24.04.16
Tortura:
Patrimonio culturale e storico della "gente per bene" brasiliana
di Leonardo Sakamoto, pubblicato su Blog do Sakamoto il 20.04.2016
traduzione di Paolo Solinas per il Resto del Carlinho Utopia
Sai una cosa? Penso che lo spray al peperoncino o il gas lacrimogeno siano troppo poco. Quei vagabondi che continuano a chiedere una dimora ed una terra andrebbero presi per i capelli e trascinati nei furgoni della polizia. Nel tragitto verso la stazione, sarebbe bene dargli una bella gomitata ed un pugno nello stomaco per fargli capire che non è uno scherzo.
Una volta nel dipartimento e denudati, bastonarli per come si deve per mezz’ora uno ad uno e simulare un annegamento immergendo la testa in secchi d’acqua fredda. Poi, mezz’oretta di riposo con il "pau de arara" per afflosciare gli animi bollenti, con un paio di manganellate nel culo e nella vagina per non farli dormire. Una bella dose di eletto-shock nei genitali e, se ancora fossero coscienti, tirare via quattro o cinque unghie con delle belle pinze, per chiudere in bellezza. Sono sicuro che qualunque pezzente non tonerà a rivendicare un bel niente.
(ndt. "pau de arara": strumento di tortura frequentemente usato in Brasile negli anni della dittatura, prevede che il prigioniero sia appeso su una barra di ferro, bloccata fra l’incavo delle braccia e delle gambe. Le caviglie sono legate con i polsi. Rimanendo in questa posizione, dopo un certo periodo di tempo il sangue smette di circolare, il corpo si gonfia e cessa il respiro)
Tortura. Funzionò durante la dittatura per sedare i sovversivi ed estorcere informazioni, e oggi, funziona nelle periferie delle grandi città per ricordare ai poveri dove dovrebbero rimanere. Si tratta di un passato irrisolto e istituzionalizzato, che continua a perseguitare gli animi di molti cittadini.
Non so dire se faccia più rabbrividire il deputato Jair Bolsonaro, che evoca un torturatore alla Camera dei Deputati, o alcuni autointitolatisi “uomini e donne per bene” – che sognano una putrida banda di poliziotti e miliziani in giro per tutto il paese ad imporre la giustizia giorno per giorno, usando la tortura come strumento di indagine e punizione.
Ma la polizia non è l’unica responsabile del mantenimento dell’ordine del popolo. Il popolo stesso, accuratamente indottrinato da istituzioni come scuole, chiede, ambiente di lavoro e media, garantisce il proprio adempimento e monitoraggio quotidianamente.
Deize Carvalho è oggi una leader della favela Cantagalo e una delle principali voci di denuncia degli abusi della polizia. Suo figlio, Andreu Luis da Silva de Carvalho, è stato ucciso il 1 gennaio 2008, all'età di 17 anni, picchiato e torturato a morte da sei agenti della DEGASE (Dipartimento Generale di Azioni Socio-educative).
Chi esce dagli standard di normalità, o decide di posizionarsi contro l’ingiustizia e le norme comportamentali, diviene un outsider. Nella peggiore delle ipotesi, viene giudicato da un tribunale popolare della rete.
Senza questa vigilanza invisibile esercitata dagli stessi controllati, è impossibile per la classe più ricca mantenersi al potere a lungo e in forma apparentemente pacifica come succede quì.
La scorsa domenica 17 aprile, si è svolta la votazione di impeachment di Dilma Rousseff da parte della Camera dei Deputati. Nello stesso giorno, venti anni prima, ebbe luogo il massacro di Eldorado dos Carajás, nel quale 19 lavoratori rurali furono uccisi e altre 60 persone restarono ferite dopo un duro scontro con la Policia Militar (PM) nello stato di Parana, per sbloccare l’autostrada PA-150 occupata dai manifestanti.
Quell’episodio divenne uno scandalo di livello internazionale. Due persone arrivarono ad essere condannate per aver represso la manifestazione attraverso degli omicidi: il colonnello Mario Colares Pantoja a 228 anni, ed il maggiore Jose Maria Pereira Oliveira a 154, che si trovanano al comando della polizia.
Ma i responsabili politici di quell’epoca, il governatore "tucano" (ndt. di destra) Almir Gabriel (che aveva ordinato lo sgombero della strada) ed il segretario della Sicurezza Pubblica Paulo Câmara (che autorizzò i poliziotti
all’uso della forza) non vennero mai processati. Altri 142 poliziotti militari che parteciparono alla mattanza furono assolti. Tutto ciò senza contare che le proteste degli agricoltori locali, che scatenarono l’azione della polizia, non ebbero alcun seguito.
Come questo episodio a Eldorado dos Carajás, ce ne sono stati altri: Ianomâmis, Candelaria, Vicario Geral, Corumbiara, I Crimini di Maggio...
Membri di movimenti sociali, sindacalisti, attivisti di organizzazioni della società civile, leaders indigeni, difensori dei diritti delle comunità native sono stati e sono tutt’ora frequentemente torturati o uccisi. Alcuni episodi sono più noti di altri e riescono a ricevere maggiore attenzione mediatica nazionale ed estera, ma la stragrande maggioranza di questi fatti restano anonimi ed impuniti.
E nessuno si scandalizza di questo. Anche perché spesso la polizia, i militari ed i banditi fanno i loro “servizi” più o meno direttamente per le stesse “persone per bene“ che vestono i panni dei moralizzatori per poi affermare che chi protesta è una zavorra per la società e dovrebbe sparire dalla faccia della terra.
Preferirei non essere d’accordo con Oscar Wilde, ma mi piace citarlo quando parlo di questi assunti:“Vi sono tre specie di despoti. Il despota che tiranneggia il corpo. Il despota che tiranneggia l'anima. Il despota che tiranneggia l'anima e il corpo. Il primo si chiama principe. Il secondo si chiama papa. Il terzo si chiama popolo”.
Ad essere sincero, non so dire quale mi spaventi di più.
Se i politici che difendono i torturatori, i poliziotti che torturano o il popolo che gode attraverso i primi due. Sappiamo quello che la polizia ed i politici fanno. Ma non sappiamo fino a che punto può giungere il godimento di quel popolo.
Il Brasile non ha mai davvero chiuso i conti con il suo passato. L'impunità garantita ai militari di ieri è la stessa quasi sempre accordata a quelli di oggi. Le torture, i desaparecidos e gli assassini del regime di ieri, si perpetuano oggi nelle azioni della polizia militare. "La dittatura non è mai finita", sostiene Debora Silva Maria, leader delle Mães de Maio (Madri di Maggio), in un intervista nel corso di questo eccellente documentario realizzato nel 2014 da Frédérique Frida Zingaroe Mathilde Bonnassieux per la rete televisiva franco-tedesca Arte.
Non solo Dio, patria e famiglia... il deputato Jair Bolsonaro e suo figlio Eduardo: l'elogio ai militari del colpo di stato del 1964 e al colonnello torturatore Carlos Alberto Brilhante Ustra... e il "popolo" nelle strade di san paolo esulta!