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19.12.15

Il fango (e la necessità di una Guernica)

Con la rottura della diga tra metafora e concreto, la catastrofe rende il Brasile irrappresentabile.

di Eliane Brum*, pubblicato su El Pais il 30.11.15

traduzione di Clelia Pinto e Carlinho Utopia

Come non pensare, ogni giorno, che il fango avanza. Questo fango tossico che uccide persone, uccide animali, uccise piante, uccide storie. 

 

Questo fango che ha ingoiato un paesino chiamato Bento Rodrigues, uccide il Rio Doce, avanza verso l’oceano, attraversa gli stati e continua ad avanzare.

Questo fango che ha lasciato mezzo milione di persone senz’acqua.

 

Questo fango velenoso che va divorando il mondo come fosse un organismo vivo. Questo fango morto che si muove.  E muovendosi, uccide.

 

Mentre qualcuno prende un caffé, prende l’autobus, si lamenta del traffico, fa un selfie, si innamora, segue una serie tv, si preoccupa per le bollette, fa sesso, si lagna del capo, sente che il quotidiano non è all’altezza delle sue grandi speranze, litiga su facebook, fa programmi per fine anno, ingoia qualche goccia di Rivotril, il fango avanza.

E nessuno può affermare fin dove il fango arriverà.

Mariana. Foto Gustavo Ferreira, Jornalistas Livres

È più come un film d’immagini impossibili, ognuno tra i suoi muri, frontiere sempre più impenetrabili e il fango che avanza. Giorno e notte, questo fango che non dorme.  Avanza. Forse sarebbe necessario un altro movimento d’avanguardia nell’arte, a render conto dell’eccesso del reale nella realtà. Del fango che avanza. Concreto, spesso, tossico. Irrimediabilmente fango.  Che Guernica potrà esser dipinta davanti all’opera della SAMARCO, la compagnia mineraria che appartiene alla VALE (in passato denominata "do Rio Doce"), e l’anglo-australiana BHP Billiton? Abbiamo bisogno di una Guernica per rappresentare l’irrappresentabile di questo fango che avanza mentre facciamo pipì.

 

Dovrebbe esserci una biennale di arti a creare collettivamente una rappresentazione, di fronte al fango, in tempo reale, una biennale viva di fronte al fango morto che uccide. Perché il fango non venga dimenticato non solo da chi in esso ha perso chi amava. O che hanno perso un fiume. O, come nel filo di voce dell’uomo che racconta al giornalista televisivo, d’aver perso la fotografia del padre e della madre, lui stesso riconoscendo ch’è poco, ma sentendo quanto invece fosse tanto. Non era carne, ma era storia, storia che diceva che aveva un padre e una madre che hanno fatto un ritratto per rappresentarsi. E il fango l’ha mangiato.

 

Il fango avanza. Non solo come metafora, come era stato fino al 5 novembre, quando la diga si è rotta liberando tutto quello che comprimeva. Il fango avanza uccidendo Emanuely, Thiago, Waldemir, Claudio, Sileno, Marcos, Marcos Aurélio, Samuel, Mateus, Edinaldo, Daniel... più altri due morti ancora senza nome. Almeno tredici morti sono già stati trovati nel ventre di balena del fango. Tredici persone, con le loro storie, i loro sogni, le loro disperazioni, i loro amori. Tredici che si moltiplicano per centinaia che si sveglieranno ogni giorno con il coltello del lutto a lacerargli il petto.

 

E almeno otto dispersi, che un giorno potranno essere sputati dal fango. Oppure no. Otto scomparsi, anche loro amati da qualcuno e che sognavano e che sudavano e che desideravano. Otto che ancora si aspetta che appaiano per poter dire che sono scappati dai denti del fango e per poterli abbracciare con forza e per diventare storie mitiche di sopravvissuti o racconti di natale. E ci sono pesci misurati in tonnellate e non sembra possibile comprendere che vite possano essere misurate in tonnellate, solo perché sono altre vite o vite degli altri. Ci sono le tartarughe. Ci sono specie che potranno estinguersi, un tipo di vita che scompare per intero, la massima delle povertà, insuperabile, quella che nessuna Bolsa Família (ndt. "Bolsa Familia" è una forma di sussidio economico  del governo alle famiglie povere, istituito durante la presidenza dall'ex Lula). Ci sono tutte le piante che non faranno più fotosintesi, alberi che non respirano più. Fiori affogati. C’è il fiume assassinato. Il non fiume.

 

E il fango avanza.

Non come metafora.

 

Ma anche come metafora. Mentre il fango avanza - invaderà l’arcipelago de Abrolhos “, “non invaderà l’arcipelago de Abrolhos“ , “ha raggiunto i nidi delle tartarughe giganti”, “spiagge sono interdette nello stato dello Spirito Santo”…  - , c’è un fango metaforico che entra dalla nostra bocca e ci fa tossire. Ma la tosse non ci libera, perché siamo intossicati dal fango. Questo fango che circola per le vene di questo corpo che chiamiamo paese. Il fango si muoveva da venti giorni quando una commissione del Senato ha approvato una legge che rende più facili le autorizzazioni ambientali per le grandi opere.

Il fango si muoveva da venti giorni

quando una commissione del Senato

ha approvato una legge

che rende più facili

le autorizzazioni ambientali

per le grandi opere.

Il fango che nega il fango. Così come la VALE e la BHP Billiton fingono che la SAMARCO sia altro, piuttosto che loro stesse. Così come il governo federale finge che applicare multe sia una dimostrazione di forza, senza dire che solo il 3% sono di fatto pagate dalle imprese multate, e senza dire che non ci sarà denaro che possa servire a riparare quei danni. Neanche i venti miliardi di reais che il governo ha annunciato di voler esigere per vie legali.

 

Senza ammettere, principalmente, che se una diga di rifiuti minerari si è rotta a Mariana è perché c’è qualcosa di (cor)rotto  in tutto il processo che ha permesso a questa diga di rompersi. Qualcosa che bisogna correggere subito, perché ci sono altre dighe, altri fanghi, che possono avanzare in ogni momento perché c’è qualcosa di corrotto che da molto precede il fango che uccide. E ora quel che era una metafora non lo è più.

Mentre il fango che uccide avanza, altro fango, che uccide altrettanto, il fango che può esser detto primordiale, avanza. E avanza rapidamente. Quando il fango che uccide avanzava già da venti giorni, la Comissão Especial do Desenvolvimento Nacional (Commissione Speciale di Sviluppo Nazionale), vale la pena fare attenzione alle parole scelte per nominare questa commissione del Senato, ha approvato un progetto del senatore Romero Jucá (PMDB-RR) per accellerare la concessione delle licenze ambientali per “infrastrutture strategiche per l’interesse nazionale”. A causa della pressione del momento, lo sfruttamento minerario è stato tolto dai progetti considerati prioritari. Ma la lista dei beneficiati dall’autorizzazione facilitata non è affatto piccola: opere del sistema viario, idroviario, ferroviario, aereo, porti e infrastrutture portuali, energia e telecomunicazioni.

Non un progetto per far diventare i processi di autorizzazione ambientale più rigidi e efficaci, meno soggetti a corruzione e pressioni. Non un progetto per rinforzare gli organi responsabili, garantire monitoraggio e informazioni indipendenti e ampliare le equipe di controllo.

 

No, venti giornI dopo il crollo delle dighe e del fango sul corpo del paese, questa commissione del Senato ha approvato con “rito sommario”, che facilita la licenza per le imprese e limita i tempi tra la richiesta dell’imprenditore (un’altra parola interessante) e la licenza ambientale a circa otto mesi. 

A chi serve questo progetto

che avanza al Senato,

mentre avanza il fango che uccide?

Se l’organo responsabile della licenza non rispetta i termini, l'autorizzazione viene data in automatico. Senza nessun’analisi sulla vita, sul pianeta, sul futuro. Perché, come ha dichiarato l’autore del progetto, Romero Jucá, la licenza ambientale è il nemico giurato delle grandi opere. Con questa logica del senatore, cristallina come difficilmente tornerà a essere l’acqua del Rio Doce, finirà col concludersi che la catastrofe di Mariana è stata provocata dall’eccesso di rigore delle licenze ambientali dell’opera della SAMARCO (leggasi VALE e BPH Billiton).

 

E il fango avanza.

 

A chi serve questo progetto che avanza al Senato, mentre avanza il fango che uccide? Al paese, è quel che dicono. È parte di qualcosa battezzato “Agenda Brasil”, un pacchetto di proposte con “l’obiettivo di vincere la crisi politica e stimolare la crescita economica”. È stato presentato ad agosto dal presidente del Senato Renan Calheiros (PMDB-AL), come la salvezza per il Brasile e per l’indebolita presidente Dilma Rousseff.

 

Il Brasile deve avanzare, ha ricordato Renan Calheiros. Ma è il fango che avanza.

 

Il Brasile deve avanzare, ha ricordato Renan Calheiros con fare da statista, certo che nessun cittadino brasiliano che abbia seguito il suo tragitto nei vari governi e parlamenti dal ritorno della democrazia, possa  avere alcun dubbio sulla sincerità  della sua preoccupazione per il paese, sul suo amore viscerale per la Costituzione, sul suo impegno massimo per l’interesse pubblico.

 

Lui, investigato nell’operazione Lava Jato (ndt. "Operazione Autolavaggio". Inchiesta ancora in corso della magistratura brasiliana, una sorta di "tangentopoli" brasiliana, che ha portato alla luce un sistema generalizzato di tangenti versate da almeno un decennio dalle principali imprese edilizie del paese a responsabili della Petrobras, il colosso petrolifero nazionale a maggioranza statale); lui, l’uomo sospettato di aver pagato la pensione di una figlia con denaro di una impresa appaltatrice; lui, che ha usato un aereo dell’aeronautica brasiliana per andare nel Pernambuco per un trapianto di capelli, l’aeronautica al servizio della sua urgenza di non essere più calvo.  E l’Agenda Brasil avanza, facilitando le autorizzazioni ambientali non in nome degli interessi individuali e privati, certo. Renan Calheiros e il gruppo di senatori che ha approvato questo progetto garantiscono che non si tratta di questo. E chi crede che il fango non arriverà mai davanti alla sua porta, ci crede.

 

L’Agenda Brasil avanza in nome "dell’interesse nazionale".

E il fango avanza.

La commissione del Senato dal nome interessante ha approvato il progetto il 25 novembre. Lo stesso giorno, anche il governatore del Minas Gerais, Fernando Pimentel (PT) ha approvato il suo nell’Assemblea legislativa dI Minas. Si, lui, l’uomo che comanda lo stato in cui è iniziato quel che è considerato “il maggior disastro ambientale della storia del Brasile” e che, secondo le investigazioni della Polizia Federale, potrà esser promosso a “maggior crimine ambientale della storia del Brasile”.

 

Il governatore propone di accelerare le autorizzazioni ambientali, anche per le compagnie minerarie, perché, come tutti sappiamo, e come l’incidente della Samarco (si legga VALE e BHP Billinton) ha provato, l’attesa per le licenze ambientali è il grande problema del Brasile.

Non sono le pressioni, la corruzione, gli interessi privati che sovrastano quelli pubblici, la precarietà degli studi di fattibilità e di accompagnamento della realizzazione delle grandi opere, la fragilità del monitoraggio, l’insufficienza dei controlli. No. Il problema del Brasile sta tutto nella lentezza del rilascio delle licenze ambientali, il dramma del paese sono questi ambientalisti che continuano a pretendere che dighe come quella del Fundão (ndt. la diga che si è rotta a Mariana) siano monitorate, con controlli e un piano di emergenza! 

 

Da buon governatore diligente e preoccupato dall’ambiente, in linea con le sfide discusse alla Conferenza del clima che inizia a Parigi, Pimentel ha risolto il problema, in perfetta sintonia con gli elevati principi dei deputati del Minas Gerais, che hanno approvato il progetto. Con la facilitazione nell’ottenere le licenze ambientali, ovviamente le dighe non crolleranno più uccidendo gente, animali, piante, fiumi. È del tutto sensato, chi mai dovrebbe discordare da questa logica limpida come l’acqua del Rio Doce difficilmente tornerà ad essere? Tanto impegno e celerità per cosa? Per dare la priorità alle grandi imprese e compagnie minerarie, che per puro caso sono anche le grandi finanziatrici delle campagne elettorali? No, chiaro, garantiscono quelli che fanno le leggi. Tutto questo è per il bene del Brasile. E chi si commuove con le immagini dei sepolti dal fango trasmesse dai tg, ma è sicuro che il fango tossico non arriverà mai alla sua porta, molto meno al suo naso, ci crede.

 

E il fango avanza.

 

Proprio il giorno dopo il crollo della diga, il segretario allo Sviluppo Economico di Minas, Altamir Rôso, già si era affrettato a garantire, prima dell’inizio di qualsiasi investigazione: “la SAMARCO (leggasi VALE e BPH Bilinton) è tra le imprese che più si preoccupano della sicurezza e dell’ambiente” e, in seguito: “la SAMARCO (leggasi VALE e BPH Bilinton) è anch’essa vittima".

 

E il fango avanza.

Ma c’è ancora chi crede che non arriverà mai alla sua porta.

 

 

Nella posizione di restI,

i sacrificati dello "sviluppo"

non crescono. Vengono sommersi.

L’ONU denuncia che le misure prese dal governo federale, dalla Vale e dalla BHP Billiton si sono mostrate “chiaramente insufficienti” per affrontare una catastrofe equivalente al volume di 20.000 piscine olimpioniche piene di fango tossico, che contamina il suolo, i fiumi e il sistema di rifornimento idrico in un'area superiore a 850 km. e che non si sa dove arriverà. L’Onu dichiara che è “inaccettabile” che si impieghino tre settimane per informare che esiste un rischio tossico nel fango che avanza. L’Onu afferma che “il disastro è un tragico esempio del fallimento delle imprese nella tutela dei diritti umani e nella prevenzione delle loro violazioni".

 

Dilma Rousseff, la presidente che ha aspettato una settimana prima di sorvolare (altra parola interessante) la regione di quel che è considerato il maggior disastro ambientale del paese che governa, nega qualsiasi inadempienza del suo governo.

Le denunce dell'ONU sulla catastrofe di Mariana

Forse il problema non è l’incompetenza nella prevenzione e nel modo di affrontare la catastrofe, ma l’incapacità dell’Onu di comprendere che lo sviluppo è il grande “interesse nazionale”. In nome di una causa maggiore, gli ottusi devono capire la necessità di fare sacrifici, anche se i sacrificati non sono mai quelli che sostengono la necessità di fare sacrifici. Nella posizione di resti i sacrificati non crescono. Vengono sommersi.

 

E il fango avanza.

 

Così come avanza il nuovo Código de Mineração (ndt. Codice del settore minerario) al Congresso. Una parte significativa dei deputati della commissione responsabile della sua creazione ha ricevuto donazioni da imprese legate al settore. Ma, come chi crede che il fango non sia ancora arrivato alla sua porta ha certezza, questo è solo un dettaglio che non corromperà l’alto senso del dovere civico dei parlamentari.

Nel momento di legiferare e decidere come proteggere il Brasile e i cittadini brasiliani perché catastrofi come quella delle dighe Samarco (leggasi VALE e BHP BIllinton) non si ripetano, non penseranno a chi ha finanziato le loro campagne ma solo "all’interesse nazionale”.

 

E il fango avanza.

Il 24 novembre, l’IBAMA (Istituto Brasiliano dell’ambiente  e delle risorse naturali rinnovabili), altro nome a cui fare attenzione, ha dato la sua autorizzazione alla diga di Belo Monte, nel Pará. La presidente dell’ente, Marilene Ramos, ha affermato durante l’annuncio: “Posticipare la licenza sarebbe punire il Brasile”.

 

E il fango avanza.

 

Tre giorni dopo questa frase lapidaria della presidente dell’IBAMA, la grande impresa  di costruzioni Andrade Gutierrez ha concluso un accordo con la Procura Generale della Repubblica, come riportato dai principali giornali  brasiliani, impegnandosi a dare dettagli su vari schemi di corruzione, tra cui le tangenti relative  a Belo Monte, un’opera stimata oggi in trenta miliardi di reais. Un giro di tangenti è stato già segnalato nell’ambito dell'inchiesta "Lava Jato" da imprenditori del Consorzio Costruttore di Belo Monte contrattato dalla Norte Energia per eseguire l’opera, e sono ora al centro delle investigazioni. 

 

Ma a Belo Monte "l’interesse nazionale” è così imperativo che neppure ventitré azioni del Pubblico Ministero Federale che denunciavano violazioni alla Costituzione sono state capaci di interrompere l’opera, che è ormai considerata un "fatto compiuto". Come ha scritto il presidente della Norte Energia, Duílio Diniz de Figueiredo, dopo l’autorizzazione a procedere, “è un orgoglio per il Brasile vedere Belo Monte diventare realtà”.

 

E il fango avanza.

 

Annunciando la licenza ambientale, secondo quanto riportato dal giornale O Estado de S.Paulo, la presidente dell’Ibama ha affermato che la Norte Energia aveva "soddisfatto integralmente" tutte le esigenze, tranne il 10%. Giorni dopo, la FUNAI (Fondazione Nazionale per gli Indios) aveva già dato il suo avallo alla licenza, pur menzionando una serie di pendenze e inadempienze rispetto alle clausole.

 

La stessa FUNAI che, invece di essere resa più forte perché i popoli indigeni coinvolti dall’opera potessero avere maggior difesa,  è passata per il processo esattamente opposto: il suo direttivo a Alltamira è stato ridotto da 60 a 23 impiegati, nel periodo di maggior lavoro per una delle più grandi opere del PAC (Programma di Accelerazione della Crescita).

 

E il fango avanza.

A Belo Monte, quel che era una "condizione"

affinché l'opera ricevesse il via libera

per la realizzazione, è diventato condizione

dopo la realizzazione dell’opera stessa.

 

La parole “condizione” ha subito un intervento originale nel testo di Licenza di Operazione, in una delle più creative interpretazioni recenti della lingua portoghese, espressa da questa frase che apre una nuova pagina nella letteratura brasiliana: “La validità di questa Licenza di Operazione è vincolata al rispetto delle condizioni costanti presenti in questo documento...”. Come si sa, la lingua è viva. E così, quel che era una "condizione" affinché l'opera ricevesse il via libera per la realizzazione, è diventato condizione dopo la realizzazione dell’opera stessa.

 

Ma, così come credono le autorità dell’IBAMA e della FUNAI, chi crede che il fango non arriverà mai alla sua porta e tanto meno alla sua gola, ha anche la certezza che proprio ora che la Norte Energia ha già ottenuto tutto quel che vuole, l’impresa vorrà mantenere fede ad ognuno dei suoi obblighi legali.  È sempre un piacere constatare che le azioni del governo sono in sintonia con il pensiero logico. La diga di rifiuti tossici della SAMARCO (leggasi VALE e BHP Billiton) che è crollata aveva come "condizione" un piano di contingenza.

 

E il fango avanza.

 

Belo Monte comincia a riempire il suo bacino nel momento in cui la regione attraversa una siccità storica e il livello delle acque del fiume è pericolosamente basso.

Prima, una risoluzione dell’Agenzia Nazionale delle Acque (ANA) permetteva di riempire la riserva solo tra gennaio e giugno, fuori dal periodo di siccità. Ma anche questa è stata ignorata, come ha denunciato il reporter André Borges, del giornale O Estado de S.Paulo. Circa 1800 famiglie espulse dalle loro case e isole si sono rivolte alla Difesa Pubblica dell’Unione in cerca di giustizia. La popolazione coinvolta ha avuto accesso all’assistenza giuridica solo all’inizio del 2015, cinque anni dopo la gara d’appalto dell’opera.


Neanche il governo ha rispettato i suoi compiti, come quello di omologare la Terra Indigena Cachoeira Seca, la più disboscata del Brasile: soltanto nel 2014 è uscita da lì una quantità di legna capace di riempire 13 mila camion. Leader indigeni e associazioni socio-ambientali denunciano che nessuno sa cosa succederà al Rio Xingu e a tutti quelli che vivono in questo delicato ecosistema. Denunciano che nessuno riesce a valutare con la necessaria precisione la portata dell’impatto dell’operazione di Belo Monte, visto che gli enti che controllano dipendono dalle informazioni e dalle analisi fornite dalla stessa impresa. Così come erano dipendenti dalle informazioni fornite dall'impresa anche gli enti nella catastrofe del bacino del Rio Doce, catastrofe che intanto ha già raggiunto l’oceano.

Belo Monte, imprese di costruzione e specchietti

29.07.15

Belo Monte, imprese di costruzione e specchietti di Eliane Brum

La relazione contaminata tra i governi Lula - Dilma e le grandi imprese di costruzione ha creato il suo monumento: è Belo Monte. Questa immensa diga sul fiume Xingu è, tanto quanto la Petrobras coinvolta nell' Operazione Lava Jato, il simbolo delle relazioni pericolose tra lo stato brasiliano e le grandi imprese costruttrici nella storia recente del paese. 

Belo Monte, annuncio di una guerra

29.07.15

Belo Monte, annuncio di una guerra

Documentario indipendente interamente finanziato attraverso una raccolta fondi in rete. Regia: André Vilela D’Elia. Brasile, 2012. Quello di Belo Monte è un progetto devastante che risale ai tempi della dittatura militare, poi sospeso e ripreso con forza dai governi Lula e Rousseff. Belo Monte è una grande diga che il governo brasiliano progetta di costruire sul fiume Xingu, in Amazzonia... 

Ma forse chi crede che il fango non arriverà mai alla sua porta conclude che tutte queste persone che suonano l’allarme per Belo Monte non capiscono nulla di "interesse nazionale”. Di fronte al timore al dubbio, bisogna ricorrere alla frase della presidente dell’IBAMA, per recuperare subito la tranquillità e la fiducia nello sviluppo: “Posticipare la licenza di operatività sarebbe punire il Brasile”.

 

E il fango avanza.

 

E il fango avanza, molto oltre, abbattendo le frontiere tra pubblico e privato, tra i partiti e anche tra i poteri, insinuandosi ogni giorno un po’ di più, impregnando i giorni, dando al quotidiano il suo tessuto tossico. E anche lì nessuno sa fin dove il fango può arrivare. Quanti punti potrà collegare non solo tra i contratti della Petrobras, ma anche nel settore elettrico. E forse oltre.

 

E il fango avanza.

 

Il cambiamento climatico segna il momento in cui l’uomo non solo teme la catastrofe, ma diventa lui stesso la catastrofe. È così che il Brasile arriva alla Conferenza sul Clima di Parigi: presentando nel curriculum "il maggior disastro ambientale della storia” e la Licenza di Operatività per Belo Monte, un’altra diga gigantesca in Amazzonia, come fatto compiuto.

 

Che momento nella storia del brasile, questo in cui c’è tanto fango ovunque e in contemporanea questo fango concreto, reale, che avanza e  uccide. Questo fango delle immagini, questo fango morto che sembra vivo perché avanza, e che ha rotto la diga che lo teneva a freno a causa del fango ancor più tossico che lo precedeva. Il momento della storia in cui il fango ha rotto la diga del simbolico per invadere il reale in forma concreta.

 

Davanti a tante autorità, in ogni sfera, che di fronte al fango dicono di agire “in nome dell’interesse nazionale” forse è ora di cominciare a dipingere la nostra Guernica per tentare una rappresentazione della catastrofe. Una Guernica di immagini, ma anche di voci. Una Guernica di memorie e di testimoni. Una Guernica che affronti "l'interesse nazionale” e lo denunci. Una Guernica che esponga la perversione delle dighe e anche delle frontiere.

Perché il fango avanza. E quel che attraversa la porta di casa non è più soltanto polvere.

Eliane Brum

Eliane Brum

 

è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.

Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.

Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).

 

Site: elianebrum.com | Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum

 

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Accusata della responsabilità della tragedia, la multinazionale Vale si occupa della scena del crimine, esclude la stampa e lascia fuori la popolazione. Un articolo dagli spunti inquietanti scritto dalla giornalista Laura Capriglione, che ha seguito le operazioni di soccorso a Mariana, Minas Gerais, nelle ore immediatamente successive alla tragedia della rottura delle dighe.

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