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23.10.15

La guerra quotidiana del Brasile contro i giovani

Quasi la metà degli adolescenti morti in Brasile sono assassinati, sia da criminali, sia dalla polizia. Tutti i giorni, più di dieci giovani in età compresa tra i 16 e i 17 anni vengono assassinati, di questi il 93% sono neri

di Renata Malkes, pubblicato sul sito Deutsche Welle il 19.10.15

La guerra quotidiana del Brasile contro i giovani

Nel 2014, in Brasile, si sono registrati ufficialmente 48.881 omicidi. Con 4610 omicidi - 28 ogni 1000 abitanti - lo stato di Rio de Janeiro è superato in questa statistica solo da quello di Bahia che ne ha registrati 5450. I dati sono stati divulgati dal Ministero della Giustizia la settimana scorsa.

 

Il quadro generale è allarmante se comparato, per esempio, agli indici percentuali degli omicidi della Repubblica Democratica del Congo, paese africano devastato da una guerra civile: 30,8 ogni 1000 abitanti.

 

In Brasile, neri e meticci costituiscono il 72% delle vittime. Emerge, così, il fantasma del razzismo in un paese che si dibatte per mettersi alle spalle il suo passato coloniale.

 

A Rio de Janeiro, in pochi sembrano importarsi di queste statistiche, divulgate in un anno in cui tutti gli occhi sono puntati sui prossimi Giochi Olimpici di cui la città sarà sede nel 2016.

In fondo, per gli abitanti delle periferie e delle favelas, questo ritratto di violenza rappresenta una routine ben nota. I numeri non sono altro che l'ennesima statistica incapace di produrre cambiamenti. E una rinnovata constatazione dell'indifferenza di parte della società, soprattutto, quando il bersaglio di questa mattanza sono giovani, neri e poveri.

 

"Viviamo nell'insicurezza. Normalmente, la polizia entra già sparando, sempre intorno alle 6 alle 7 della mattina, quando i lavoratori stanno uscendo di casa e i bambini vanno a scuola... Varie volte mi sono svegliata con i poliziotti che mi puntavano il fucile in faccia, mentre ancora ero a letto. Bussavano alla finestra di casa e nemmeno aspettavano che mi alzassi. Entravano per cercare qualcosa o qualcuno. Cosa fare? Con chi reclamare?", racconta la carioca Jehnifer Raul, 22 anni, attivista sociale e rappresentante della favela di Acari al Forum della Gioventù di Rio de Janeiro.

 

Questa marginalizzazione porta alla luce altri dati scioccanti. Per esempio, in controtendenza rispetto agli avanzamenti sociali conquistati nell'ultima decade, il Brasile ancora occupa il terzo posto per omicidi di adolescenti tra 85 paesi, secondo la "Mappa della Violenza", studio ordinato dal governo federale e divulgato quest'anno, che contiene dati relativi al 2013. Si contano 54,9 omicidi ogni 100 mila giovani dai 15 ai 19 anni, alle spalle soltanto di Messico e El Salvador. Per effetto della comparazione, gli indici brasiliani sono di 257 volte maggiori rispetto a paesi come l'Austria o il Giappone, che presentano indici percentuali di 0,2 omicidi per 100 mila.

 

Ogni giorno 10,3 adolescenti sono assassinati

Se considerata la fascia etaria tra i 16 ed i 17 anni, gli omicidi rappresentano quasi la metà delle cause di morte in Brasile - 8.153 giovani in questa fascia sono morti nel 2013, dei quali 3.749 (43%) sono stati assassinati. Ossia, più di 10 adolescenti sono stati assassinati ogni giorno nel paese. La proiezione indica che 3.816 saranno uccisi entro la fine del 2015, per mano della polizia o della criminalità. La stragrande maggioranza delle vittime (93%) sono adolescenti di sesso maschile, neri e con bassa scolarità.

 

Autore della Mappa della Violenza, il sociologo Julio Jacobo Waiselfisz dice che il numero di assassini di giovani brasiliani continua su una curva ascendente per diversi motivi. Dalla tolleranza della società alla mancanza di investimenti sull'educazione, passando per l'assenza di riforme del Codice Penale e per la impreparazione di una polizia la cui azione egli definisce "criminale".

 

"Ogni paese ha il numero di delitti che la sua polizia decide di avere. E questo limite di tolleranza in Brasile è molto alto, il brasiliano lo accetta. Qui si arresta senza nemmeno sapere se il giovane è colpevole, si uccide un giovane sospetto senza importarsene, si incarcera come in nessun altro posto del pianeta senza che vengano date le minime condizioni di recupero ai minori."

 

Il sociologo punta il dito sul problema concreto delle politiche sull'istruzione:

 

"il paese ha assistito allo sradicamento della povertà estrema e ha universalizzato il sistema di scuola fondamentale dai 6 ai 14 anni, ma ha lasciato alla deriva i giovani a partire da lì. Le frequenze nelle scuole medie e la qualità del sistema sono precipitate".

 

Diminuiscono gli omicidi a Rio de Janeiro, ma non per tutti

Curiosamente, i numeri rilevano contraddizioni a Rio de Janeirio, in un momento in cui tutte le attenzioni sono volte al problema della sicurezza pubblica in vista delle Olimpiadi del 2016. Malgrado un aumento generalizzato degli omicidi nello stato, tra i giovani, il numero degli omicidi è diminuito: una riduzione del 73% tra il 2000 e il 2013, indica la Mappa della Violenza.

 

La statistica sembra positiva, ma non è sufficiente, fanno notare gli attivisti. E questo perché ci sono delle strozzature nella sicurezza pubblica dello stato. Un giovane nero ha tre volte più chances di essere assassinato di uno bianco, conferma l'IHA (Indice di Omicidi nell'Adolescenza), elaborato in collaborazione dal Laboratorio di Analisi sulla Violenza dell'Università di Rio de Janeiro (Uerj), l'UNICEF, la Segreteria Speciale dei Diritti Umani della Presidenza della Repubblica e dall'Ong Osservatorio delle Favelas. Ossia, la riduzione della violenza non è proporzionale.

Secondo il geografo Jailson Silva, presidente dell'Osservatorio delle Favelas:

 

"Quella brasiliana è una storia di 400 anni di schiavitù e poco più di 100 anni di libertà dei neri e, tradizionalmente, non è il crimine a definire la violenza, ma chi lo commette. Da sempre è così. Se uno schiavo e un padrone delle piantagioni avessero commesso un determinato delitto, quello dello schiavo sarebbe stato definito molto più barbaro. La dinamica della violenza letale si spiega attraverso la società dei consumi. Siccome la vita si misura in relazione al consumo dei beni, la vita di chi ha meno, vale molto di meno",

 

Pehkx Jones da Silveira, sottosegretario all'Educazione, Valorizzazione e Prevenzione della Segreteria di Sicurezza Pubblica dello Stato di Rio de Janeiro, ammette le difficoltà nel ridurre la violenza di fronte al costante scenario di guerra  al traffico di droga. Ma, nonostante le critiche costanti alla violenza delle UPP (Unità di Polizia Pacificatrice) nelle favelas di Rio, mette in risalto i passi avanti e ne difende la continuazione.

 

"La riduzione degli omicidi dei giovani mostrano che l'azione della "polizia di prossimità" non è stata sbagliata. Ma questo modello non è permanente, si adegua alla realtà e alle circostanze di ogni territorio, alle informazioni dell'intelligence e al pattugliamento. Siamo in permanente processo di revisione. Non possiamo dimenticare che più del 40% dei poliziotti provengono proprio da queste comunità disagiate e ne conoscono la realtà. Hanno i loro traumi da violenza da arma da fuoco, liti domestiche e conflitti. Dobbiamo decostruire questi traumi per formare dei buoni professionisti", afferma il sottosegretario.

 

Pressione dell'ONU

Il dibattito è arrivato al Comitato per i Diritti dei Bambini delle Nazioni Unite, a Ginevra.

In un duro rapporto, l'ONU ha mostrato grave preoccupazione per l'elevato numero di esecuzioni extragiudiziali, i cosiddetti "autos de resistencia", le prigioni illegali, l'impunità generalizzata e la vulnerabilità dei giovani, tanto di fronte ai trafficanti di droga quanto alla stessa polizia.

 

All'inizio di ottobre, in un processo che si ripete ogni cinque anni, il Comitato ha presentato dettagliatamente la sua relazione in un incontro di oltre sei ore con una delegazione del governo brasiliano, affrontando questioni che hanno incluso anche l'aumento del turismo sessuale e il tema della riduzione della maggiore età per la responsabilità penale dai 18 ai 16 anni d'età che il parlamento brasiliano sembra ormai essere avviato ad approvare. Quest'ultima questione è intesa dal Comitato come regresso e farebbe dei giovani i capri espiatori della violenza invece di proteggerli dalla stessa.

 

L'ecuadoriana Sara Oviedo Fierro, una dei periti dell'ONU che hanno presentato la relazione ha affermato a DW Brasil che:

 

"Siamo molto preoccupati perché, in gran parte, la violenza proviene proprio dagli agenti dello stato. Ci sono sempre state pratiche di pulizia sociale in Brasile, malgrado i passi avanti nei campi dell'educazione e della sanità. Le nostre raccomandazioni sono volte ad azioni di prevenzione per ridurre la vulnerabilità, con politiche pubbliche indirizzate all'educazione e al coinvolgimento delle famiglie dei giovani. Il Brasile ha una situazione davvero pessima, strutturale, che non potrà certo risolversi in 10, 15 anni. Il lavoro è di lungo periodo".

 

Leggi anche:

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L'ONU denuncia le forze di polizia brasiliane

 

Durissimo atto d'accusa dell'ONU al governo brasiliano e alle forze di polizia in un rapporto del "Comitato per i Diritti dei Bambini". È allarme per esecuzioni sommarie, sparizioni forzate, tortura e carcerazioni arbitrarie di minorenni anche come forma di "pulizia" in vista delle olimpiadi del 2016. Il governo si mostra riluttante nel rispondere alle critiche.

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