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La comunità protesta contro il massacro di Cabula

23.02.15

La comunità protesta contro il massacro di Cabula, a Salvador da Bahia. Le intimidazioni della polizia 

Manifestanti di movimenti sociali ed abitanti della favela hanno sfilato in corteo fino al luogo dove la polizia ha assassinato 12 ragazzi. Lungo la strada, dolore, pianto ed intimidazioni della polizia

di Rafael Bonifácio e Claudia Belfort, pubblicato sul sito Ponte.org 12/02/15

Sembrava un funerale. Ma si è trattato di una manifestazione di protesta degli abitanti che venivano da Vila Moisés, nel quartiere periferico di Cabula a Salvador da Bahia, dove la polizia militare ha ucciso 12 persone lo scorso 6 febbraio.

 

Gli abitanti  portavano con loro tutto il dolore, la paura e l'indignazione contro la polizia che, secondo le testimonianze dei manifestanti, aveva anche tentato di impedirne la partecipazione, fermandoli ed invitandoli a far ritorno alle loro case.

 

Azioni intimidatorie della Polizia Militare si sono susseguite durante tutto lo svolgimento della manifestazione, che è partita dall'UNEB (Università Statale di Bahia) fino al luogo del massacro. 

 

I poliziotti che scortavano in moto la manifestazione spesso acceleravano  in direzione dei partecipanti, e li insultavano pesantemente. Dall'altro lato, le parole d'ordine dei manifestanti, gli slogan contro il razzismo della polizia e del governatore e per la smilitarizzazione della polizia.

"Io difendo i diritti umani. Chiederò la promozione per merito straordinario per i poliziotti che hanno partecipato all'azione e confermo quanto sostenuto nel suo discorso dal governatore dello Stato (Rui Costa), l'azione è stata legittima."

 

Deputato Soldato Marcos Prisco (PSDB), vice-presidente della Commissione diritti umani dell'Assemblea Legislativa dello Stato di Bahia

"Mi è sembrato strano quando ho visto che la moto non si trovava più di lato ma in mezzo ai manifestanti e poi la moto ha incominciato ad accelerare dietro di me. Quando il poliziotto mi è passato vicino mi ha guardato e ha detto: Cosa ci sta facendo qui, un bianco come te?" ha detto Alexandre Ciconello, responsabile per i diritti umani di Amnesty Internacional. "Quello stesso poliziotto ha poi continuato ad intimidire le altre persone, tanto verbalmente quanto accelerando improvvisamente con la moto."

 

Durante il percorso della manifestazione i manifestanti sono stati insultati dai poliziotti che, armati, scendevano dalle auto con le pistole in pugno, mentre loro colleghi filmavano i manifestanti con i loro cellulari.

 

La paura era tanta che gli organizzatori della manifestazione, temendo per la loro incolumità, hanno impedito che la stampa fotografasse o filmasse gli abitanti del quartiere che hanno partecipato alla manifestazione.

 

Il lunedì precedente (09/02), secondo un testimone, il cui nome manterremo anonimo per ragioni di sicurezza, gli abitanti che avevano cercato di chiudere, per protesta, la Estrada das Barreiras, via principale di accesso alla favela, sono stati oggetto di repressione e rappresaglia da parte dei poliziotti durante la notte intera.

"Io difendo soprattutto la vita dei miei poliziotti e questo è quello che importa: la vita dei poliziotti e la vita della società, che sta soffrendo a causa di queste azioni delittuose."

 

Maurício Barbosa, segretario della Sicurezza Pubblica dello Stato di Bahia 

Dalle finestre socchiuse delle strette stradine della favela Vila Moisés si intravedevano quelli che avevano preferito non esporre i loro volti e le loro voci in sostegno alla manifestazione. Avevano paura.

 

Nessun abitante parla più dell'accaduto. Nell'arrivare nel campo sterrato, circondato da una boscaglia, dove è avvenuto il massacro, si udiva ovunque il pianto delle madri e dei familiari delle vittime. Non si davano pace nel trovare ancora in quel luogo resti di indumenti perforati dalle pallottole, ciabatte e bossoli di proiettili sparse per terra. L'esistenza dei bossoli nell'area indica che la perizia potrebbe non essere stata eseguita correttamente. Tutti gli oggetti presenti sulla scena di un delitto dovrebbero infatti essere etichettati e conservati, in quanto prove per le indagini.7

 

È stata la prima volta che una manifestazione organizzata dal movimento Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta è riuscita ad arrivare sul luogo delle morti. Un altro abitante (anche di lui preferiamo nascondere l'dentità) si domandava: "la strada che abbiamo fatto oggi è la stessa che hanno percorso le vittime ed i poliziotti quella notte: se, come sostiene la polizia, c'è stato un conflitto a fuoco, come mai non ci sono fori e tracce di proiettile come invece nel campetto?"

 

Minacce

 

"Se qualcuno di Reaja dovesse morire, se io dovessi morire, voi sapete già cosa è successo", ha commentato Hamilton Borges Walê, coordinatore del movimento Reaja ou Será Morto, Reaja ou Será Morta, circa le minacce di morte che riceve costantemente. "Noi siamo venuti per dare forza alla comunità, cui veniva impedito con la forza di manifestare. Lunedì scorso la polizia ha picchiato, oggi si sono dovuti limitare ad accompagnare la manifestazione", ha aggiunto.

 

Il movimento esige che il governatore Rui Costa PT) ritratti il suo discorso nel quale ha comparato il massacro ad una partita di calcio.

"Dicendo che la nostra (di noi neri) morte è come un gol, dando così praticamente carta bianca ai suoi poliziotti di uscire per uccidere", ha commentato Hamilton. Si chiede anche la garanzia della protezione per i testimoni del caso, indagini e perizie indipendenti e l'investigazione sugli episodi di minaccia che tanto gli abitanti, quanto i militanti di Reaja, stanno subendo.

"La polizia(...) deve avere la freddezza e la calma necessarie per prendere la decisione giusta.  È come un attaccante davanti alla porta che deve decidere, in pochi secondi, come farà a mettere la palla in rete, a fare gol(...). Poi, quando la giocata è terminata, se si è trattato di un grande gol, tutti i tifosi (...) batteranno le mani e l'azione sarà rivista tante volte in televisione. Se non ha fatto gol, l'attaccante sarà condannato(...). Voi avrete sempre un governatore che non risparmierà alcuno sforzo per difendere i poliziotti, da quello in servizio sulla strada fino all'ufficiale, a tutti coloro che agiranno con l'energia necessaria ma dentro la legalità"

 

Rui Costa (PT), Governatore dello Stato di Bahia 

"Continueremo a lavorare nella comunità, creeremo un memoriale, faremo azioni politiche e culturali, creeremo uno spazio di fraternità e solidarietà per far si che la comunità non debba più soffrire questo tipo di problemi", ha detto Hamilton, circa il futuro prossimo.

 

Dopo la manifestazione, tutti sono tornati indietro insieme, affinché gli abitanti della comunità potessero tornare in sicurezza verso le loro case. Hamilton ha scambiato la sua camicia con una polo di un altro colore e si è messo un cappellino, per cercare di non essere facilmente riconosciuto.

Nessuno è andato via da solo. La paura, adesso, è che durante i giorni di carnevale la comunità non abbia più tanta visibilità, e sia pertanto più vulnerabile.

 

L'altro lato

 

In una nota inviata via mail al sito Ponte, la polizia militare di Bahia ha fatto sapere che ripudia qualunque tipo di abbordaggio che non sia in conformità con la legge, sollecitando che "reclami e denunce devono essere formalizzate presso il centro d'ascolto della corporazione, via telefono 0800284001, o sul sito www.pm.ba.gov.br così che i casi vengano investigati.

 

Relativamente al fatto che i poliziotti si fossero presentati portando unicamente armi letali (non armi che sparano proiettili di gomma), la polizia ha risposto che "il porto d'armi per i poliziotti militari è legittimo e che il loro utilizzo avviene secondo le necessità dell'azione, quando cioè la vita dei poliziotti o dei cittadini sia a rischio." Ha anche sottolineato che "durante la manifestazione di mercoledì, non è stato fatto uso di armi letali."

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