top of page

24.04.16

Il Brasile sta attraversando una crisi d’identità, non solo un impeachment

di Eliane Brum*, pubblicato su The Guardian il 18.04.16

traduzione Carlinho Utopia e Clelia Pinto

Quando ieri il Congresso brasiliano ha votato a favore dell’impeachment di Dilma Rousseff, la democrazia ha assunto le sembianze di una farsa. Il tentativo di rimuovere una presidente eletta democraticamente - che ha vinto con 54 milioni di voti e non è accusata di alcun crimine- è stato guidato da un uomo accusato di corruzione e riciclaggio di denaro sporco: Eduardo Cunha, presidente della Camera dei Deputati.

 

In questo giorno storico, i brasiliani hanno imparato una pericolosa lezione sulla loro giovane democrazia: i loro voti non contano più.

 

Con 367 dei 513 deputati a favore dell’impeachment, la Rousseff potrà ora essere rimossa dalla sua carica per aver trasferito fondi alle banche statali così da far apparire i conti del governo meno in difficoltà e di aver violato delle leggi di bilancio. I leader brasiliani hanno spesso fatto ricorso a questo trucchetto sul budget.

Dilma Rousseff, Eduardo Cunha, Michel Temer e Lula e il "muro di Brasilia"

A differenza della presidente, molti di quelli che hanno votato per rimuoverla sono indagati per reati che vanno dalla corruzione allo sfruttamento del lavoro schiavo.

 

Se il Senato deciderà di portare avanti il processo d'impeachment, Dilma Rousseff sarà sospesa per un massimo di 180 giorni e il vice presidente Michel Temer, conosciuto in Brasile come il “vice cospiratore” la sostituirà. Se Dilma Rousseff sarà giudicata colpevole, Temer (anch'egli, come Cunha, membro del partito conservatore PMDB - Partito Movimento Democratico Brasiliano) resterà.

 

L’ultimo tradimento di Temer, ex alleato di Dilma, è stata una fantasiosa intercettazione di se stesso. Dando per scontato che la Rousseff sarebbe stata rimossa, alcuni giorni prima del voto ha usato WhatsApp per inviare “accidentalmente” un messaggio vocale al gruppo del partito, un discorso auto celebrativo nel quale annunciava i suoi piani una volta presidente. Prendendo in prestito un’immagine biblica, così popolare nel Congresso, in confronto a Temer, Giuda è un principiante. Se il Senato confermerà l’impeachment, il futuro presidente sarà un politico non eletto. Se le elezioni si tenessero oggi, secondo gli ultimi sondaggi di Data Folha, Temer avrebbe dall’1 al 2% dei voti.

 

Questa commedia degli errori potrebbe suggerire che Dilma e il PT (Partito dei Lavoratori) sono solo delle vittime. Ma questa è solo una parte della verità. La Rousseff ha condotto la campagna presidenziale più sporca dal ritorno alla democrazia, demonizzando i suoi avversari. Non appena iniziato il suo secondo mandato ha rinnegato le sue promesse elettorali, facendo il contrario di ciò che aveva promesso e penalizzando i lavoratori. La crisi economica è peggiorata, lasciando senza lavoro circa 10 milioni di brasiliani. Anche i simpatizzanti del PT la ritengono una incompetente.

 

Spaventati dalla crescente ondata di proteste di piazza, la Rousseff e il PT hanno iniziato a barattare poltrone in cambio del sostegno contro l’impeachment. Rintanatosi nelle ultime settimane in una stanza d'albergo della capitale Brasilia, l'ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva è diventato il grande negoziatore. Nella sede della vice presidenza Temer faceva contro-offerte. Si è mercanteggiato sull'impeachment fino all’ultimo voto.

Quelli che sono stati traditi hanno tradito a loro volta, rendendo il dopo-voto molto più complicato. Questo è il motivo per cui molti dei partecipanti alle manifestazioni contro l’impeachment continuavano a insistere sul fatto che stavano difendendo la democrazia e non il governo. Sono in  tanti a sinistra a non difendere più il governo da molto tempo. I manifestanti vestiti di rosso che protestavano in difesa della democrazia sono scesi in piazza solo per il rispetto del voto e perché sentono il PT come il “minore dei mali”. Dall’altra parte, e in numero maggiore, c’erano quelli vestiti con i colori della bandiera brasiliana, gialla e verde, urlando a favore dell’impeachment. Dopo il voto di ieri, alcune frange del PT hanno iniziato a discutere della possibilità di nuove elezioni quest’anno.

 

Due questioni peseranno molto sull’immediato futuro brasiliano. Una riguarda l’eredità del PT e il rimodellarsi delle forze di sinistra. L’altra è il destino dell’operazione Lava Jato, un’indagine della polizia federale e pubblici ministeri sugli schemi di corruzione che hanno coinvolto il governo e le più grandi imprese di costruzione.

 

Se la presidente verrà rimossa, una parte significativa dell’elettorato potrebbe abbracciare l'idea di un PT semplicemente vittima.  Questo peggiorerebbe il danno che la sinistra brasiliana ha fatto a se stessa da quando il PT è diventato un partito corrotto dal potere, unendo le proprie forze con quelle delle oligarchie politiche di vecchia data e tradendo le sue cause più care.

 

Se l’impeachment verrà inquadrato solo come un golpe contro la democrazia il PT potrebbe nuovamente sottrarsi alla responsabilità dei propri errori, che sono stati numerosi. Potrebbe anche rimandare un ripensamento sulle sue fallimentari idee di paese e sviluppo. E questo ritarderà ulteriormente la costruzione di un nuovo progetto di sinistra per il Brasile, che faccia proprio il potere creativo delle manifestazioni del giugno 2013.

 

Benché il PT venga presentato come simbolo della corruzione in Brasile, non è che uno tra tanti. Oltre 60 anni fa, le grandi imprese di costruzione brasiliane costruirono Brasilia, la capitale modernista, e non hanno mai più lasciato il centro del potere politico. Le "soffiate" di alcuni top manager hanno dimostrato che tutti i maggiori partiti potrebbero essere coinvolti in casi di corruzione.

 

L’impeachment di Dilma Rousseff è stato classificato come un tentativo di sacrificare il PT per salvare gli altri partiti. In questo scenario, Temer, come presidente, potrebbe togliere alla polizia federale fondi e autonomia soffocando l’operazione Lava Jato in nome di un patto nazionale di destra supportato dalla business class.

 

Questa manovra sarebbe digerita da una nazione esausta, bramosa di un qualsiasi tipo di normalità, anche se si trattasse di un miraggio. Invece di fare pulizia nelle relazioni tra governo e grandi imprese di costruzioni e occuparsi di profonde riforme politiche, tutto sarebbe rinegoziato per tornare al punto di partenza. Se quest’inquietante possibilità andasse a buon fine, anziché pace ci sarà oblio.

 

La crisi in Brasile non è solo politica e economica, è anche d’identità. Fin dalle manifestazioni di protesta del 2013 le immagini stereotipate che  il paese osserva quando si guarda allo specchio non sembrano più vere. Quando persone con opinioni diverse devono essere separate da un vero muro  per evitare che si attacchino, si segna la morte dello stereotipo di un popolo cordiale e ospitale che aveva apparentemente sconfitto razzismo e diseguaglianze senza alcun conflitto. Forse i brasiliani hanno ancora bisogno di capire chi sono,  ma hanno già iniziato a capire chi non sono.

 

Le contraddizioni non possono più essere soffocate.

 

Eliane Brum

Eliane Brum

 

è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.

Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.

Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).

 

Site: elianebrum.com | Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum

 

Tutti gli articoli più recenti di Eliane Brum sono pubblicati sul nostro BLOG

Tutti gli articoli di Eliane Brum su questo sito

 

Leggi anche:

Dio rovescia la presidente del Brasile

Dio rovescia la presidente del Brasile

367 sì, 137 no, 7 astenuti. È impeachment. Gran parte dei deputati che ieri hanno votato per l'impeachment della presidente Dilma Rousseff sembravano aver dimenticato le reali motivazioni che erano in discussione. Tanti deputati hanno difeso la necessità dell'Impeachment della presidente Dilma agitando le più diverse ragioni: "Per mia moglie Paula", "per mia figlia che sta per nascere e per mia cugina Helena", "per mio nipote Gabriel", "per mia zia che ha avuto cura di me quando ero bambino", "per la mia famiglia e la mia regione", "per Dio", "per i militari del 1964", "per tutti gli evangelici".... Molto indietro sono rimaste le "pedalate" fiscali e i crediti supplementari, le vere questioni all'ordine del giorno totalmente dimenticate da questi nobili deputati... Difendendo la famiglia, la proprietà privata, Dio e la dittatura militare, hanno mostrato la vera faccia di un Congresso che è il più conservatore a partire dal 1985...

 

Leggi tutto

In politica anche i credenti devono essere atei (Eliane Brum)
Il Brasile rischia di riportare indietro l'orologio della democrazia (Eliane Brum)

Il Brasile rischia di riportare indietro l'orologio della democrazia di Eliane Brum

Ancora un brillante articolo della nota giornalista e scrittrice brasiliana sull'acuta crisi politico-sociale brasiliana, scritto per il sito britannico del The Guardian. "Alla luce della crisi corrente, che non è solo politica ed economica, ma anche d’identità, la cosa peggiore che potrebbe accadere al Brasile sarebbe tornare indietro nel tempo; invece di affrontare i suoi difetti cronici per costruire un futuro, ricreare il passato della nazione a propria immagine e somiglianza. Il rischio che questo possa accadere è sembrato sempre più probabile negli ultimi giorni. E considerata la perdita di fiducia nei politici e nei partiti politici tradizionali, segnati da continue accuse di corruzione, il potere giudiziario sta colmando il vuoto politico"...

 

Leggi tutto

In politica anche i credenti devono essere atei

Il momento del Brasile, culminato con le manifestazioni del 13 marzo, mostra i rischi di un’adesione spinta dalla fede: bisogna resistere grazie alla ragione.

di Eliane Brum

Una democrazia richiede cittadini autonomi, adulti emancipati, capaci di assumere le responsabilità delle loro scelte e sempre mossi dalla ragione. Quel che si osserva oggi è una voglia di distruzione che attraversa la società e segna persino i piccoli atti quotidiani. Il linciaggio, che marca la storia del paese e l'attraversa, è un atto di fede. Non passa né dalla legge né dalla ragione. Al contrario, le elimina, le sostituisce con l’odio. È l’odio che giustifica la distruzione di colui il quale in quel momento incarna il male. Questo è quel che sta succedendo in Brasile non solo sui social network ma in forme ben più sofisticate. Questo è stato provocato. Chi pensa di controllare i linciatori, non ha capito niente...

 

Leggi tutto

 

bottom of page