28.04.16
Belo Monte, "un monumento alla follia"
intervista a Dom Erwin Kräutler
di Marceu Vieira, Projeto #Colabora - pubblicato sul sito del CIMI - Consiglio Indigenista Missionario, il 05.04.16
traduzione di Carlinho Utopia e Laura Recanatini
Teologo, filosofo, 22 tra titoli e premi conseguiti in tutto il mondo per la sua lotta a favore dell’Amazzonia, don Erwin Kräutler, 76 anni, domenica 3 aprile scorso ha lasciato il suo incarico di vescovo di Xingu, stato del Pará.
La sua battaglia contro la costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte, che ha avuto inizio ben prima del primo governo Lula, suo ex alleato, è divenuta nota anche oltre i confini del Brasile. Al suo posto si è insediato il vescovo dello stato del Maranhao, Dom João Muniz Alves, 55 anni. La sostituzione è un importante evento nella Chiesa. Il suo addio sta portando ad Altamira, sede del vescovado, 11 arcivescovi e vescovi.
Dom Erwin nasce a Koblach, in Austria, arriva nella regione nel 1965 dove ricopre la carica dal 1981, quando riceve anche la cittadinanza brasiliana.
La prelatura di Xingu è la più grande del paese, con 15 comuni e 368,086 km² di area, superficie maggiore di 20 stati brasiliani.
Se ne va con la guerra persa contro Belo Monte.
Ma in questa intervista data a #Colabora dopo aver celebrato la Messa della Domenica delle Palme nella Parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso ad Altamira, lui dice di non sentirsi frustrato. Crede che la sua lotta e la "follia" della centrale servirà come esempio per evitare la costruzione di nuove opere simili in Amazzonia. Per 17 anni (non consecutivi), Dom Erwin è stato anche presidente del Consiglio Indigeno Missionario (CIMI), un ciclo che si è concluso nel 2015, quando Dom Roque Paloschi ha assunto la presidenza dell'organizzazione.
Ecco qui di seguito l'intervista di Marceu Vieira, pubblicata nel progetto #Colabora.
Dopo aver perso la lotta contro Belo Monte, qual é la sua riflessione?
Per me, il problema fin dall'inizio, non è che il Brasile ha bisogno di energia. Questo è logico. Nessuno lo mette in discussione. Il problema è come captare energia. È possibile che l'unico modo per produrre energia è sacrificare un fiume con le dimensioni del Xingu? Perché é questo che sta accadendo, è il sacrificio dell'ambiente, il sacrificio del fiume. E anche se l’Ibama (Istituto Federale di preservazione ambientale), a quel tempo, ha posto 40 condizioni e la Funai (Fondazione Nazionale dell'Indio) altre 23 (ora in totale sono 54), queste non sono state rispettate. Chi cammina per la città sa perfettamente l’assurdo di ciò che sta accadendo. Quello che è stato costruito é un monumento alla follia.
Non é rimasto niente di positivo?
La città è immersa nel caos. In tutti i sensi. La salute, l'istruzione, i trasporti, gli alloggi. Il risanamento promesso non è stato fatto. Combattiamo tutti i giorni contro il virus Zika che qui prospera con fogne a cielo aperto. Sono profondamente dispiaciuto per questo disprezzo nei confronti della nostra regione. Conosco Altamira da oltre 50 anni. So com'era Altamira e so quello che è oggi. Naturalmente, avevamo e abbiamo bisogno di innovare e migliorare sempre. Ma il modo in cui questo è stato fatto? E la rimozione di persone dal loro habitat, il luogo in cui sempre hanno vissuto...
BELO MONTE, ANNUNCIO DI UNA GUERRA - Regia: André Vilela D’Elia. Brasile, 2012
In questo documentario è presente una interessantissima intervista a Dom Erwin Kräutler
Molte persone vivevano in palafitte. Non sono migliorate le cose in questo senso?
Non è così semplice. Dicono che hanno fatto un sacco di case. Casette! Non sono case in cui i paraensi (ndt. abitanti dello stato del Pará) possono vivere. La cultura di questo popolo è molto ospitale. La famiglia non è formata solo da padre e madre. È la grande famiglia, è il clan. Chi, per esempio, vive nell’interno, viene qui per curarsi, per fare la spesa o per visitare qualcuno e, naturalmente, viene ospitato in casa dei figli. I nonni che arrivano, i genitori, i parenti, gli amici.... Rimango sbalordito di fronte ad una famiglia che vive in una piccola casa di queste, che quando si tratta di ospitare genitori o figli, é costretto a dire: "Babbo, mamma, qui non c’é posto. Voglio dire... questo é un golpe!
Un golpe?
Parliamo di golpe per l'ambiente, un colpo al cuore dell'Amazzonia. Ma è anche un colpo al cuore di questo popolo. Questo non è mai stato preso in considerazione. Le decisioni sono state prese altrove, negli uffici di Brasilia. Abbiamo sempre avuto il diritto di protestare, di fare manifestazioni, di dimostrazioni. Ma il rullo compressore è passato su di noi.
Lei ha sofferto pressioni nella sua lotta contro Belo Monte, minacce?
Sì. All'inizio, è stato terribile.
Che tipo di minacce?
Continuo a vivere sotto scorta della polizia. Da quasi dieci anni non posso uscire senza scorta. Non che io lo abbia chiesto. Ma il governo ha deciso così. Delle persone pensavano che io avessi il potere di frenare la costruzione della centrale di Belo Monte. "Fino a quando ci sarà questo vescovo, la diga non si fará", dicevano. Questo è assurdo. Non ho mai avuto così tanta influenza.
Da dove pensa che le minacce provenissero? Dai fazendeiros? (ndt. grandi proprietari terrieri)
Sì. Ma è molto difficile da individuare. La polizia federale ha investigato. Ma questo “consorzio del crimine” è molto difficile da identificare.
Come sono arrivate le minacce?
Indirettamente. Per esempio, durante una processione, improvvisamente, qualcuno gridò cose su di me. Poi, successivamente, per iscritto. Inviavano lettere velate. Fax anonimi. Una lettera è stata lasciata nella sede della Tv della Prelatura. Poi Internet. Addirittura hanno segnato il giorno in cui ... (sarei stato ucciso). Poi da Santarém (stato di Pará, città a 544 chilometri da Altamira), mi arrivò un avvertimento e stabilirono addirittura il prezzo per la mia esecuzione.
La gente di Altamira era dalla sua parte o si fidavano dello sviluppo promesso?
È interessante notare che le persone che, a suo tempo, erano a favore di Belo Monte, difendendolo con unghie e denti, e irritati col vescovo, perché era contro, insomma, tutte queste persone oggi mi danno una pacca sulle spalle dicendomi:”avevi ragione". Così tante persone hanno riconosciuto che io non ero contro il progresso, ma contro una forma di progresso che non posso accettare.
Cos'è per le il progresso?
Progresso per me sarebbe una migliore qualità della vita! Vai a vedere la qualità di vita della nostra gente! Se l’hai già vista, già lo sai.
Che cosa si deve fare ora che la centrale è pronta?
L'unica cosa che dobbiamo fare è... Sperare che per altri progetti in programma, come ad esempio quello per il Rio Tapajos, i responsabili abbiano imparato dall'esempio di qui.
Lei ha sempre avuto rapporti con la cupola che ha fondato il PT. Ha cercato il governo e ha chiesto che Belo Monte non venisse costruito?
Sì, ho incontrato Lula due volte. Nell’ufficio di Presidenza.
È stato irremovibile?
No. Praticamente, mi ha ingannato. Il 19 marzo del 2009, ero lì con lui. Ho detto che non volevo parlare da solo, volevo che anche altre persone potessero parlare. Allora ha marcato una nuova udienza per il 22 luglio. E noi andammo con due "ribeirinhos" (ndt. popolazioni che vivono lungo il fiume), due indigeni, Antonia Melo (della ONG “Xingu Vivo para sempre”), due procuratori della repubblica e Celio Bermann, famoso scienziato dell'Universitá di San Paolo. Lula mi prese per un braccio e mi disse testualmente (imita la voce dell’ ex presidente): "Dom Erwin, noi non faremo ingoiare per forza a nessuno questo progetto. Non ripeteremo il “monumento alla follia” che fu Balbina (centrale idroelettrica nella cittá di “Presidente Figueredo”, stato di Amazonas, inaugurata nel 1989, considerata dagli scienziati e tecnici del governo un errore storico, per la bassa produzione di energia, appena 275MW, rispetto all'area di allagamento, quattro volte superiore a quella di Belo Monte, e le sue gravi conseguenze socio-ambientali). Il Brasile ha un grande debito nei confronti delle persone colpite dagli effetti della diga. Belo Monte si fará solo se sarà gradita a tutti! " Cosa, questa, che sarebbe stata impossibile, ma in ogni caso, così ci disse.
Ci ha creduto?
A quel tempo, ero molto entusiasta. Ho pensato che Lula fosse una persona seria. Ma era solo uno stratagemma per sbarazzarsi del vescovo, il vescovo inopportuno che è arrivato e ha detto quello che pensava. Alla fine, ha detto, "Il dialogo deve continuare".
Ed è continuato?
Tornai nuovamente là ad ottobre. Capo di Gabinetto, all'epoca, era ancora Gilberto Carvalho. Rimasi una settimana a Brasilia. E ogni giorno telefonavano dicendomi: "Oggi, non possiamo riceverla, ma domani si..." Fino a che, un giovedì sera, mi dissero: "Purtroppo oggi non ci riusciamo perché il presidente dovrà recarsi altrove". In quel momento mi accorsi che era semplicemente un modo per sbarazzarsi di me. Il dialogo a quel punto si é interrotto.
Belo Monte, imprese di costruzione e specchietti
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La relazione contaminata tra i governi Lula - Dilma e le grandi imprese di costruzione ha creato il suo monumento: è Belo Monte. Questa immensa diga sul fiume Xingu è, tanto quanto la Petrobras coinvolta nell' Operazione Lava Jato, il simbolo delle relazioni pericolose tra lo stato brasiliano e le grandi imprese costruttrici nella storia recente del paese. Relazioni che attraversano i governi della dittatura, quelli della re-democratizzazione e si riproducono fino ad oggi, con particolari peculiarità. C'è tutta la storia del Brasile contenuta in Belo Monte. Belo Monte è diventata un'opera pubblica contro il pubblico... Leggi tutto
Ciò che Belo Monte denuncia su tutti i fronti
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La narrativa delle tangenti che si impone su quella della violazione dei diritti umani, denuncia le contraddizioni in gioco in questo momento storico ...Belo Monte è l’ineludibile. La storia ha già provato che restare in silenzio di fronte alle verità sconvenienti per vincere dispute politiche è una scelta pericolosa. Mi sembra possibile difendere la democrazia, senza difendere il governo, soltanto affrontando le contraddizioni del caso. Nel caso di Belo Monte, significa affrontare le violazioni dei diritti umani consumatesi prima, durante, e dopo l'opera. Affrontare le violazioni dei diritti umani e la distruzione ambientale che stanno avvenendo ora, in questo preciso istante, nello Xingu. E che non possono, ancora una volta, essere ignorate in nome delle convenienze – o essere ridotte a un sistema di tangenti ancora tutto da provare... Leggi tutto
Ha insistito poi con la presidente Dilma?
Sì. Ero presidente del CIMI (Consiglio Missionario Indigeno). Avevo un appuntamento con lei e uno dei punti era Belo Monte. Ha subito tagliato la conversazione. Poi mi hanno detto che avrei parlato con Gilberto Carvalho, che mi avrebbe ricevuto. Ma 15 giorni prima, durante un seminario promosso dal CNBB (Consiglio Nazionale dei Vescovi Brasiliani), aveva detto molto chiaramente che Belo Monte non era negoziabile, che si sarebbe fatto ad ogni modo. Così ho pensato, "Cosa vado a dire a quest'uomo?" E non ci andai. E questo a loro non piacque. Ma cosa ci sarei andato a fare? Solo perché qualcuno potesse scattare fotografie e filmare, dicendo che il vescovo era stato là a dialogare, quando non c'era affatto dialogo?
Lei parteciperà alla lotta contro la diga sul Rio Tapajós?
Mi unirò alla loro lotta. Là non ho la stessa influenza che ho qui. Ho partecipato ad un incontro il 27 novembre dello scorso anno, con gli indigeni Munduruku. Credo che la nostra lotta, che qui non è stata vittoriosa, potrebbe aver riflesso là, in modo che non si lascino ingannare.
Bloccare la costruzione della centrale sul fiume Tapajós sarebbe la vittoria della resistenza a Belo Monte?
Sì. Ma, d'altra parte io non mi sento frustrato e sconfitto. Quello che abbiamo fatto, quello che ho fatto, lo farei di nuovo. Nella funzione che esercito, per la missione che ho, non si può combattere per una causa con la certezza che sarà vittoriosa. Non è come in economia, dove si esamina il costo elevato e poi si decide: l'impegno, per me, è già una vittoria. Dio mio, non voglio compararmi a nessuno, ma ...
Ma?...
Quanti personaggi di questo mondo hanno lavorato per una causa e non sono riusciti, ma poi hanno lasciato un seme? Gesù è morto sulla croce e fu, apparentemente, una grande sconfitta. Potevano immaginare che questo avrebbe annullato tutto il suo messaggio. Tuttavia, la sua rivoluzione continua fino ad oggi. Quindi non mi sento frustrato. La gente dice: "No, adesso é ora di gettare la spugna e di appendere le scarpe al chiodo" ... Questo non mi é mai passato per la testa.
È mai arrivato a pensare di poter fare la stessa fine di Suor Dorothy Stang, assassinata nel 2005 qui nello Xingu?
Ho sepolto Dorothy. Sono esperienze che non si dimenticano. Quando sei di fronte a una bara, e la persona che è lì, voglio dire, ciò che di lei è restato, non è morta di malaria o in un incidente d'auto, ma è stata uccisa, è qualcosa che ti tocca profondamente. Pochi giorni prima era ancora con me. Ho incontrato altre persone che hanno avuto la stessa sorte come Ademir Federicci, detto Dema (leader ambientalista della regione di Xingu, ex consigliere comunale del PT che condusse la lotta contro Belo Monte, assassinato nel 2001). Dema è morto per la stessa causa, prima di Dorothy.
La Chiesa ha cercato di allontanarla da qui?
Mai. La mia protezione con la scorta è iniziata il 29 luglio 2006. Dopo aver celebrato una messa qui in questa chiesa, sono andato a casa e alle dieci è venuto il comandante della polizia militare, con due agenti e mi ha detto: "Sei sotto scorta". E io: "Non la voglio". Poi mi ha convinto, dicendomi che ne sapeva più di me. E se qualcosa mi fosse accaduto, il Segretariato Speciale per la Protezione dei Difensori dei Diritti Umani della Presidenza gliel'avrebbe fatta pagare cara. L'ordine arrivava di là. Io me ne volevo sbarazzare. In questa conversazione, mi disse che se volevo, avrei potuto andare via da qui. Non l'ho fatto. Se avessi lasciato, avrei fatto la volontà di coloro che sono contro di me.
In che modo la Chiesa reagí?
La CNBB mi ha sempre sostenuto. Anche Papa Benedetto XVI mi ha detto di stare tranquillo, che pregava per me. Mai nessuna autorità superiore mi ha detto di andarmene di qui, neanche solo consigliato. Chi l’ho ha fatto é stato il comandante della polizia militare. Proprio qui, oggi, ci sono due poliziotti che mi aspettano. Sono discreti, non indossano uniformi, ma mi aspettano.
Ha già provato paura?
Avevo paura di entrare in depressione. Perché ero abituato ad andare ovunque e Improvvisamente non potevo più fare neanche un passo senza essere accompagnato. Ma poi é passato. La mia libertà di movimento, la vita esterna, si è molto ridotta, perché io camminavo liberamente qui in questa città. Vita sociale, visitare le persone, prendere un caffè, andare ai battesimi ... Continuo a celebrare messa, ma a casa delle persone non ci vado più. Dovrei andare accompagnato da due agenti di polizia e questo mi mette a disagio. Non l’ho piú fatto. Ma pensavo già a quel tempo:”Non possono prendersi la mia vita interiore e continuerò a difendere questa causa perché credo sia la mia missione e il mio dovere."
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