24.02.16
Presentato il Rapporto 2015/16 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo
Brasile, un paese in "violazione permanente dei diritti umani"
di María Martín, pubblicato il 24.02.16 su El Pais
Il rapporto sullo "Stato dei diritti dell'uomo" del 2015 che Amnesty International invierà alla Presidente Dilma Rousseff, ministri e governatori ha, purtroppo, molto in comune con il Brasile del passato.
La morte dei giovani neri, le esecuzioni extragiudiziali, gli abusi della polizia, la mancanza di trasparenza e la vulnerabilità dei difensori dei diritti umani nelle zone rurali rimangono, e questo da circa 30 anni, le principali preoccupazioni della ONG britannica, senza che le autorità si siano mobilitate in modo efficace per mutare questo scenario.
"Negli ultimi anni abbiamo sempre lanciato l'allarme abbiamo sugli stessi problemi. Il Brasile vive in uno stato permanente di violazione dei diritti umani di una parte importante della sua popolazione. Si tratta di una violazione altamente selettiva", lamenta Atila Roque, direttore esecutivo di Amnesty International in Brasile. "Il paese pur avendo compiuto passi avanti nel campo delle politiche di riduzione della povertà, ha mantenuto un alto grado di violazioni dei diritti in altri ambiti".
La novità di quest'anno viene dalle mani di alcuni deputati e senatori che, secondo l'organizzazione, stanno compiendo grandi sforzi per minacciare le conquiste di diritti umani, ottenute dalla fine della dittatura militare. L'ONG evidenzia una serie di proposte di legge presentate lo scorso anno che, se approvate, significherebbero un "enorme passo indietro nel quadro costituzionale", afferma Roque.
Tra queste vi è la proposta di emendamento alla Costituzione che riduce l'età in cui i bambini e gli adolescenti possono essere processati come adulti (da 18 a 16 anni) o la proposta di modifica della Costituzione (PEC 215) che mira a trasferire al Potere Legislativo la responsabilità per la demarcazione delle terre indigene, L'organizzazione ha anche espresso la sua preoccupazione sul disegno di legge, scritto dal presidente della Camera Eduardo Cunha, che rende difficile l'assistenza sanitaria alle donne vittime di abusi sessuali, e l'approvazione di una legge anti-terrorismo che potrebbe criminalizzare i movimenti sociali.
Secondo Amnesty, il numero di omicidi in Brasile rimane allarmante. Secondo l'ultimo rapporto del Forum di Sicurezza Pubblica nel 2014 sono state più di 58 mila le persone assassinate, oltre 3000 per mano della polizia, un aumento del 37% in relazione all'anno precedente, e 398 i poliziotti uccisi in servizio.
Il capitolo del Rapporto dedicato al Brasile critica il governo Dilma Rousseff per non aver ancora attuato il Piano Nazionale per la Riduzione degli Omicidi, promesso nel mese di luglio. "Il numero assoluto di omicidi è una calamità che richiama da molto tempo l'attenzione non solo di Amnesty International, ma di molte altre organizzazioni, ma la società continua a guardare da un'altra parte", ha detto Roque. Il focus di questa violenza, come dimostrano i numeri sugli omicidi in Brasile raccolti dal Forum, rimane lo stesso: giovani e neri delle periferie e delle favelas.
"Il quadro è ancora più grave se guardiamo al ruolo che lo Stato ha in questo volume di omicidi. Gran parte di queste morti sono causate dalla polizia in operazioni formali o parallele, attraverso gruppi di sterminio o milizie", ha detto Roque. Alcuni casi venuti alla luce nel 2015 illustrano questa realtà. Il massacro di Osasco (San Paolo), dove, in una sola notte, 18 persone sono state uccise presumibilmente dalla polizia o l'esecuzione di cinque giovani con più di 100 colpi sparati dai fucili di poliziotti militari nel quartiere Costa Barros, nella periferia di Rio de Janeiro, sono stati solo alcuni di essi.
L'impunità è, secondo Amnesty, una costante. Secondo il rapporto, "gli agenti di polizia responsabili di esecuzioni extragiudiziali hanno goduto di impunità quasi totale." L'ONG illustra la sua conclusione con dati dalla città di Rio de Janeiro e critica la mancanza di dati che consentano di calcolare gli effetti della violenza della polizia nel paese. "Delle 220 indagini su omicidi commessi da poliziotti avviate nel 2011, si è registrato, fino al 2015, solo in un caso un poliziotto è stato incriminato. Nel mese di aprile 2015, 183 di queste indagini erano ancora aperte", si legge nel documento.
La situazione degli attivisti indigeni, quilombolas e contadini che lavorano per il rispetto dei diritti umani e per la difesa delle risorse naturali nelle zone rurali è un'altra questione cruciale per Amnesty. Invisibili ai grandi mass media, "i conflitti per la terra e le risorse naturali hanno continuato a causare decine di morti ogni anno. Le comunità rurali ed i loro leader sono stati minacciati e attaccati da proprietari terrieri, soprattutto nel nord e nord-est del Paese", dice il rapporto.
La morte, nel mese di agosto, di Raimundo Santos Rodrigues, nella città di Bom Jardim, nello stato del Maranhão, ha rivelato una routine di minacce, attacchi e impunità lontano dalle grandi città. Per molti anni, Raymond, che era un membro del Consiglio della Riserva Biologica del Gurupi, un'area di protezione ambientale nella foresta amazzonica, aveva fatto denunce e campagne contro lo sfruttamento illegale del legno e la deforestazione in Amazzonia. Il suo nome, secondo la Commissione Pastorale della Terra (CPT), era inserito da lungo tempo in una lista nera. Malgrado abbia denunciato le minacce che riceveva, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco davanti a sua moglie, anche lei rimasta colpitra. Raimundo è stato uno dei 116 uccisi nel 2014 per aver denunciato gli abusi dei latifondisti e lo sfruttamento delle risorse naturali, una cifra che colloca il Brasile, secondo l'ONG Global Witness, al primo posto nel mondo per questo tipo di omicidi.
Le buone notizie del 2015 provengono dalla società, secondo Amnesty. "Nello stesso tempo in cui questa ondata conservatrice cerca di imprimere una battuta d'arresto nella garanzia dei diritti, abbiamo parti della società che si sollevano e resistono. Stiamo assistendo ad una mobilitazione crescente nelle periferie e nelle favelas, principali vittime delle violazioni dei diritti umani, abbiamo visto le donne scendere in piazza e lanciare campagne per rivendicare i propri diritti, così come gli insegnanti del Paraná, o gli studenti medi di San Paolo e Goiás... " ricorda Roque.
BRASILE
RAPPORTO COMPLETO AMNESTY INTERNATIONAL 2015-2016 SULLA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI
Sono continuate le segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani, comprese uccisioni da parte della polizia, tortura e altri maltrattamenti di detenuti. Giovani neri delle favelas e delle periferie sono stati particolarmente a rischio. Le forze di sicurezza spesso hanno represso le manifestazioni con un uso eccessivo o non necessario della forza. Nell’ambito delle dispute sulla terra e le risorse naturali sono state uccise decine di persone. Le comunità rurali e i loro leader hanno continuato a subire le minacce e gli attacchi dei proprietari terrieri, specialmente nelle regioni settentrionali e nordorientali del paese. Le persone LGBTI hanno continuato ad affrontare discriminazioni e violenze. Si è intensificata la mobilitazione della società civile contro l’adozione di nuove proposte legislative ed emendamenti costituzionali che minacciavano di far arretrare i progressi ottenuti nel campo dei diritti sessuali e riproduttivi, dei diritti delle donne e dei minori; i giovani e le donne hanno svolto un ruolo fondamentale in queste iniziative. Il Brasile non ha presentato la propria candidatura per la rielezione al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
PUBBLICA SICUREZZA
Sono persistite le gravi preoccupazioni in materia di pubblica sicurezza e per gli alti livelli di omicidi di giovani neri. A fine anno, il governo non aveva ancora presentato un concreto piano nazionale per ridurre il numero degli omicidi nel paese, nonostante l’annuncio fatto a luglio in tal senso.
Secondo un rapporto sul 2014 pubblicato dal Forum brasiliano sulla pubblica sicurezza, durante l’anno le vittime di omicidi sono state oltre 58.000; il numero di poliziotti uccisi è stato di 398, registrando una leggera flessione pari al 2,5 per cento in relazione all’anno precedente; e oltre 3.000 persone sono state uccise per mano della polizia, con un aumento di circa il 37 per cento rispetto al 2013.
ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI
Nel corso dell’anno, il numero di uccisioni registrate durante operazioni di polizia è rimasto elevato, ma la mancanza di trasparenza in gran parte degli stati ha di fatto reso impossibile stabilire con esattezza il numero di persone uccise in seguito a queste operazioni. Negli stati di Rio de Janeiro e San Paolo c’è stato un significativo aumento del numero di persone uccise per mano di poliziotti in servizio, proseguendo la tendenza al rialzo rilevata nel 2014.
Raramente le uccisioni da parte di agenti in servizio sono state oggetto d’indagine e sono pervenute frequenti segnalazioni secondo cui gli agenti coinvolti avevano cercato di alterare la scena del reato e criminalizzare la vittima. È frequentemente accaduto che gli agenti tentassero di giustificare le uccisioni sostenendo di aver agito per autodifesa e che la vittima aveva opposto resistenza all’arresto.
A settembre, un ragazzo di 13 anni è stato ucciso durante un’operazione di polizia a Manguinhos e un sedicenne è morto sotto i colpi sparati dagli agenti a Maré, entrambe favelas di Rio de Janeiro.
A febbraio, 12 persone sono state uccise e altre quattro sono rimaste ferite sotto i colpi sparati dagli agenti della polizia militare, durante un’operazione condotta nel quartiere di Cabula della città di Salvador, nello stato nordorientale di Bahia. I residenti hanno riferito di sentirsi minacciati e di aver paura per la frequente presenza di agenti della polizia militare dopo le uccisioni. Un’inchiesta avviata dalla polizia civile ha concluso che gli agenti della polizia militare avevano agito per autodifesa. Tuttavia, le organizzazioni che si sono occupate del caso hanno rilevato elementi di prova fortemente attendibili, che suggerivano che le 12 persone erano in realtà state vittime di esecuzioni sommarie. L’ufficio del procuratore generale ha condannato l’operato degli agenti della polizia militare coinvolti nelle uccisioni e ha messo in dubbio l’imparzialità delle indagini svolte dalla polizia civile.
Eduardo de Jesus Ferreira, un bambino di 10 anni, è stato ucciso da agenti della polizia militare davanti alla sua casa nel quartiere Complexo do Alemão di Rio de Janeiro, il 2 aprile. Gli agenti hanno cercato di alterare la scena del crimine e rimuovere il suo cadavere, ma la famiglia e i vicini della vittima lo hanno impedito. La madre e la famiglia di Eduardo hanno dovuto lasciare la città dopo aver ricevuto minacce di morte.
Il 29 novembre, cinque giovani di colore, tra i 16 e i 25 anni, sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco nel quartiere di Costa Barros di Rio de Janeiro, da poliziotti militari del 41° battaglione. La macchina in cui sedevano le vittime è stata raggiunta da oltre 100 colpi sparati dai poliziotti.
Sono state segnalate esecuzioni da parte di agenti fuori servizio, in azioni compiute da gruppi di sterminio che operavano in diverse città.
A Manaus, nello stato settentrionale dell’Amazzonia, nell’arco di un weekend di luglio, sono state uccise 37 persone. A Osasco, una città dell’area metropolitana di San Paolo, in un’unica notte sono state uccise 18 persone e le prime indagini hanno indicato il coinvolgimento di agenti della polizia militare.
A febbraio, Vitor Santiago Borges, di 29 anni, è rimasto paralizzato a seguito delle ferite riportate, dopo che membri delle forze armate gli avevano sparato nella favela da Maré. Le autorità non hanno provveduto a fornire adeguata assistenza né a lui né alla famiglia o a condurre un’inchiesta imparziale sulla sparatoria. L’esercito svolgeva funzioni di mantenimento dell’ordine pubblico nella comunità da aprile 2014. I soldati erano stati schierati alla Maré in vista della Coppa del mondo di calcio e il loro ritiro era previsto subito dopo la conclusione dell’evento. Hanno invece continuato a svolgere mansioni di polizia nella comunità fino a giugno 2015. Gli abitanti della favela hanno denunciato una serie di violazioni dei diritti umani da parte delle forze militari durante questo periodo, comprese violenze fisiche e sparatorie contro i residenti.
IMPUNITÀ
I poliziotti responsabili di esecuzioni extragiudiziali hanno potuto contare sulla quasi totale impunità. Delle 220 indagini riguardanti uccisioni da parte della polizia, avviate nella città di Rio de Janeiro dal 2011, soltanto in un caso l’inchiesta giudiziaria aveva portato all’incriminazione di un poliziotto. Ad aprile, le indagini in corso erano ancora 183. Il congresso nazionale ha istituito due commissioni parlamentari d’inchiesta, una presso il senato e una presso la camera dei deputati, con l’incarico d’indagare sugli alti livelli di omicidi di giovani neri. Allo stesso tempo, ha guadagnato consensi tra i parlamentari del congresso una legge per emendare la vigente legge sul disarmo, che permetterebbe un più facile accesso alle armi da fuoco. Il Brasile non ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi.
A ottobre è stata creata una commissione parlamentare d’inchiesta all’Assemblea di Stato di Rio de Janeiro per indagare sugli omicidi commessi dai poliziotti le cui conclusioni sono attese per maggio 2016. La polizia civile di Rio de Janeiro ha annunciato che tutti i casi di uccisioni commesse da agenti sarebbero stati oggetto d’indagine da parte della sezione omicidi.
CONDIZIONI CARCERARIE, TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
A marzo, la presidente ha nominato 11 esperti per il Meccanismo Nazionale di Prevenzione e Lotta alla Tortura. Il gruppo fa parte del Sistema Nazionale di Prevenzione e Lotta alla Tortura, il cui mandato comprende, tra l’altro, la visita e l’ispezione dei luoghi di detenzione.
Il grave sovraffollamento, le condizioni di degrado, la tortura e la violenza sono rimasti fenomeni endemici all’interno degli istituti di pena. Le autorità non hanno adottato misure concrete per risolvere il grave sovraffollamento e le dure condizioni di vita all’interno del carcere di Pedrinhas, nella regione nordorientale dello stato di Maranhão. A ottobre, è emerso che nel 2013 un recluso del Pedrinhas era stato ucciso e in parte cannibalizzato dagli altri detenuti.
Sono state segnalate rivolte di detenuti in diversi stati. Nello stato di Minas Gerais, a ottobre, tre detenuti sono stati uccisi durante una rivolta nella struttura di detenzione Teofilo Otoni e, a giugno, due sono morti in circostanze simili nel penitenziario di Governador Valadares. A ottobre, ci sono stati disordini nel carcere Londrina, nello stato meridionale di Paraná.
DIRITTI DEI MINORI
Anche il sistema carcerario minorile è caratterizzato da grave sovraffollamento e condizioni di vita degradanti. Sono stati frequentemente segnalati casi di tortura e violenza sia contro ragazzi che ragazze e durante l’anno alcuni minori sono deceduti in custodia.
Ad agosto, la camera dei deputati ha annunciato un emendamento costituzionale che abbasserebbe da 18 a 16 anni l’età in cui è possibile perseguire i minori come adulti. A fine anno, l’emendamento era in attesa di approvazione al senato. Se approvata, la modifica violerebbe una serie di obblighi del Brasile sanciti dagli standard internazionali sui diritti umani in materia di protezione dei diritti dei minori.
LIBERTÀ DI RIUNIONE
Il 29 aprile, la polizia militare è intervenuta con un uso non necessario o eccessivo della forza per reprimere una protesta organizzata nello stato di Paraná contro la riforma delle pensioni degli insegnanti. La polizia ha impiegato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i manifestanti. Oltre 200 persone sono rimaste ferite e almeno sette sono state detenute per breve tempo. L’ufficio del difensore pubblico e l’ufficio del pubblico ministero hanno intentato una causa giudiziaria contro il governo in seguito all’episodio. A fine anno il caso era ancora in attesa di conclusione.
A ottobre, il senato ha approvato un progetto di legge che definisce il terrorismo come reato distinto nel codice penale. Ha destato preoccupazione il fatto che, se approvata nella forma attuale, la legge potrebbe essere utilizzata per criminalizzare i manifestanti ed etichettarli come “terroristi”. A fine anno, la proposta era in attesa di approvazione da parte della camera dei deputati.
DIRITTO ALL’ALLOGGIO
Da quando, nel 2009, Rio de Janeiro era stata selezionata come città organizzatrice dei Giochi olimpici del 2016, migliaia di persone sono state sgomberate dalle loro abitazioni in vista della costruzione di infrastrutture destinate all’evento. Molte famiglie non hanno ricevuto alcuna notifica dello sgombero né risarcimenti di tipo economico o un’adeguata sistemazione alternativa.
La maggior parte delle 600 famiglie della comunità di Vila Autódromo, situata nelle vicinanze del futuro parco olimpico, è stata sgomberata dalle autorità municipali. A giugno, membri delle guardie municipali hanno aggredito gli ultimi residenti rimasti, i quali stavano protestando pacificamente contro gli sgomberi. Cinque di loro sono rimasti feriti, inclusa Maria da Penha Macena, la quale ha riportato la frattura del setto nasale. A fine anno, i residenti rimasti vivevano a fianco dei lavori di demolizione e senza accesso a servizi essenziali come l’allacciamento alla rete elettrica e idrica.
Nella città di Rio de Janeiro, gran parte dei condominii che facevano parte del programma di alloggi popolari, conosciuto come “la mia casa, la mia vita”, riservato alle famiglie a basso reddito, è controllata dalle milízie (gruppi della criminalità organizzata formati per lo più da ex agenti del corpo di polizia, dei vigili del fuoco o militari o da loro componenti fuori servizio) o dalle bande della criminalità organizzata. Di conseguenza, migliaia di famiglie vivono a rischio di violenza e molte sono state costrette ad abbandonare gli alloggi a causa delle intimidazioni e delle minacce.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
Il programma nazionale per la protezione dei difensori dei diritti umani non è stato in grado di fornire la protezione che le sue disposizioni avrebbero dovuto assicurare. La mancanza di risorse ha continuato a ostacolare l’implementazione del programma, lasciando esposti ai rischi i difensori. La sua efficacia è stata anche indebolita dall’assenza di un quadro legislativo di riferimento. A fine anno, era all’esame del Congresso un progetto di legge per la creazione di un quadro normativo per coordinare a livello federale e statale le misure di protezione dei difensori dei diritti umani.
Le dispute sulla terra e le risorse naturali hanno continuato a causare decine di morti ogni anno. Le comunità rurali e i loro leader sono stati minacciati e aggrediti dai proprietari terrieri, specialmente nelle regioni settentrionali e nordorientali del paese. A ottobre, cinque persone sono state uccise a Vilhena, nello stato di Rondônia, nel contesto di alcune dispute sulla terra in corso nell’area.
Raimundo Santos Rodrigues, conosciuto anche come José dos Santos, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco il 25 agosto nella città di Bom Jardim, nello stato del Maranhão. Sua moglie, che si trovava con lui in quel momento, è stata ferita nella sparatoria. Raimundo Santos Rodrigues era un membro del Consiglio della Riserva Biologica di Gurupi, un’area ambientale protetta della foresta amazzonica nello stato del Maranhão. L’attivista aveva denunciato e portato avanti per anni campagne contro il taglio illegale di legname e la deforestazione dell’Amazzonia e per difendere i diritti della sua comunità. Era anche membro del sindacato dei lavoratori rurali di Bom Jardim. Aveva ricevuto diverse minacce di morte, che erano state più volte denunciate alle autorità dalla Commissione Pastorale della Terra e da un’organizzazione per i diritti umani locale. Tuttavia, non erano state adottate misure per proteggerlo.
Raramente i casi riguardanti minacce, aggressioni e uccisioni il cui obiettivo erano i difensori dei diritti umani sono stati oggetto d’indagine, rimanendo per lo più impuniti. Si temeva che i responsabili dell’uccisione di Flaviano Pinto Neto, leader della comunità quilombola Charco, avvenuta a ottobre 2010 nello stato del Maranhão, non sarebbero stati portati in giudizio. Nonostante il caso fosse stato oggetto di un’approfondita indagine, a ottobre l’autorità giudiziaria ha deciso di archiviare le accuse a loro carico, incolpando la vittima della sua stessa morte. A fine anno, non era chiaro se la decisione sarebbe stata impugnata in appello dall’ufficio del procuratore generale.
Il 5 novembre, il collasso della diga della compagnia Samarco, controllata da Vale e Bhp Billiton, nello stato di Minas Gerais, ha causato quello che è stato considerato il più grande disastro ambientale del Brasile di tutti i tempi. Questo ha provocato morti e feriti e gravi violazioni dei diritti umani, incluso un accesso insufficiente all’acqua potabile e a un riparo sicuro per le famiglie e le comunità colpite, oltre alla mancanza di informazioni affidabili. Il fiume di detriti tossici ha causato anche la violazione del diritto ai mezzi di sostentamento dei pescatori e di altri lavoratori, la cui occupazione dipende direttamente o indirettamente dalle acque del Rio Doce.
DIRITTI DELLE POPOLAZIONI NATIVE
Il processo di demarcazione delle terre native ha continuato ad avanzare in maniera estremamente lenta, malgrado il governo federale avesse sia l’autorità legislativa sia le risorse finanziarie per completarne la realizzazione. A fine anno, diversi casi erano in sospeso. Gli attacchi nei confronti di membri delle comunità native sono rimasti frequenti e raramente i responsabili sono stati assicurati alla giustizia.
Sono aumentate le preoccupazioni per il deterioramento della situazione della comunità Guarani-Kaiowá di Apika’y, nel Mato Grosso do Sul. Un’ordinanza di sgombero, che avrebbe potuto lasciare la comunità senza tetto, è stata temporaneamente sospesa ad agosto. Tuttavia, a fine anno era ancora a rischio di sgombero.
Il 29 agosto, proprietari terrieri locali hanno attaccato la comunità nativa Ñanderú Marangatú, nella municipalità di Antonio João, nello stato del Mato Grosso do Sul. Un uomo, Simião Vilhalva, è stato ucciso e diverse donne e bambini sono stati feriti. Sull’episodio non sono state avviate indagini e le autorità non hanno preso misure per proteggere la comunità da ulteriori violenze.
Un emendamento alla costituzione che trasferirebbe la competenza della demarcazione delle terre native dall’esecutivo alla camera legislativa, dove la lobby dei proprietari terrieri agricoli è particolarmente potente, è stato approvato da una speciale commissione della Camera dei Deputati a ottobre. A fine anno, l’emendamento era in attesa di essere votato dall’assemblea plenaria della camera. Se approvato, avrebbe un notevole impatto negativo sull’accesso delle popolazioni native alle loro terre ancestrali.
DIRITTI SESSUALI E RIPRODUTTIVI
Sono in discussione al congresso nuovi emendamenti costituzionali e normative che rappresentano una grave minaccia per i diritti sessuali e riproduttivi, oltre che per i diritti delle donne. A fine anno, il Congresso Nazionale stava esaminando una serie di proposte legislative come lo "Estatuto do Nascituro", che propongono di considerare l’aborto un reato in ogni circostanza,
Un’altra proposta impedirebbe di fatto l’accesso a un aborto legale e sicuro presso le strutture sanitarie pubbliche, anche nei casi che sono attualmente consentiti dalla legislazione brasiliana, come nel caso in cui la vita della donna sia a rischio o quando la gravidanza sia la conseguenza di uno stupro. Se approvata, tale misura porrebbe anche fine all’erogazione della cosiddetta pillola del giorno dopo per le vittime di stupro.