09.06.16
Tra la manipolazione della Bibbia e il possesso della vagina
Le proteste contro la cultura dello stupro indicano verso quale direzione si muovono le diverse facce del Brasile e dove realmente sta l’opposizione
di Eliane Brum, pubblicato su El Pais il 06.06.16
traduzione di Kennedy da Silva e Carlinho Utopia
La sollevazione delle donne contro la cultura dello stupro nel paese governato dal presidente ad interim Michel Temer (PMDB) e del parlamento più retrogrado dal ritorno della democrazia compone il ritratto più preciso di questo momento storico così tanto particolare del Brasile.
L’opposizione attuale non è tra un governo chiamato “golpista” ed un governo che fu presentato come “popolare”. Oppure tra la presidente allontanata tramite l’impeachment ed il vice che ha cospirato per allontanarla.
Il confronto è tra il Brasile che è emerso dalle manifestazioni del giugno 2013 ed il Brasile che ancora si aggrappa ai propri privilegi di classe, di razza e di genere. È questo il confronto più ampio che determina il corso dei giorni.
Temer, PMDB e partiti alleati non rappresentano tutte le forze conservatrici da un lato, né Dilma Rousseff, Lula ed il PT sono capaci di rappresentare l’altro campo. Come l’operazione Lava Jato(*) ha già dimostrato, con tutte le critiche che si possono – e si devono – fare ai suoi flagranti abusi ed ai personalismi inaccettabili da parte di alcuni servitori dello stato, PMDB e PT sono, in alcuni aspetti cruciali, più somiglianti che diversi. In alcuni aspetti, ovviamente non tutti, sono più soci discordanti che oppositori politici di fatto, in quello che la politica ha di più profondo, che è la sua potenza trasformatrice. È fondamentale comprendere dove sta di fatto l’opposizione oggi, per andare oltre all’Impeachment vs Golpe.
*(ndt. "Operazione Lava Jato", ossia "Operazione Autolavaggio". Inchiesta ancora in corso della magistratura brasiliana, una sorta di "tangentopoli" brasiliana, che ha portato alla luce un sistema generalizzato di tangenti versate da almeno un decennio dalle principali imprese di costruzione del paese a responsabili della Petrobras, il colosso petrolifero nazionale a maggioranza statale)
Questa è la parte che Temer, il PMDB e le altre forze che hanno appoggiato l’impeachment di Dilma Rousseff sembrano non aver compreso. Ed è anche per questo che nelle prime settimane del governo provvisorio ci sono stati così tanti passi indietro ed almeno due ministri decaduti. Nonostante abbondi l’arguzia dei protagonisti, loro sembrano di fatto aver creduto che il paese potesse semplicemente retrocedere e che le vecchie forze politiche potessero riorganizzarsi ancora una volta – senza opposizione. Così come aver creduto che l’opposizione, a partire da un certo momento, fosse il PT. Hanno creduto alla falsa polarizzazione, senza capire che il paese oggi è molto più complesso.
“Uomini bianchi e vecchi”. La reazione ai ministeri di Temer ha mostrato nell’immediato da dove veniva l’opposizione. Genere, razza e giovane protagonismo. La politica oltre ai partiti, la politica che nel 2013 ha espulso i partiti dalle piazze.
“Uomini bianchi e vecchi”. La reazione ai ministeri di Temer ha mostrato nell’immediato da dove veniva l’opposizione. Genere, razza e giovane protagonismo.
La politica oltre ai partiti,
la politica che nel 2013
ha espulso i partiti
dalle piazze.
Due fotografie, un abisso. Nelle strade del paese, le donne scrivono sulla pelle nuda che i loro corpi le appartengono, mentre protestano contro la cultura dello stupro dopo le violazioni di gruppo di due ragazze, una a Rio, e l’altra nel Piauí. E Temer che fa? Chiama ad occupare la dequalificata Segreteria di Politiche per le Donne un’evangelica, Fátima Pelaes (PMDB), che ha già dichiarato di essere contraria all'aborto anche nei casi di stupro. O il presidente ad interim ha un deficit cognitivo oppure ubbidisce a comandamenti poco chiari.
Nell'estinguere il ministero che contemplava le politiche di genere, razza e diritti umani, e nell’eliminare il ministero della cultura, che fomenta l’espressione di queste politiche, Temer aveva già dimostrato che nemmeno lui e le forze che lo appoggiano comprendono il paese che tanto vogliono governare. Ha dovuto correre dietro al pregiudizio e a donne che accettassero di far parte del governo. È stato costretto ad arretrare e a restituire il Ministero della Cultura all'Esplanada. (ndt. l'insieme degli edifici sede dei ministeri a Brasilia)
Tutto questo arretrare è più rivelatore che le dimissioni dei ministri dopo la divulgazione di registrazioni telefoniche in cui questi avrebbero cospirato contro la Lava Jato, perché puntano verso forze che chiedono l’ampliamento della politica. E che denunciano una crisi rappresentativa più profonda. È per queste forze, queste politiche, che non è più possibile tornare al Brasile del passato. Il presente è un altro, il presente è flusso.
È possibile che gli schemi di corruzione si risistemino in un altro modo, così com’è successo in Italia. Ma è abbastanza improbabile che donne, neri e LGBTs smettano di denunciare i privilegi di genere e di razza, così come i crimini di genere e di razza. I popoli della foresta sono un'altra forza, ancora oscurata, che si guadagnerà molta più visibilità con l’avanzare della crisi climatica.
Questo Brasile che scende in piazza per protestare contro la cultura dello stupro, contro il genocidio della gioventù nera, contro il deterioramento delle scuole pubbliche, dove studiano i più poveri, rappresenta una grande potenza creativa del momento. Molto si parla a proposito della perdita delle conquiste del decennio scorso, evidenziata da fatti come i più di 11 milioni di disoccupati attuali. È importante comprendere, comunque, che ci sono conquiste che non si perdono. La prima generazione di giovani neri che è riuscita ad arrivare all’università non smetterà mai di fare pressioni chiedendo l’aumento degli accessi alle facoltà. Così come le donne che hanno guadagnato consapevolezza di loro stesse nel ricevere il Bolsa Familia (ndt. programma di aiuti economici alle famiglie più povere istituito dal governo Lula) ora sono persone diverse.
È fondamentale individuare dove sta il movimento. E dove è la paralisi. Oppure anche l’involuzione. Scollegati dal Brasile che si muove, ne il governo ne il parlamento hanno una risposta. In parte, perché nemmeno capiscono ciò che dicono le manifestanti che hanno occupato le piazze con i seni di fuori.
Dilma Rousseff ed il PT, impegnati nella disputa dell’impeachment, hanno ancor meno la possibilità di rappresentare queste forze.
Esiste un enorme potenziale simbolico nel fatto che una donna abbia assunto la presidenza della Repubblica per la prima volta. Ma è importante ricordare anche della scelta fatta da Lula e dagli esperti di propaganda politica per potenziare questo simbolismo. Dilma fu presentata come “madre” dei poveri, “madre” del popolo, “madre” del PAC (ndt. programma di accelerazione della crescita). Niente è più arcaico oggi, che ridurre una donna alla maternità. E ridurre alla maternità le donne. In questo senso, l’opportunità – preziosa – di ampliare la potenza dei significati di una donna alla presidenza è andata persa, nel momento in cui si è optato per il rafforzamento di vecchi stereotipi, sempre riduttivi.
È un dato di fatto che Dilma non si è mai adattata bene a questo modello di propaganda, ma è un fatto anche che lei abbia usato questo argomento ogni qualvolta le è stato conveniente. Vale la pena ricordare anche che, come presidente, Dilma Rousseff si è tirata indietro varie volte per quanto riguarda i diritti delle donne e degli LGBTs per non perdere l’appoggio prima degli elettori religiosi, e poi della "bancada evangelica" in parlamento. (ndt. Il termine "Bancada", letteralmente, indica i "Banchi del Parlamento". Al'interno del Congresso Nazionale brasiliano esistono tre fortissimi gruppi di potere trasversali ai partiti, legati ad interessi specifici: la "Bancada ruralista", legata ai grandi latifondisti e all'agribusiness; la "Bancada da Bala", letteralmente "della pallottola", formata da politici legati alle industrie di armi, da molti ex poliziotti e militari; la "Bancada da Biblia", il fronte religioso evangelico)
Nella campagna elettorale che l’ha eletta presidente per la prima volta, nel 2010, ha sofferto un attacco criminale la cui origine ancora dev’essere ben compresa, con la diffusione del fatto che fosse “abortista” e “assassina di feti”. José Serra, allora candidato a presidente per il PSDB e oggi ministro degli affari esteri del governo Temer, si è impegnato ad approfittare degli attacchi arrivati dalle catacombe oppure da un luogo che meriterebbe di esser meglio compreso, predicando che aveva “Dio nel cuore”. Nei suoi spot elettorali, donne incinte sfilavano sullo schermo perché il candidato prometteva di prendersi cura dei bimbi anche prima che nascessero.
La campagna elettorale del 2010 ha segnato il momento in cui il dibattito fu al ribasso, con enormi conseguenze. Dilma è stata eletta la prima donna presidente, ma per questo ha dovuto scrivere una lettera pubblica dichiarandosi “personalmente contraria all’aborto”. Nella stessa, si comprometteva a non proporre nessun’altra norma per alterare le leggi sul tema.
Chi uscì per difenderla nei templi evangelici fu, tra gli altri, Eduardo Cunha (PMDB). Il deputato che avrebbe in seguito cappeggiato il processo d'impeachment della presidente garantì ai pastori che l'allora candidata meritava il voto evangelico perché era contraria all’aborto.
La campagna elettorale del 2010 è un segno dell’occupazione del potere da parte di evangelici fondamentalisti, alleati ad altre forze conservatrici, così come del loro crescente potere di far pressioni. Da quel momento in poi si è stabilito che il corpo delle donne sarebbe stato moneta di scambio politico. Dilma si è arresa prima nel nome della vittoria elettorale, e poi, della cosiddetta “governabilità”
Non torno a ricordare questo fatto per attaccamento all’eccesso, ma perché senza comprendere ciò che è successo al paese in quel momento non mi sembra possibile comprendere lo scenario attuale. E nemmeno la profondità della “primavera femminista” nelle piazze. La campagna elettorale del 2010 è un segno dell’occupazione del potere da parte di evangelici fondamentalisti, alleati ad altre forze conservatrici, così come del loro crescente potere di far pressioni. Da quel momento in poi si è stabilito che il corpo delle donne sarebbe stato moneta di scambio politico. Dilma si è arresa prima nel nome della vittoria elettorale, e poi, della cosiddetta “governabilità”. Conosciamo bene il risultato della “governabilità” e della fedeltà degli alleati d’occasione. Così, le manifestazioni contro la cultura dello stupro hanno ancor più risonanza di quel che può sembrare a prima vista. Se le donne si approprieranno del proprio corpo, sarà necessario trovare un'altra moneta di scambio nel Brasile attuale. È di stupro che si parla, ma in gioco c'è qualcosa di più.
Se c'è un Brasile che si muove occupando le piazze, c’è n'è anche un altro che si muove. E sta dove si trova, in un certo senso, la “situazione”. Anche in questo senso, la reazione agli stupri collettivi è un segnale prezioso. Siccome nessuno, o almeno quasi nessuno, può difendere uno stupro, la disputa si è tenuta attorno al fatto dell'essere o meno uno stupro. Così come per le donne cui i corpi hanno “valore”. In questo discorso, se i corpi hanno “valore”, non potrebbero essere violati. Ma, se i corpi non hanno “valore”, non sarebbe considerato stupro nemmeno quando violati. Il valore è determinato principalmente dal giudizio delle scelte morali ed estetiche di queste donne, ma anche per la loro razza e classe sociale.
L'avere un valore allude, in qualsiasi caso, ad un corpo convertito in oggetto. Quando la parola di una donna che dice di essere stata stuprata non è ascoltata, o è messa in dubbio, quello che si rafforza è che gli oggetti non hanno voce. È anche importante capire che i corpi delle donne possono diventare moneta di scambio elettorale o di ricatto politico, come succede esplicitamente fin dalla campagna elettorale del 2010, solamente quando visti e trattati come oggetti.
La "disoggetificazione" delle donne, pertanto, minaccia il mantenimento dei privilegi di chi occupa il potere oppure desidera occuparlo. O qualcuno crede che deputati come Eduardo Cunha (PMDB) ed il clero evangelico del parlamento siano davvero preoccupati per la vita del feto quando tentano di impedire alle donne di poter fare un aborto legale? Oppure quando decidono che la famiglia è solo quella composta da un uomo e una donna?
Occorre essere più che ingenui per credere nella sincerità di queste motivazioni moraliste. Sono preoccupati, questo si, a mantenere il comando della Casa da Moeda (ndt. casa della moneta). Così, le donne che hanno cantato in uno show di Caetano Veloso, parafrasando un suo famoso brano : “eta, eta, eta, Eduardo Cunha vuole controllare la mia buceta (ndt. modo volgare, di uso comune in Brasile, per indicare la vagina)”, hanno tutte le ragioni del mondo. Solo che Cunha non solo lo vuole, ma ne ha bisogno.
Credere che l’attuale parlamento non rappresenti il Brasile è uno sbaglio. Magari fosse così. Può non rappresentare le donne in piazza, così come altri movimenti e settori più progressisti, ma esiste un Brasile che senza dubbio è rappresentato. E anche questo Brasile si muove. Ed è forte. Quando la maggioranza parlamentare ha votato a favore dell’apertura del processo di impeachment della presidente in nome di Dio e della Famiglia, ha usato lo stesso linguaggio di una parte significativa della popolazione brasiliana.
La bancada evangelica del parlamento è arrivata rapidamente alla conclusione che la miglior moneta, almeno in questo momento, è il corpo delle donne. Che questo controllo sul corpo delle donne venga travestito da religione e giustificato da un’interpretazione fondamentalista della Bibbia è strategia, non principio.
Quando ci riferiamo a questa stirpe di parlamentari come a dei “conservatori”, gli conferiamo una serietà che non hanno. Allo stesso modo, chiamarla "Bancada da Bíblia" finisce per diventare, più che un’ironia, un riconoscimento sbagliato sulla reale importanza della Bibbia. In pratica, la Bibbia è diventata soprattutto uno strumento di manipolazione, cosa che dovrebbe offendere gli evangelici che credono davvero nelle fondamenta del loro credo. Una parte del clero evangelico che siede in parlamento prende i propri principi religiosi tanto sul serio quanto prendono sul serio il comandamento “non rubare”.
L’aborto è il grande tema della disputa per questa ragione. Se una donna è così padrona del proprio corpo da poter anche interrompere una gravidanza, il suo corpo non potrà allora essere oggetto di un altro. Quindi non potrà essere moneta di scambio. È anche per questo che la maternità ha così bisogno di essere valorizzata come destino sacro delle donne – e in questo un interpretazione religiosa della Bibbia è fatta sotto misura.
Così, la scelta di una donna evangelica che si è già posizionata contro l’aborto in caso di stupro alla guida della Segreteria di Politiche per le Donne , non può neanche lontanamente essere considerata una distrazione politica di Temer. Il fatto che, dopo aver calcolato tutte le varianti possibili, abbia fatto questa scelta, anche con le piazze occupate dalle attiviste, dimostra solo dove il presidente ad interim crede stia la forza.
Ma Temer, l’uomo che tanto bene calcolava, già non calcola più come prima. La nomina è stata pubblicata sul Diário Oficial (ndt. equivalente della gazzetta ufficiale in Italia) del 3 di maggio, ma il presidente può ancora tornare indietro. La reazione delle femministe è stata più forte di quanto Temer ed i suoi immaginavano. Per completare, i media hanno denunciato che Fátima Pelaes è indagata per corruzione. Se Temer tornerà sui suoi passi ancora una volta, sarà un altro passo indietro di un governante che fin da quando ha nominato i suoi ministri dimostra di non comprendere il paese che sta governando, confuso tra forze opposte.
La creazione di mezzi di comunicazione, come la Record (ndt. rete televisiva), così come l’occupazione di reti già esistenti, da parte di certe chiese evangeliche, è un altro punto di questa architettura che influenza sempre più la vita quotidiana del paese. Chi grida “Globo golpista!” ha bisogno di ampliare di più la vista.
Non si riesce a capire questo Brasile che diventa sempre più una “situazione” senza comprendere la brillante strategia di occupazione del potere da parte di alcuni cosiddetti evangelici. È di potere che si tratta, potere che va molto oltre la religione. E, se osserviamo la storia recente, questa occupazione di potere è accelerata.
Anche in questo senso le proteste contro la cultura dello stupro sono abbastanza illuminanti. È significativo che le strade delle capitali brasiliane siano state occupate da manifestanti che rivendicano il controllo sul proprio corpo. È necessario prestare attenzione anche ai video, con grande audience su internet, e alla protesta nella comunità dove è accaduto il crimine, dove ci sono stati uomini che hanno alzato cartelloni con scritto: “Non c’è stato stupro!” oppure “Orgia non è stupro”.
Nei video sono presentate “prove” morali per difendere la tesi che non si è trattato di stupro, come i vestiti che indossava la vittima e la sua libertà sessuale. Hanno presentato come prova anche il fatto che uno stupro non sarebbe stato tollerato dai trafficanti di droga, in un riferimento a chi detta legge per davvero in determinate parti delle favelas. C’è anche un altro punto in comune importante in ognuno di questi discorsi disseminati su internet: l’idea che la difesa della ragazza stuprata venga da “comunisti” – o da “comunisti dei diritti umani”. Anche qui esiste un collegamento tra il corpo della donna e la politica che non può essere scartato per la sola inconsistenza dell'argomento.
Un’organizzazione criminale avrebbe decretato la morte non degli stupratori, bensì della ragazza stuprata. In un’intervista a Ponte, sito di giornalismo specializzato in diritti umani, giustizia e sicurezza pubblica, la sociologa Camila Nunes Dias, che fa ricerche sul crimine organizzato in Brasile, si contrappone al mito che lo stupro sarebbe condannato dai criminali: “(Questi gruppi del crimine organizzato) sono profondamente conservatori, maschilisti e omofobi, e questo molte volte si minimizza nell’analisi del loro modo di agire nelle prigioni e nelle favelas”. E successivamente aggiunge: “anche se si uccidono tra loro, poliziotti e banditi hanno visoni del mondo molto simili”.
Lo stupro attraversa tutte le classi sociali. I casi di violenze sessuali contro donne nelle facoltà di medicina dell’Università di São Paulo (USP), così come in diverse altre università i cui studenti sono per la maggior parte di classe media e alta, sono appena alcuni degli esempi che la cultura dello stupro è disseminata nel paese. Ma è sempre importante comprendere le particolarità per le quali questa cultura si è stabilita nelle diverse realtà. Specialmente quando si colloca la disputa politica attuale a partire di ciò che mi sembra centrale: la messa in discussione dei privilegi.
Nella traiettoria di alcuni movimenti del ventesimo secolo, così come di alcuni partiti, tutti i privilegi erano contestati, meno quello di genere. La storia dei sindacati in Brasile, segnata dal maschilismo e l’omofobia, deve essere affrontata anche a partire da questo quadro, affinché alcune relazioni possano essere chiarite. Ci sono molte testimonianze che ancora verranno a galla. Questa, come tante altre, è una storia molto mal raccontata.
È necessario ricordare ancora che, per una gran parte degli uomini brasiliani, l’unico privilegio che hanno è quello di genere. Come si sa, non è facile cedere i privilegi, ma ancor meno se questi sono gli unici in un paese così disuguale. Il discorso moralista sul corpo delle donne incontra un terreno fertile nelle fasce più povere della popolazione. E questo è un punto fondamentale nella comprensione dell’ascesa di alcune chiese evangeliche.
Non c'è niente di più attraente che il mantenimento del privilegio di genere con una giustificazione edulcorata, con riferimenti biblici. Non solo mantiene i suoi privilegi ma diventa un uomo “perbene” per il fatto di mantenerli. Alla fine chi va a discutere con Dio?
Sono tanti punti da collegare. Le diverse facce del Brasile si muovono. Le donne che sono scese in piazza negli ultimi giorni hanno avuto più ragione di quel che sembra.
Eliane Brum
è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.
Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.
Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).
Site: elianebrum.com | Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum
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