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16.11.15

Tsunami di fango, il dramma invisibile

Accusata della responsabilità della tragedia, la multinazionale Vale si occupa della scena del crimine, esclude la stampa e lascia fuori la popolazione. È giusto questo?

Di Laura Capriglione, pubblicato sul sito Jornalistas Livres il 08.11.15

traduzione di Clelia Pinto per il Resto del Carlinho Utopia

Mariana. Foto Gustavo Ferreira, Jornalistas Livres

Strappati dalle loro case dallo tsunami generato dalla rottura delle dighe Fundão e Santarém, piene di fanghi tossici, gli abitanti di Bento Rodrigues, villaggio rurale a 35 km dal centro di Mariana, soffrono per un altro tsunami: quello dei dubbi, delle bugie e della dissimulazione.

 

Le dighe incidentate appartengono alla compagnia mineraria SAMARCO, fondata nel ’77, controllata dall’onnipotente VALE e dall’anglo-australiana BHP BILLITON.

 

Decima maggior esportatrice del paese, l’impresa ha fatturato 7,6 miliardi di Reais con un utili netti per 2,8.

 

Nonostante questi bilanci vistosi e il fatto di sostenere sul proprio sito che tiene alla vita più che a tutti i risultati e beni materiali, gli abitanti di Bento Rodrigues denunciano che non ci fosse neanche una semplice sirena installata per allertare la zona della rottura delle dighe. Avrebbe potuto salvare molte vite.

Ora, all'indomani della tragedia, gli abitanti di Bento Rodriguese sospettano che la priorità dell’impresa sia volta a salvaguardare la sua immagine istituzionale piuttosto che le vite umane e degli animali, investiti dall’avanzamento spaventoso del fango.

"Perché ci stanno impedendo di entrare a Bento Rodrigues? Potremmo aiutare nella localizzazione e nel recupero dei dispersi e degli animali, perché conosciamo come nessun altro la regione ed i suoi boschi. Cosa stanno cercando di nascondere?", domandava un gruppo di abitanti indignati per l'essere mantenuti  a forza lontani dal centro abitato. “Perché non permettono almeno ad alcuni di noi di entrare, per vedere cosa sta succedendo?”

 

Questo sabato, il sindaco di Mariana, Duarte Junior (PPS), ha confermato che ci sono ventotto dispersi dopo il crollo delle dighe. Di queste, tredici sono funzionari della SAMARCO e lavoratori di altre imprese dell'indotto. Gli altri quindici sono abitanti di Bento Rodrigues, di cui cinque bambini.

Il sindaco ha anche riconosciuto ufficialmente una seconda vittima della tragedia. Il corpo di un uomo, ancora non identificato, è stato trovato a Rio Doce, a 100 km da Mariana, sulla riva del fiume, nel fango. La prima vittima riconosciuta ufficialmente è stato un abitante di Bento Rodrigues, colpito da infarto mentre assisteva al disastro.

 

Tutte le vie d’accesso al sotto-distretto di Bento Rodrigues sono chiuse. Entra ed esce solo chi è autorizzato. Decine di poliziotti militari controllano la strada principale. La stradina alternativa non è transitabile, scenario caotico di argilla, rocce, pezzi d’alberi e resti di vegetazione sparsi. Nessuno passa da lì.

Polizia Militare blocca gli accessi a Mariana. Foto Gustavo Ferreira, Jornalistas Livres

"La SAMARCO è accusata di un crimine ambientale serissimo, che può aver causato decine di morti, e, come se non bastasse, si occupa anche della scena del crimine? Che follia è mai questa?” protesta un’attivista legata al Movimento dos Atingidos por Barragens (letteralmente: Movimento Colpiti dalle Dighe), mentre un camion con generatori e luci della SAMARCO supera tranquillamente la barriera di poliziotti che vieta l’ingresso agli abitanti. (dettaglio: sulla portiera del camion il logo della Vale è coperto da un cartoncino incollato).

 

Anche camionette e funzionari a servizio dell’impresa hanno libero accesso al posto. La SAMARCO ha emesso una nota ufficiale agli investitori internazionali spiegando le sue supposte ragioni riguardo al divieto d’accesso al terreno coinvolto dal disastro: “Per ragioni di sicurezza, la SAMARCO ribadisce l’importanza di non avere spostamenti di persone sul luogo dell’incidente, eccetto le persone e le squadre coinvolte nelle operazioni di emergenza”.

Solo per ricordare e, chiaro, considerando la differenza di scala, durante le operazioni di ricerca e soccorso in seguito allo tsunami che colpì la Thailandia, nel 2005, il lavoro coraggioso e senza tregua di centinaia di volontari, anche nel recupero di corpi umani e animali, fu essenziale perché la disgrazia non fosse più grave. Non si sostennero questioni di sicurezza per impedire il lavoro della solidarietà.

 

“Com’è possibile che le vittime siano tenute a distanza e il colpevole possa entrare ed uscire come quando e come gli pare?”, chiede Anna, 57 anni, che è nata a Bento Rodrigues e adesso vive a Catas Altas, lì vicino, mentre guarda la valle coperta di fango. “Lì c’era la casa dei miei genitori”. Solo lei sa dove. Ma quel che più turba i superstiti e fa aumentare la tensione all’ingresso di Bento Rodrigues sono gli  elicotteri della polizia, che si alzano ed atterrano in continuazione dalla “zona calda”, come i pompieri hanno denominato l’area centrale e più pericolosa della catastrofe.

 

Senza informazioni, con la proibizione di vedere quel che succede nel villaggio, gli abitanti sospettano che cadaveri umani vengano raccolti e portati con gli elicotteri verso luoghi sconosciuti. Due testimoni raccontano d’aver visto passare, a Santa Rita Durão, località di  Mariana che è passaggio obbligatorio per chi arriva a Bento Rodrigues, furgoni dell’Istituto Medico-legale passare dal posto di polizia verso il luogo dell’incidente.

 

“Cosa ci sono stati a fare? La Difesa Civile non dice che uno dei morti ufficiali è stato ritrovato lontano e un altro portato via il primo giorno? E allora, perché i carri funebri?”, si chiede Maria do Rosário, funzionaria di un ingrosso di alimentari. Vigili del fuoco, chiamati a impedire l’accesso degli abitanti al villaggio, confermano l’esistenza di molti animali ancora vivi sul posto... ma già registrano la presenza pesante della morte, per via dell’odore dolciastro e repellente della carne in putrefazione. Escono esausti dal posto, dopo aver aiutato ad arrestare una abitante che, attraverso il bosco, cercava di rompere il cerchio di polizia per cercare la nonna, scomparsa da giovedì. Secondo i pompieri, la ragazza aveva il viso e le braccia graffiati dalla fitta vegetazione e aveva il fango quasi fino al collo, mentre tentava di arrivare alla casa della familiare. Ha resistito con forza a quelli che le impedivano la ricerca. “Ma siamo riusciti a portarla via”, dice il pompiere Paulo César. Alla nostra domanda: “E la nonna della ragazza?” il soccorritore ha risposto: “È morta. Non c’è altra possibilità. Lì c’è solo desolazione”.

Foto Gustavo Ferreira, Jornalistas Livres

Ma la gente di Bento Rodrigues trova che sia un crimine lasciar morire, affogati disperatamente nel fango,buoi, vacche, cani, cavalli e galline e persino gli uccellini in gabbia, che pure sono sopravvissuti. Ed esistono.

 

Il passare monotono del tempo, sotto il sole forte da 42°, il sali e scendi di elicotteri, camion e camionette che entrano e escono, nessuna notizia, è interrotto solo quando si sente il grido “Giornalisti! Correte qui!” 

 

Scendendo da una scarpata si vede un gruppo di abitanti che porta, ferita ma viva, una cagna, di grossa taglia, marrone, distesa su una barella fatta da due pezzi di  legno e un lenzuolo marrone che era stato bianco. "Aveva il corpo infilato a metà nel fango”.

 

Gli uomini che la trasportano conoscevano l’animale. Era del macellaio Agnaldo, che aveva passato la mattina cercando di entrare a Bento Rodrigues per riprenderla. Gli era stato proibito.

 

"C’era questa cagnetta viva, che poteva essere salvata. Abbiamo visto un cavallo, anch'esso vivo, con il fango fino al collo. Può esserci gente che soffre, ancora viva, trascinata lontana dal fango”, lamenta uno dei soccorritori del cane.

“Abbiamo avvisato i pompieri del cavallo, ma ci hanno detto che non potevano salvarlo, perché non avevano corde per tirarlo fuori. Bisogna fare in fretta con gli aiuti, ora che il fango inizia a seccare. Intanto, non si è vista una sola volta una di quelle gabbie appese agli elicotteri che aiutano nella ricerca”

 

È stato di sera che eroi anonimi sono riusciti ad aggirare la sicurezza e a passare sui margini del mare di fango, dove hanno trovato il cane ferito. Hanno trovato anche un crocifisso d’oro alto un metro, appartenente alla chiesa di São Bento, la chiesa di Bento Rodrigues.

Consegnato da uomini umili (Neimar, Leléu, Lilico, Jerry, muratori e meccanici) alla polizia, il crocifisso è stato portato al quartiere di polizia militare di Ouro Preto. “Resterà lì a disposizione delle autorità ecclesiastiche”, ha detto il tenente WelbyDella chiesetta bianca non c’è più traccia. I manghi attorno stanno ancora lì.

 

Il tenente Welby dava istruzioni a uno dei suoi uomini al posto di polizia di Santa Rita Durão: domenica, la "zona calda" sarà ampliata e la barriera di polizia schierata ben prima, per impedire agli abitanti di recuperare le loro cose o di andare in cerca dei dispersi. E di vedere ciò che si vuole mantenere invisibile.

Foto Gustavo Ferreira, Jornalistas Livres
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La rottura di due dighe a Mariana, nello stato brasiliano dI Minas Gerais, il cinque novembre scorso, e la conseguente fuoriuscita di un autentico tsunami di fanghi tossici ha provocato quello che dagli specialisti è già considerato il più grave disastro ambientale della storia brasiliana. Le dighe sono della compagnia mineraria SAMARCO (joint venture delle multinazionali VALE e BHP BILLITON) Leggi tutto

Liberi di uccidere di Silvestro Montanaro

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