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13.06.16

Genocidio Nero

Che il Dio bianco ci perdoni

di Luara Colpa*,  Pubblicato sul sito Bhaz, il 07.06.16
traduzione di Laura Recanatini per il Resto del Carlinho utopia

Siamo nel 2016, 128 anni dopo la Legge Aurea.
(ndt. Legge di "abolizione" della schiavitù in Brasile)
Pochi mesi fa cinque ragazzi sono stati brutalmente uccisi, cosa che mi spinse a scrivere questo testo.

Questa settimana un bambino di 10 anni, è stato assassinato.

 

Ogni giorno loro vengono giustiziati. Ogni giorno.

Che cosa hanno in comune?
 

La negritudine.

 

Sto dando alla luce mio figlio nero.

 

Sulla barella in cui l'infermiera impaziente spinge la mia pancia. Mi libero dal dolore pensando al suo futuro. Ha appena fatto il bagno e ora, con la divisa della scuola, scende la stradina della favela:

- Fai attenzione quando attraversi la strada! (Lui guarda indietro e sorride)

 

- Non dimenticare la merenda eh, figlio? - Sì mamma !!

 

-  Sii sempre ben vestito (in modo che non ti confondano... con un ladro).

 

- Non alzare mai la testa davanti a un poliziotto.

Sheila Cristina Nogueira da Silva (foto di Paolo Jacob)

La donna della foto sopra, scattata da Paolo Jacob, si chiama Cristina Nogueira da Silva. Suo figlio, Carlos Eduardo, di 20 anni, stava bevendo un'acqua di cocco sulla porta di casa, nella favela Morro da Mineira - Fallet, a Rio de Janeiro, lo scorso 10 giugno, quando è stato ucciso da una pallottola vagante nel corso di un conflitto a fuoco tra UPP (Unità di Polizia Pacificatrice) e narco-trafficanti durato circa 8 ore. Sheila Cristina, alla vista del corpo del figlio, ha immerso le mani nel sangue di Carlos, che formava una pozza vicino al cocco, e lo ha passato sul proprio viso, come a voler tenere con lei un po' di ciò che restava del giovane. Disperata, gridava: "Mio figlio è morto. Ho perso mio figlio, poteva succedere a chiunque altro. Perché è morto?". È la triste routine quotidiana delle favelas carioca, la prova evidente del fallimento delle UPP, dell'assurda politica di "guerra alla droga" e dello stesso governo che, alla vigilia delle Olimpiadi, ha intensificato le operazioni nelle favelas per trasmettere agli occhi dell'opinione pubblica internazionale una falsa sensazione di "sicurezza". E ben oltre al marketing criminale delle Olimpiadi, segnato dalla speculazione immobiliare e dagli interessi privati di impresari e politici nella realizzazione di "grandi opere", è la vita delle persone che è in gioco, quella dei giovani neri delle favelas e delle periferie, sterminati dalla polizia militare.

 

Io, aggrottando la fronte e abbassando il tono di voce:
- Porta sempre con te il libretto di lavoro in tasca e mostralo ogni volta che vieni fermato.


- Se ti tingi i capelli, verrai scambiato per un bandito. Se vuoi rendere omaggio ai tuoi antenati e ti fai  capelli rasta o altre acconciature, ti chiameranno poco di buono.

 

- Potranno prenderti a schiaffi - Perché mamma? Perché sì, non rispondere.

 

- Sarai soggetto a perquisizioni  vessatorie ogni settimana della tua vita. Perché è così.

 

- Sarai chiamato “scimmia”, "negro", "di colore".

 

- Non andare per strada in gruppo, potranno confondervi per una banda di scippatori.

 

- Studia figlio mio, diranno che ti hanno salvato le quote razziali, perché sei un incapace. Tu non ascoltarli.

 

- Se lavorerai sodo, diranno “il negretto si dà da fare” e anche se ti sfruttano e ti prendono la pelle e il tuo salario sarà il più basso di tutti - ti useranno come esempio per giustificare quella meritocrazia canaglia con la quale ci accusano.

 

- Qualsiasi furto accada sul lavoro  il sospettato sarai tu, figlio mio. Perché sì.

 

- Sarai malvisto per il resto della tua vita dalla famiglia della tua fidanzata bianca. Sempre perché sì.

Tua madre subirà violenza ostetrica in ospedale. Perché è nera. Nascerai in contromano alla vita. Perché qualche chiesa un tempo disse che non avevamo l'anima.

 

Che la nostra cultura era inferiore, e misuravano i nostri denti e le nostre caviglie. E ci davano un rosario per cercare di redimerci dal peccato di essere nati di questo colore.

 

Quando lo hanno ritenuto opportuno, hanno indossato i nostri turbanti e si sono appropriati della nostra capoeira. Quando non gli servivamo più, ci hanno resi “liberi” con la legge dei Sessagenari. E poi siamo stati espulsi dalla schiavitù per passare alla realtà della schiavitù.

(ndt. La cosiddetta legge dei "Sessagenari", promulgata nel 1885 garantiva "libertà" agli schiavi con più di 60 anni d'età. Malgrado ciò, gli "ex-schiavi" avevano l'obbligo di lavorare ancora tre anni a titolo d'indennizzo del loro padrone)

 

Eccoci qui. Noi siamo la storia dei centri urbani, figlio mio. Siamo stati espulsi da un modello di città e di interazione tra le persone. Non siamo mai stati persone.

Di periferia in periferia continuiamo il nostro cammino, sempre cacciati.

 

Non ci hanno chiesto dove abbiamo costruito le nostre vite, delle nostre radici. Siamo senza storia. Ad ogni rimozione siamo andati nell'area  metropolitana in cui ci destinavano. In ogni "piano-casa" che una mezza dozzina di “bianchi inamidati” hanno scritto, siamo stati inscatolati in casette di 40m². Lontano. Ben lontano dagli occhi dei gringos (ndt. stranieri).

Hanno recintato le nostre case per la Coppa del Mondo. Hanno messo i blindati della polizia nei nostri quartieri, per ricordarci che dalla "fine" della schiavitù, non sanno cosa fare per recintare la nostra esistenza.

 

Ti diranno che anche in stato di emergenza, avrai il diritto di andare e venire nel tuo paese (che i tuoi antenati hanno costruito pietra su pietra .. mattone su mattone).

 

Ma tu sarai giustiziato alla luce del giorno, figlio mio. Sulla porta di casa. E io laverò il tuo sangue.

Sarai mitragliato, "confuso per errore". Tu e i tuoi amici neri. Perché sì. Appartieni a quella parte di  popolazione che deve avere delle regole per rimanere vivo. Che è derisa fin dalla nascita.

Ci stermineranno ogni giorno, tutti i giorni, e ogni giorno diranno che è "un caso isolato."

 

E daranno la colpa al poliziotto frustrato, sotto pressione, e che ha agito per legittima difesa. La società non riconoscerà che è anch'essa complice della tua morte.

 

Hanno ragione, loro agiscono per  "legittima difesa". Ti avevo avvertito di non uscire senza il libretto di lavoro, figlio mio. Che poi, non hai avuto neanche il tempo di mostrarlo, non è vero? Ti avevo avvisato di non reagire davanti a un poliziotto.... ma non è stato  necessario. Non ne hai avuto neanche il tempo.

 

Entreremo nelle statistiche, figlio mio.

 

Loro hanno solo la televisione. Hanno solo una visione distorta e lontana di chi siamo. Spegneranno la tv quando darà loro fastidio. Loro non sanno niente di me, e neanche di te.

 

Solo un'altra donna che partorisce da sola e con la violenza.

Solo un altro negro mitragliato. Che il Dio bianco ci perdoni, siamo senz'anima

 

#Podiasermeufilho.

#Potevaesseremiofiglio

 

*Luara Colpa è brasiliana, ha 28 anni. Una donna in un paese patriarcale e oligarchico. Femminista e militante, di conseguenza. Studia Diritto del lavoro e scrive ciò che sente.

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