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24.05.16

NUOVO TERREMOTO POLITICO IN BRASILE: PER I MEDIA SARÀ GIUNTO IL MOMENTO DI CHIAMARLO GOLPE?

di Glenn Greenwald, pubblicato su The Intercept il 23.05.16

traduzione di Martina Morbidini per il Resto del Carlinho Utopia

Il paese si è svegliato oggi con la notizia delle segrete e scioccanti conversazioni che coinvolgono un importante ministro del governo brasiliano recentemente insediato, che fanno luce sui reali motivi dell'impeachment della presidente democraticamente eletta, Dilma Rousseff.

 

Le trascrizioni sono state pubblicate dal più grande giornale del paese, Folha de São Paulo, e rivelano le conversazioni private che hanno avuto luogo in marzo, poche settimane prima del voto di impeachment alla Camera. Esse mostrano una esplicita cospirazione tra il nuovo ministro della pianificazione, Romero Jucá, e l'ex manager del ramo petrolifero Sergio Machado - entrambi indagati dall'inchiesta Lava Jato, nella misura in cui concordano che rimuovere Dilma è l'unico mezzo attraverso il quale porre fine alle indagini sulla corruzione (ndt. "Lava Jato": "Operazione Autolavaggio". Inchiesta ancora in corso della magistratura brasiliana, una sorta di "tangentopoli" brasiliana, che ha portato alla luce un sistema generalizzato di tangenti versate da almeno un decennio dalle principali imprese di costruzione del paese a responsabili della Petrobras, il colosso petrolifero nazionale a maggioranza statale). I colloqui si occupano anche dell'importante ruolo svolto dalle più potenti istituzioni nazionali nell'impeachment della Rousseff, inclusi leader militari del paese.

 

Manifestazione contro il governo Temer

Le trascrizioni sono piene di dichiarazioni fortemente incriminanti sugli obiettivi reali dell’impeachment e su chi c’è dietro la manovra. Il punto chiave della cospirazione è ciò che Jucà chiama “un patto nazionale”, che coinvolge le più potenti istituzioni del Brasile, per nominare Michel Temer presidente (nonostante i molteplici scandali di corruzione in cui è implicato) e mettere fine alle indagini una volta che Dilma fosse stata allontanata. Secondo la Folha, Jucà dice che l’Impeachment porterebbe alla “fine della pressione della stampa ed altri settori per la continuità delle indagini della Lava Jato”.

 

Non è chiaro chi sia il responsabile dell’ intercettazione e della fuga della registrazione di 75 minuti, ma la Folha ha riportato che al momento sono nelle mani del Procuratore Generale della Repubblica. Jucá è il lider del PMDB, partito del presidente ad interim Michel Temer, e uno dei suoi tre uomini di fiducia. Nuove rivelazioni saranno probabilmente divulgate nei prossimi giorni, chiarendo le implicazioni e il significato di queste trascrizioni.

 

Le trascrizioni contengono due rivelazioni straordinarie che possono portare tutta la stampa a considerare seriamente la possibilità di chiamare “golpe”ciò che è successo nel paese: un termine che Dilma e i suoi sostenitori già usano da mesi. Quando discute sulla cospirazione per rimuovere Dilma come mezzo per affossare la Lava Jato, Jucá disse che le forze armate del Brasile appoggiano la cospirazione: “Sto parlando con generali, comandanti militari. È tutto tranquillo, i signori dicono che garantiranno per noi.” E aggiunse che i militari “stanno monitorando il MST” (Movimento Senza Terra), il movimento rurale di lavoratori che appoggia gli sforzi del PT per la riforma agraria e la riduzione delle diseguaglianze, e che ha guidato le proteste contro l’impeachment.

 

La seconda rivelazione – e forse la più significativa – è la dichiarazione di Jucá che assicura il coinvolgimento di giudici della Corte Suprema (STF - Supremo Tribunale Federale) del Brasile, l’istituzione indicata dai difensori dell’impeachment come salvaguardia della credibilità del processo e utilizzata per negare la teoria del golpe. Jucá afferma che “ci sono poche persone [nel STF]" a cui lui non abbia accesso. L’unico ministro della Corte Suprema che dice di non aver contattato è Teori Zavascki, che fu designato da Dilma e dal quale – notoriamente – sarebbe impossibile ottenere l’appoggio per interrompere le indagini (l’ironia dell’impeachment è che Dilma ha protetto le indagini della Lava Jato dall’interferenza di coloro che vogliono impedirla). Le trascrizioni lo mostrano anche affermando che “la stampa deve toglierla di torno”, e che “questa merda non finirà più”, parlando delle indagini, finché lei non uscirà.

Romero Jucá

Romero Jucá, senatore del PMDB e attuale ministro della Pianificazione del governo del presidente ad interim Michel Temer

Le trascrizioni forniscono prove per quasi tutti i sospetti e le accuse già espresse da tempo dagli oppositori dell’impeachment riguardo coloro che cospirano per rimuovere Dilma dal potere. Per mesi, i sostenitori della democrazia brasiliana hanno difeso due argomenti riguardo al tentativo di rimozione della presidente democraticamente eletta:

 

(1) il principale proposito dell’impeachment di Dilma non era sconfiggere la corruzione o punire i corrotti, ma esattamente l’opposto: proteggere i veri corrotti dandogli potere con l’allontanamento di Dilma e, successivamente, permettendo che interrompessero le indagini della Lava Jato;

 

(2) i difensori dell’impeachment (guidati dall’oligarchia mediatica nazionale) non hanno nessun interesse nel ripulire il governo, ma vogliono prendere il potere che non sono riusciti a conquistare democraticamente, per poter imporre un programma di destra a servizio delle oligarchie, che la popolazione brasiliana non accetterebbe.

 

Le prime due settimane del neo-insediato governo di Temer mostrano grandi evidenze per entrambi gli argomenti. Temer ha nominato vari ministri direttamente coinvolti in scandali di corruzione. Un importante alleato che guiderà la coalizione del suo governo alla Camera dei Deputati, André Moura, è uno dei politici più corrotti del paese, oggetto di molteplici indagini criminali, non solo per corruzione ma anche per tentato omicidio.

 Lo stesso Temer è profondamente coinvolto in casi di corruzione (con la possibilità di diventare ineleggibile nei prossimi otto anni), e sta spingendo per realizzare una serie di cambiamenti di destra e che favoriscono gli oligarchi del paese, che il Brasile non permetterebbe mai democraticamente, comprese misure, come dettagliato dal quotidiano The Guardian, per “addolcire la definizione di lavoro schiavitù (ndt. in riferimento al lavoro schiavo), fare retromarcia sulla demarcazione delle terre indigene, tagliare programmi di costruzione di case popolari (ndt. il programma "La mia Casa, La mia Vita") e vendere proprietà dello stato in attivo, come aeroporti, servizi pubblici e poste”.

 

Ma, al contrario degli avvenimenti delle ultime settimane, queste trascrizioni non sono semplici evidenze. Sono prove: prove che le principali forze a sostegno della rimozione della Presidente avevano capito che rimuoverla dalla carica era l’unico modo di salvarsi e di evitare di essere incriminati per la propria corruzione; prove che i militari brasiliani, le principali organizzazioni mediatiche, e la stessa Corte Suprema sono stati cospiratori attivi nella rimozione della presidente eletta democraticamente; prove che gli agenti dell’impeachment vedevano la presenza di Dilma a Brasilia come garanzia che le indagini dell'inchiesta Lava Jato continuassero; prove che niente di tutto ciò aveva a che fare con il mantenimento della democrazia brasiliana, ma con la sua distruzione.

 

Da parte sua, Jucá ammette che queste trascrizioni sono autentiche ma insiste che è stato tutto un fraintendimento e che i suoi commenti sono stati estrapolati dal contesto, definendole “cose banali”.

“Quella conversazione non è un patto sul Lava Jato. E’ un patto sull’economia [...] E’ un patto per far uscire il Brasile dalla crisi,” ha affermato in un’intervista, questa mattina, al blogger di politica dello UOL Fernando Rodrigues. La spiegazione non è minimamente ragionevole alla luce di ciò che ha affermato nell’intercettazione, così come dell’esplicita natura cospiratoria della conversazione, nella quale Jucá insiste in una serie di incontri personali, preferiti a incontri in gruppo, per evitare sospetti. Leader politici stanno già chiedendo il suo allontanamento dal governo.

 

Idranti in azione contro i manifestanti nelle vicinanze dell'abitazione di Michel Temer

Dall’insediamento di Temer come presidente, il Brasile ha visto le proteste contro di lui crescere e intensificarsi. I media brasiliani – che tentano disperatamente di santificarlo – hanno evitato la pubblicazione di sondaggi per alcune settimane, ma gli ultimi dati mostrano che Temer ha solo il 2% dell’appoggio e che il 60% della popolazione vuole il suo impeachment.

 

L’unico sondaggio pubblicato recentemente mostra che il 66% dei brasiliani credono che i legislatori abbiano votato a favore dell’impeachment per tornaconto personale – opinione rinforzata dalle trascrizioni – mentre soltanto il 23% crede che sia stato per il bene del paese.

 

Ieri, a São Paulo, la polizia ha sbarrato la strada dove vive Temer a causa delle migliaia di manifestanti che vi si dirigevano; la polizia ha usato idranti e lacrimogeni per disperdere la folla. L’annuncio della chiusura del Ministero della Cultura ha portato artisti e simpatizzanti a occupare le segreterie della cultura in tutto il paese in segno di protesta, forzando Temer a rivedere la sua decisione.

Fino ad ora, The Intercept, come la maggioranza dei media internazionali, si è astenuto dall’usare la parola “golpe” nonostante sia stato (insieme a molti altri mezzi di comunicazione) profondamente critico sulla rimozione antidemocratica di Dilma. Queste trascrizioni costringono a un riesame di questa decisione editoriale, soprattutto se non sorgeranno prove che mettano in dubbio la ragionevolezza del significato delle dichiarazioni di Jucá o il suo livello di conoscenza. E un golpe sembra essere, forte e chiaro, esattamente come questa cospirazione recentemente rivelata: assicurandosi la cooperazione dei militari e delle istituzioni più potenti per rimuovere una presidente eletta democraticamente per motivi egoistici, corrotti e illegali, per poter imporre un’agenda al servizio delle oligarchie e rifiutata dalla popolazione.

 

Se l’impeachment di Dilma resta inevitabile, come credono in molti, queste trascrizioni renderanno molto difficile la permanenza di Temer. Sondaggi recenti mostrano che il 62% dei brasiliani vogliono nuove elezioni per scegliere il proprio presidente. Questa opzione – l’opzione democratica – è la soluzione più temuta dalle elite brasiliane, perché sono impaurite (e con buoni motivi) dalla possibilità che Lula o un altro candidato non gradito (Marina Silva) possano vincere.

 

Ma la questione è questa: se, di fatto, è la democrazia ad essere sotto attacco e annichilita in Brasile, è ora di iniziare ad usare il linguaggio appropriato per descrivere questo processo. Queste trascrizioni rendono sempre più difficile alle organizzazioni dei media evitare di farlo.

 

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