11.05.16
Il giudizio più rigoroso sulla presidente e sul PT (Partito dei Lavoratori), quello che passerà alla storia, sarà dato dai brasiliani come João da Silva
A Belo Monte Dilma ha composto il suo requiem
di Eliane Brum, pubblicato su El Pais 10.05.16
traduzione di Carlinho Utopia
Giovedì 5 maggio Raimunda ha spento la televisione nella sua casa alla periferia di Altamira, nello stato del Pará. Il notiziario locale iniziava a trasmettere l'inaugurazione della centrale idroelettrica di Belo Monte da parte di Dilma Rousseff. È stato un piccolo gesto, quello di spegnere il tasto della TV. È stato lo sforzo di Raimunda di proteggere João dalla voce della presidente. Sdraiato sull'amaca, con una paralisi alle gambe, non è più in grado di proteggersi da solo. A Belo Monte, Dilma teneva il suo discorso, tra le ovazioni di una claque di movimenti sociali, denunciava il "golpe" per spodestarla. Ma l'ultima parola sul destino della presidente non sarà quella del Congresso. Il requiem di Dilma Rousseff, che passerà alla storia, è il silenzio di João da Silva.
All'aeroporto di Altamira, Liviane, una delle sette figlie di João e Raimunda, inalzava un cartello: "Da donna a donna, Dilma - mi hai lasciato orfana di padre vivo".
Dilma Rousseff non lo ha visto. Ha fatto solo pochi passi a terra. Poi è salita su un elicottero in direzione del territorio sicuro della diga di Belo Monte. La presidente ha sorvolato la città e il fiume. Ma era a terra che il dramma si svolgeva.
Se João avesse sentito il discorso di Dilma, saprebbe quale è stata la parola scelta dalla presidente per descrivere Belo Monte:
"Questa centrale è come questo popolo. Grandiosa. È una centrale grandiosa. Il modo migliore per descrivere Belo Monte è questa parola: grandiosa".
João ha scoperto, da poco più di un anno, che le parole possono uccidere. Ecco perché non può nemmeno sentir pronunciare la parola "Norte Energia", l'impresa concessionaria che ha materializzato la centrale sul fiume amazzonico Xingu. Nemmeno "Belo Monte". Nemmeno "Dilma Rousseff". E nessuno saprà la sua opinione su l'aggettivo scelto dalla presidente, "grandiosa".
Quando sua figlia scrive, sul manifesto che Dilma non ha letto, che è orfana di padre vivo, racconta di una morte che ha avuto inizio il 23 marzo del 2015. João era una delle migliaia di persone colpite da Belo Monte. Viveva con Raimunda in un'isola sullo Xingu, a Barriguda. Nelle parole della Norte Energia e del governo federale, era stato uno delle migliaia di "rimossi". Ma le parole non sono le stesse per tutti. Secondo João, lui è stato "espulso".
In quella data, João e Raimunda erano nella sede dell'impresa in attesa del verdetto. João, che ha lavorato fin dall'età di otto anni e che solo sull'isola aveva trovato un posto senza fame, credeva di ricevere una somma che gli avrebbe permesso di rifarsi una vita, ancora una volta. Ma l'incaricato della società fu tassativo: 23 mila reais. João allora si rese conto che, all'età di 63 anni, era condannato alla miseria. Nel momento della rivelazione, voleva uccidere il padrone delle parole che lo stavano pugnalando. Ma João da Silva non è un uomo che uccide. Si paralizzò completamente. La parola, le gambe. E dovette essere portato a braccia fuori dall'ufficio. Fu allora che João ha cominciato a morire. Per Raimunda e le sue figlie, è stato in quel momento che João cominciò ad essere "assassinato".
Foto aerea scattata personalmente da Dilma Rousseff il 5 maggio 2016, data nella quale si è recata ad inaugurare l'inizio dell'attività produttiva della centrale di Belo Monte.
Belo Monte - Sítio Pimental. (Vitória do Xingu - PA, 05/05/2016) - Foto: Dilma Rousseff/PR
Più tardi, quando recuperò la parola e tornò a fare qualche passo, molto lentamente, João disse: "Se avessi fatto un danno con uno grande, uno grande di là dentro, forse sarebbe migliorato per gli altri. Avrei sacrificato la mia vita, ma quella degli altri sarebbe migliorata. (...) In Brasile non c'è giustizia".
Quando disse questo, João poteva ancora sentire le parole. Ora, non può più. In breve, scopriremo il perché. Sicome le tre parole sono diventate proibite per lui, João non ha potuto sentire quello che successivamente Dilma Rousseff ha affermato:
"Sappiamo che questa centrale è stata oggetto di controversie. Molto più per mancanza di conoscenza che per il fatto di essere una centrale che ha problemi. La gente non era consapevole di cosa fosse Belo Monte".
Se a João non fosse stato proibito di ascoltare, avrebbe sentito dire che le persone come lui non sono "consapevoli" di cosa sia Belo Monte. Cosa questo avrebbe provocato in João?
Quello che Dilma Rousseff definisce "controversie" sarebbero le 25 cause intentate dal Ministero Pubblico Federale, una delle quali accusava lo Stato e la Norte Energia per l'etnocidio - la morte culturale - dei popoli indigeni? O la controversia sarebbe il contributo mensile di 30.000 reais in beni di consumo che i villaggi colpiti hanno ricevuto per due anni dalla società, come se il Brasile fosse rimasto fermo al 1500, e barattasse la vita (degli indios) in cambio di specchietti? O l'aumento del 127% della denutrizione infantile nei villaggi in questo periodo? O le migliaia di colpiti dall'opera che sono stati abbandonati, in totale assenza di protezione dal suo governo, a "negoziare" direttamente con la Norte Energia, visto che la Defensoria Pública da União (*) ha potuto raggiungere Altamira solo quando i lavori era praticamente completati? O quelli che hanno firmato con una X documenti che non erano in grado di leggere, ma che li condannavano all'esilio?
(*ndt. "Defensoria Pública da União": istituzione pubblica brasiliana creata con la Costituzione del 1988 al servizio dei cittadini sprovvisti delle risorse economiche necessarie a farsi assistere da un avvocato)
Forse no. È possibile che le "controversie" citate dalla presidente siano le "delazioni premiate" (ndt. "delazione premiata" : così vengono definite le dichiarazioni di chi collabora con la giustizia ottenendone in cambio benefici e sconti di pena) dei manager delle grandi imprese di costruzione nel corso dell'Operazione Lava Jato. (ndt. "Operazione Autolavaggio". Inchiesta ancora in corso della magistratura brasiliana, una sorta di "tangentopoli" brasiliana, che ha portato alla luce un sistema generalizzato di tangenti versate da almeno un decennio dalle principali imprese di costruzione del paese a responsabili della Petrobras, il colosso petrolifero nazionale a maggioranza statale)
Come i dirigenti dell'Andrade Gutierrez, che avrebbero affermato l'esistenza di tangenti per un importo di 150 milioni di reais provenienti da Belo Monte per il finanziamento delle campagne elettorali di PT e PMDB (Partito del Movimento Democratico Brasiliano).
Dilma Rousseff non ha specificato cosa intendesse per "controversie".
Si può dire che la presidente non è "consapevole" dell'esistenza di João. Se lo conoscesse, e lui potesse ancora usare le parole proibite, Dilma Rousseff saprebbe che João da Silva conosce Belo Monte. E sua moglie, Raimunda da Silva, conosce anche il profumo di Belo Monte. Per lei, Belo Monte ha odore di bruciato. Il 31 agosto del 2015, la Norte Energia ha dato fuoco alla loro casa. Quando Raimunda raggiunse l'isola per prendere le sue cose, ha trovato solo cenere. Un tecnico del Norte Energia le aveva già detto che la sua casa non era una casa, ma un "tapiri" (ndt. capanna, rifugio di fortuna).
Raimunda sa che le parole violentano. E reagì: "Nella sua lingua potrà anche essere quello che lei dice, signore. Ma nella mia, è la mia casa. Ed io ci stavo bene dentro, sai?".
Dilma Rousseff non conosce João da Silva, ma lui la conosce così tanto che non può sentire il suo nome, o la sua voce. Se potesse, João avrebbe ascoltato un'altra parte del discorso della presidente: "Voglio dire che questo progetto di Belo Monte mi inorgoglisce molto per i benefici sociali ed ambientali che ha prodotto".
Nel momento in cui Dilma stava parlando, quattro bambini indigeni erano già morti di influenza nello spazio di due giorni, tra il 29 e il 30 aprile. È importante ricordare i loro nomi di questi bambini dalla vita così breve: Kínai Parakanã, 1 anno; Irey Xikrin sette mesi; Kropiti Xikrin, 11 mesi; Kokoprekti Xikrin, 1 mese e 22 giorni.
In un documento datato 1° maggio, il Distretto Sanitario Speciale Indigeno di Altamira riporta la gravità dell'epidemia di sindromi influenzali nei villaggi, caratterizzate dalla forte diarrea, soprattutto nei bambini fino a cinque anni. Così come la carenza di strutture per combattere le minacce per la salute indigena. E mostra anche che il quadro è peggiorato dopo le celebrazioni per la Giornata dell'Indio a Altamira, quando villaggi che non erano ancora stati colpiti sono stati contaminati dopo il ritorno degli indigeni in città.
Quella settimana, la Norte Energia aveva promosso il 1° Festival di Cultura indigena Asurini e Araweté, con la presenza di decine di persone di queste etnie. Durante i festeggiamenti, l'epidemia di influenza in corso è stata ignorata. Le celebrazioni minacciano di trasformarsi in morte. Da quando la costruzione della centrale è iniziata, la circolazione di indigeni in città è molto più alta, cosa che facilita il contagio.
L'ospedale, che è parte delle clausole per la fattibilità dell'opera è pronto, ma non è ancora stato inaugurato e nemmeno è ancora dotato delle attrezzature sanitarie. La ristrutturazione della sanità indigena, una delle contropartite previste per l'opera di Belo Monte, con ambulatori forniti di medicine e la presenza nei villaggi di equipe addestrate, in modo che gli indigeni non debbano andare in città in cerca di assistenza, non è stata completata.
In una riunione del 6 maggio, che ha visto la partecipazione di diverse istituzioni, è stato creata una Task Force di Azioni Articolate e deliberata la necessità dell'intervento della Força Nacional do SUS (ndt. Forza Nazionale del Sistema di Salute pubblico.Una struttura nazionale di protezione civile in campo sanitario) con l'appoggio dell'esercito, per l'attuazione di un piano di interventi di emergenza.
"Di fronte alla denuncia degli operatori sanitari locali che portare questi bambini a Altamira e bussare alle porte degli ospedali equivale a scegliere dove essi moriranno, la richiesta rivolta al Ministero della Salute di un intervento della Força Nacional do SUS è, infatti, un appello al governo federale perché affronti la situazione attuale con la stessa velocità e l'efficienza con la quale, negli ultimi anni, ha lavorato perché la centrale di Belo Monte venisse completata, anche in assenza di quelle clausole necessarie che oggi potrebbero prevenire ulteriori morti , ha affermato Thais Santi, procuratrice della Repubblica a Altamira, che per anni ha denunciato l'etnocidio indigeno causato dalla costruzione della diga.
Siccome Dilma Rousseff ha soltanto sorvolato la città, senza camminare per le sue vie, non ha potuto essere testimone della disperazione degli indigeni in cerca d'aiuto e tanto meno all'impotenza degli operatori sanitari a fronte della mancanza di strutture per salvare vite umane.
Così come non ha visto che il sistema fognario non è fino ad oggi funzionante, e che la contaminazione dello Xingu non fa che aumentare. Nel celebrare i "benefici ambientali", deve aver dimenticato le 16 tonnellate di pesci morti quando il bacino dell'impianto è stato riempito e dell'infestazione di zanzare nei villaggi in cui il volume del fiume è sceso.
Così come le denunce del Dossier Belo Monte, pubblicato dall'Istituto Socio-Ambientale, che dimostrano che la costruzione dell'impianto ha aumentato a dismisura la deforestazione e il commercio illegale di legname. O che la Terra Indigena Cachoeira Seca, una delle più colpite dal progetto, è stata la più disboscata del paese nel 2013, e che in un solo anno, nel 2014, da essa sono usciti l'equivalente di 13.000 camion di legname.
Sicome non ha fatto un passo per le strade di Altamira e nemmeno ha mai navigato fra le isole incendiate dello Xingu, Dilma Rousseff si sente autorizzata a celebrare i "benefici sociali e ambientali di Belo Monte".
E siccome nel suo discorso celebra "il popolo brasiliano", ma non conosce João da Silva, la presidente non sa che, il 4 settembre 2015, egli chiamò la famiglia per dire che si sarebbe ucciso sull'isola bruciata. In quel momento, le parole non erano ancora proibite a João e spiegò perché voleva uccidersi:
"Voglio che il mondo sappia che Belo Monte mi ha ucciso". Raimunda lo fermò: "Gli ho portato via la sua canoa. Lui va a remi o a nuoto in ogni parte del fiume. Ma sulla strada si perde." E João è rimasto perduto. Oggi, più di ieri.
Se João potesse ascoltare la voce di Dilma, saprebbe come è continuato il suo discorso:
Trovo importante sottolineare che, con Belo Monte, noi non portiamo solo energia al resto del Brasile. Stiamo creando un patrimonio unico che è a disposizione delle aziende che vogliono venire qui ad avviare le loro attività, ed essere parte di questo stato che ha grandi riserve di minerali, un grande potenziale agricolo. Possono venire qui, perché l'energia non mancherà".
Belo Monte è solitamente presentata come la terza diga più grande al mondo, con 11.233 megawatt di quello che in gergo tecnico si chiama "potenza installata". Quello che il governo tende a dimenticare è che, nella stagione di secca dello Xingu, la produzione di energia si abbassa drasticamente. Così, in media, Belo Monte produrrà di fatto 4.571 megawatt, il che la classifica come una delle idroelettriche meno produttive nel rapporto tra potenza istallata ed energia prodotta.
È per questo motivo che alcuni ricercatori del settore dell'energia hanno sempre ripetuto che questo progetto non si giustifica nemmeno dal punto di vista della produzione di energia.
In questa parte del suo discorso, Dilma, la guerriglia torturata dalla dittatura, riproduce come presidente la stessa ideologia per l'Amazzonia difesa dai suoi aguzzini. Per la dittatura civile-militare (1964-1985), la regione era vista come un territorio da sfruttare, la foresta era anche un corpo da violentare e torturare.
Dilma fa riecheggiare la propaganda del "Grande Brasile" dei generali, del progresso rappresentato dalle grandi opere, dai giganteschi progetti minerari, dall'idea di trasformare la foresta in soia e pascolo per il bestiame, come se si trattasse di sviluppo e come se fosse sostenibile . È come se la presidente fosse rimasta congelata nel 20° secolo.
La ripetizione del discorso dell'oppressore da parte dell'oppressa che arriva al potere e, dal punto di vista di una parte dei popoli della foresta, diventa lei stessa oppressore, è affascinante per ciò che rivela sul "troppo umano". Ma è un disastro per il Brasile. In questo discorso, Dilma ignora le sfide del cambiamento climatico, così come le sfide di un presente che potrà avere un futuro solo imparando dai popoli tradizionali, valorizzando la biodiversità invece della distruzione. Dilma Rousseff ignora l'epoca in cui vive ed i suoi più profondi dibattiti.
Belo Monte, imprese di costruzione e specchietti
di Eliane Brum
La relazione contaminata tra i governi Lula - Dilma e le grandi imprese di costruzione ha creato il suo monumento: è Belo Monte. Questa immensa diga sul fiume Xingu è, tanto quanto la Petrobras coinvolta nell' Operazione Lava Jato, il simbolo delle relazioni pericolose tra lo stato brasiliano e le grandi imprese costruttrici nella storia recente del paese. Relazioni che attraversano i governi della dittatura, quelli della re-democratizzazione e si riproducono fino ad oggi, con particolari peculiarità. C'è tutta la storia del Brasile contenuta in Belo Monte. Belo Monte è diventata un'opera pubblica contro il pubblico... Leggi tutto
Frutto di questa ignoranza sono opere come quella di Belo Monte, tanto lungo lo Xingu come lungo il 21° secolo, così come un'altra ombra gigantesca che avanza sulla regione in questo esatto momento: Belo Sun.
L'impresa mineraria canadese sta facendo pressione per realizzare "il più grande programma di sfruttamento di giacimenti d'oro in Brasile", proprio accanto alla diga. È prevista l'estrazione di più di 37 milioni di tonnellate di oro nei primi 11 anni, un numero così "grandioso" che è difficile tradurlo in un'immagine. Belo Sun è arrivata vicina all'autorizzazione del progetto nel mese di aprile, ma poi il governo dello stato di Para ha fatto marcia indietro.
Belo Sun potrà essere un flagello anche maggiore di Belo Monte. Per lo Xingu, per il Brasile, per il mondo. Che le due abbiano "belo" nel nome è la prova del cinismo che ha portato João da Silva a temere le parole.
Lui, che è stato operaio dell'idroelettrica di Tucuruí, costruita in Amazzonia dalla dittatura, ha cominciato a credere che la diga di Belo Monte si romperà. Da quando la tragedia di Mariana ha sbalordito il mondo, João teme quest'altra catastrofe. L'immagine è una rappresentazione della distruzione prodotta da Belo Monte nella sua vita. La tragedia di João e Raimunda è stata documentata nel reportage "Vittime di una guerra Amazzonica". La Norte Energia negò di aver bruciato la loro casa sull'isola, così come di aver commesso qualunque illecito. Successivamente, cercò Raimunda per un accordo extragiudiziale. Nei termini del documento: "Al fine di evitare la proposizione di azioni legali di risarcimento reciproci o azioni legali di qualsiasi altra natura, a fronte della polemica che si è instaurata, che ha avuto anche ripercussione nei media internazionali". Hanno offerto un "supplemento" di 108.856,97 reais ai 23.046 pagati all'inizio dell'anno, per un totale di 131,902.97 reais.
Il difensore pubblico federale Mariana Carraro avvertì Raimunda che non era un indennizzo equo. Visto che la sua casa era stata bruciata, Raimunda avrebbe potuto ottenere un valore più alto se avesse intentato un ricorso per danni morali. Da un altro lato, l'avvocatessa la informò che una causa avrebbe potuto trascinarsi anche per dieci anni. Nella casa dove ora vivono alla periferia di Altamira, Raimunda disse a João: "Vecchio mio, non avremo più il latte e la pentola. Che cosa facciamo?".
Raimunda decise, parole sue, di "mantenere la pentola e provare a metterci dentro il latte". L'accordo è stato firmato nel dicembre 2015. "È stato terribile, un peso enorme", dice. "Ma ho pensato, se fossi rimasta in attesa di giustizia, il mio vecchio avrebbe nel frattempo potuto già partire per 'un'altra dimensione', lasciandosi alle spalle un caso irrisolto".
Nel gennaio di quest'anno, la Norte Energia è stata multata per 310.000 reais dall'IBAMA (Istituto Brasiliano dell'Ambiente), per aver bruciato la casa di Raimunda e João. Raimunda fece quell'accordo perché pensava che quel denaro le sarebbe servito per cercare una cura per João. In quel momento, lui diceva di "vedere solo buio" e riusciva a fare solo pochi passi prima di aver bisogno di sedersi. A volte i vicini di casa venivano ad avvisare: "João è seduto in mezzo al nulla, sotto il sole. Finirà per morire lì". L'abisso si sarebbe fatto più profondo a fine gennaio. La figlia maggiore di João e Raimunda tentò il suicidio ingerendo veleno per topi. Rimase in coma per otto giorni, ma si salvò. Non spiegò perché voleva metter fine alla sua vita. Le sette figlie hanno tutte un nome che inizia con la lettera "L di libertà".
Quando Dilma ha inaugurato Belo Monte, l'oscurità dei giorni di João era maggiore rispetto a quando aveva iniziato a morire.
"Per concludere, voglio dirvi che sono molto orgogliosa delle scelte che ho fatto. Una di queste, che voglio sottolineare ancora una volta, è la costruzione di Belo Monte come eredità per la popolazione brasiliana di questa regione, per il popolo di Altamira e quello dello Xingu. Anche se non fa parte dei comuni direttamente interessati da Belo Monte, tutta questa popolazione sarà beneficiata direttamente e indirettamente. Sono fiera delle scelte che ho fatto".
Settimane prima di questa dimostrazione di orgoglio della presidente per la sua eredità allo Xingu, il 15 aprile, Raimunda intervenne in una riunione sul destino dei ribeirinhos (ndt. comunità di abitanti lungo le sponde del fiume) "rimossi" da Belo Monte. Parlavano molto di "criteri". Raimunda allora disse: "Io voglio sapere qual è stato il criterio per i morti che voi avete ucciso, ma non sepolto." E ricordò João, suo marito, "uno dei morti-viventi di Belo Monte".
La mattina del 18 aprile, Raimunda racconta che tre donne del servizio sociale dell'impresa bussarono alla porta della sua casa. Come era stato concordato, le funzionarie non dissero che erano della Norte Energia. Alla fine della conversazione, tuttavia, João lo sospettò. E Raimunda fu costretta a confermare. João si sentì ingannato da Raimunda. "Ho già detto che non voglio nessuno di questa impresa in casa mia", gridò. E si chiuse in se stesso. Raimunda pensò che fosse "più strano" a causa della rabbia. E non tentò più di parlare con lui.
Il giorno seguente, João si svegliò "con tutto il corpo rattrappito". Raimunda andò in cerca di cure a Altamira, dove si sentì dire che aveva avuto "un inizio di ictus". Decise allora di cercare una città con più risorse e lo portò a Teresina, capitale del Piauí, con un penoso viaggio in autobus di quasi due giorni. Una figlia l'aiutò, visto che João aveva bisogno di essere caricato. Alloggiarono in una pensione. Il medico diagnosticò che João aveva avuto un secondo ictus. Il primo, secondo lei, sarebbe stato quando era rimasto paralizzato nell'ufficio della Norte Energia. Se ce ne sarà un terzo, potrebbe non farcela.
Ciò che Belo Monte denuncia su tutti i fronti
di Eliane Brum
La narrativa delle tangenti che si impone su quella della violazione dei diritti umani, denuncia le contraddizioni in gioco in questo momento storico ...Belo Monte è l’ineludibile. La storia ha già provato che restare in silenzio di fronte alle verità sconvenienti per vincere dispute politiche è una scelta pericolosa. Mi sembra possibile difendere la democrazia, senza difendere il governo, soltanto affrontando le contraddizioni del caso. Nel caso di Belo Monte, significa affrontare le violazioni dei diritti umani consumatesi prima, durante, e dopo l'opera. Affrontare le violazioni dei diritti umani e la distruzione ambientale che stanno avvenendo ora, in questo preciso istante, nello Xingu. E che non possono, ancora una volta, essere ignorate in nome delle convenienze – o essere ridotte a un sistema di tangenti ancora tutto da provare... Leggi tutto
Alla fine di aprile, Raimunda si caricò nuovamente il marito fino alla periferia di Altamira. Durante il viaggio di ritorno, l'autobus rimase bloccato per cinque ore sulla strada, perché un ponte si era rotto. Raimunda andò in una casa a chiedere un po' di latte da dargli. Lo lasciò ad ascoltare "Imagine", il brano di John Lennon, che lei ha tradotto e registrato sul cellulare per ascoltarlo quando la vita fa male. "Immagina tutte le persone che vivono la vita in pace".
Raimunda racconta: "La dottoressa mi ha detto che non posso stressarlo. Mi ha chiesto che cosa aveva causato tutta questa rabbia. Ho spiegato. Lei ha detto che non potevo più pronunciare quelle parole vicino a lui, perché un altro ictus gli sarebbe stato fatale. Ma io le ho detto che è impossibile mettere queste parole da parte a Altamira. Norte Energia, Belo Monte, parole che stanno di fronte a tutti in città. Allora la dottoressa ha detto che dovevo usare tutto il mio "ingegno brasiliano". È per questo che ho spento il televisore per non fargli ascoltare Dilma parlare".
BELO MONTE, ANNUNCIO DI UNA GUERRA - Regia: André Vilela D’Elia. Brasile, 2012
Il 5 maggio, il giorno in cui Dilma Rousseff ha inaugurato Belo Monte, João da Silva ha compiuto 64 anni. Lui non cammina più. Inoltre, non mangia più da solo. Parla ancora. Ma non pronuncia le parole proibite.
Antonia Melo, la più popolare leader dello Xingu, ed altre donne di Xingu Vivo, uno dei pochi movimenti sociali a non essere stato cooptato dal governo e che ha continuato la resistenza a Belo Monte, gli hanno portato una torta di compleanno. Avevano appena finito di scrivere una lettera di risposta al discorso di Dilma Rousseff: "Oggi ti sei abbassata a inaugurare la più nefasta delle opere del governo del PT, quella che ha macchiato l'immagine del Brasile in tutto il mondo. Un'iniziativa che hai ereditato dalle stesse menti malate che ti torturarono in carcere...".
Era un incontro di persone strangolate dal 5 maggio 2016. Ma nessuno ha toccato l'argomento, per non mettere a rischio la vita di João. "Non c'è nulla da festeggiare", ha detto João. Antonia ha replicato: "Sei vivo". Lui ha pianto.
Verso la fine del suo discorso, Dilma Rousseff ha affermato: "Dobbiamo ripudiare qualsiasi processo che attraverso un golpe faccia arrivare i senza voto alla presidenza. Dobbiamo affermare forte e chiaro che la democrazia è il lato giusto della storia".
A Altamira, Belo Monte è chiamata "Belo Golpe" da parte di coloro che denunciano il massacro dei diritti costituzionali che l'impianto della centrale ha promosso. Per loro, è nello Xingu che, ad opera del governo del PT, si è consumata la rottura dello stato di diritto.
Non c'è nessuna speranza con un governo Temer. Al contrario. Il programma annunciato nel documento "Un ponte verso il futuro" è per loro un ponte verso un passato che conoscono bene. Il settore dell'energia elettrica in Brasile, in questo governo e nei governi passati, ha le impronte digitali del PMDB, come l'inchiesta Lava Jato ha iniziato a mostrare.
La presidente ha anche detto che "Il grande giudice è il popolo brasiliano". E si è congedata da Belo Monte con queste parole:
"Non ci sarà il perdono della storia per i golpisti".
L'ultima parola, tuttavia, non è di Dilma Rousseff. Né lo sarà del Congresso. L'ultima parola, quella con cui Dilma, Lula e il PT passeranno alla storia, è quella che João da Silva non può più pronunciare.
Eliane Brum
è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.
Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.
Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).
Site: elianebrum.com | Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum
Tutti gli articoli più recenti di Eliane Brum sono pubblicati sul nostro BLOG
LEGGI ANCHE:
Belo Monte, monumento alla follia. Intervista a don Erwin Kräutler
Teologo, filosofo, conosciuto in tutto il mondo per la sua lotta a favore dei diritti delle popolazioni indigene e contro la costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte, per don Erwin Kräutler, lo scorso 3 aprile, è giunto il momento della pensione, ed ha lasciato il suo incarico di vescovo di Xingu, stato del Pará. Ma non abbandonerà certamente la lotta per la sua amata gente dello Xingu, lotta che lo costringe a vivere sotto scorta da ormai 10 anni. In questa intervista don Erwin ci racconta di come l'ex presidente Lula lo abbia ingannato, promettendogli che mai avrebbe costruito Belo Monte senza il consenso delle popolazioni dello Xingu e di come Dilma lo abbia ignorato. Ma ci ricorda che anche se la battaglia per Belo Monte non è stata vittoriosa, non si sente uno sconfitto. Costituirà un'esperienza preziosa per le lotte future contro i nuovi grandi progetti sul fiume Tapajos.
19.04.15
Gli indios e il golpe alla Costituzione
di Eliane Brum
Gli indios occuperanno Brasília questa settimana.
Scrivendo la parola “indio”, perdo una parte dei miei lettori. È un’associazione immediata: “Indio? Non mi interessa. L’indio è lontano, è seccante, non merita rispetto”. E subito, click fatale, pagina seguente. Bene, per chi sta ancora qui, un’informazione: più di mille leader indigeni occupano Brasilia dal 13 al 16 aprile in nome dei loro diritti, ma anche dei diritti di tutti i brasiliani. C’è un golpe contro la Costituzione in corso al Congresso Nazionale. Perché si consumi, ciò che è necessario è esattamente il tuo disinteresse(...)
17.01.15
La battaglia per la frontiera Munduruku
Ottimo reportage dell'Agenzia di giornalismo investigativo "Pública". Gli indigeni proclamano l’auto-demarcazione della terra che può fermare la diga di São Luiz do Tapajós, il nuovo progetto di punta del governo federale. Posta su suolo sacro, l’area verrebbe allagata dalla diga. "Noi non ce ne andiamo!", dice il cacique (il capo indigeno).
30.03.15
di Eliane Brum
In difesa del malessere per salvarci da una vita morta e da un pianeta ostile. È ora di smettere di vivere in “modalità aereo”. Un articolo tutto da leggere e su cui riflettere, di una delle più brillanti e autorevoli "penne" brasiliane, la giornalista, scrittrice e documentarista Eliane Brum, scritto alla vigilia dell'ultimo Capodanno.
17.01.15
Come strappare la Costituzione e massacrare gli indios secondo il governo Dilma Rousseff
di Eliane Brum
"Il governo più nocivo per i popoli indigeni e per l'Amazzonia fin dall'epoca della dittatura militare, comincia a scrivere un altro capitolo vergognoso della sua storia." Un articolo di Eliane Brum sulla costruzione delle nuove centrali idroelettriche sul Rio Tapajos in terra indigena Munduruku.
10.05.15
Eusébio Ka'apor, Adenilson Tupinambá e Gilmar Tumbalalá. Tre leader indigeni assassinati in una settimana
Gli omicidi di tre leader indigeni ngli stati del Maranhão e di Bahia, nel breve spazio di otto giorni, sarebbero correlati tra di loro. Il sospetto che si tratti di omicidi sequenziali e mirati è stato sollevato dal CIMI (Consiglio Missionario Indigeno), un'entità legata alla Confederaz. Nazionale dei Vescovi (CNBB).
Il presidente del Consiglio Missionario Indigeno (CIMI), Dom Erwin Kräutler, vescovo di Xingu, mette sotto accusa il governo brasiliano per la situazione delle popolazioni indigene e quilombolas, trattate come "stranieri e invasori di proprietà" e ne denuncia l'alleanza con le grandi imprese private dell'Agribusiness. Intanto continuano a crescere il clima d'odio e le violenze contro i popoli indigeni...
25.10.14
Popolazioni indigene già sconfitte alle elezioni
I candidati alla presidenza brasiliana Dilma Rousseff e Aécio Neves legati agli interessi dell'agrobusiness rifiutano il confronto con i popoli indigeni.