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05.06.16

È triste per la morte di Muhammad Ali, ma è razzista in Brasile

di Leonardo Sakamoto, pubblicato sul suo Blog il 4.06.16

 

La morte di Ali ha coperto le nostre bacheche di commenti di persone che lodano lo sportivo e dimenticano l'attivista, come se le foglie di un albero esistessero senza il suo tronco ed i rami. Come accadde in occasione della morte di Nelson Mandela, quando ricordavano il conciliatore e non l'attivista che aveva usato tutti i mezzi possibili per resistere.

 

È affascinante osservare come ci siano persone che ignorano la complessità della figura di Muhammad Ali e cosa egli ha significato per il suo tempo, parlano di sport e trascurano il suo attivismo politico. Personaggi che diventano più grandi degli sport che li hanno portati alla fama, lottando per la dignità di un intero popolo.

 

Rifiutandosi di accettare che gli Stati Uniti trattassero bianchi e neri in modo diseguale, optò per la disobbedienza civile. Si rifiutò di combattere in Vietnam, pagando per questo un prezzo molto alto nella sua carriera e nelle vita personale.

 

Il razzismo negli Stati Uniti e il regime di apartheid in Sud Africa, non diminuirono a causa del bel sorriso e dei discorsi carismatici dei leader, ma grazie a decenni di dura lotta contro la segregazione.

Muhammad Ali con Malcolm X

"Non andrò a 10.000 miglia da casa mia per aiutare ad assassinare un'altra povera nazione semplicemente per continuare la dominazione dei bianchi sui neri in tutto il mondo. Il vero nemico della mia gente è qui. Se pensassi che la guerra puo' portare libertà e uguaglianza ai 22 milioni del mio popolo non avrebbero bisogno di obbligarmi, partirei domani stesso. Non ho niente da perdere nel difendere i miei principi. Andare in galera, e allora? Siamo stati imprigionati per 400 anni.''

 

Non per coincidenza, ma in quanto risultato dei tempi, queste parole di Ali erano in sintonia all'epoca con l'idea di resistenza di Mandela quando venne condannato a 27 anni di carcere: "Ho celebrato l'idea di una società libera e democratica, in cui tutte le persone vivono insieme in armonia e con pari opportunità. È l'ideale per cui spero di vivere e che spero di raggiungere. Ma, se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire."

 

Le storie delle lotte sociali di tutto il mondo sono insegnate malamente. E, a seconda di come avanzerà la proposta di limitare la libertà dei docenti, impedendo che la storia delle idee venga discussa liberamente in classe, la situazione tende a peggiorare.

 

Le lotte per i diritti civili negli Stati Uniti, la decolonizzazione dell'India, la fine dell'apartheid in Sud Africa, l'indipendenza di Timor Est e le conquiste di diritti fondamentali nel Brasile post-dittatura non sono state ottenute attraverso lunghe discussioni innaffiate di caffè e pazienza. Questo è quello che i gruppi di potere vogliono farci credere. Tutto questo è stato ottenuto con il dialogo, la disobbedienza civile, il sangue, il sudore e le lacrime di molta gente.

 

Intervista a Muhammad Ali di Michael Parkinson - BBC 1971

Molti di coloro che oggi piangono Ali e piansero Mandela detestano manifestazioni di piazza e cambiamenti dello status quo, esattamente quello che lui faceva e predicava.

 

Il fatto è che loro sono ispirazione. Attraverso loro, crediamo che sia possibile dire no allo Stato e agli interessi privati che a volte difende.

 

Molti adorano un rivoluzionario dal momento in cui passa attraverso un processo di "pastorizzazione" dell'industria culturale e appare su t-shirt stampate, ma ripudiano ogni grido che viene dalle periferie delle grandi città - dove è in corso un genocidio della gioventù nera per mano di polizia, milizie, trafficanti e gruppi di sterminio.

 

Leggo lamentele sulla violenza delle manifestazioni quando provengono dai più poveri tra i poveri - "uno stupro della legalità" - da una legione di piedi scalzi. O da popoli indigeni, stanchi di soffrire la fame e il freddo, che rivendicano territori che storicamente sono stati i loro.

 

O ancora da insegnanti che chiedono salari migliori e decidono di scendere in piazza per manifestare la loro indignazione e fare pressione sul governo affinché modifichi il suo comportamento. O dalle donne che semplicemente chiedono di essere trattate con gli stessi diritti garantiti agli uomini.

 

Mentre stai leggendo quest'articolo, un giovane nero potrebbe esser stato ucciso in periferia o una giovane donna stuprata. Ma va tutto bene. Saranno stati solo dei vandali, non "uomini per bene" esemplari come Ali e Mandela. No, migliaia di Ali e di Mandela, ma anche di Rose Park, muoiono ogni giorno nelle nostre periferie, senza che noi muoviamo nemmeno un muscolo di preoccupazione. Infine, abbiamo bisogno di più persone come queste. Come ho già scritto, i migliori del 20° secolo stanno morendo prima che realmente se ne siano compresi i messaggi.

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