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20.08.14

IL GENOCIDIO BRASILIANO

Il Brasile è uno stato genocida? Tutti i dati e le analisi sui 56.000 assassinati ogni anno, sui "desaparecidos", sulla pratica abituale della tortura e sulla brutalità della polizia sembrano indicare chiaramente di si. Il profilo delle vittime è sempre lo stesso, dal 1822, data di nascita dello stato brasiliano, ad oggi: sono giovani, neri o meticci, poveri ed abitanti delle favelas e delle periferie.

In studio, nella trasmissione Brasilianas.Org, condotta da Luis Nassif, ne hanno discusso Flávio Gomes, giurista e Debora Maria da Silva, fondatrice e coordinatrice del Movimento Mães de Maio (Madri di Maggio)

 

articolo di Lilian Milena, pubblicato il 13/08/14 sul sito GGN

il video integrale della trasmissione Brasilianas.Org  della Tv Brasil è visualizzabile a questo link

traduzione e sottotitoli del video: Carlinho Utopia
 

"Alle otto del mattino Ho ricevuto una telefonata da un familiare che lavora in polizia che chiedeva di avvisare tutte le persone "per bene" e non la "spazzatura", che chi si fosse trovato per strada era un nemico della polizia. Così sono uscita ad avvisare le altre famiglie, senza immaginare che tutto questo mi avrebbe travolto personalmente. Alle 11:30 di quella notte mio figlio è stato assassinato."

 

La testimonianza è di Debora Maria da Silva, fondatrice e coordinatrice del Movimento Mães de Maio (Madri di Maggio), movimento formato da donne che hanno perso i loro figli durante il coprifuoco imposto dalla polizia dello Stato di São Paulo, nel maggio 2006, quando si verificarono attacchi ad agenti e strutture pubbliche da parte del PCC - Primeiro Comando da Capital (Primo Comando della Capitale), gruppo della criminalità organizzata nato nei penitenziari. In una sola settimana circa 600 persone furono assassinate, tutte con profili molto simili: giovani, neri o meticci, abitanti delle periferie.

 

Il giorno in cui ricevette la telefonata del poliziotto, suo figlio decise di andare a lavorare, anche se aveva un certificato medico per essere stato operato in bocca. "Passò da casa, allora lo avvisai di quello che aveva detto il poliziotto, ma lui mi rispose: "Dai mamma, io non devo niente alla polizia." E lo ripetè due volte e continuò: "Sono venuto solo a prendere la amoxicillina (un antinfiammatorio) perché fuori è tutto chiuso ".

 

Di notte, mentre riforniva la sua moto in una stazione di servizio, due macchine della polizia lo hanno avvicinato e i poliziotti gli hanno domandato cosa stava facendo per strada. La sua risposta è stata: "Io non vi devo niente" - è stata anche la sua condanna a morte.

"Quando mio figlio disse questo loro hanno cominciato a picchiarlo. Gli hanno dato calci, pugni al petto, schiaffi in faccia dicendogli: "Tu sei un lavoratore fino a quando non muori. Da morto, sei un bandito."

 

Tutte le informazioni che Debora riuscì a mettere insieme per indagare sulle cause dell'omicidio di suo figlio sono state conseguite per conto proprio, a partire dalle testimonianze di persone che hanno visto l'azione della polizia. Suo figlio è stato colpito alla schiena con cinque colpi. Debora racconta che la polizia effettuò solo una perquisizione fisica, senza controllare i documenti di chi mai aveva messo piede in vita sua in una stazione di polizia.

Ha anche scoperto forti indizi che dimostrerebbero che gli stessi poliziotti che avrebbero  assassinato suo figlio, sarebbero quelli che lo hanno "soccorso" redigendo poi  il verbale ufficiale . Non è stato fatto alcun esame balistico per assenza di proiettili sulla scena del delitto. Solo uno è rimasto conficcato nella colonna cervicale del ragazzo e due anni fa Deborah è riuscita ad ottenere che il corpo di suo figlio venisse esumato ed il proiettile estratto.

 

«Il medico legale mi ha chiamato al Ministero Pubblico Centrale e ha detto che si trattava di un proiettile calibro 38, che all'epoca era in uso alla polizia militare. Pensai che questo ci desse la speranza di un'indagine da parte dei pubblici ministeri, ma non se ne fece nulla. Il proiettile è inventariato (sic) nei fascicoli delle indagini del mio ragazzo, in un sacchetto di plastica, perché non c'è un'arma ad sulla quale eseguire un esame balistico", e così il caso è stato archiviato.

 

Al dibattito ha preso parte anche il giurista Luiz Flávio Gomes, sostenitore della tesi che il Brasile dovrebbe essere inquadrato come uno stato genocida.

Mães de Maio di Carlos Latuff

Débora Maria da Silva accanto alla tomba dove riposa suo figlio, Edson Rogério da Silva, ucciso a 29 anni, dalla polizia, durante i "crimini di maggio" del 2006 a San Paolo

"Quando si hanno un insieme di omicidi all'interno di una struttura di potere, che in questo caso è lo Stato, è evidente che si tratta di genocidio. Del resto cosa si intende per genocidio? Significa il tentativo di eliminare una razza, un colore, una etnia, una religione o uccidere persone di una determinata categoria socio-economica ", aggiunge.

 

Il Brasile è un paese violento. I dati pubblicati dell'ultimo "Rapporto sulla violenza", quest'anno, mostrano che dal 1980 al 2012 il volume degli omicidi è cresciuto del 148,5%. Dal 2003 al 2012, si sono  contati 556.000 omicidi nel paese, solo nel 2012 più di 56.000 persone sono state uccise da altre, pari a circa 153 omicidi al giorno, numero ben superiore rispetto a qualunque altro registrato in zone di guerra in tutto il mondo.

 

"Molti degli omicidi non hanno nulla a che fare con lo Stato. Ma buona parte sono diretta responsabilità dello Stato ", spiega.

Tra il 2005 e il 2009, la Polizia Militare di San Paolo ha ucciso più di tutti gli agenti di sicurezza degli Stati Uniti. Secondo un rapporto della stessa polizia di São Paulo, nel 2011, sono state 2.045 le persone uccise dalla Polizia Militare. Un rapporto dell'FBI, pubblicato nello stesso anno, ha registrato, nello stesso periodo 2005-2009, 1.915 morti su tutto il territorio degli Stati Uniti in scontri a fuoco con la polizia.

 

Flávio Gomes sottolinea che è importante stabilire che anche i poliziotti militari sono vittime dello Stato. "Questo genocidio non miete vittime  solo tra i giovani delle periferie, ma anche tra giovani poliziotti male addestrati che vengono mandati per le strade senza alcuna nozione di ciò che sono i diritti umani".

Il giurista critica le dichiarazioni pubbliche di rappresentanti del governo rilasciate alla stampa come "chi non ha reagito è ancora vivo" (ndt. frase pronunciata dal governatore dello Stato di San Paolo, Geraldo Alckmin, per giustificare l'assassinio di 9 persone ad opera di poliziotti militari nel settembre 2012) o ancora "Il bandito buono è il bandito morto"  ed ha ricordato che lo Stato di Rio de Janeiro ha registrato nella sua storia recente la premiazione di poliziotti che più hanno ucciso.

 

L'avvocato è consapevole del fatto che l'omicidio in Brasile è un problema sociologico oltre che un problema giuridico. "L'assassinio di massa di persone con lo stesso profilo fa parte della storia del Brasile, della cupola di potere che pensa che molti siano gli "sterminabili" i "senza alcun valore" ricordando che già nel diritto romano era contemplato il termine "homo sacer" che designava la figura di una persona esclusa da tutti i diritti civili, che poteva essere uccisa impunemente dal suo aguzzino. L' homo sacer brasiliano è giovane, nero e vive in periferia.

 

Ancora, secondo la mappa della violenza, c'è stato un calo annuo del numero di persone di pelle bianca assassinate da 19.846 nel 2002 a 14.928 nel 2012, con un calo del 24,8%. Per contro, tra le i neri le vittime sono aumentate da 29.656 a 41.127 in quegli stessi dieci anni, una crescita del 38,7%.

"E 'inaccettabile che noi paghiamo il proiettile che uccide i nostri figli. E 'come tornare indietro nel tempo dei nobili Fidalgo (sic). Abbiamo il capitão-do-mato (ndt. il cacciatore di schiavi) che è il poliziotto che ha solo cambiato corpo e che ha la legge  e il denaro a suo favore ", dice Debora.

 

Il genocidio praticato ogni giorno nel paese ha tutte le caratteristiche di un crimine contro l'umanità sostiene Flávio Gomes. La Commissione Internazionale per i Diritti Umani, che ha già condannato la Bolivia e il Perù per casi simili, è l'istituzione che potrebbe incolpare pubblicamente il Brasile e rendere giustizia alle famiglie delle vittime giustiziate con la condiscendenza dello Stato, che è già stato condannato nel 2010 per aver ucciso 62 guerriglieri nel conflitto di Araguaia durante la dittatura militare.

-612! Lo sterminio dei giovani neri e poveri delle periferie

Un articolo sul "genocidio brasiliano" di Guilherme Boulos, coordinatore del MTST (Movimento dei Lavoratori Senza Tetto).

La SECONDA MARCIA (INTER)NAZIONALE CONTRO IL GENOCIDIO DEL POPOLO NERO si svolgerà il 22 agosto prossimo nelle principali città brasiliane.

Questi i link degli eventi su Facebook: Rio de Janeiro - San Paolo

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