli schieramenti, così come accade in ogni manifestazione di protesta”, ha affermato.

Foto: Daniel Arroyo/Ponte

I poliziotti che si sono messi sull'attenti davanti ai manifestanti del Morumbi appartengono al 16° Battaglione della Polizia Militare Metropolitana, lo stesso dei poliziotti Israel Renan Ribeiro da Silva e Otávio de Marqui, che hanno ucciso Italo con un colpo alla testa il 2 giugno scorso, dopo che il bambino aveva rubato una macchina da un condominio di Vila Andrade, zona residenziale limitrofa a Morumbi.

 

I poliziotti militari hanno affermato che il bambino era armato e che avrebbe sparato tre volte contro di loro mentre guidava l’auto. La stessa versione è sostenuta dal governatore Geraldo Alckmin, sebbene sia stata smentita da un bambino di 11 anni, che stava con Italo e che ha detto che egli era disarmato, e dalla perizia della Polizia Civile, che non ha trovato alcun segno di spari partiti dall’interno dell’automobile.

 

È cominciata coi bianchi

I manifestanti pro-PM sono arrivati per primi sul posto, verso le 10 del mattino, e hanno parcheggiato le loro auto lungo le vie prossime al Palazzo.

Hanno formato un gruppo discreto, senza striscioni né manifesti. “Questa manifestazione è per dimostrare al governatore che appoggiamo i poliziotti”, ha detto Celso Neves Cavallini, presidente del Conseg (Consiglio di Sicurezza) di Morumbi, ed organizzatore di quest’iniziativa. Padre di quattro figli, non si è fatto scrupoli ad appoggiare la morte di Italo che, secondo lui, non era un bambino, bensì un criminale come qualsiasi altro. “Che avesse dieci, dodici o diciotto anni, in quel momento lui non era altro che un bandito, un criminale, che avrebbe potuto colpire chiunque per strada mentre sparava dall’automobile”, ha affermato.

 

Cavallini ha anche raccontato che il Conseg sta pagando le spese legali per la difesa dei poliziotti militari che hanno ucciso Italo. “Sono certo che l’azione dei poliziotti è stata legittima. Confido nelle parole dei poliziotti, in quanto essi rappresentano l’autorità”, ha affermato Cavallini. Non è la prima volta che il Conseg sostiene la violenza della polizia. Nel settembre dello scorso anno, organizzò una “colletta” destinata ad aiutare gli 11 poliziotti accusati dell’esecuzione di due giovani, uno dei quali fu buttato giù da un tetto – per inciso, gli undici appartenevano anch'essi al 16° battaglione, lo stesso dei poliziotti che hanno ucciso Italo.

Oltre a difendere la morte de Italo (“preferisco la morte di un piccolo criminale di dieci anni che quella di un poliziotto padre di famiglia”), un altro fra i manifestanti, il deputato Major Olímpio, non ha risparmiato offese rivolte al responsabile della Ouvidoria da Policia di San Paolo, Júlio César Neves. (ndt. la Ouvidoria è un organo indipendente di controllo, creato nel 1995, sulle irregolarità commesse da poliziotti civili e militari).

 

“Il rappresentante della Ouvidoria della Polizia di San Paolo è un idiota, pieno di pregiudizi, che tenta di inserire nei fatti una versione di barbarie poliziesche. Egli tenta continuamente di sminuire il valore morale della polizia dicendo: ‘non fidatevi dei poliziotti, che sono dei barbari’, ma questo maledetto ha però una scorta di poliziotti a protezione della sua vita, ha sottolineato.

 

Da noi contattato, Júlio César Neves ha affermato che non avrebbe commentato le dichiarazioni del deputato. “Non merita alcuna risposta”, ha sentenziato.

 

Il deputato Major Olímpio saluta i poliziotti - Foto: Daniel Arroyo/Ponte

Arrivano i neri

Verso le 10,30, i sostenitori della polizia sono stati sorpresi dall’arrivo dei militanti dei movimenti neri e dei collettivi di periferia. “Ancora una volta siamo qui per denunciare e pronti ad affrontare la popolazione che sostiene il genocidio del popolo nero”, ha annunciato il militante Alaru attraverso un altoparlante a gran volume, non appena ha avvisato i manifestanti bianchi.

 

Venendo da Caieiras, nella grande San Paolo, il disoccupato Isaías Toledo, 19 anni, ha impiegato 1h40 tra autobus e treno per arrivare fino a lì. Era la prima volta che metteva piede a Morumbi. “Che ci venivo a fare qui?” ha scherzato. Ha sostenuto di essere lì per denunciare la violenza di Stato. “Italo è l’ennesimo esempio delle manipolazioni della polizia per praticare un razzismo istituzionalizzato”, ha affermato.

 

“Sono qui per lottare contro quella borghesia che scende in piazza per rendere naturale e banalizzare la nostra morte. La morte dei giovani, neri, di periferia”, ha detto un'addetta alle pulizie di 21 anni, Tatiane Nefertari, che abita a Vila Formosa, zona est di San Paolo.

 

Sono state le grida e gli striscioni che davano dei “razzisti” ai partecipanti della manifestazione pro-polizia a causare il disturbo maggiore. “Non siamo razzisti, guarda qui amico mio”, ha ribattuto il poliziotto civile Mercedes Alvarez, una dei manifestanti, mentre dava la mano al venditore João Henrique Gonçalves, 31 anni, uno dei pochi neri presenti sul versante pro-polizia. João, l’amico, ha risposto: “La questione qui non è il razzismo. Il poliziotto quando spara non ha modo di sapere se sta sparando contro un biondo o un giapponese. Sono qui per difendere la polizia militare e a rivendicare sicurezza”.

 

“È proprio da voi assassinare un bambino nero. Riflettete la morte che voi stessi difendete”, ha gridato Carlos Rodrigo, detto Fuca, ai difensori della polizia. L’azione dei neri ha fatto piangere una signora bianca del Morumbi. Ha attraversato la strada in direzione degli altri manifestanti e ha detto, tra le lacrime: “Io non sono razzista. Io non voglio che muoia nessun bambino. Ma allo stesso tempo non voglio che siano i poliziotti a morire.”

“Razzisti” Vs. “gente-spazzatura”

Per la maggior parte del tempo, però, c’è stata più tensione che dialogo. Il deputato José Olímpio ha accusato i neri di essere stati pagati per essere lì. “Hanno guadagnato 50 reais e il pranzo. Sono qui pagati con denaro pubblico”, ha detto.

 

“Loro sono gente di fogna. Non si preoccupano minimamente per la vita dei poliziotti”, ha detto la parapsicologa Maria Helena Franklin, 63 anni, che, nonostante abbia otto figli, ha sostenuto che uccidere Italo è stato “più che giusto”. “La polizia ha interrotto la carriera di un bandito. Se fossimo in un paese del primo mondo, quel ragazzino sarebbe finito in prigione a vita. Qui hanno fatto il minimo che dovevano nei suoi confronti”, ha affermato. Sfoggiando una pelliccia, ha raccontato che abita a Morumbi da 31 anni ed si è lamentata di aver già subito la violenza del crimine. “Io sono già stata aggredita da un bambino di più o meno otto anni, magrolino, minuto, con in mano un temperino.”

 

Dopo circa mezz’ora di grida tra le due fazioni, gli abitanti di Morumbi sono ritornati nelle proprie auto e se ne sono andati. Prima di raccogliere gli striscioni e imboccare la strada che porta alla stazione degli autobus, i militanti di periferia hanno chiamato ad alta voce i nomi dei giovani neri morti per mano della polizia militare e risposto “presente!” ad ogni nome citato, come quello di Luana Barbosa dos Reis Santos e Lucas Custódio.

Foto: Daniel Arroyo/Ponte
Adão, stanco di vedere poliziotti militare che uccidono giovani neri - Foto: Daniel Arroyo/Ponte
Foto: Daniel Arroyo/Ponte

Mentre si stava dirigendo all’autobus, a lato dei compagni che commemoravano il successo della protesta contro la ”élite bianca”, il militante José Adão, 61 anni, membro del Movimento Negro Unificado, creato nel 1978, ha commentato, sfogandosi, di quanto si sentisse stanco di protestare contro la morte di giovani neri.

 

“Il nostro movimento ha cominciato con questa questione e fino ad oggi non siamo riusciti a fare un solo passo avanti, perché stiamo continuando a morire”, ha detto. E ha confessato: “Io non volevo essere qui. Dovevo essere ad una riunione per discutere dei possibili miglioramenti del mio quartiere, della "festa junina"… Ma bisogna correre dietro alla morte, morte, morte. È assurdo.”

 

“Torneremo ancora qui”, ha commentato un collega di Aldão. Se per le stesse ragioni, spero di no”, ha risposto.

 

AGGIORNAMENTO:

Contattato telefonicamente, l’ufficio stampa della Segreteria di Sicurezza Pubblica (SSP) ha detto che non è stata ravvisata nessuna irregolarità nell'attenti prestato dagli agenti ai manifestanti del Morumbi, come scritto in precedenza, in quanto nulla impedisce a dei poliziotti militari, di indirizzare, tanto a civili che a militari, questa forma di saluto.

Italo, 10 anni

Italo, il bambino di 10 anni colpito a morte da un poliziotto militare con uno sparo alla testa, voleva diventare un cantante

Due bambini, uno di 10 e l'altro di 11 anni, hanno rubato una macchina nel ricco quartiere Morumbi (San Paolo) e durante la fuga uno dei due, Italo (10 anni), è stato ucciso dalla polizia con uno sparo alla testa. Italo era un bambino con una storia difficilissima alle spalle, che non ha mai avuto una "casa" e che spesso, quando i soldi che guadagnava facendo il lustrascarpe non erano abbastanza, era costretto a rubare per sfamarsi. Si è trattato probabilmente di una vera e propria esecuzione, malgrado la polizia tenti di presentare una versione dei fatti nella quale il bambino sarebbe stato armato e, nel corso della breve fuga in auto, avrebbe sparato per ben tre volte, aprendo e poi richiudendo il finestrino, in direzione degli agenti che lo inseguivano.

 

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