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08 giugno 2014

Il "caso" Mikkel Keldorf Jensen

TRA "BUFALE" VERE O PRESUNTE, "CACCIATORI DI BUFALE" E "CACCIATORI DI LIKE" SUI SOCIAL NETWORK, CHI CI RIMETTE È L'INFORMAZIONE.

 

Carlinho Utopia

 

In questi giorni ho assistito, sconcertato, ad operazioni di autentico "sciacallaggio" in rete relativamente a quanto scritto e poi documentato in un video dal giornalista danese Mikkel Keldorf Jensen. Ne avevamo già parlato in questa pagina, dove troverete il testo originale che avevo tradotto e pubblicato il 17 aprile scorso ed il video, sottotitolato in italiano.

 

Pubblicando quell'articolo, e veicolandolo attraverso Facebook, avevo utilizzato un'immagine sicuramente "forte", abbinandola a quella pubblicata dallo stesso giornalista danese che mostrava un cartello con scritto "Un gringo (cioè uno straniero) che ha visto quello che i gringos non devono vedere".

 

Ma non si trattava di un immagine "casuale". Quella foto, scattata dal fotografo Eduardo Maia il 10 dicembre del 2006, vincitrice del 29º Prêmio Jornalístico Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, nel 2007, ritraeva una raccapricciante scena di violenza da parte della polizia proprio di Fortaleza nei confronti di alcuni adolescenti a terra già ammanettati.

Foto Mikkel Jensen/Eduardo Maia
articolo pubblicato in rete

Scene abituali, purtroppo, in un paese dove la brutale violenza e letalità della polizia è ben nota e documentata. Un paese dove i poveri che vivono per le strade, siano essi bambini o adulti, sono vittime da sempre di "pulizie sommarie" commissionate a gruppi paramilitari, definiti un tempo "squadre della morte" ed oggi "milizie", composti in gran parte da poliziotti ed ex poliziotti.  (ne abbiamo parlato in questo articolo).

 

Altri, in giro per il web, nel dare notizia di quanto scritto dal giornalista danese, hanno invece preferito utilizzare l'immagine che pubblichiamo qui a sinistra abbinata ad un titolone a sensazione, con l'evidente scopo di catturare attenzione e "like" sui social network. A questo punto entrano in gioco tutta una serie di "cacciatori di bufale sul web", che, dopo aver "scoperto" a cosa realmente si riferiva quell'immagine cruenta ed agghiacciante, hanno avuto "gioco facile" nello sbugiardare l'incolpevole (soprattutto per quanto riguarda quella foto) Mikkel Jensen Keldorf. Il risultato finale ha fornito ai lettori confusione e disinformazione a 360°

A quale fatti si riferisce l'immagine dei "bambini di strada sterminati in nome dei mondiali"?

 

Anche di quei fatti avevamo parlato sulla nostra pagina facebook, pubblicando un ottimo articolo di Silvestro Montanaro, che riportiamo qui sotto, insieme ad una breve descrizione dei fatti cui quell'immagine si riferisce.

(n.b. i "cacciatori di bufale" hanno parlato di una "azione di polizia legalmente autorizzata", di scontri a fuoco con banditi e narcotrafficanti ecc... si tratta, in realtà, di una vera e propria "rappresaglia" da parte della polizia)

UN CIMITERO CHIAMATO PACE

di Silvestro Montanaro

pubblicato su Facebook il 07.02.14

E' successo qualche giorno fa, nella favela del Giuramento. La polizia è andata a caccia dei responsabili dell'assassinio a sangue freddo di una sua giovanissima agente. E la caccia si è conclusa con sei morti. Giustizia o vendetta?
Le autorità brasiliane la chiamano "pacificazione" e con questo termine indicano la liberazione di alcune favelas da trafficanti di droga e banditi. Nei fatti, specialmente a Rio, è in corso la costruzione di un modello di citta' e societa' sempre piu' fondato su impresa e mercato. E in questa citta' c'e' sempre meno spazio per le moltitudini miserabili che popolano le tante favelas del monstrum urbano Rio. L'operazione mondiali di calcio ha dato una spinta poderosa in questa direzione. Migliaia e migliaia di famiglie deportate fuori città, intere favelas demolite e sostituite con strutture piu' funzionali ad un "moderno" sviluppo urbano. Se tutto cio' fosse avvenuto discutendo con la gente ed offrendo alla popolazione alternative degne, avrebbe avuto un senso sicuramente diverso. La realtà racconta invece che il blocco di potere al governo in Brasile non ha alcuna intenzione di giustizia sociale e democrazia, ma vuole solo imporre il proprio comando ed i propri appetiti. I mondiali portano soldi e benessere all'elite dominante mentre aggravano la disperazione senza servizi e reddito della stragrande maggioranza della popolazione. E chi protesta, è "pacificato". Sono "pacificati" a suon di botte gli insegnanti pubblici che manifestano contro una scuola statale sempre piu' ridotta a niente, i medici che chiedono una sanita' al servizio di tutti e non della finanza che e' la vera proprietaria delle strutture di cura, ovviamente e esclusivamente per chi le puo' pagare. Sono "pacificati" gli studenti, la gente dei quartieri poveri che prova a far sentire la sua voce.
La miseria non si combatte con le esecuzioni sommarie e la limitazione della democrazia, ma con profonde riforme.
Il banditismo ed il traffico, poi, aspettano e aspetterannolungo tempo perche' si cominci a far con loro i veri conti. Il Brasile odierno sembra la Sicilia prima di Falcone e Borsellino. Le elites al potere preferiscono parlare di criminali e banditi. Non parlano mai della mafia che dirige gli affari veri del narcotraffico. Non possono, visto che tanti, in quelle elites, fondano la propria ricchezza ed il proprio potere in quel mondo che non a caso nessuno osa neanche pronunciare.

MORRO DO JURAMENTO
Morro do Juramento, 4 febbraio 2014

I FATTI DI QUESTA IMMAGINE

Dopo che la poliziotta Alda Rafael Castilho è stata uccisa durante un presunto attacco alla base dell'unità di polizia pacificatrice (UPP), del Parco Proletario - una delle 13 favelas del Complexo da Penha - nella zona Nord di Rio de Janeiro, poliziotti militari del 41 ° Battaglione (Irajá) hanno condotto un'operazione il 4 febbraio nella favela vicina a quella del Giuramento, allo scopo di, secondo il segretario della Sicurezza, José Mariano Beltrame, trovare gli autori dell'assassinio della poliziotta. Appare evidente che in realtà la polizia si è recata al Morro do Juramento per vendicare la sua morte. Una rappresaglia. L'azione si è conclusa con sei morti e due feriti. Le vittime sono arrivate all'ospedale Getúlio Vargas già morte e, secondo quanto dichiarato dal comando della Polizia Militare, sono stati soccorsi dalla polizia stessa.

 

Tuttavia, diverse immagini di cellulari pubblicate sui social network immediatamente dopo l'avvenuto, mostrano i sei uomini già morti con intorno i poliziotti militari che li osservano mentre ancora si trovano in uno dei vicoli del Morro do Juramento.

Affermando che le vittime erano ancora vive, la polizia altro non fa che crearsi un alibi con lo scopo di manipolare la scena del crimine e rendere difficile il lavoro delle perizie. Secondo l'esperto Leví Inimá de Miranda, un perito della polizia civile di Rio e dell'esercito, attualmente in pensione, tutto indicherebbe che i giovani sono stati giustiziati a sangue freddo e non in un confronto a fuoco, come afferma la polizia.

 

"Nelle immagini, è chiaro che tutti erano già morti. Lo si deduce facilmente dalla posizione dei corpi a terra, dalla quantità di sangue incompatibile con l'essere ancora in vita e per il comportamento dei poliziotti, che non sembrano affatto preoccupati di soccorrere i feriti. Inoltre, nelle foto, non vi è traccia di nessuna arma da fuoco. Perché i Poliziotti Militari avrebbero manipolato la scena del crimine? Per nascondere l'esecuzione" spiega.

CONCLUDENDO, il giornalista danese Mikkel Keldorf  Jensen, duramente criticato e addirittura accusato di "non esistere" o di essere uno "speculatore narcisista" a caccia di notorietà, ha mantenuto la promessa ed ha pubblicato, il 29 maggio scorso, il documentario per il quale aveva raccolto materiale durante la sua permanenza in Brasile.

 

Nel documentario di 30 minuti, intitolato "Il prezzo della Coppa del Mondo", Keldorf ha intervistato bambini di strada, operatori sociali e di ONG che lavorano con i bambini di strada, persone sfrattate a causa delle opere per i mondiali, politici (il presidente della Commissione Diritti Umani di Rio de Janeiro, Marcelo Freixo), ha parlato del caso Amarildo e dei "desaparecidos" nelle favelas "pacificate" dalla polizia militare, mostrando, indipendentemente dall'essere a favore o contro la Coppa, il "lato B" non solo dell'evento, ma del Brasile in generale. Il suo è stato un buon lavoro documentaristico, indipendentemente dalle ragioni personali che lo hanno portato in Brasile per realizzarlo e delle quali, personalmente, poco mi importa.

 

Relativamente alle denunce di sterminio di bambini di strada, intervistato da Mikkel Keldorf, Manoel Torquato, coordinatore nazionale della campagna "Crianca Não é de Rua" (ndt. il "Bambino NON è della strada" campagna che unisce circa 600 organizzazioni in tutto il Brasile e che ha sede a Fortaleza) afferma testualmente: "Abbiamo cominciato a vedere in città gruppi di sterminio che sparano ai bambini che dormono in strada. Bambini e anche adulti." E ancora: " ...i bambini stavano dormendo davanti ad una farmacia in una strada molto famosa di Fortaleza, l'Avenida Joao Pessoa. Una macchina nera si è fermata durante la notte ed hanno abbassato i finestrini. La famosa "macchina nera" come la chiamiamo in Brasile. Hanno sparato a tutti. Quattro sono stati colpiti e due di loro sono morti. Due fratelli. Gli altri due sono ancora all'ospedale."

La stessa organizzazione ha poi fornito, in una nota di chiarimento alla stampa, i nomi dei due fratelli (Izaquiel e Alisson) uccisi e dei due rimasti feriti (Wertânio e Nágila), nei fatti avvenuti (e denunciati pubblicamente dall'organizzazione) l'11 gennaio di quest'anno.

 

Manoel Torquato intervistato nel video di Mikkel Keldorf
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