09.07.16
PRESENTATO IL RAPPORTO DI HUMAN RIGHTS WATCH: "IL BUON POLIZIOTTO HA PAURA: I COSTI DELLA VIOLENZA DELLA POLIZIA A RIO DE JANEIRO"
Negli ultimi dieci anni, la polizia di Rio de Janeiro ha ucciso 8.000 persone, almeno 645 nel solo 2015 e il 77% delle vittime sono nere. In moltissimi casi, queste morti non sono conseguenza di conflitti a fuoco con i criminali, ma vere e proprie esecuzioni sommarie.
Questi dati emergono dal rapporto: "Il buon poliziotto ha paura: i costi della violenza della polizia a Rio de Janeiro", presentato giovedì 07.07) dalla ONG Human Rights Watch.
Nel suo dettagliatissimo dossier di 116 pagine, HRW sottolinea che lo Stato di Rio de Janeiro aveva promesso miglioramenti nella sicurezza pubblica, in preparazione per le Olimpiadi, ma non ha fatto abbastanza per risolvere il problema delle esecuzioni sommarie da parte della polizia.
Durante questi presunti "conflitti a fuoco" registrati tra il 2013 e il 2015, la polizia di Rio ucciso cinque volte più persone di quelle che ha ferito, il contrario di quello che ci si potrebbe aspettare in tali situazioni. Nel 2015, per ogni poliziotto ucciso in servizio a Rio de Janeiro, la polizia ha ucciso 24,8 persone, più del doppio rispetto al Sud Africa e una media di tre volte superiore rispetto agli Stati Uniti.
HRW ha documentato 64 di questi casi registrati dai poliziotti coinvolti come "conflitti a fuoco", risultati nella morte di 116 persone, 24 delle quali bambini o adolescenti. In tutti questi casi sono più che evidenti gli indizi di esecuzione sommaria, sia per gli esiti delle perizie, che dimostrano che le vittime sono state colpite a bruciapelo, sia per altre prove periziali e testimonianze.
HRW punta il dito sulla sistematica impunità dei poliziotti assassini, frutto di totale assenza o inadeguatezza di indagini da parte della polizia civile e, in ultima istanza, del Ministero Pubblico, organo cui è costituzionalmente delegato il controllo sull'attività della polizia. Solitamente, le indagini vengono condotte unicamente a fronte di una forte pressione da parte della società civile e dei media.
Il dossier affronta anche il rapporto intrinseco tra la corruzione della polizia ed il traffico di droga. Nei loro racconti, gli oltre 30 agenti di polizia intervistati dai ricercatori della ONG parlano del ricevimento del cosiddetto "arrego" (ndt. "pizzo", tangente) e mettono in evidenza la condiscendenza da parte dei superiori. In una delle tante testimonianze, l'agente di polizia Danilo (nome di fantasia) dice che il battaglione dove ha lavorato per anni raccoglieva mediamente 120.000 reais settimanali dai trafficanti in cambio del loro poter agire indisturbati.
Il dossier affronta anche il tema del fallimento delle UPP (Unità di Polizia Pacificatrice), protagoniste quotidiane di abusi, violenze, assassini e sequestri, ben lontane quindi dall'essere quelle forze di polizia di prossimità che avrebbero dovuto guadagnarsi la fiducia della popolazione.