top of page

02.05.16

DAVI FIUZA: L'OLOCAUSTO DI BAHIA

23 poliziotti militari accusati per il sequestro, l'omicidio e l'occultamento del cadavere del giovane Davi Fiuza, 16 anni, avvenuto a Salvador Bahia nel 2014

 

Davi Fiuza, giovane, nero, 16 anni. È scomparso il 24 ottobre del 2014, quando testimoni lo hanno visto fermare da agenti della polizia militare nel quartiere dove abitava, São Cristovão, alla periferia di Salvador da Bahia, e poi, incappucciato e legato mani e piedi, essere caricato nel portabagagli di un'auto senza insegne. Il suo corpo non è più stato ritrovato.

 

Nei giorni scorsi, dopo circa un anno e mezzo, le indagini della Polizia Civile hanno concluso che Davi è stato sequestrato e assassinato da 23 poliziotti militari ed il suo cadavere occultato. Le indagini hanno appurato che quel giorno 19 reclute partecipavano all'azione della polizia militare, coordinata da poliziotti col grado di tenente e sergente. Per le 19 reclute si trattava della "prova finale" del corso di formazione della polizia militare: partecipare a un'operazione di polizia per poter quindi essere definitivamente arruolati, il cosiddetto "battesimo", come viene chiamato in gergo militare.

 

La mamma di Davi, Rute Fiuza, si batte coraggiosamente fin dal momento della scomparsa del figlio per ottenere verità e giustizia sul caso, supportata da

Davi Fiuza

organizzazioni come Amnesty International e Reaja ou será Morto, Reaja ou será Morta. Rute nel corso di questi mesi ha ripetutamente ricevuto intimidazioni e gravi minacce di morte, ma non si è mai fermata. Il caso di Davi è arrivato anche al CED, il Comitato sulle Sparizioni Forzate dell'ONU, che ha formalmente chiesto spiegazioni allo stato brasiliano.

 

In un toccante documento video esclusivo raccolto da Ponte Jornalismo, di cui vi riproponiamo alcuni brani sottotitolati in italiano, Rute chiede sia fatta giustizia per Davi e denuncia che, malgrado le indagini si siano concluse con l'accusa di 23 poliziotti militari, l'iter giudiziario sia bloccato "per motivi elettorali, politici...". La mamma di Davi afferma ancora che: "Al mio avvocato non è più consentito di accedere agli atti ed il Ministero Pubblico non ha ancora ricevuto le conclusioni delle indagini...". Rute ci racconta la sua terribile verità: "Non ho nessun dubbio che mio figlio sia stato torturato e sia morto in modo umiliante, vigliacco... in un modo che io, come essere umano, non riesco nemmeno a descrivere in questo momento..." e aggiunge: "Io penso che questi 19 che erano in formazione abbiano partecipato a quello che chiamano "battesimo"... in quel momento hanno deciso di fare l'olocausto di mio figlio... e per questo sono stati premiati e sono entrati a far parte della polizia militare di Bahia. Io continuerò a lottare perché sia fatta giustizia. Qui a Bahia, in realtà, è in corso un genocidio di cui Davi è stato una delle vittime, vittima di questa società e di questa polizia militare...".

 

Secondo Atila Roque, direttore esecutivo di Amnesty International Brasile "La conclusione delle indagini, nonostante sia molto importante, è solo un passo verso la giustizia per Davi Fiuza. Ora spetta al Ministero Pubblico compiere il suo ruolo e far si che gli indagati siano portati in giudizio. Amnesty International continuerà a sollecitare le autorità affinché agiscano in forma celere ed imparziale. È molto grave che poliziotti che dovrebbero garantire la sicurezza pubblica siano coinvolti in casi di sparizioni forzate...".

Amnesty International, in una nota, mette in evidenza che "I dati sugli omicidi e le sparizioni forzate che vedono coinvolte agenti dello stato non sono raccolti e valutati a livello nazionale, fattore questo che rende difficile la costruzione di un quadro generale su questo tipo di fatti. Nel frattempo, tutte le ricerche esistenti indicano che la partecipazione di poliziotti in questi crimini è molto frequente nel paese".

 

 

 

22.05.15

Gli "Amarildo" (i desaparecidos) di Bahia

di Flávia Marreiro, pubblicato su El Pais il 18 maggio 2015

La negoziante Rute Silva si dice impotente. Quasi sette mesi dopo che suo figlio, Davi Fiuza è sparito in una mattina dello scorso ottobre a Salvador da Bahia, dice di avere poche speranze, una "lucina molto debole, là in fondo", che il caso sia, almeno, chiarito e i colpevoli, giudicati. Lei non crede che sia vivo. "Non potrebbe stare neanche un giorno senza chiamare casa, me e le sue sorelle", dice.

 

Secondo i testimoni ascoltati da Rute, il giovane, 16 anni appena compiuti, è stato incappucciato da poliziotti e portato via in una macchina della Rondesp (un battaglione speciale della polizia militare di Bahia), che stava operando nella zona vicino all'aeroporto di Salvador. "È uscito di mattina, e lui di solito non si alzava presto. Ma quel giorno maledetto, sì. Non l'ho più visto."

 

Quello che poi è seguito è stata una grande mobilitazione pubblica per il ragazzo: proteste nel quartiere, azioni sostenute da Amnesty International, t-shirt con il suo volto. "Dov'è Davi Fiuza" ripeteva la 

Rute Fiuza, mamma di Davi

formula utilizzata nel caso di Amarildo de Souza, aiutante muratore scomparso nel 2013, mentre veniva portato in una unità di polizia della favela Rocinha a Rio de Janeiro. La pressione contribuì a rivelare in seguito che Amarildo era stato rapito, torturato, ucciso e il suo corpo fatto sparire dai poliziotti militari. Nel caso di Davi Fiuza, la Polizia Civile non ha ancora concluso l'inchiesta sulla scomparsa.

 

Quello che poi è seguito è stata una grande mobilitazione pubblica per il ragazzo: proteste nel quartiere, azioni sostenute da Amnesty International, t-shirt con il suo volto. "Dov'è Davi Fiuza" ripeteva la formula utilizzata nel caso di Amarildo de Souza, aiutante muratore scomparso nel 2013, mentre veniva portato in una unità di polizia della favela Rocinha a Rio de Janeiro. La pressione contribuì a rivelare in seguito che Amarildo era stato rapito, torturato, ucciso e il suo corpo fatto sparire dai poliziotti militari. Nel caso di Davi Fiuza, la Polizia Civile non ha ancora concluso l'inchiesta sulla scomparsa.

 

Quando, la scorsa settimana, il Ministero Pubblico di Bahia ha denunciato nove agenti della polizia militare accusati di aver giustiziato sommariamente 12 giovani a Vila Mosè, a Cabula, Salvador, la madre di Davi Fiuza ha detto di aver avuto una qualche speranza. "Questo mi ha fatto sperare nel Ministero Pubblico. Il caso di Davi ha avuto molta ripercussione qui e all'estero. Sono stata nella sede di Amnesty a Rio. Ho fatto tutto quello che potevo".

 

Settimane prima, aveva accompagnato anche un'altra denuncia della Procura dello Stato contro 11 poliziotti per l'omicidio e la tortura di Geovani Mascarenhas, di 22 anni. Il caso, con i suoi dettagli di crudeltà, aveva accresciuto lo storico "problematico" della Rondesp, coinvolta anche nel massacro di Cabula e accusata, dai testimoni, della scomparsa di Davi Fiuza. Hamilton Borges, della campanha Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta, ha detto che sta seguendo i casi di almeno otto famiglie con storie di sparizioni simili.

 

La Segreteria della Sicurezza Pubblica di Bahia ha dichiarato che, davanti a questi fatti, starebbe studiando una revisione delle procedure della Rondesp, che si ispira alla famigerata e violenta ROTA, truppa speciale della polizia militare di São Paulo. La polizia militare bahiana vanta il triste primato di terza polizia che più uccide nel paese, secondo i dati dell'Annuario di Sicurezza Pubblica.

 

Il video che ha cambiato il caso Geovane

"Se non fosse stato per quel video, sarebbe stata la mia parola contro la loro. Sarebbe stato un altro Davi Fiuza. Dov'è il ragazzo?", Ha detto il padre di Geovane, il commerciante Jurandy Silva, al quotidiano Correio da Bahia, il mese scorso.

 

Jurandy probabilmente ha ragione. Suo figlio sarebbe entrato nell'opaca statistica dei desaparecidos, se le sue ultime immagini da vivo non fossero state registrate in un video: il giovane ventiduenne sottoposto ad una violenta perquisizione della polizia  a Salvador, Bahia, e subito dopo caricato su una vettura della Rondesp.

 

Il video, ottenuto dallo stesso Jurandy, ha dato inizio alle indagini della Procura di Bahia che ha portato alla denuncia di 11 agenti di polizia per l'omicidio, avvenuto lo scorso anno.

 

La descrizione di ciò che è accaduto a Geovane, secondo quanto appurato dal Ministero Pubblico è scioccante. Dopo la perquisizione, il ragazzo venne portato per un confronto con la vittima di un furto. Lei non lo riconobbe, ma Geovane non venne rilasciato. In una sede della Rondesp, venne torturato: testa, mani e genitali tagliati. Al fine di cancellare le tracce del brutale delitto, la polizia tentò di rimuovere i tatuaggi che aveva. In precedenza, avevano già spento i dispositivi GPS delle vetture.

 

La procuratrice del caso Geovane, Isabel Adelaide Moura, dice di non poter parlare, perché l'indagine in corso è secretata, ma ha commentato gli episodi di brutalità della polizia in generale. "La polizia non è un corpo separato dalla società. Fa parte della società", ha detto la Moura, già coordinatrice del Grupo de Atuação Especial para o Controle Externo da Atividade Policial no Ministério Público (Gruppo d'azione speciale per il controllo esterno dell'attività della Polizia del Ministero Pubblico). "I poliziotti fanno spesso quello che molti cittadini avrebbero voglia di fare. Bahia guida la classifica dei linciaggi nel paese", ha detto, che ha appena concluso un master su violenza e sistema giudiziario.

 

"Chi è il signor Jurandy? Un signor nessuno. Io non vivo a Pituba o alla Barra, io vivo a Santa Monica. A chi puo' importare?", rilancia il padre di Geovane, citando i quartieri ricchi di Salvador e il suo. Comunque sia, Jurandy e la madre di Davi Fiuza sono già un simbolo degli "Amarildo" di Bahia.

 

"Ci sono tanti casi in cui non si ritrovano i figli. Immaginatevi di vivere con il dolore di un figlio scomparso. Io almeno ho sepolto il mio. Voglio dire, ho sepolto alcune parti di lui, ma perlomeno l'ho sepolto. Quel dolore l'ho tolto dal mio cuore".

 

08.12.14

Brasile: chi sono i nuovi desaparecidos

Trent'anni dopo la riconquista della democrazia, una serie infinita di "sparizioni" nelle periferie, con l'evidente coinvolgimento della polizia, invita a domandarsi: ma è davvero finita la dittatura?

di Vladimir PlatonowAgência Brasil, articolo ripreso dal sito Outras Palavras

Cinque madri e un padre di giovani "desaparecidos" o assassinati a Bahía negli ultimi anni, hanno riferito, giovedi scorso (04/12), ad Amnesty International, a Rio de Janeiro, dei drammi da loro vissuti. Hanno chiesto aiuto per risolvere i casi che, dicono, non hanno ricevuto la dovuta attenzione da parte del governo di Bahia.In tutti i casi, i giovani sono neri e di famiglie povere. Per la maggior parte dei casi, ci sono denuncie da parte di testimoni oculari che indicano il coinvolgimento della polizia o delle milizie (ndt. gruppi di sterminio, squadroni della morte). In quasi tutti i casi, le indagini sono state inconcludenti, non hanno identificato gli autori e non hanno trovato i giovani, per la disperazione dei genitori che a ad oggi non sanno ancora se i loro figli sono vivi o morti.

Il dramma più recente è quello di Ruth Silva, madre di Davi Fiuza, 16 anni di età. Ruth ha riferito che suo figlio è stato sequestrato mentre stava osservando un'operazione di polizia il 24 ottobre di quest'anno. "Alle 07:30 c'è stata una operazione di polizia nel quartiere di Vila Verde e mio figlio, curioso come tutti i ragazzini, si era fermato a guardare. Improvvisamente, è stato incappucciato, legato mani e piedi ed infilato in una macchina.

 

Secondo i testimoni, intorno c'erano molte auto della polizia. Da allora, ho tentato tutte le vie legali e giuridiche, sono andata all'Istituto Medico Legale, in tutti quei luoghi che vengono utilizzati per l'occultazione di cadaveri, ma niente", ha raccontato.

 

Il caso di Davi Fiuza ha motivato Amnesty International a denunciare la situazione alle Nazioni Unite (ONU), così come quella di altri giovani, fino ad oggi desaparecidos, alla Commissione Inter-Americana dei Diritti Umani dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA).

Nel video, manifestazione realizzata in occasione della "Conferência Internacional sobre Políticas Afirmativas para a Promoção da Igualdade Racial" alla presenza della ministra Luiza Bairros, della Secretaria de Políticas de Promoção da Igualdade Racial da Presidência da República (Seppir/PR). L'azione è stata promossa dalla Campagna REAJA ou será morta, ou será morto e Mães de adolescente e jovens desaparecidos.

Ruth Fiúza, mãe de Davi Fiúza, que desapareceu há cerca de um mês (Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)

Ruth Fiúza, madre di Davi Fiúza, desaparecido da circa un mese

(Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)

Un altro Davi, Alves di cognome, ha avuto un destino simile. Figlio della venditrice ambulante Iracema Barreiros Alves, è stato sequestrato dalla polizia, a 17 anni, il 6 dicembre 2013, a Salvador. Alves era, secondo la madre, in compagnia di due altri minorenni, in una macchina senza che il conducente avesse la patente. Venne poi rilasciato, ma non è mai più stato rivisto.

 

"Davi venne portato alla stazione di polizia e quindi al carcere minorile. Mi telefonarono per dirmi di andare a riprendere mio figlio, ma quando arrivai mi dissero che stava già tornando a casa, solo che non è mai arrivato. Tornai al carcere minorile e mi dissero che era stato rilasciato nelle mani del padre di un altro minorenne. Come possono aver rilasciato mio figlio a qualcun altro? ", si chiede Iracema.

#CadeDaviFiuza?
Iracema Barreiros Alves, mãe de Davi Barreiros Alves, desaparecido (Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)
Antônio Borges pai de Jackson Antonio Souza de Carvalho, morto em Itacaré (Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)

Il figlio di Antonio Carlos Borges de Carvalho, Jackson Antonio, è stato ucciso il 23 giugno 2013, a Itacaré, città balneare a 150 km a sud di Salvador, e fino ad oggi non se ne conosce il motivo.

 

"Mio figlio è stato brutalmente assassinato a 15 anni. Era judoka fin dall'età di 7 ani, faceva surf e frequentava il primo anno del corso tecnico per guida turistica . Sono stato io a ritrovare il suo corpo, sepolto in una buca, a testa in giù, con le gambe tagliate all'altezza del ginocchio ed il foro di un proiettile alla testa. Fino ad oggi, non ho avuto accesso alle indagini. Il delegato di polizia ha secretato l'indagine", ha detto Carvalho.

Cleonice Oliveira, madre di Jean Carlos Oliveira da Silva, 20 anni, racconta che suo figlio è stato sequestrato insieme ad altri due giovani, i fratelli Luis Ricardo, di 20 anni, e Sergio Luis Nascimento, di 28, il 16 maggio 2013 dopo che la casa era stata invasa dal COE (Companhia de Operações Especiais) della Polizia militare.

 

"Sono stati ammanettati e incappucciati, all'alba, nella casa dove vivevano, e collocati in alcune auto. Da un anno e sette mesi non abbiamo più nessuna notizia. Non esiste alcuna indagine in corso. Vogliamo sapere dove sono. È quello che ci ha spinto a venire qui."

Anche l'insegnante Lucimoura Santos, madre di Sergio Luis e Luis Ricardo, è ancora in attesa di notizie dei figli: "Li hanno portati via e fino ad oggi non ho informazioni sulla loro destinazione. Ma ancora abbiamo la speranza che siano vivi."

 

Ana Lucia Conceição da Silva, madre di Mateus Silva Souza, di 19 anni, è un'altra che non ha più rivisto il figlio.

"Mateus uscì di casa dicendo che andava in un Internet café, il 10 maggio 2012. Non ne ho mai più avuto notizia. Ho saputo che mio figlio è stato preso dalla polizia e torturato nel quartiere Itaigara a Salvador. Era con due ragazzi, che corsero via quando videro arrivare la polizia. Lui non scappò ed anzi si fermò, per giustificarsi. Allora gli hanno sparato ad una gamba e poi lo hanno gettato nel bagagliaio della loro vettura. Fino ad oggi , non so cosa sia successo dopo. Sono spariti con mio figlio."

Cleonice Oliveira, mãe de Jean Carlos Oliveira da Silva, e Lucy Moura Santos, mãe de Luiz Ricardo Santos Nascimento e Sérgio Luiz Santos Nascimento, todos sequestrados em Canabrava (Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)
Ana Lúcia Conceição, mãe de Matheus Silva Souza, desaparecido aos 16 anos (Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)
Hamilton Borges

Hamilton Borges, militante dell'organizzazione "Quilombo X Ação Comunitária" e della campagna "Reaja", ha spiegato che l'obiettivo delle organizzazioni è di combattere i gruppi di sterminio, la brutalità della polizia e la corrente logica di sicurezza pubblica dello stato. "A Bahia essere nero, giovane e povero è una condanna a morte. I fermi di polizia sono letali. Nelle famiglie si esorta a non uscire di casa.. Viviamo in una grande prigione, dove ci sono tortura, morti e sparizioni che in realtà sono sequestri", ha detto Hamilton.

Egli ha affermato che il governo di Bahia non ha creato alcun meccanismo per combattere gli squadroni della morte o la brutalità della polizia, il che ha portato la polizia baiana ad essere la terza che più uccide nel paese, in numeri assoluti. Inoltre, ha detto Hamilton, c'è una evidente componente razziale nei fermi di polizia.

"Se la polizia trova un ragazzo bianco, di classe medio-alta, che sta fumando marijuana, lo prende e lo porta a casa dai genitori, dicendo che stava commettendo un errore. Se un ragazzo di colore sta solo indossando un cappellino, oppure ha un tatuaggio, lo uccidono e lo fanno scomparire."

Amnesty International denuncerà alle Nazioni Unite la morte e la scomparsa di giovani neri a Bahia; l'organizzazione è stata contattata giovedì scorso da un gruppo di genitori i cui i figli sono stati uccisi o sequestrati con il coinvolgimento della polizia.

Il responsabile per i diritti umani di Amnesty International Brasil, Alexandre Ciconello, ha ascoltato la relazione di cinque madri e un padre di questi giovani, che sono ancora in attesa di risposte da parte dello stato.

"Continuiamo a vedere giovani neri assassinati, sequestrati o fatti scomparire, e nessuna forma di giustizia per i familiari. Come nel caso del giovane David Fiuza, di 16 anni, scomparso da 40 giorni dopo un fermo di polizia, per il quale ci sono testimonianze che è stato sequestrato dopo essere stato legato e collocato in una macchina. Altre madri qui presenti hanno avuto i loro figli uccisi o scomparsi, senza che lo stato desse loro alcun tipo di risposta effettiva", ha detto Ciconello.

 

Il caso di Davi sarà portato alle Nazioni Unite ed altri casi di "desaparecidos" all'OEA (Organizzazione degli Stati Americani).

"Per il caso di Davi, un gruppo di lavoro sui desaparecidos delle Nazioni Unite ci ha contattato invitandoci a presentare formalmente questo caso al Comitato. Stiamo parlando con la madre di Davi e porteremo questo caso al gruppo di lavoro dell'ONU ed eventualmente alla Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani [OEA]".

Ciconello ha detto il governo dello Stato di Bahia incontra grandi difficoltà nel dare una risposta sull'argomento. "Questi non sono casi isolati, ma tanto la Segreteria di Sicurezza Pubblica quanto la stessa corporazione (polizia militare) fanno molte difficoltà nell'agire in questi casi, soprattutto quando ci sono dei poliziotti coinvolti. Abbiamo molti rapporti su gruppi di sterminio (squadroni della morte). I meccanismi di controllo sulle attività della polizia a Bahia sono molto fragili. La commissione affari interni della polizia militare ha archiviato il caso di Davi, malgrado le testimonianze del suo fermo da parte di poliziotti militari. E' necessario che avvengano cambiamenti strutturali nelle due forze di polizia (civile e militare)."

Amnesty International Brasil ha appena lanciato una campagna mondiale sul caso di Davi. "Quello che cerchiamo di fare, come nel caso di Amarildo, è di costringere i governi a dare delle risposte, mobilitare le persone e fare pressione affinché finalmente vengano svolte indagini serie ed approfondite. Abbiamo appena lanciato una "Azione Urgente", che è uno strumento con il quale Amnesty mobilita attivisti in vari paesi perché agiscano presso le ambasciate ed inviino lettere e messaggi al governo di Bahia, per sollecitare le indagini. Ufficialmente, dicono che indagheranno, ma non prendono alcuna misura efficace e nulla fanno per mettere fine a questo modus operandi della polizia. Come non bastasse, sono le vittime e le loro famiglie ad essere colpevolizzate."

Firma l'appello di Amnesty a questo link

Firma l'appello di Amnesty
Firma l'appello di Amnesty
bottom of page