14.09.14
In Brasile l'aborto è un reato punito con la "pena di morte"
di Jarid Arraes, Revista Forum 10.09.14
La scorsa settimana, i media mainstream hanno dato particolare attenzione al caso di Magdalena Jandira dos Santos, 27 anni, che, rimasta incinta, ha cercato una clinica per abortire clandestinamente. Jandira, che prima dell'intervento ha chiesto una preghiera per lei attraverso un messaggio, è un'altra di quelle donne che non rientrano nello stereotipo che si attendono coloro che criminalizzano le donne che abortiscono. Ma, a causa dell'assenza dello Stato e del punitivismo della società brasiliana, probabilmente ha finito per morire, carbonizzata - e forse la parte più scioccante di quanto accaduto è il fatto che molte persone applaudono questa fine.
Uno degli aspetti spaventosi di questo caso è che Jandira apparteneva ad una fascia di reddito che le ha consentito di poter pagare per un aborto, anche se in un luogo pericoloso e clandestino. In Brasile, molte donne non hanno le centinaia di reais necessari per interrompere la gravidanza quando ciò si rende disperatamente necessario. Ecco perché in così tante finiscono per ricorrere a metodi rischiosi, quali l'uso di oggetti appuntiti e taglienti, candeggina e farmaci contraffatti. La maggior parte, così come Jandira, passa attraverso dolori inimmaginabili e sanguina fino alla morte. E così vengono gettate nelle fosse dell'abbandono e della misoginia, che sottrae alla donna l'autonomia e le impone condotte morali senza possibilità di scelta.
Il caso di Jandira è una sorta di termometro della società brasiliana e una rivelazione vorace dell'incapacità empatica di molti. Chi pensa che Jandira ha meritato di morire dimostra totale mancanza di compassione, comprensione e solidarietà verso il prossimo. Oltretutto, queste persone ignorano il fatto che tantissime donne fanno aborti clandestini in Brasile, comprese quelle che sono loro familiari, amiche o conoscenti, con la differenza che hanno avuto la fortuna di sopravvivere per nascondere la storia. Dopo tutto, il silenzio impera e soggioga, tanto per impedire la richiesta di soccorso quanto per mortificare la necessità di accoglimento.
Il fatto è che la criminalizzazione dell'aborto non ha senso per le migliaia di donne che vi si sottopongono ogni anno. L'aborto deve essere legalizzato e regolamentato, entro i limiti del periodo in cui si può fare, e il governo deve fornire sostegno psicologico alle donne che intendono porre fine alla gravidanza - tutto questo con il dovuto supporto del Servizio Sanitario Pubblico, perché l'aborto deve essere gratuito e accessibile a tutte. Nei diversi paesi che hanno adottato queste misure si osservano ottimi risultati, a cominciare dal fatto che nessuna donna muore più in clandestinità - e addiritura il numero di aborti si è ridotto, in quanto legalizzazione è accompagnata da un sistema di prevenzione più efficace, oltre che da un maggiore rispetto per la libertà di scelta della donna. L'Uruguay, vicino latino-americano, è un grande esempio di ciò che la regolamentazione dell'aborto può fare per tutte le donne di un paese.
Nel frattempo, in Brasile prosegue un regime genocida che non si preoccupa minimamente del diffuso problema della sofferenza e della mortalità femminile. Anche nei casi già legalizzati, vale a dire nelle gravidanze causate da stupro,
Un aborto clandestino "finito male"... un corpo fatto sparire e (forse) ritrovato carbonizzato
Rio de Janeiro. Jandira Magdalena dos Santos, 27 anni, impiegata, da pochissimo separata dal marito, decide di interrompere la sua gravidanza. Attraverso le sue conoscenti entra in contatto con Rose, una donna che, insieme ad altre persone, gestisce una clinica per aborti clandestini.
È lo stesso ex marito che l'accompagna, il 26 agosto scorso, sino al luogo (la stazione di autobus di Campo Grande) dove è stato fissato l'incontro per portare Jandira in Clinica. Una donna alla guida di un'automobile passa a prendere la giovane così come concordato. All'ex marito viene detto di aspettare sul posto, dove, ad intervento eseguito, la donna sarebbe stata riportata.
Poco più tardi, mentre presumibilmente si trovava ancora nel tragitto verso la clinica, Jandira manda un messaggio sul cellulare all'ex marito: "Amore, mi stanno obbligando a spegnere il telefono, sono nel panico, prega per me!"
Da quel momento Jandira scompare. Il 27 agosto viene ritrovata dalla polizia un'auto bruciata con all'interno un corpo mutilato e carbonizzato. Gli inquirenti sospettano che si tratti di Jandira. Nel frattempo 3 persone, tra le quali un medico e Rose, la donna che gestiva la clinica clandestina, sono state arrestate.
quando il feto è anencefalo o quando vi è il rischio di morte per la gestante, le donne incontrano difficoltà assurde nel momento in cui devono abortire. La situazione è talmente deplorevole che il Ministero della Salute si rifiuta di dare informazioni su quali ospedali li eseguono - il che è già intrinsecamente sbagliato, perché tutti dovrebbero effettuarli. Tutto questo senza menzionare l'importantissimo decreto 415/14, revocato seguendo precetti religiosi che non dovrebbero mai interferire con la politica.
In anno di elezioni, sono pochi i candidati che hanno il coraggio di difendere la vita delle donne. I principali candidati e candidate si rifiutano di guardare la questione da un punto di vista politico e umano perché preferiscono vendersi ai settori conservatori. Così facendo si rendono complici delle migliaia di morti terribili di donne che, come Jandira, si ritrovano completamente indifese dallo stato. Il sangue di queste donne sta anche nelle mani dei candidati e delle candidate alla presidenza, così come nelle mani di tutti coloro che celebrano la brutalità dell'aborto clandestino.