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08.06.15

Não acabou. Tem que acabar!

Non è finita (la dittatura). Deve finire!

di Vinicius Souza e Maria Eugênia Sá,

per Jornalistas Livres  il 05.06.15

 

L'incontro a San Paolo tra i parenti delle vittime e dei 43 desaparecidos di Ayotzinapa in Messico, e le Madri di Maggio che hanno perso i loro figli per mano della polizia in Brasile. La fine formale delle dittature latinoamericane non ha chiuso con la pratica di stato di tortura, morte e sparizioni forzate. La differenza principale è che oggi i bersagli non sono più i militanti della sinistra, ma i poveri, i neri e gli abitanti delle periferie e delle favelas.

Sorella di un desaparecido della dittatura civile-militare brasiliana (ufficialmente tra il 1964 e il 1985), e madre di un giovane ucciso dalla polizia nel 2006 (nella risposta brutale e indiscriminata contro i poveri in quella che viene chiamata guerra del PCC, nel maggio del 2006), Débora Maria Silva è la sintesi del terrorismo di stato che affligge l'America Latina da decenni, indipendentemente che i governi siano considerati democratici o no.

 

Figlie legittime della politica colonialista alimentata dal genocidio delle popolazioni native e oliata dagli ingranaggi della schiavitù, le attuali élite dominanti continuano ad approfondire quell'abisso sociale in cui pochissimi hanno molto e molti non hanno nulla. E per garantire lo status quo, hanno bisogno di mantenere neri, poveri e indigeni nelle periferie economiche e della giustizia. E se si rende necessario uccidere, torturare o far sparire alcune centinaia o migliaia di queste non-persone, bene, fa parte del business.

 

È stato per denunciare questo stato di cose e chiedere solidarietà e pressione da parte delle società che la Carovana 43 Sudamérica, formata da familiari e testimoni del massacro di sei studenti e del sequestro di altri 43 a Ayotzinapa in Messico, il 26 settembre 2014, ha incontrato mercoledì scorso (giovedi 2 giugno) nel centro di San Paolo, con il Movimento Mães de Maio (Madri di Maggio), composto da parenti delle vittime della polizia brasiliana.

Caravana 43 e Mães de Maio a San Paolo

L'agenda della Carovana 43, che è già stata in Argentina e Uruguay e passerà anche da Rio de Janeiro e Porto Alegre, è lunga, così come è lunga la lista dei crimini denunciati.

 

"Non sono solo 43. Sono più di 30.000 i desaparecidos sotto un governo che ha stretti legami con il narcotraffico", dice Mário César González, il padre di César Manuel González Hernández, uno dei sequestrati dalla polizia municipale di Iguala, nello stato messicano di Guerrero.

 

"L'unica differenza tra l'attuale governo del presidente Enrique Peña Nieto e  quello precedente di Felipe  Calderón, è che ora si torturano e si fanno sparire ancora più persone", ha aggiunto Francisco Sánchez Nava, sopravvissuto e testimone degli avvenimenti del 26 settembre.

 

A São Paulo, la Caravana 43 ha iniziato la giornata con una conferenza stampa alla Kiwi Companhia de Teatro, alla presenza di giornalisti dei media egemonici (come O Globo), statali (EBC), alternativi (Jornalistas Livres, Ponte, Passa Palavra, CMI, Rede Brasil Atual e vari collettivi) e latinoamericani (Telesur). 

Altri organi di stampa come Folha de S.Paulo e Estadão hanno chiesto interviste esclusive. La ripercussione, tuttavia, è stata piccola. Piccola anche troppo per la tragedia che i fatti rappresentano. "Sono qui con una grande responsabilità perché ho 512 studenti (della scuola rurale) di Ayotzinapa dietro di me", ha detto Nava. "Non vogliamo vedere un altro 26 settembre, un altro 12 dicembre, un altro Chaco... E così sarà, se non ci organizziamo e non faremo pressione su un governo che con noi sta solo giocando."

 

La situazione è davvero terribile. Mentre i parenti ed i colleghi degli studenti continuano a cercarli ancora in vita da più di otto mesi, il governo assicura che sono stati uccisi da un cartello di trafficanti di droga. Le indagini, tuttavia, non sono conclusive e a fronte dell'assunzione di esperti argentini per esaminare le prove, il governo sta bloccando l'accesso ai dati già raccolti e vietando le indagini dei possibili responsabili, militari e poliziotti.

 

"Il governo sta nascondendo tante cose che non sappiamo cosa sono", ha detto Hilda Legideño Vargas, la madre di Antonio Tizapa Legideño. "Abbiamo sempre detto, per esempio, che dovevano indagare l'ex governatore e non sappiamo il motivo per cui non lo stanno facendo, quindi pensiamo che ci possano esserci dietro altre cose più grandi, come il coinvolgimento del governo federale". "Abbiamo sei o sette Stati in cui ci sono state più morti e non succede nulla, non abbiamo risposte", ha detto Mario González. "Invece di occuparsi di questo, fanno pressioni sulle famiglie."

Mães de Maio
Caravana 43 Sudamérica

Alle 18:00, la Caravana si è diretta verso Praça da Sé (la Piazza della Cattedrale di San Paolo), dove, insieme alle Madri di Maggio, hanno assistito ad una performance teatrale del Coletivo de Galochas. In essa, gli attori, vestiti in tuta arancione, con riferimento sia agli spazzini brasiliani (in lotta da molti mesi), sia ai prigionieri degli Stati Uniti nel campo di Guantanamo a Cuba, hanno ricreato scene di vita quotidiana nelle grandi città. Il tema è stato lo scontro tra i lavoratori e lo "Schema" che controlla le nostre vite, sia attraverso la violenza della polizia, sia attraverso la via economica, politica o mediatica, che in fondo sono quasi la stessa.

 

Nella rappresentazione, che ha visto la partecipazione spontanea di senzatetto e l'uso di una bandiera rossa e nera di qualche antifascista che osservava, il popolo vince lo "Schema" e si libera. Poi tutti in corteo al suono della Fanfarra do MAL, banda che ha accompagnato diverse manifestazioni del Movimento Passe Livre nei mesi di giugno e luglio 2013, fino alla Quadra do Sindicato dos Bancários de São Paulo.

 

Le oltre 300 persone presenti non sono riuscite a riempire lo spazio, tradizionalmente usato per eventi sindacali e politici del Partido dos Trabalhadores. Al tavolo, otto madri e un padre di morti e desaparecidos per mano della polizia brasiliana, hanno raccontato le loro storie e hanno solidarizzato con tre delle madri, un padre e un collega dei 43 sequestrati in Messico.

Débora Silva Maria, leader delle Mães de Maio

"Questa è la realtà brasiliana. Si uccide molto, si incarcera molto, si tortura molto e non succede nulla a nessuno. C'è questa cultura, questa cultura velata nelle periferie e il Movimento Mães de Maio continua a sanguinare. È una rosa che sanguina. Il simbolo delle madri di maggio è una rosa che sanguina, sanguina, sanguina, sanguina perché ognuno che cade è come se cadessero nuovamente i nostri figli. E abbiamo in Brasile, soprattutto a San Paolo, una magistratura 'dalla penna assassina' che uccide i nostri figli dieci volte con richieste di archiviazione", spiega Débora.

 

La lotta è dura, è globalizzata, è latinoamericana. Ma i movimenti non si fanno intimidire. Affrontano i governi perché non hanno ormai più nulla da perdere. Si uniscono per lottare e diventare più forti.

Ma non è facile. "Quando abbiamo programmato un'audizione pubblica nel cimitero che seppellisce il maggior numero di giovani in America Latina, il cimitero São Luiz, a Capão Redondo (San Paolo), non abbiamo visto madri. Abbiamo visto i protagonisti della scena politica fascista che ripudiamo.

Chi doveva essere lì a parlare dei propri morti erano le madri. Queste madri non hanno conforto. Le madri brasiliane non hanno conforto. Queste Madri che si fanno in quattro per andare di stato in stato ad insegnare che cos'è la lotta. Quando gli studenti in passato scesero in piazza per chiedere una vera democrazia, questo è successo. Dov'è adesso il movimento studentesco del nostro Brasile? Dove sono finite le lotte, divise in borse di studio e contributi statali per ricercatori?" Domanda Débora

 

"Quando la faremo finita con tutto questo riusciremo ad essere uniti e le piazze diranno BASTA allo sterminio dei giovani neri, poveri e periferici. Parlo di contributi e borse di studio (ndt. il Movimento Madri di Maggio è stato spesso "oggetto" di studio da parte di studenti, ricercatori e attivisti attraverso l'erogazione di fondi pubblici) che non servono alla popolazione ma offrono un buon servizio alla Casa Grande (ndt. il riferimento allude a come veniva chiamata ai tempi della schiavitù in Brasile, la dimora dei padroni bianchi). Non c'è lotta quando si è schiavi delle ricevute fiscali tutto l'anno. Ma le Madri di Maggio sanno insegnare molto bene questo cammino. Perché le Madri di Maggio non si contaminano. E mai si contamineranno, perché la rosa che sanguina viene dai vicoli, da quei quartieri degli schiavi che sono le nostre periferie. E sanguina nel petto di ciascuna di queste madri che sono sedute qui. E non è diverso là in Messico.

 

Ma troppe volte andiamo per la strada da sole. Dove sono i figli? È davvero molto bello avere questo esercito di figli che ci segue sui social media. Ma dobbiamo pretendere da questi figli che escano da Facebook e abbiano il coraggio di affrontare davvero questo stato terrorista brasiliano!", conclude Débora tra gli applausi prima di alzarsi per abbracciare i compagni di dolore provenienti dall'America del Nord.

L'intervento di Débora Maria da Silva, leader delle Mães de Maio 

Conferenza Stampa.  Francisco Sánchez Nava

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