16.11.15
Si sta consumando il peggior disastro ambientale della storia brasiliana e... #NonèStatoUnIncidente!
La rottura di due dighe a Mariana, nello stato brasiliano dI Minas Gerais, il cinque novembre scorso, e la conseguente fuoriuscita di un autentico tsunami di fanghi tossici ha provocato quello che dagli specialisti è già considerato il più grave disastro ambientale della storia brasiliana.
Il bilancio è disastroso e ancora parziale: 11 le vittime accertate (ufficiali) e 12 i dispersi (numero che varia quotidianamente), ma si tratta di numeri che potrebbero essere, nella realtà, molto più alti. Interi paesi e le loro economie distrutti, 60 milioni di metri cubi di liquami tossici (abbastanza da riempire 20.000 piscine olimpioniche) rilasciati nel Rio Doce (Fiume Dolce), sul corso del quale vivono centinaia di migliaia persone, danni all'ecosistema per i prossimi 100 anni. Il Rio Doce è considerato morto!
La diretta responsabile delle dighe e delle gravi inadempienze in termini di manutenzione e sicurezza è la compagnia mineraria Samarco appartenente alle multinazionali BHP Billiton e, tanto per cambiare, la famigerata Vale. La Vale è la più grande compagnia mineraria in Brasile, grande finanziatrice di campagne politiche e pubblicitarie. Anche e soprattutto in virtù di ciò i grandi veicoli di dis-informazione, anche loro grandi beneficiari della multinazionale, stanno nascondendo e omettendo dati importanti per cercare di minimizzare la tragedia. L'onda di fango tossico sta raggiungendo velocemente l'oceano, portando con se un carico di morte e metalli pesanti capaci di comprometterne un'area di circa 200.000 km² per i prossimi cento anni.
Foto satellitari del prima e dopo la rottura delle dighe della Samarco a Mariana (MG).
Il disastro della SAMARCO (VALE E BHP BILLITON) nel Minas Gerais è il più grave mai avvenuto a livello mondiale. Secondo i dati del ricercatore Marcos Freitas, coordinatore esecutivo dell' Instituto Virtual Internacional de Mudanças Globais (Ivig) indicano che la tragedia causata dalla SAMARCO (joint venture delle multinazionali VALE e BHP BILLITON) a Mariana è stata la più grave mai registrata al mondo da una compagnia mineraria. L'ondata di 62 milioni di metri cubi di fanghi tossici che la rottura della diga ha riversato nell'ambiente, è di due volte e mezza maggiore del secondo peggior incidente del genere, avvenuto il 4 agosto del 2014 nella miniera canadese di Mount Polley, nella Columbia Britannica
[Le terribili immagini della catastrofe ambientale di Minas Gerais in Brasile - guarda i video in HD - assista em HD-]
"Quanto VALE la vita (per una multinazionale)?"
di Clelia Pinto per Il Resto del Carlinho Utopia
Nessun allarme. Nessuna sirena. È stato con una telefonata della SAMARCO, compagnia mineraria di proprietà delle multinazionali VALE e BPH, che gli abitanti della zona coinvolta dal crollo delle due dighe sono stati avvertiti del disastro incombente, a Mariana, Minas Gerais, sudest del Brasile.
Dopo il crollo, uno tsunami di rifiuti minerari ha spazzato via il villaggio di Bento Rodrigues. Presi di sorpresa, tecnici della compagnia e abitanti si sono trovati sommersi dal fango. Il bilancio, ancora parziale, è di 11 vittime accertate (ufficiali) e 12 dispersi (numero che varia quotidianamente), ma si tratta di numeri che potrebbero essere molto lontani dalla realtà e un danno incalcolabile all’ambiente.
La Procura della Repubblica rileva l’assenza sia di un piano di prevenzione adeguato che di uno d’emergenza. Non c’era neanche, perché scaduta nel 2013, la licenza ambientale. Non c’era, inutile dirlo, un sistema di barriere -le stesse da utilizzarsi nel caso di spargimento di petrolio- per impedire che il fiume di fango tossico raggiungesse, a 300 km da lì, il mare, nello stato di Espirito Santo. Rio Doce, è il suo nome. Il fiume dolce.
I rilievi effettuati dalla SAAE (servizio idrico e fognario) parlano di un indice di ferro 1.366.666% superiore a quello consentito. I livelli di manganese, metallo tossico, superano quello tollerabile del 118000% e quelli dell’alluminio del 645000%.
Secondo l’IBAMA (Istituto Brasiliano per l’Ambiente e le Risorse) sono stati 50 milioni i metri cubi di fango che si sono riversati nell’ecosistema. La multa che l’ente ha “inferto” alla Samarco è stata di 250 milioni di reais, con possibilità di uno sconto del 30% se pagati entro venti giorni. La cifra, anche se pagata per intero, non sarebbe sufficiente neppure a iniziare a risolvere il problema di decontaminazione e ritiro del fango.
In una conferenza stampa, il presidente della SAMARCO, ha affermato che i residui sono inerti e non dannosi per gli esseri umani e che la causa del crollo sarebbe stata una scossa sismica, inferiore ai tre gradi (Richter). La scossa, quindi, avrebbe coinvolto, solo le dighe e non le altre strutture della compagnia o le costruzioni dei dintorni. “Isolatamente, una scossa di questa entità non può provocare il crollo delle strutture”, valuta André Zingano, a capo del Dipartimento d’Ingegneria Minieraria dell’Università Federale di Rio Grande do Sul. “Sotto i tre gradi, è quasi impercettibile. Potrebbe provocare danni solo se la struttura fosse già instabile”. Lo stesso effetto di una forte pioggia. Secondo gli specialisti, le possibilità sono varie: possono esserci state mancanze nel progetto o nella costruzione, problema nei lavori di sollevamento delle barriere, mancanza di manutenzione o anche negligenza nell’operazione.
Il maggior disastro ecologico brasiliano poteva essere evitato. È accaduto quando il governo brasiliano ha deciso di abbassare i parametri necessari alle concessioni ambientali per la realizzazione di "opere strategiche".
Il progetto “Agenda Brasile”, che sarà discusso a breve al Congresso che definisce un insieme di proposte teoricamente destinate a far uscire il paese dalla crisi, include anche progetti di legge destinati a alterare la legislazione ambientale, soprattutto per semplificare le autorizzazioni. In quest’ottica, la protezione e la sicurezza nell’ambiente e delle popolazioni coinvolte sono viste come ostacoli allo sviluppo portato dalle multinazionali. In particolare, secondo quanto proposto dal senatore Romero Jucá (Partito Democratico Brasiliano), “la costruzione di infrastrutture strategiche per lo sviluppo nazionale (strade, ferrovie, porti, aeroporti, strutture legate allo sfruttamento delle risorse energetiche e di ogni altro tipo) devono essere regolamentate facilitando le licenze ambientali.
Il Brasile possiede una delle maggiori riserve di terre rare nel mondo (17 elementi chimici in 40 milioni di tonnellate cubiche usate nella produzione di alte tecnologie) però non esiste una legislazione specifica per lo sfruttamento dell’insieme minerario. Questo dimostra quanto gli stati brasiliani siano sottomessi all’interesse delle compagnie minerarie. In Brasile si svolge lo sfruttamento della maggior miniera d’oro al mondo, a Paracatu (Minas Gerais). Studi del Centro di Tecnologia Mineraria del 2014 provano la contaminazione legata agli alti livelli di arsenico, un metallo pesante che provoca vari tipi di cancro. I lavoratori della compagnia presentano livelli di arsenico 25 volte superiori a quelli sopportabili, mentre quelli della popolazione sono superiori di “solo” cinque/dieci volte. In campo economico, ci sono vari casi di irregolarità commesse dalle compagnie minerarie: evasione fiscale, mancanza di informazione sui prodotti e sulle quantità estratte e commercializzate. Questi crimini contro lo stato brasiliano sono commessi mentre il settore riceve incentivi fiscali per le nuove imprese e esenzione fiscale per l’esportazione.
La VALE DO RIO DOCE è stata privatizzata (e svenduta) nel 1997 dall'allora presidente Fernando Henrique Cardoso per 3 milioni di reais, quando era valutata 100 milioni. Dopo aver privatizzato il settore, Cardoso ha deregolamentato il pagamento delle tasse di circolazione di merci e servizi.
La SAMARCO è la 10ª maggiore esportatrice del Brasile. Nel 2014 ha fatto profitti per 2,8 miliardi di reais.
La VALE è stata una delle maggiori finanziatrici delle campagne elettorali del 2014, contribuendo con circa 26 miliardi di reais a diverse candidature e finanziamenti ai partiti. Ha guadagnato, solo tra aprile e giugno del 2015, 5 milioni di reais, contro i 6 guadagnati, nello stesso periodo dalla BPH. Stiamo quindi parlando di due tra le imprese maggiori al mondo, che, nonostante simili guadagni, non hanno ritenuto opportuno investire il minimo nella sicurezza necessaria per evitare una catastrofe di simili dimensioni.
Non solo partiti e mezzi d’informazione brasiliani devono molto alla VALE, per cui tacciono o minimizzano l’entità del danno, ma “il gigante buono”, come ama definirsi la multinazionale, finanzia anche progetti di sostenibilità ambientale.Tra questi, Genesis, dell’Istituto Terra, di Sebastião Salgado, che, con il racconto della fazenda rinata proprio nel Minas Gerais, nell’ultimo documentario di Wim Wenders (Il sale della terra) aveva commosso il pubblico con il suo impegno ambientalista.
"Muore il fiume, moriamo tutti noi"
Indios Krenak occupano la ferrovia della multinazionale VALE e piangono la morte del loro fiume, il Rio Doce (Fiume Dolce)
fonte BBC Brasil
Con il corpo dipinto per la guerra, tinta nera sul viso e occhi rossi per le tante notti insonni, Geovani Krenak, leader della tribù indigena Krenak, guarda l'immensità di quell'acqua cupa e marrone. "Il fiume, gli arberi, gli animali e noi. Siamo una cosa sola, noi e la natura.", respira profondo e poi dice. "Muore il fiume, moriamo tutti noi".
Parte degli 800 km del Rio Doce (Fiume Dolce), contaminato dall'ondata di fanghi tossici fuoriusciti 10 giorni fa dalla rottura delle dighe della compagnia mineraria SAMARCO (joint venture delle multinazionali VALE e BHP BILLITON) nello stato brasiliano del Minas Gerais, attraversano il territorio del popolo Krenak. Considerata sacra da generazioni, tutta l'acqua utilizzata dagli indigeni per il consumo, il bagno e la pulizia, veniva da lì. Non più.
Senz'acqua da più di una settimana, sporchi e assetati, hanno deciso di occupare per protesta la ferrovia Vitória-Minas, attraverso la quale la VALE, che controlla la SAMARCO e la ferrovia stessa, trasporta i suoi minerali di ferro per l'esportazione.
"Ce ne andremo solo quando avranno la dignità di parlare con noi. Hanno distrutto la nostra vita, devastato la nostra cultura e ci ignorano. Non lo accettiamo", dice l'indigeno Aiá Krenak.
Seduti lungo i binari della ferrovia, sotto un sole di 41°, gli indios cantano una musica lenta, marcata dal battere dei loro bastoni di legno sulla terra, tutto nella loro lingua Krenak.
Appoggiato al suo bastone, con la sua corona di piume gialle, il "pajé" (capo indigeno), l'uomo più anziano della comunità, piange. Ernani Krenak, 105 anni, si avvicina e traduce la canzone ai reporter della BBC Brasil. "Il fiume è bello. Grazie, Dio, per il fiume che ci alimenta e ci bagna. Grazie, Dio, per il nostro fiume, per il fiume di tutti."
Sua sorella chiede la parola. Dejanira Krenak, 65 anni, vuole ricordare che la sofferenza non è solo degli indigeni. "Non è solo per noi, anche i bianchi che vivono lungo le rive del fiume hanno tanto bisogno di quest'acqua, molti pescatori nutrono le loro famiglie con i pesci del fiume", dice.
Dietro ai due, una indigena bagna i volti sudati delle due figlie piccole in una bacinella con poca acqua, donata dagli abitanti delle vicine città di Conselheiro Pena e Resplendor. Secondo gli indigeni, i bambini e gli anziani hanno la precedenza nella distribuzione della poca acqua pulita che resta.
Sulle sponde del Rio Doce, che scorre con il suo carico di fango e distruzione, una donna indigena piange disperata la morte del suo fiume...
I FANGHI TOSSICI DEL RIO DOCE HANNO RAGGIUNTO L'OCEANO
Ieri, sabato 21/11, dopo 16 giorni dalla rottura delle dighe a Mariana, nello stato del Minas Gerais, i fanghi tossici della SAMARCO (joint venture delle multinazionali VALE e BHP BILLITON) sono arrivati al mare, a Linhares (Stato di Espirito Santo). Più di due settimane e nulla è stato fatto per impedire che l'onda tossica arrivasse in una delle regioni con maggior biodiversità del Brasile.
"L'arrivo dell'onda di fango nell'Oceano Atlantico puo' avere un impatto ambientale equivalente alla contaminazione di una foresta tropicale delle dimensione del Pantanal brasiliano". L'affermazione è del biologo André Ruschi, direttore della Estação Biologia Marinha Augusto Ruschi di Aracruz, Santa Cruz, nello Espírito Santo.
Secondo Ruschi, i 62 miliardi di litri di rifiuti tossici derivanti dalla lavorazione di minerali del ferro - l'equivalente di 25 mila piscine olimpioniche - dispersi lungo i 500 km del bacino del Rio Doce colpirebbero circa 10 mila km² in una regione conosciuta come Giro de Vitória, importante serbatoio alimentare per animali marini come le tartarughe giganti (minacciate di estinzione), il delfino pontoporia e le megattere.
La foce del Rio Doce si trova nel distretto di Regência, vicino alla città di Linhares, littorale nord dello stato di Espirito Santo.
Il biologo stima che i fanghi tossici contaminerebbero principalmente tre Unità di Conservazione Marina - Comboios, Costa das Algas e Santa Cruz, che insieme sommano 200.000 ettari (2000 km²) nell'oceano.
Ruschi ricorda però che l'ecosistema marino è più vulnerabile di quello terrestre e l'impatto sarebbe proporzionale alla contaminazione di un'area continentale 10 volte maggiore (200.000 km²) di foresta tropicale primaria.
Ruschi ritiene che il danno ambientale provocato da questo tsunami di fango potrebbe impiegare fino a 100 anni prima di essere riassorbito completamente. "Un disastro di proporzioni mondiali, con conseguenze difficili da immaginare, del quale potremmo pagare un prezzo enorme", mette in guardia il biologo.
Tsunami di fango, dramma invisibile
Accusata della responsabilità della tragedia, la multinazionale Vale si occupa della scena del crimine, esclude la stampa e lascia fuori la popolazione. Un articolo dagli spunti inquietanti scritto dalla giornalista Laura Capriglione, che ha seguito le operazioni di soccorso a Mariana, Minas Gerais, nelle ore immediatamente successive alla tragedia della rottura delle dighe. Leggi tutto
Gli esperti dicono che ci vorrà più di un secolo perché la vita possa riprendere il sopravvento nelle aree colpite dalla spaventosa ondata di liquami tossici provocata dal crollo di due dighe utilizzate dalla Samarco per contenere gli svernamenti di rifiuti legati alle sue attività' minerarie. Le vite umane perse, il cui vero bilancio resta ignoto perché' affidato alla stessa Samarco, nessuno però potrà mai restituirle. (...)
Ad oggi la Vale non ha mai pagato per lo scempio umano ed ambientale provocato in tanta parte del Brasile. È potenza finanziaria, elegge i governi, paga profumatamente le lobby che le permettono di fare e disfare a suo piacimento. Leggi tutto
Fango, lacrime e morte: Benilde, il pescatore del Rio Doce
La storia dietro alla foto del pescatore che ha perso la vita per il fango.
Questo scatto del fotografo Leonardo Merçon, è stata nei giorni scorsi tra le più condivise in rete dai brasiliani. "Quando lo abbiamo incontrato stavamo fotografando pesci e gamberi che morivano nel fiume, vicino al paese di Aimorés. Lui ci è apparso remando sulla sua canoa di legno, raccogliendo lentamente pesci morti, come se fosse in lutto. Ci disse che stava raccogliendo i pesci perché pensava che nessuno gli avrebbe creduto se avesse raccontato che tutti i pesci stavano morendo. E pianse, nel raccontare cosa quel fiume significava per lui" Leggi tutto