EDUARDOS
Quasi settantacinque anni fa nacque un Eduardo. Nacque e brillò.
Portava negli occhi di bambino tutta la storia del mondo. Vedeva oceani e civiltà.
Nel suo primo pianto c'era il pianto di un indio incatenato, il pianto di uno schiavo al tronco, di una donna violentata,
il pianto di un contadino senza la sua terra, il pianto di un bambino abbandonato nella notte di una grande città.
Crebbe così, sentendo molti battiti nel suo cuore. Era come se il battere del suo cuore fossero gli altri.
Gli piaceva raccontare storie che voci distanti soffiavano alle sue orecchie,
e lasciava che chi le ascoltasse se ne appropriasse. In fondo, non erano le sue.
Brillò illuminato dalla luce degli uomini.
È morto illuminato dalla luce degli uomini.
Dieci anni fa nacque un altro Eduardo. Questi brillò per conto proprio.
Non sapeva che i suoi occhi di bambino contenessero la storia di una città spezzata, di una gente isolata, ignorata dal potere.
I suoi occhi erano innocenti, ma questo piccolino Eduardo crebbe come fosse un colpevole.
Colpevole della sua povertà, del suo essere la prova nitida che c'era qualcosa di sbagliato sul pianeta.
Gli piaceva ascoltare le storie che sua madre gli raccontava per farlo addormentare.
E di queste si appropriava, inventandone molte altre, nelle quali era l'eroe importante per il lieto fine.
Quando scendeva la sera, andava di fronte alla sua casa per vedere il cielo colorarsi di arancione.
Crebbe quanto gli fu possibile. In una di quelle sere, venne condannato alla pena di morte.
Brillò malgrado gli uomini.
È morto sconosciuto dagli uomini.
Si fa giorno, ed oggi è un giorno diverso. Qualcosa ci dice che i due si sono incontrati in qualche posto.
Dove si trovano, il cielo è sempre colorato di arancione.
E i due si raccontano storie e ridono e danzano, come due bambini,
come un nonno e il nipotino,
come due Eduardo,
come un solo Eduardo,
come chiunque di noi.
Ora non sono più nessuno. Sono cielo.
Quando ci fermeremo per veder scendere la sera, penseremo a loro.
E andremo avanti.
NELLA FAVELA DO ALEMÃO, PASQUA DI MORTE SENZA RESURREZIONE
Giovedi Santo. Favela Complexo do Alemão, zona nord di Rio de Janeiro. Ma potrebbe essere Capão Redondo, a San Paolo, Cabula, a Salvador da Bahia o Terra Firme, a Belém do Pará. E le grida disperate della madre: "Léo, hanno tolto la vita a tuo fratello. Léo, figlio mio, la polizia ha sparato alla testa di mio figlio in casa! Sono vigliacchi, Léo ..."
Potrebbe essere Maria, la madre di Gesù. Ma era Terezinha Maria, 40 anni, lavoratrice domestica a ore, madre del Cristo del momento, il bambino Eduardo de Jesus Ferreira, 10 anni, ucciso con un colpo di fucile a distanza ravvicinata, sulla porta di casa.
Gesù di Nazareth ha avuto diritto a un processo. La morte è giunta solo dopo essere stato condannato da una giuria popolare. Eduardo non avrà nemmeno la chance di essere il facile bersaglio degli effetti di una possibile riduzione della maggiore età per la responsabilità penale.
I testimoni hanno raccontato che un poliziotto in uniforme e con il viso nascosto da un cappuccio, ha sparato e poi è rimasto a guardare. Poi, minacciato dai residenti, si è dato alla fuga.
Da Mercoledì (01/04), oltre al piccolo Eduardo, altre sei persone sono state colpite nella favela do Alemão. Tre sono morti. La polizia è sospettata per tutte queste morti. La giustificazione è sempre la stessa: la lotta contro il narcotraffico e la criminalità organizzata. E le morti, come da copione, avvengono quasi sempre nelle stesse condizioni, "conflitto a fuoco tra polizia e banditi."
Ma i crocifissi, morti e sepolti, sono sempre gli stessi: gli abitanti delle favelas e delle periferie, giovani, neri e poveri.
Venerdì Santo, accendo la televisione e su tutti i canali la notizia è: qualcuno "importante" ha perso suo figlio in un incidente di elicottero. (ndt. Thomaz Alckmin, figlio del governatore di San Paolo) Sì, sarà una Pasqua triste anche quella. Il mio rispetto per tutti i dolori. Ma ci sono morti naturali, accidentali o dovute a malattie incurabili. E altre - la maggior parte - risultato della negligenza, dei pregiudizi e della violenza gratuita. Un proiettile di fucile sparato da un pubblico ufficiale in servizio contro il corpo fragile di un bambino di 10 anni, non merita attenzione? Non merita dibattito, copertura mediatica, preoccupazione? Perché no?
E che altro c'è da dire? E che altro c'è da fare? Forse sperare che la Pasqua faccia di più che ricordarci una risurrezione simbolica: che ci provochi l'insurrezione necessaria.
Stato brasiliano, governi e polizia: i nostri Pilato che si lavano le mani sporche di sangue!
EDUARDO AVEVA 10 ANNI E SOGNAVA DI FARE IL POMPIERE
Terezinha Maria de Jesus, 40 anni, impiegata domestica, non ha dubbi su chi ha assassinato con uno sparo alla testa suo figlio Eduardo, di appena 10 anni, nel pomeriggio di giovedì 2 aprile nella favela Complexo do Alemão, nella zona nord di Rio de Janeiro: "L'ho visto bene in faccia quel poliziotto militare. Non dimenticherò mai la faccia di chi mi ha distrutto la vita. Quando sono corsa verso di lui, mi ha puntato la pistola addosso ed io gli ho detto 'Puoi anche uccidermi, tu mi hai già tolto la vita!"
Terezinha racconta che era seduta sul sofà di casa insieme a Eduardo, guardavano la televisione: "Era seduto con me. È stata una questione di pochi secondi, Eduardo si è alzato ed è andato a sedersi sul gradino della porta di cosa. Ho sentito uno scoppio e, quando ho guardato, una parte del cranio di mio figlio stava sul pavimento della sala, e lui era caduto a terra là fuori, morto."
Disperata e rabbiosa, Terezinha, che è madre di altri quattro figli, continua a ripetere che suo figlio sognava di diventare un pompiere: "Gli hanno portato via il suo sogno. Io facevo di tutto per cercare di dargli un buon futuro, poi arriva la polizia e finisce tutto! Lui diceva sempre che voleva diventare un pompiere, era molto studioso e prendeva sempre buoni voti a scuola. Perché hanno fatto questo a mio figlio? Perché?", continua a ripetere.
Almeno 6 persone sono state colpite dalla polizia nello spazio di 24 ore nella favela do Alemão, nel corso di supposti scontri con i narcotrafficanti e tre di loro sono morte.
Elizabeth de Moura Francisco, casalinga di 40 anni, è stata raggiunta da una "pallottola vagante" ed è morta, mentre la figlia quindicenne che si trovava con lei è rimasta ferita.