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17.05.16

ORDINE E REGRESSO

di Ivan "Grozny" Compasso* per il Resto del Carlinho Utopia

 

Ventidue i ministri nominati da Michel Temer, il provvisorio presidente brasiliano. Tutti bianchi e uomini. Dieci i dicasteri tagliati. La diminuzione da 31 a 20, se può apparire virtuosa dal punto di vista del contenimento delle spese chiarisce invece la strada che vogliono far percorrere al Paese le forze che hanno portato a questa situazione.

 

Estinto il Ministero della Cultura inglobato ora in quello dell'Educazione, cancellati i ministeri a indirizzo sociale: il ministero per le Donne, quello delle Pari Opportunità Razziali, quello dei Diritti Umani...

 

Questi  ultimi confluiranno in unico dicastero, guidato da Alexandre de Moraes, capo della sicurezza pubblica di Sao Paulo, noto per usare il pugno duro contro chi ha protestato nelle strade in questi anni. Le immagini degli studenti assaliti con ferocia dalla polizia militare hanno choccato

l’opinione pubblica.

 

Ordine e Regresso (fotomontaggio realizzato da un disegno di Francisco Leite)

Sette tra i neo ministri incaricati sono indagati per riciclaggio. 150 i parlamentari. Per molti si parla anche di corruzione.

E’ difficile quindi dare credito a chi sostiene che quanto sta accadendo è un atto dovuto e che la “questione morale” deve entrare nell’agenda politica. Difficile da credersi, se chi pronuncia queste parole non ha proprio un passato e soprattutto un presente, limpido.

 

Temer ha annunciato anche il licenziamento di 4000 dipendenti pubblici assunti senza concorso pubblico. Tra i provvedimenti annunciati anche una nuova regolazione della “Bolsa Familha” che permetteva alle famiglie più povere di ricevere un sostegno dello stato a patto che si mandassero i figli a scuola.  il provvedimento che ha permesso a circa quaranta milioni di persone a uscire dalla povertà. Quella vera. Quindi che il neo ministro dell’istruzione Mendonça Filho annunci che le quote per neri e indios saranno cancellate, perché sostiene siano discriminanti, appare un paradosso.

 

Ma Lula e Dilma non sono esenti da colpe. Il compromesso tra solidarietà e capitale non ha funzionato. Un sistema che da una parte faceva uscire dalla povertà quaranta milioni di persone e allo stesso tempo inaugurava cantieri per grandi opere pressoché inutili o prendeva commesse per costruire sommergibili da guerra a propulsione nucleare come poteva reggere?

 

Che il sistema politico avesse delle falle, si poteva intuire già prima, quindi, ma da quando le opposizioni hanno deciso di cavalcare le inchieste della magistratura si è arrivati a un punto di non ritorno. I giudici si sono difesi dall’accusa di servire una certa parte politica portando come esempio l’esperienza della Tangentopoli italiana. Peccato che si siano dimenticati di dire com’è andata a finire, in Italia.

 

Temer: "Chiudi la bocca che ora sei mia!" - vignetta di Carlos Latuff

L’accusa fatta alla Roussef di avere taroccato i conti per ridimensionare il deficit prima delle elezioni del 2014 è chiaramente un preteso. Sarà il senato a decidere se giudicarla innocente o colpevole, comunque. Gli stessi che hanno votato per l’impeachment. Pare quindi scontato l’esito.

 

Di fatto si è parlato di più dell’opportunità di dare una spallata al Pt (Partito dei Lavoratori), che Lula per la prima volta aveva portato al Governo. Perché la questione è politica, inutile girarci attorno. Un’occasione da non perdere per i suoi detrattori, che al Senato sono davvero tanti. L’accusa alla Roussef è quella che si potrebbe fare a molte figure che coprono ruoli analoghi, e in Brasile, un Paese dove la corruzione è a livelli record, la cosa non può fare che sorridere.

 

Molti di quelli che hanno votato l’impeachment e la sospensione della Presidente sono indagati per reati molto più gravi di quelli imputati alla Dilma. Se può parere incomprensibile, a molti osservatori distratti, il motivo di migliaia di persone in piazza da quando è cominciato l’attacco a Dilma, bisogna rendersi conto che è questa, evidentemente, una pagina importante della storia del Brasile.

 

Le opposizioni non hanno la forza di sfidare Dilma sul piano elettorale e quindi hanno preferito prendere un’altra strada. Molto pericolosa. Le reazioni sono state molteplici e non lasciano intravedere nulla di buono. Michel Temer non fa che ripetere che Dilma è ancora la presidente, pubblicamente, ma nei corridoi dei palazzi del potere ognuno fa i suoi conti. Si cercano alleanze e si corteggiano i deputati scontenti del PT.

 

La stampa latino americana si è molto occupata di Temer in questi giorni, descrivendolo come un uomo molto vicino agli Usa, tanto per usare un eufemismo. Il Messicano “La Jornada” addirittura lo accusa, in prima pagina, di essere un confidente della Cia. Anche dall’Uruguay sono partiti attacchi diretti alla sua figura.

 

Poi ci sono gli artisti brasiliani che non si danno pace e attraverso ogni mezzo fanno sentire non solo sostegno alla Presidente ma anche con forza ricordano che questo è un golpe.

L’ha fatto a Salvador il musicista Carlinhos Brown che si è lanciato in un atto di accusa senza mezzi termini contro i responsabili di questa situazione.

Senza dimenticare che uno tra i primi provvedimenti presi da Temer è stato quello di cancellare il ministero della cultura, ad esempio, e non è stato un atto dovuto ma un chiaro segnale che la direzione che si vuole prendere non solo è un’altra, ma va in direzione opposta. Caetano Veloso ha usato parole di fuoco sia nelle interviste che dal palco. durante un concerto. Ha preso di mira, con ironia pungente, i sette ministri indagati per riciclaggio di denaro, ha accusato Temer di volere riportare indietro l’orologio della storia.

 

Temer con queste prime azioni ha di fatto attaccato i punti che hanno caratterizzato e reso popolari Dilma e Lula. Ed è questo che colpisce più di tutto. Molti di coloro che hanno fortemente criticato la gestione del Pt, i rapporti con le multinazionali lasciate libere di agire praticamente indisturbate, chi ha sempre giudicato come ambiguo questo atteggiamento che ha portato al dilagare della corruzione tra molti deputati e amministratori del Pt, perché si ritrova quasi a prendere la difese di una classe politica non esente da colpe, oggi si ritrovano a difendere la Rousseff.

 

Se è chiaro che il “Lulismo” non è un sistema perfetto è altresì palese che il provvedimento di sospensione della Presidente, calato dall’alto da nostalgici di un tempo passato, apre a scenari preoccupanti per la tenuta di questa fragile democrazia.

*Ivan "Grozny" Compasso giornalista freelance, pubblica servizi multimediali su diverse testate come Il Manifesto, La Repubblica e La Gazzetta dello Sport (Extra Time), occupandosi sopratutto di temi internazionali con reportage dall’America Latina (Brasile, Messico, Argentina...) e dal Medio Oriente (Turchia, Siria, Iraq...). Tra i documentari "Carlo Petrini, una vita in due tempi" (2011) e "Fora da Copa" (2014), disponibili su youtube. Pubblica nel 2014 "Ladri di Sport"  e di recente "Kobane Dentro - Diario di guerra sulla difesa del Rojava" . Collabora con la trasmissione Gazebo.

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