22.05.15
Gli "Amarildo" (i desaparecidos) di Bahia
di Flávia Marreiro, pubblicato su El Pais il 18 maggio 2015
La negoziante Rute Silva si dice impotente. Quasi sette mesi dopo che suo figlio, Davi Fiuza è sparito in una mattina dello scorso ottobre a Salvador da Bahia, dice di avere poche speranze, una "lucina molto debole, là in fondo", che il caso sia, almeno, chiarito e i colpevoli, giudicati. Lei non crede che sia vivo. "Non potrebbe stare neanche un giorno senza chiamare casa, me e le sue sorelle", dice.
Secondo i testimoni ascoltati da Rute, il giovane, 16 anni appena compiuti, è stato incappucciato da poliziotti e portato via in una macchina della Rondesp (un battaglione speciale della polizia militare di Bahia), che stava operando nella zona vicino all'aeroporto di Salvador. "È uscito di mattina, e lui di solito non si alzava presto. Ma quel giorno maledetto, sì. Non l'ho più visto."
Quello che poi è seguito è stata una grande mobilitazione pubblica per il ragazzo: proteste nel quartiere, azioni sostenute da Amnesty International, t-shirt con il suo volto. "Dov'è Davi Fiuza" ripeteva la
formula utilizzata nel caso di Amarildo de Souza, aiutante muratore scomparso nel 2013, mentre veniva portato in una unità di polizia della favela Rocinha a Rio de Janeiro. La pressione contribuì a rivelare in seguito che Amarildo era stato rapito, torturato, ucciso e il suo corpo fatto sparire dai poliziotti militari. Nel caso di Davi Fiuza, la Polizia Civile non ha ancora concluso l'inchiesta sulla scomparsa.
Quello che poi è seguito è stata una grande mobilitazione pubblica per il ragazzo: proteste nel quartiere, azioni sostenute da Amnesty International, t-shirt con il suo volto. "Dov'è Davi Fiuza" ripeteva la formula utilizzata nel caso di Amarildo de Souza, aiutante muratore scomparso nel 2013, mentre veniva portato in una unità di polizia della favela Rocinha a Rio de Janeiro. La pressione contribuì a rivelare in seguito che Amarildo era stato rapito, torturato, ucciso e il suo corpo fatto sparire dai poliziotti militari. Nel caso di Davi Fiuza, la Polizia Civile non ha ancora concluso l'inchiesta sulla scomparsa.
Quando, la scorsa settimana, il Ministero Pubblico di Bahia ha denunciato nove agenti della polizia militare accusati di aver giustiziato sommariamente 12 giovani a Vila Mosè, a Cabula, Salvador, la madre di Davi Fiuza ha detto di aver avuto una qualche speranza. "Questo mi ha fatto sperare nel Ministero Pubblico. Il caso di Davi ha avuto molta ripercussione qui e all'estero. Sono stata nella sede di Amnesty a Rio. Ho fatto tutto quello che potevo".
Settimane prima, aveva accompagnato anche un'altra denuncia della Procura dello Stato contro 11 poliziotti per l'omicidio e la tortura di Geovani Mascarenhas, di 22 anni. Il caso, con i suoi dettagli di crudeltà, aveva accresciuto lo storico "problematico" della Rondesp, coinvolta anche nel massacro di Cabula e accusata, dai testimoni, della scomparsa di Davi Fiuza. Hamilton Borges, della campanha Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta, ha detto che sta seguendo i casi di almeno otto famiglie con storie di sparizioni simili.
La Segreteria della Sicurezza Pubblica di Bahia ha dichiarato che, davanti a questi fatti, starebbe studiando una revisione delle procedure della Rondesp, che si ispira alla famigerata e violenta ROTA, truppa speciale della polizia militare di São Paulo. La polizia militare bahiana vanta il triste primato di terza polizia che più uccide nel paese, secondo i dati dell'Annuario di Sicurezza Pubblica.
Il video che ha cambiato il caso Geovane
"Se non fosse stato per quel video, sarebbe stata la mia parola contro la loro. Sarebbe stato un altro Davi Fiuza. Dov'è il ragazzo?", Ha detto il padre di Geovane, il commerciante Jurandy Silva, al quotidiano Correio da Bahia, il mese scorso.
Jurandy probabilmente ha ragione. Suo figlio sarebbe entrato nell'opaca statistica dei desaparecidos, se le sue ultime immagini da vivo non fossero state registrate in un video: il giovane ventiduenne sottoposto ad una violenta perquisizione della polizia a Salvador, Bahia, e subito dopo caricato su una vettura della Rondesp.
Il video, ottenuto dallo stesso Jurandy, ha dato inizio alle indagini della Procura di Bahia che ha portato alla denuncia di 11 agenti di polizia per l'omicidio, avvenuto lo scorso anno.
La descrizione di ciò che è accaduto a Geovane, secondo quanto appurato dal Ministero Pubblico è scioccante. Dopo la perquisizione, il ragazzo venne portato per un confronto con la vittima di un furto. Lei non lo riconobbe, ma Geovane non venne rilasciato. In una sede della Rondesp, venne torturato: testa, mani e genitali tagliati. Al fine di cancellare le tracce del brutale delitto, la polizia tentò di rimuovere i tatuaggi che aveva. In precedenza, avevano già spento i dispositivi GPS delle vetture.
La procuratrice del caso Geovane, Isabel Adelaide Moura, dice di non poter parlare, perché l'indagine in corso è secretata, ma ha commentato gli episodi di brutalità della polizia in generale. "La polizia non è un corpo separato dalla società. Fa parte della società", ha detto la Moura, già coordinatrice del Grupo de Atuação Especial para o Controle Externo da Atividade Policial no Ministério Público (Gruppo d'azione speciale per il controllo esterno dell'attività della Polizia del Ministero Pubblico). "I poliziotti fanno spesso quello che molti cittadini avrebbero voglia di fare. Bahia guida la classifica dei linciaggi nel paese", ha detto, che ha appena concluso un master su violenza e sistema giudiziario.
"Chi è il signor Jurandy? Un signor nessuno. Io non vivo a Pituba o alla Barra, io vivo a Santa Monica. A chi puo' importare?", rilancia il padre di Geovane, citando i quartieri ricchi di Salvador e il suo. Comunque sia, Jurandy e la madre di Davi Fiuza sono già un simbolo degli "Amarildo" di Bahia.
"Ci sono tanti casi in cui non si ritrovano i figli. Immaginatevi di vivere con il dolore di un figlio scomparso. Io almeno ho sepolto il mio. Voglio dire, ho sepolto alcune parti di lui, ma perlomeno l'ho sepolto. Quel dolore l'ho tolto dal mio cuore".
08.12.14
Brasile: chi sono i nuovi desaparecidos
Trent'anni dopo la riconquista della democrazia, una serie infinita di "sparizioni" nelle periferie, con l'evidente coinvolgimento della polizia, invita a domandarsi: ma è davvero finita la dittatura?
di Vladimir Platonow, Agência Brasil, articolo ripreso dal sito Outras Palavras
Cinque madri e un padre di giovani "desaparecidos" o assassinati a Bahía negli ultimi anni, hanno riferito, giovedi scorso (04/12), ad Amnesty International, a Rio de Janeiro, dei drammi da loro vissuti. Hanno chiesto aiuto per risolvere i casi che, dicono, non hanno ricevuto la dovuta attenzione da parte del governo di Bahia.In tutti i casi, i giovani sono neri e di famiglie povere. Per la maggior parte dei casi, ci sono denuncie da parte di testimoni oculari che indicano il coinvolgimento della polizia o delle milizie (ndt. gruppi di sterminio, squadroni della morte). In quasi tutti i casi, le indagini sono state inconcludenti, non hanno identificato gli autori e non hanno trovato i giovani, per la disperazione dei genitori che a ad oggi non sanno ancora se i loro figli sono vivi o morti.
Il dramma più recente è quello di Ruth Silva, madre di Davi Fiuza, 16 anni di età. Ruth ha riferito che suo figlio è stato sequestrato mentre stava osservando un'operazione di polizia il 24 ottobre di quest'anno. "Alle 07:30 c'è stata una operazione di polizia nel quartiere di Vila Verde e mio figlio, curioso come tutti i ragazzini, si era fermato a guardare. Improvvisamente, è stato incappucciato, legato mani e piedi ed infilato in una macchina.
Secondo i testimoni, intorno c'erano molte auto della polizia. Da allora, ho tentato tutte le vie legali e giuridiche, sono andata all'Istituto Medico Legale, in tutti quei luoghi che vengono utilizzati per l'occultazione di cadaveri, ma niente", ha raccontato.
Il caso di Davi Fiuza ha motivato Amnesty International a denunciare la situazione alle Nazioni Unite (ONU), così come quella di altri giovani, fino ad oggi desaparecidos, alla Commissione Inter-Americana dei Diritti Umani dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA).
Nel video, manifestazione realizzata in occasione della "Conferência Internacional sobre Políticas Afirmativas para a Promoção da Igualdade Racial" alla presenza della ministra Luiza Bairros, della Secretaria de Políticas de Promoção da Igualdade Racial da Presidência da República (Seppir/PR). L'azione è stata promossa dalla Campagna REAJA ou será morta, ou será morto e Mães de adolescente e jovens desaparecidos.
Ruth Fiúza, madre di Davi Fiúza, desaparecido da circa un mese
(Foto: Fernando Frazão/Agência Brasil)
Un altro Davi, Alves di cognome, ha avuto un destino simile. Figlio della venditrice ambulante Iracema Barreiros Alves, è stato sequestrato dalla polizia, a 17 anni, il 6 dicembre 2013, a Salvador. Alves era, secondo la madre, in compagnia di due altri minorenni, in una macchina senza che il conducente avesse la patente. Venne poi rilasciato, ma non è mai più stato rivisto.
"Davi venne portato alla stazione di polizia e quindi al carcere minorile. Mi telefonarono per dirmi di andare a riprendere mio figlio, ma quando arrivai mi dissero che stava già tornando a casa, solo che non è mai arrivato. Tornai al carcere minorile e mi dissero che era stato rilasciato nelle mani del padre di un altro minorenne. Come possono aver rilasciato mio figlio a qualcun altro? ", si chiede Iracema.
Il figlio di Antonio Carlos Borges de Carvalho, Jackson Antonio, è stato ucciso il 23 giugno 2013, a Itacaré, città balneare a 150 km a sud di Salvador, e fino ad oggi non se ne conosce il motivo.
"Mio figlio è stato brutalmente assassinato a 15 anni. Era judoka fin dall'età di 7 ani, faceva surf e frequentava il primo anno del corso tecnico per guida turistica . Sono stato io a ritrovare il suo corpo, sepolto in una buca, a testa in giù, con le gambe tagliate all'altezza del ginocchio ed il foro di un proiettile alla testa. Fino ad oggi, non ho avuto accesso alle indagini. Il delegato di polizia ha secretato l'indagine", ha detto Carvalho.
Cleonice Oliveira, madre di Jean Carlos Oliveira da Silva, 20 anni, racconta che suo figlio è stato sequestrato insieme ad altri due giovani, i fratelli Luis Ricardo, di 20 anni, e Sergio Luis Nascimento, di 28, il 16 maggio 2013 dopo che la casa era stata invasa dal COE (Companhia de Operações Especiais) della Polizia militare.
"Sono stati ammanettati e incappucciati, all'alba, nella casa dove vivevano, e collocati in alcune auto. Da un anno e sette mesi non abbiamo più nessuna notizia. Non esiste alcuna indagine in corso. Vogliamo sapere dove sono. È quello che ci ha spinto a venire qui."
Anche l'insegnante Lucimoura Santos, madre di Sergio Luis e Luis Ricardo, è ancora in attesa di notizie dei figli: "Li hanno portati via e fino ad oggi non ho informazioni sulla loro destinazione. Ma ancora abbiamo la speranza che siano vivi."
Ana Lucia Conceição da Silva, madre di Mateus Silva Souza, di 19 anni, è un'altra che non ha più rivisto il figlio.
"Mateus uscì di casa dicendo che andava in un Internet café, il 10 maggio 2012. Non ne ho mai più avuto notizia. Ho saputo che mio figlio è stato preso dalla polizia e torturato nel quartiere Itaigara a Salvador. Era con due ragazzi, che corsero via quando videro arrivare la polizia. Lui non scappò ed anzi si fermò, per giustificarsi. Allora gli hanno sparato ad una gamba e poi lo hanno gettato nel bagagliaio della loro vettura. Fino ad oggi , non so cosa sia successo dopo. Sono spariti con mio figlio."
Hamilton Borges, militante dell'organizzazione "Quilombo X Ação Comunitária" e della campagna "Reaja", ha spiegato che l'obiettivo delle organizzazioni è di combattere i gruppi di sterminio, la brutalità della polizia e la corrente logica di sicurezza pubblica dello stato. "A Bahia essere nero, giovane e povero è una condanna a morte. I fermi di polizia sono letali. Nelle famiglie si esorta a non uscire di casa.. Viviamo in una grande prigione, dove ci sono tortura, morti e sparizioni che in realtà sono sequestri", ha detto Hamilton.
Egli ha affermato che il governo di Bahia non ha creato alcun meccanismo per combattere gli squadroni della morte o la brutalità della polizia, il che ha portato la polizia baiana ad essere la terza che più uccide nel paese, in numeri assoluti. Inoltre, ha detto Hamilton, c'è una evidente componente razziale nei fermi di polizia.
"Se la polizia trova un ragazzo bianco, di classe medio-alta, che sta fumando marijuana, lo prende e lo porta a casa dai genitori, dicendo che stava commettendo un errore. Se un ragazzo di colore sta solo indossando un cappellino, oppure ha un tatuaggio, lo uccidono e lo fanno scomparire."
Amnesty International denuncerà alle Nazioni Unite la morte e la scomparsa di giovani neri a Bahia; l'organizzazione è stata contattata giovedì scorso da un gruppo di genitori i cui i figli sono stati uccisi o sequestrati con il coinvolgimento della polizia.
Il responsabile per i diritti umani di Amnesty International Brasil, Alexandre Ciconello, ha ascoltato la relazione di cinque madri e un padre di questi giovani, che sono ancora in attesa di risposte da parte dello stato.
"Continuiamo a vedere giovani neri assassinati, sequestrati o fatti scomparire, e nessuna forma di giustizia per i familiari. Come nel caso del giovane David Fiuza, di 16 anni, scomparso da 40 giorni dopo un fermo di polizia, per il quale ci sono testimonianze che è stato sequestrato dopo essere stato legato e collocato in una macchina. Altre madri qui presenti hanno avuto i loro figli uccisi o scomparsi, senza che lo stato desse loro alcun tipo di risposta effettiva", ha detto Ciconello.
Il caso di Davi sarà portato alle Nazioni Unite ed altri casi di "desaparecidos" all'OEA (Organizzazione degli Stati Americani).
"Per il caso di Davi, un gruppo di lavoro sui desaparecidos delle Nazioni Unite ci ha contattato invitandoci a presentare formalmente questo caso al Comitato. Stiamo parlando con la madre di Davi e porteremo questo caso al gruppo di lavoro dell'ONU ed eventualmente alla Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani [OEA]".
Ciconello ha detto il governo dello Stato di Bahia incontra grandi difficoltà nel dare una risposta sull'argomento. "Questi non sono casi isolati, ma tanto la Segreteria di Sicurezza Pubblica quanto la stessa corporazione (polizia militare) fanno molte difficoltà nell'agire in questi casi, soprattutto quando ci sono dei poliziotti coinvolti. Abbiamo molti rapporti su gruppi di sterminio (squadroni della morte). I meccanismi di controllo sulle attività della polizia a Bahia sono molto fragili. La commissione affari interni della polizia militare ha archiviato il caso di Davi, malgrado le testimonianze del suo fermo da parte di poliziotti militari. E' necessario che avvengano cambiamenti strutturali nelle due forze di polizia (civile e militare)."
Amnesty International Brasil ha appena lanciato una campagna mondiale sul caso di Davi. "Quello che cerchiamo di fare, come nel caso di Amarildo, è di costringere i governi a dare delle risposte, mobilitare le persone e fare pressione affinché finalmente vengano svolte indagini serie ed approfondite. Abbiamo appena lanciato una "Azione Urgente", che è uno strumento con il quale Amnesty mobilita attivisti in vari paesi perché agiscano presso le ambasciate ed inviino lettere e messaggi al governo di Bahia, per sollecitare le indagini. Ufficialmente, dicono che indagheranno, ma non prendono alcuna misura efficace e nulla fanno per mettere fine a questo modus operandi della polizia. Come non bastasse, sono le vittime e le loro famiglie ad essere colpevolizzate."
Firma l'appello di Amnesty a questo link
SULLO STESSO ARGOMENTO:
-612! Lo sterminio dei giovani neri e poveri delle periferie
Un articolo sul "genocidio brasiliano" di Guilherme Boulos, coordinatore del MTST (Movimento dei Lavoratori Senza Tetto).
il Brasile è uno stato genocida? Tutti i dati e le analisi sui 56.000 assassinati ogni anno, sui "desaparecidos", sulla pratica abituale della tortura e sulla brutalità della polizia sembrano indicare chiaramente di si. Il profilo delle vittime è sempre lo stesso, dal 1822, data di nascita dello stato brasiliano, ad oggi: sono giovani, neri o meticci, poveri ed abitanti delle favelas e delle periferie.
In studio, nella trasmissione Brasilianas.Org, condotta da Luis Nassif, ne hanno discusso Flávio Gomes, giurista e Deborah Maria da Silva, fondatrice e coordinatrice del Movimento Mães de Maio (Madri di Maggio).