top of page
"Abbasso la Cultura dello Stupro" Manifestazione a San Paolo

07.11.15

Brasile: la cultura dello stupro

di Clelia Pinto per il Resto del Carlinho Utopia

La cultura dello stupro (vignetta di Vitor Teixeira)

Nei giorni scorsi i social network brasiliani hanno offerto un’immagine del paese palesemente plasmata dalla “cultura dello stupro”.

 

La causa scatenante è stata la reazione di molti spettatori alla presenza in tv di una ragazzina di dodici anni, Valentina, concorrente di Master Chef Junior, che ha suscitato numerosi commenti su Twitter legati non al gioco cui la ragazzina partecipa ma alla sua sessualità, solo alcuni esempi:

“Se lei è consenziente, è pedofilia?” o “A quattordici anni sarà una segretaria porno”, oppure “La colpa non è dei pedofili ma di queste ragazzine bone”.

 

Sembra un esito drammaticamente ovvio se si pensa che in Brasile, paese con uno scarso livello medio di istruzione e con fortissimi squilibri sociali, il maschilismo e la violenza fanno parte dei rudimenti della crescita di buona parte della popolazione.

L’altro aspetto della vicenda è costituito dal fatto che, questa volta grazie alla rete, prima piazza di insulti e battute ripugnanti, una marea di donne si è mobilitata, con il racconto del primo assedio sessuale subìto, sotto l’hashtag #primeiroassedio (primo assedio) lanciato dal collettivo femminista Think Olga

 

L’età media in cui si è verificato qualche tipo di abuso, secondo i rilievi legati alla mobilitazione (cui hanno partecipato circa 80.000 donne solo fino a domenica scorsa) è 9,7 anni. Impressionante lo scarto tra le denunce (50.000 circa) e le violenze stimate dall’Istituto di Ricerca Economica Applicata (500.000 vittime d’abuso ogni anno nel paese). Il 70% è rappresentato da bambini e adolescenti, di cui il 51% minori di 13 anni. Sono tante, in Brasile come altrove, le vittime d’abuso che ricordano il loro senso di colpa, in un ribaltamento frequente e ingiusto per cui si sente di “aver sbagliato a trovarsi lì”. “Lì” dov’era più ovvio trovarsi, visto che le parole ricorrenti nei racconti twittati sono tristemente note: “casa”, “scuola”, “padre”.

Valentina, 12 anni, partecipante del programma MasterCheff Jr.

Quando una ragazzina di 12 anni nel MasterChef Jr sveglia il desiderio di un uomo adulto dobbiamo parlare di cultura dello stupro

di Carol Patrocinio, pubblicato su HuffPost Brasil il 21.10.15- traduzione di Clelia Pinto

 

Valentina ha 12 anni, ha un corpo da ragazzina di 12 anni. È bionda, bianca, a agisce come una ragazzina di dodici anni. Valentina è stata scelta per partecipare a Master Chef Junior con altri bambini, ragazzini e ragazzine. Quel che la separa dagli altri, per ora, non è il suo talento in cucina, ma la cultura dello stupro che permette a uomini adulti che parlano di come potrebbero stuprarla.

 

(È bene avvisare che anche se la descrizione di Valentina fosse un’altra, tutto quel che vedremo in seguito sarebbe comunque sbagliato e orribile)

 

Chiariamo subito una cosa: qualsiasi tipo di relazione di natura sessuale con un bambino è stupro. Un bambino non può mai avere una relazione sessuale consensuale perché è un bambino e non può prendere questo tipo di decisione. Per legge. Diamo il nome giusto alle cose. Non stiamo parlando di pedofilia, che è una malattia che può essere trattata prima che la persona commetta qualsiasi crimine - che sia il consumo di pornografia infantile o lo stupro. Nessuno di questi uomini che ha commentato su Master Chef è malato, ritengono solo di avere diritto di dire assurdità perché guardandola vedono non una bambina ma una donna.

 

È chiaro che stiamo battendo su questo tasto da tempo. Quando “ragazzina” si rivelò essere il termine più ricercato nei siti porno molti dissero che era solo un sinonimo di ninfetta, tentando di minimizzare la cosa senza nemmeno accorgersi che stava applaudendo a un crimine.

Ninfetta

Sostantivo femminile

Ragazzina adolescente votata al sesso

o che accende desiderio sessuale

Ma il problema non risiede solo nella pornografia. Ragazzine di volta in volta più giovani rappresentano donne adulte in campagne pubblicitarie iper-sessualizzate. Donne ricorrono alla chirurgia per ringiovanire la vulva e lasciarla con apparenza virginale. Donne adulte vengono trattate con infantilismi - quante volte hai chiamato donne le donne e non ragazze? E l’idea che, poiché una ragazzina si traveste da donna, possa essere trattata da tale si diffonde sempre più. E questo è di una cattiveria infinita.

La nostra società sta creando, giorno dopo giorno, una maniera di aumentare la vulnerabilità femminile. E quella del sesso è la più rapida. Ragazzine vengono incentivate ad avere relazioni con uomini più vecchi perché sono molto mature per la loro età. Le donne rimangono incinta, quindi si ritiene la responsabilità del bambino sia solo loro. L’aborto è proibito - anche se si pratica in cifre allarmanti, in ogni classe sociali e regione del paese.  Madri adolescenti abbandonano la scuola, non vanno all’università e si accontentano di sub-impieghi per sostenere i loro figli. Inoltre, queste donne, che sono state vittime della cultura dello stupro, sono considerate delle poco di buono. Il mito che le ragazzine maturino prima dei ragazzini, per cui devono relazionarsi con uomini più vecchi è forse il più antico e che più crea nell’immaginario maschile la sensazione di impunità nel postare questo genere di cose scritte su Valentina, per esempio.

 

È importante chiarire che le ragazzine maturano prima dei ragazzini non per una questione biologica ma perché si danno loro delle responsabilità prima. Sono loro ad aver cura della casa, dei fratelli minori, del cibo, che vanno a fare la spesa e sostituiscono la madre. In alcune culture, ragazzine di dodici anni vengono costrette a lasciare la scuola per aver cura della casa, mentre i ragazzini hanno un’infanzia normale. Tutti questi obblighi e responsabilità, insieme all’attenzione che le ragazzine imparano ad avere molto presto per avere a che fare con gli uomini adulti, le rendono più mature. È una costruzione sociale.

 

Mentre le ragazzine sono avviate a una maturità precoce, i ragazzini e gli uomini sono perdonati per tutti i loro errori in quanto solo “ragazzi”, indipendentemente dalla loro età - chiariamo anche che questo succede con più forza in relazione a uomini bianchi e di una certa posizione socio-economica, agli uomini e ragazzini neri rimane solo la sfiducia e le teorie che avallano i loro errori come biologici.

 

Aggiungi a questa cultura l’idea che tutte le donne sono delle puttane. Tutte quelle che non rientrano nello standard preteso da quell’uomo, visto che non c’è consenso su come dovrebbe essere il comportamento femminile di una non-puttana. Quando la donna è bella, allora il problema è maggiore: è considerata stupida, diventa un oggetto, viene stereotipata e si vede togliere la possibilità di dire no a qualsivoglia assedio, pena l'essere etichettata per "una che se la crede". E non importa quel che una donna fa: basta che risvegli il desiderio di un uomo e diventa subito una poco di buono.

“Se lei è consenziente, è pedofilia?”

“A proposito di questa Valentina:

se lei è consenziente, è pedofilia?

Il desiderio è responsabilità di chi lo sente e non di chi lo suscita. Quando un adulto sente desiderio verso un bambino è lui i il responsabile di andar contro una norma sociale che protegge l’infanzia, l’integrità e il corpo di un incapace (secondo la legge).

Però è molto semplice invertire questo ragionamento dicendo che una ragazzina ha già in sé la sessualità di una donna, che usa vestiti provocanti e che richiama l’attenzione maschile. 

Con quest’idea l’uomo diventa vittima di una “rovina famiglie” che ancora gioca con le bambole, nonostante abbia sì, una sessualità, anche se molto diversa da quella di una donna adulta.

 

È importante parlare della cultura dello stupro. Essa si muove tra le righe di tanti discorsi. Cammina di lato all’idea che gli uomini non riescano a contenere i loro istinti. È totalmente legata al falso consenso che potrebbe dare un bambino. È rafforzata dall’infantilizzazione delle donne adulte. L’impunità è la sua migliore amica e la colpevolizzazione della vittima la sua principale arma.

I bambini, che abbiano abilità da adulti (come cucinare), corpo sviluppato, che usino vestiti provocanti o siano maturi, sono soltanto bambini. E qualsiasi intenzione non fraterna a loro diretta è crimine. La colpa non è loro. Cosa dovrebbe fare Valentina? Abbandonare il sogno di diventare chef? Nascondersi dietro vestiti maschili? Trovare modi d’essere meno attraente? Queste sono uscite che tutte noi donne troviamo per tutta la vita ma non sono le vie d’uscita che vogliamo offrire alle bambine. Meritano un cammino migliore del nostro.

#PrimoAssedio:

la maggior parte dei partecipanti alla campagna ha subito il primo abuso tra i nove e i dieci anni

di Luiza Bandeira, pubblicato su BBC Brasil il 28.10.15 - traduzione di Clelia Pinto

#Primeiro Asedio

 

"Ho sviluppato disordini alimentari perché ritenevo che liberandomi di un corpo sviluppato avrei avuto pace."

 

"Autobus pieno, io in braccio a mia madre (cieca). Un uomo si tira giù la zip e mi mostra i genitali. Avevo otto anni."

 

"La cosa peggiore del primo assedio è che la colpa è tua, che hai sbagliato tu a esser lì."

 

"Grigliata con amici di famiglia. Ero in bikini e avevo circa dieci anni. Un tizio mi disse che ero bellina e che già potevo andar bene (a letto)."

 

"Avevo nove anni, ero al centro commerciale con mia nonna e un uomo mi ha sussurrato cose oscene all’orecchio"

 

"Avevo dodici anni, stavo per strada e un vecchio mi ha chiamato “bona”. Non avevo ancora il seno."

 

"Tredici anni, aperitivo in spiaggia con i nonni. Sono stata svegliata da un amico di famiglia. Era ubriaco e nudo."

 

"A 11 anni stavo andando a danza e un uomo mi ha toccato il culo."

 

"13 anni, per strada, andando verso il supermercato, ho sentito da un signore che avevo già un bel seno."

 

"A 11 anni sono stata afferrata da uno dei compagni di scuola più vecchi e la direttrice disse che gli avevo dato motivo di farlo."

 

"A 11 anni stavo in spiaggia da mia zia e dei tizi iniziarono a guardarmi molto, a infastidirmi e a scattare foto al mio culo"

 

"A 14 anni il macellaio mi molestava sempre e mia madre dava la colpa a me"

 

"Il mio primo assedio è stato a 10 anni. Un vecchio mi si appiccicò e mi domandò se là avessi già i peletti. Gli diedi un calcio alla caviglia e scappai via"

 

"Un cugino, quando avevo 8 anni. Riuscì a togliermi le mutandine e a toccarmi. Rimasi chiusa in bagno per un giorno intero"

 

"Avevo 10 anni. Mio zio mi assediò facendomi proposte. Non dissi niente alla famiglia per paura che dessero la colpa a me"

 

"A 11 anni. Stavo uscendo dall'allenamento di nuoto e il portiere mi disse che ero una bella fighetta"

Un rilievo fatto dai creatori dell’hashtag #PrimeiroAssedio (primo assedio) ha mostrato che la maggior parte delle vittime che ha condiviso la sua storia sui social network è stata insidiata la prima volta quando aveva tra i nove e i dieci anni.

 

La campagna è nata su twitter una settimana fa e ha portato migliaia di donne a raccontare la prima volta che hanno subito un abuso sessuale.

 

L’hashtag è stato lanciato da Juliana de Faria,fondatrice del collettivo femminista @Think Olga, creatrice della campagna Chega de fiu fiu (basta coi fischi - di "apprezzamento" delle donne per strada da parta degli uomini), dopo che una bambina di dodici anni che partecipa al programma di cucina Master Chef Junior è stata vittima di commenti sessuali su internet.

 

Secondo il rilievo del Think Olga, l’hashtag è stato usato più di 82.000 volte fino all’ultima domenica. Di questi, sono stati 3.111 tweet in cui le donne hanno dichiarato l’età che avevano quando hanno subito il primo assedio. La media è stata di 9,7 anni.

 

“La campagna #PrimoAssedio ha consolidato la percezione che esiste una sessualità di bambina e che questo è assolutamente normale per la società”, dice Juliana. “Noi riteniamo che la pedofilia sia molto distante, ma non lo è. Dall’hashtag vediamo che è molto più vicina di quel che la gente immagina e che forse è persino endemica, un tratto molto forte di quel che succede nella società” . Juliana afferma che è necessario cercare altri dati su questo argomento, ma dice che la conclusione dei rilievo statistico è preoccupante.

 

"È terribilmente preoccupante pensare che non stia alle donne decidere quando iniziare la propria vita sessuale. Passiamo da un rituale crudele molto prima di essere preparate”, sostiene Juliana, che ha dato inizio alla campagna forte della sua esperienza di vittima d’abuso a 11 anni. 

 

Casa, padre, scuola

Il rilievo di Think Olga ha anche raccolto le parole più citate nei tweet. Ricorrono: “casa” “padre” e “scuola”.

 

Secondo Juliana è risaputo che gran parte degli abusi che si verificano  durante l’infanzia, sono praticati da conoscenti e normalmente in una casa, della stessa vittima o di qualcuno di cui si fida.

 “Gli assedi si verificano in una relazione di confidenza. La gente pensa che criminali maschilisti pedofili siano persone senza volto, mostri che vanno in strada incappucciati, ma no, sono uomini integrati nella società, con famiglia, lavoro, a volte un dottorato. Dobbiamo smetterla di trattarli come pazzi ai margini della società”, dice. L’attivista afferma che, nello stesso tempo in cui questa vicinanza porta delle sfide, c’è un lato buono per indicare che la anche la soluzione è più vicina. “Non stiamo tentando di lottare contro un mostro sconosciuto”.

 

Anche la comparsa della parola “scuola” ha richiamato l’attenzione della creatrice della campagna.

 “Non ho dati brasiliani, ma una ricerca inglese mostra che una ragazzina su tre ha subito un assedio sessuale a scuola. È urgente un’educazione di genere nelle scuole della prima infanzia”.

 

La campagna #PrimeiroAssédio è sorta dopo che la concorrente del programma Master Ched Junior, Valentina, è stata oggetto di numerosi commenti in rete - non sulle sue abilità culinarie ma di carattere sessuale. "A proposito di questa Valentina: se c’è consenso è pedofilia?" diceva uno dei primi tweet sulla bambina di 12 anni.

 

La reazione sui social è venuta con i racconti di abusi sofferti nell’infanzia e nell’adolescenza. Alcune donne hanno raccontato i loro casi, vissuti a sette, sei o anche cinque anni d’età.

Una di loro ha raccontato che mentre giocava con le amiche vide un uomo nascosto dietro a un palo che si masturbava. Un’altra racconta che, a nove anni, ha subito un tentativo di stupro da uno degli impiegati che lavoravano con suo padre.

 

Il Brasile ha 52.000 donne stuprate ogni anno, secondo le denunce registrate. Ma l’Istituto di ricerca economica applicata stima che siano 500.000 le vittime di stupro ogni anno nel paese e che il 70% è rappresentato da bambini e adolescenti, di cui il 51% minori di 13 anni.

bottom of page