26.06.15
La domanda di un bambino che denuncia la vita tra i muri del "Condominio Brasile"
" Mamma, dove dormono le persone marroni? "
La società dei muri avrà sempre bisogno di forgiare mostri al loro esterno, per continuare a giustificare i suoi privilegi e mantenerli intatti.
di Eliane Brum* pubblicato su El Pais il 22.06.15
traduzione di Clelia Pinto e Carlinho Utopia
Un’amica mi racconta, di ritorno da un viaggio a Parigi con la famiglia. “Solo mentre stavo lì ho capito che mia figlia stava letteralmente camminando in una strada per la prima volta”. La bambina ha quattro anni. Classe media. Abita a São Paulo, in un "condominio fechado" (ndt. letteralmente: "condominio chiuso". Un area residenziale recintata, con entrata sorvegliata e protetta da addetti alla sicurezza, spesse volte armati).
Da casa raggiunge in auto la scuola privata. Dalla scuola privata torna a casa. Nel fine settimana, resta nel suo condominio o in altri, di case o palazzi che siano, recintati da muri o grate, con guardiole e custodi. Oppure va al centro commerciale, al quale accede dal parcheggio, e dal quale esce dal parcheggio. Si sposta solo in auto, ben agganciata al suo seggiolino, protetta da finestrini chiusi, e vetri con pellicola oscurante.
Di muro in muro, la bambina ha trascorso i primi quattro anni di vita senza fare un passo per strada, se non per brevi e arrischiati istanti. E solo quando la strada non può essere evitata. E solo come percorso rapido, temerario, tra un muro e l’altro.
La città è un paesaggio oltre il vetro, un paesaggio che lei spia ma non tocca. Ciò che sta fuori, il lato esterno, è una minaccia. L’altro è quello con cui non può convivere, tanto che non deve neanche vederlo. Persino i contatti visivi devono essere evitati, anche gli incontri di sguardi sono pericolosi. Ha già imparato a decodificare come intrusione qualsiasi permeabilità tra il dentro e il fuori, tra la strada e il muro, che sia a casa, a scuola, al centro commerciale o in auto. L’altro è l’intruso, quello che, se entrasse, le porterebbe via qualcosa. Se la toccasse la contagerebbe. Se la vedesse, la minaccerebbe. La strada, lo spazio pubblico, è dove lei non può stare. E perché? Perché lì c’è l’altro, il diverso. E lei può stare al sicuro solo tra i suoi simili, dal lato di dentro dei muri.
La mia amica era scioccata, improvvisamente non si riconosceva. Aveva passato i primi quattro della vita della figlia preoccupata a scoprire quale fosse la casa più protetta che potessero comprare unendo i suoi risparmi e quelli del marito, una casa dentro ai muri, ma con spazi di convivenza, con un “playground” dove i bambini di dentro, i bambini “giusti”, potessero incontrarsi. In seguito, si è preoccupata di trovare la scuola che garantisse più abilità competitive per quando la bambina sarà adulta e che fosse anche una scuola protetta, in cui la figlia restasse al sicuro, dal lato di dentro. Non aveva neanche capito che stava allevando una bambina con l’orrore di tutti quelli che stavano al di là del muro e con la paura di mettere un piede per strada.
Un’altra mamma è rimasta senza risposte per due domande del figlio piccolo: “Perché lei è marrone?”, ha chiesto il bambino, riferendosi all’impiegata domestica. E, subito dopo: “Dove dormono le persone marroni?”, visto che le “persone marroni” lasciavano i muri a fine giornata, tanto a casa sua quanto in quella dei suoi amichetti, ma non sapeva dove andassero. In un altro condominio?
Per alcuni, possono sembrare avvenimenti banali, tutto sommato, sono questi i tempi che corrono. Per altri, possono sembrare storie dell’orrore, tutto sommato, sono questi i tempi che corrono. Per me i bambini denunciano la brutalità del paese che abbiamo creato per loro, facendo le domande che gli adulti non vogliono farsi. Non sappiamo che persone saranno queste che crescono tra i muri e che imparano a scansionare l’altro, il diverso, come fosse una minaccia.
A Brasilia si entra solo col passaporto (02.04.15) di Eliane Brum
La proposta incostituzionale della riduzione della maggiore età per la responsabilità penale (dai 18 ai 16 anni) mostrerà chi è più corrotto: se il popolo o il congresso
Più preoccupati dobbiamo esserlo quando la risposta della Camera dei Deputati alla violenza si avvia verso la riduzione della maggiore età per la responsabilità penale, da 18 a 16 anni, per i crimini considerati più gravi. Cosa stanno tentando di fare, questi manipolatori di paura? Vogliono garantire che questi "altri", adolescenti che non hanno ricevuto istruzione, né infrastrutture igienico-sanitarie, né assistenza sanitaria, né divertimento, né l’accesso a nessuno dei diritti garantiti dalla Costituzione, questi "altri" che hanno visto violare le leggi che avrebbero dovuto tutelarli sin dalla nascita, figli di queste “persone marroni” che il bambino non sa dove vadano a dormire né chi si prenda cura di loro, vadano in prigione prima perché è stato già decretato che per loro non c’è soluzione.
Per questi "altri" è abolita la responsabilità dello stato di aiutarli a costruire un cammino alternativo e dar loro accesso a diritti che gli sono negati da sempre. Senza le domande che i bambini possono fare agli adulti che preferiscono annullare i punti interrogativi, gli adolescenti che delinquono sono svuotati di storia così che la società sia assolta e, pertanto, deresponsabilizzata. I deputati manipolano la paura dei loro elettori per renderli una minaccia indefinibile.
Si spazzano via dalle strade, quindi, quelli che sporcano il paesaggio, così che non sia neanche più necessario vederli dall'altro lato dei vetri e li si colloca in istituzioni murate dove il lato di dentro somiglia a un campo di concentramento. Se qualcuno pensa che escludere e punire di più e prima costituisca il cammino verso un paese senza muri, deve tornare a ragionare. Non c’è bisogno di essere preveggenti per sapere ciò che la vendetta provoca in un individuo e in un paese quando passa a occupare il posto della giustizia. E quelli che stanno al di là dei loro tanti muri, di che si vendicano, vale la pena chiederlo?
La Storia ci ha già mostrato quel che succede quando lo Stato determina che un certo tipo di "altro" incarna la minaccia e deve, quindi, essere separato e confinato. E poi, qual è il passo successivo o quale la soluzione finale? Pena di morte, sterminio? Attenzione. a un certo punto quelli che si illudono di stare sicuri dietro ai muri che hanno costruito possono diventare l’altro da eliminare.
Una società fondata su muri sempre più alti avrà sempre bisogno di una minaccia dal lato di fuori da incolpare per il suo malessere, perché gli ingranaggi continuino a funzionare, garantendo la disuguaglianza e arricchendo gli stessi di sempre. Invece di scandalizzarsi per la violenza del sistema di istruzione pubblico, che sequestra il presente e il futuro di questi bambini che hanno un colore, una classe sociale e un indirizzo, si preoccupano di disumanizzarli, annullando soggettività e percorsi, svuotandoli di significato per renderli mostruosi. Quando riusciranno a incarcerare tutti i figli poveri che non saranno riusciti a trasformare in manodopera sfruttata, magari arrestandoli dalla nascita, visto che l’aborto è condannato dagli stessi che difendono la riduzione della maggiore età per la responsabilità penale, si dovrà trovare un’altra minaccia per mantenere intatto il sistema di privilegi.
Una società di muri avrà sempre bisogno di forgiare mostri per continuare a giustificare la disumanizzazione e il sistema non ufficiale di caste. Quelli che tentano di sentirsi al sicuro e allevare i propri figli in sicurezza non sono insicuri perché c’è un "altro" che li minaccia dal lato di fuori. Questa è solo l’apparenza che mantiene tutto come sta. Quello di cui abbiamo bisogno non è ergere muri sempre più alti, ma abbatterli e mescolarci nelle strade della città.
Il Brasile attuale è una realtà lacerata. Tra i più recenti tentativi di comprenderlo ne cito una molto interessante, proposta dallo psicoanalista Christian Dunker. Si trova in un libro che ha lanciato da poco, intitolato Malessere, sofferenza e sintomi - una psicopatologia del Brasile tra i muri. Ma potrebbe intitolarsi "Condomino Brasile". Dunker pensa al Brasile a partire dalla logica del condominio, che ha in Alphaville, costruito negli anni 70 nei dintorni di São Paulo, la sua espressione più emblematica. Vale la pena, come sottolinea l’autore, ricordare il film di Jean-Luc Godard che porta lo stesso nome.
Alphaville, quello del cineasta francese, si svolge in un altro pianeta dove tutto è controllato da un computer centrale, l’Alpha 60. Un agente segreto è inviato a Alphaville per distruggere il computer ed eliminare il suo creatore. Ad Alphaville non ci sono singolarità. Amore, poesia o emozione sono proibiti. Sono vietate le domande. Bandito il “perché” interrogativo e consentito solo quello esplicativo.
"Nel condominio Brasile, l’amministratore regola
la sofferenza della vita
per trasformarla in
forme di insoddisfazione
da poter amministrare."
In una delle scene antologiche, come ricorda il filosofo Vladimir Safatle nella presentazione del libro, l’agente è interrogato dal computer e risponde alle sue domande con citazioni di Jorge Luis Borges, Blaise Pascal e Friedrich Nietzsche. La macchina, confusa, lo libera. “Questo è stato il modo trovato da Godard per mostrare ciò che Alphaville aveva lasciato fuori dalle sue frontiere: l’indeterminatezza che viene assieme alla parola poetica, questo timore pascaliano di fronte al silenzio degli spazi infiniti, scrive Safatle. “Ossia, fuori da Alphaville stava tutta l’esperienza possibile”.
E questo Condominio Brasile? L’ipotesi formulata da Christian Dunker è che la “vita sotto forma di condominio” inserisce il nostro malessere in ciò che definisce capitalismo alla brasiliana. La logica del condominio trasforma i problemi in problemi di gestione, in cui l’amministratore adotta il ruolo di regolatore della sofferenza- e anche del piacere. O, con le parole di Dunker, “colui il quale deve gestire la sofferenza della vita per trasformarla in forme palpabili di insoddisfazione, che potrà ammministrare”. O, in seguito: il nostro deficit di felicità ci porta al sentimento, più o meno invidioso, che il vicino abbia rubato un po’ del nostro piacere. L’amministratore rappresenta tanto la legge mal formulata quanto l’eccessivo piacere del vicino”. La segregazione, come dice Dunker, sorge dal fallimento nell’articolare la differenza e la divisione. È un libro audace e complesso, che riflette sul cammino brasiliano di depoliticizzazione della sofferenza, medicalizzazione del malessere e "condominializzazione" del sintomo. Ne raccomando la lettura. Qui mi soffermo soltanto su alcune riflessioni che il libro mi ha suscitato.
Primo, è necessario stabilire le frontiere. Quelli che stanno dal lato di dentro, con l’illusione della protezione, quelli che stanno dal lato di fuori tentando di entrare perché c’è qualcosa lì che loro non hanno. Ci sono ancora quelli che entrano e escono in periodi determinati, dalla porta laterale o dal retro, per svolgere dei servizi e mantenere l’illusione di un paesaggio intatto (erba rasata, alberi potati, strade e case pulite etc.). Questi altri, tollerati perché necessari, ma uniformati e indistinti per rinforzare l’unica non-identità che conta: quella della funzione, questa strategica, di truccare la realtà, pulendo lo sporco perché tutto sembri immutabile. Garantendo così la manutenzione del paradiso come paradiso che non decade e non si rovina. Infine, auto-pulendosi nel lasciare i muri. Vale la pena ripetere la domanda inquietante del bambino dell’inizio: “Mamma, dove dormono le persone marroni?”
"La repressione dei
“rolezinhos”
è l'espressione di ciò c
he succede quando
quelli che stanno fuori
decidono di entrare nel condominio che è il Centro Commerciale"
Questa funzione di “pulizia e mantenimento” dev'essere svolta, ma nella maniera più invisibile possibile. Un entrare ed un uscire che abbia un solo colore, così che diventi invisibile anche tutto ciò che sfugge al controllo. Questo ci porta alla prossima domanda: cosa di fatto si pulisce e cosa è necessario mantenere?
È possibile strappare le erbacce che avanzano sul prato, annunciando che questa è una guerra persa. È possibile togliere l’immondizia dalla vista il più velocemente possibile, prima che ci ricordi quanto puzziamo e quanto distruggiamo.
Ma non è possibile bloccare l’invecchiamento, la malattia e la morte, né l’insoddisfazione, l’ansia e l’angoscia, né quel gusto amaro in bocca che non fa che aumentare, perché il paradiso non era proprio come promesso e la felicità suona ogni volta più nervosa. Tanto meno è possibile negare la percezione crescente che i vicini, gli uguali, sono meno cordiali, interessanti o sopportabili di quanto la pubblicità ha garantito.
Quel che non si riesce a lasciare dal lato di fuori è anche il malessere che ha portato al lato di dentro. II costo dello star dentro è molto alto. Forse più alto di quel che la maggioranza percepisca.
Cosa succede quando quello che sta fuori decide di entrare? A questo punto, immagino che buona parte dei lettori possa pensare ad un assalto (ndt. rapina). No. Ricordo qui i “rolezinhos”, (ndt. letteralmente giri o giretti) verificatisi tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014. Il momento in cui giovani di periferia, la maggioranza neri, hanno deciso di condividere su internet i loro giri collettivi nei centri commerciali e sono stati umiliati, repressi e criminalizzati. Quale legge hanno infranto? Giovani neri e poveri non possono frequentare i centri commerciali in grande numero? È questa la legge non scritta? Il fatto è che il loro “giretto” è stato decodificato dalla clientela abituale dei centri commerciali e dalle forze di sicurezza dello Stato come “assalto”. Ma, di fatto, cosa si assaltava lì, nella rivendicazione di occupare il lato di dentro del condominio che è lo shopping per divertirsi con gli amici?
A maggio di quest’anno, si è arrivati a un epilogo possibile solo in un paese retto dalla logica del condominio: la condanna di tre giovani che hanno organizzato attraverso i social network un giro al centro commerciale. È stata fatta quindi una “colletta” di solidarietà su internet, per aiutarli a pagare una multa di 394 reais a testa (ndt. circa 115 euro. Il salario minimo ammonta a circa 800 reais, 230 euro). Per loro, che fanno lavori precari e guadagnano il salario minimo, quella cifra può compromettere la sussistenza. I giovani non capivano per quale motivo stessero venendo condannati. Nel senso letterale, davvero. Non sapevano quale fosse il motivo della loro condanna formulata dal giudice, ma hanno firmato perché gli è stato detto che era la cosa migliore per loro. La giustizia appare in questo caso come un condominio nel quale uno dei vari muri è il linguaggio.
Il condomino, questa figura concreta, che conosciamo così bene o perché ci stiamo dentro o perché ne stiamo fuori, è anche un’ allegoria per capire tutti gli alti condomini in questa vita di muri.
L’ipotesi suggerita da Christian Dunker ci aiuta a pensare a questioni profonde dell’attuale società brasiliana, espressa anche in casi più recenti di violenza, come il già citato sforzo di un gruppo di deputati per approvare la riduzione della maggiore età per la responsabilità penale e rinchiudere ancora prima degli adolescenti dietro dei muri.
O la lapidazione di una ragazzina di 11 anni vestita con gli abiti della sua religione, il Candomblé, da parte di due uomini che gridavano: “Esci demonio! Brucerete all’inferno, macumbeiros!" La violenza è risultata in una ferita sulla testa, uno svenimento e una perdita momentanea di memoria della bambina, per non dire delle conseguenze psicologiche.
Tra i recenti casi di violenza, possiamo anche pensare all’indignazione dei religiosi contro l’artista transessuale che ha inscenato la crocifissione di Cristo nella sfilata LGBT per denunciare la crocifissione quotidiana vissuta da tutti loro. Indignandosi per una transessuale al posto di Cristo, i religiosi hanno difeso i loro muri, credendo che il simbolo e la sofferenza siano privatizzabili e privatizzati, e, così convertiti, appartengono al loro condominio.
Per non dire della donna che, fin quando è stata presa per la “madre” del bambino è potuta restare nel Clube Pinheiros, a São Paulo, senza essere disturbata. Una volta scoperto che si trattava della baby sitter, ha iniziato ad avere problemi e le è stato imposto di indossare un'uniforme bianca affinché non potesse venire confusa e non frequentasse spazi riservati ai soli soci.
I luoghi e le frontiere non possono essere alterate perché i privilegi dietro i muri si mantengano cementati.
Sono condomini murati che proliferano in Brasile, con recinzioni e barriere difensive sempre più violente, perché non è più sufficiente lasciare fuori l’altro, ora è necessario eliminarlo.
E si tratta di condomini e muri anche quando, sui social network, diventa impossibile ascoltare gli argomenti dell’altro, perché da quest'altro lato, qualunque esso sia, si ha il privilegio della certezza del bene, della giustizia e della critica. E anche lì l’altro deve restar fuori, perché già classificato come minaccia o squalificato come di destra o di sinistra, a seconda del lato in cui si sta, e non avrebbe pertanto nulla da dire che meriti di essere ascoltato.
Non lo si ascolta più e non gli si riconosce voce. In questo senso, anche se non tutti abitano ad Alphaville, è bene guardare dentro, perché si potrebbe trovare un’Alphaville dove meno ci si aspetta, con muri travisati da argomenti.
"I religiosi che si sono indignati per la transessuale
al posto di Cristo
hanno difeso i loro muri, privatizzando simbolo e sofferenza, facendone
proprietà condominiali."
Deputati commemorano l'avanzamento della proposta di riduzione della maggiore età per la responsabilità penale
Questa bambina di soli 11 anni, che professa il culto del Candomblé (religione di matrice afro-brasiliana) è stata vittima dell'intolleranza religiosa. Un evangelico, dopo averla pesantemente insultata, l'ha colpita con una pietrata in testa mentre usciva da una festa religiosa della sua comunità alla periferia di Rio de Janeiro
Molti di coloro che proclamano di voler abbattere i muri (e si dicono difensori della diversità delle persone e delle idee) sembrano, in pratica, rinforzare unicamente le proprie barriere difensive. Vanno fin dove i muri possono essere abbattuti senza colpire i loro privilegi, che a volte sono soltanto l’illusione tanto cara e accarezzata di avere sempre ragione e di stare sempre dalla parte giusta. Ma c’è sempre l’ultimo muro, quello che ci obbliga a muoverci, quello che riguarda il privilegio maggiore, “quello di non aver bisogno di pensare ai nostri privilegi” e questo va mantenuto a ogni costo.
Il muro meglio protetto, in fine, è la nostra Alphaville interna. Quella che ci mantiene tutti belli puliti, dalla parte delle buone cause ma senza perdere nulla che ci sia caro. “Aspetta un attimo… rimetterci pure, questo no!” Ecco fatto. Chiama il muratore per costruire altri due metri di muro per lasciar fuori chi ci ricorda quanto sia fastidioso che, per far entrare l’altro, sia necessario rimetterci qualcosa.
Sono molte le trappole murate in un paese così brutalmente disuguale. Spesso i più attenti si sentono il piede intrappolato in qualche tagliola, e proprio quando ritenevano di essere orientati in direzione della libertà e di un mondo più giusto. Ora i condomini sorvegliati tipo Alphaville sono visti da molti come qualcosa di ridicolo. Ma anche questi sembrano rinnovare la loro ricerca del paradiso perduto (e mai trovato). La moda in Brasile è, da qualche tempo, quella di comprare pezzi di terreno con foresta atlantica e fonti d’acqua da qualche parte, come nelle regioni verdi ancora disponibili al sud e sud est o anche in pezzi "paradisiaci" di Amazzonia.
Sarebbe questo anelito l'attualizzazione dell’idea di una vita senza malessere, circondati da altri tipi di uguali, forse ancor più uguali di altri? Vicini ecologicamente coscienti, equilibrati da meditazione, yoga, pratica salutare di sport, che si muovono in bicicletta e consumano biologico, con spazi e proprietà private ben definite. È altamente seduttivo per chi può scegliere i suoi muri, ma non sarebbe questa una rivisitazione del condominio, con le sue illusioni ed il suo carattere di esclusione? A chi si lascia la lotta per lo spazio pubblico per tutti, in città cementificate dove mancano tanto l’acqua quanto gli alberi quanto il riconoscimento dell’umanità dell’altro?
"Il muro più difficile
da abbattere è quello che protegge il privilegio
di non aver bisogno
di pensare ai privilegi."
“Cidades Rebeldes” (Città ribelli) è il nome di un seminario promosso dalla casa editrice Boitempo e dal SESC, nella seconda settimana di giugno, che ha riunito alcuni pensatori di rilievo sul tema, tanto brasiliani, come il suddetto Christian Dunker, quanto stranieri come il geografo marxista David Harvey.
Era anche un incontro delle sinistre in un momento di così grandi sfide, in cui le piazze del paese sono state occupate dalle urla della destra. Ma c’è stata una ribellione nel dibattito in cui si discuteva di ribellione. Il Movimento Independente Mães de Maio (Movimento Indipendente delle Madri di maggio) ha divulgato un manifesto tagliente con il titolo: “A rebelião não será gourmetizada” (La ribellione non sarà gourmetizzata).
Il movimento “Madri di Maggio” è originariamente un gruppo di donne, per la maggior parte nere, povere e di periferia, che hanno perso i loro figli, assassinati dalla polizia, nelle strade di São Paulo nel maggio 2006. Il gruppo denuncia quotidianamente la violenza praticata dallo stato contro i più poveri. È solito chiamare Geraldo Alckim (ndt. il governatore dello Stato di San Paolo) “governatore genocicida” e denuncia quel che chiama “terrorismo di stato”. Presta anche il nome alla Commissione per la Verità che investiga i crimini commessi dallo stato nel periodo democratico. In questo seminario, il movimento è stato invitato all’ultimo minuto per sostituire un invitato della prima ora che ha dovuto cancellare la sua partecipazione. Ma ha rifiutato l’invito. Nel manifesto spiega perché.
Tra le motivazioni, il movimento Madri di Maggio denuncia un’assenza considerata da molti un’oscenità: la mancanza dell'MPL Movimento Passe Livre che ha dato inizio alle manifestazioni del 2013 nel paese, nell’elenco dei relatori. Ha anche negato la legittimità di invitati come l'ex presidente Lula, che ha cancellato la sua partecipazione prima dell’inizio del seminario, e del prefetto di São Paulo, Fernando Haddad. Quest’ultimo è considerato un repressore delle proteste del 2013, contro l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico, il che farebbe della sua presenza in un seminario sulle città ribelli un’offesa. Non ricordo di nessun altro manifesto così tagliente nella sua critica al PT (Partido dos Trabalhadores), definito come l’ “agonizzante Partito dei lavoratori” e a Lula, chiamato “questo soggetto”.
Ci sono molte interpretazioni possibili sulla ribellione contro il seminario sulla ribellione, ci sono anche molte versioni. Tutte affascinanti e molto più fondamentali per comprendere il momento attuale di quanto può sembrare a prima vista. Poiché siamo murati, però, molti dei significati possibili sono stati spenti dalle polarizzazioni (sempre loro). Alcuni hanno squalificato il dibattito già prima del manifesto, per la presenza di esponenti del PT. Così, non se n'è fatto niente lì, e non tutti gli altri, inclusi i critici del PT, hanno potuto essere ascoltati. Altri hanno squalificato il Movimento Indipendente Madri di Maggio. Altri ancora si sono amareggiati perché le loro migliori intenzioni non sono state comprese e si sono trovati in un posto molto scomodo, visto che abbiamo la tendenza a credere di essere così in gamba e quindi in salvo.
"Nel brasile attuale,
per avere legittimità
non basta parlare dell’altro, bisogna parlare con l’altro"
Con questo gesto, il Movimento Madri di Maggio ha reso più difficile la ricollocazione del PT nel contesto delle piazze e delle ribellioni e anche nell’identificazione come “di sinistra”, il che è molto forte. Ha reso difficile la ricollocazione del PT non solo come protagonista, ma anche come partecipante del movimento più ampio delle città ribelli.
Ha mostrato anche che oggi non basta includere nel dibattito rappresentanti delle periferie e dei movimenti sociali, cosa che fino a poco tempo fa sarebbe stato sufficiente e avrebbe garantito un ambiente controllato. Quel che il Movimento dice forse di più importante è che, nel Brasile attuale, per avere legittimità non basta parlare di, ma bisogna parlare con. Per questo è anche necessario che tutti - ma proprio tutti - comprendano che “con” significa “con”- e non “solo noi”. Altrimenti la logica dei muri resta la stessa, anche se si cambia il posto dei personaggi. Oggi è urgente stare di fatto con l’altro e prendersi tutti i rischi che questo comporta. Rischiare, quindi, la ribellione.
Detto ciò, scelgo di concludere camminando con Tim Tim. In questo video virale, la grande trasgressione del piccolo ribelle è camminare per strada e arrischiarsi in incontri. Quando tutto sembra quasi insuperabile, quando mi vedo circondata da muri che mi opprimono, quelli di fuori, ma anche quelli di dentro, mi ricordo del passo di Tim Tim. E trovo speranza in questa generazione che si sta educando al riscatto dello spazio pubblico per tutti, rischiando attraverso le differenze per combattere la disuguaglianza. Rischiando l’esperienza. A volte la vita chiede la delicatezza di scoprire la ribellione anche nei passi vacillanti, ma molto entusiasti, di un cuccioletto con un mulinello di riccioli sulla testa.
Eliane Brum
è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.
Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.
Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).
Site: elianebrum.com | Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum
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