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Il manicheismo è l’oppio degli stolti

Il Brasile si ritrova diviso tra coloro che la pensano come noi (i buoni, gli intelligenti e gli onesti) e coloro che la pensano diversamente (i cattivi, gli stupidi e i corrotti)

 

di Luiz Ruffato, pubblicato su El Pais il 30.03.16

traduzione di Annalisa Marchini per il Resto del Carlinho Utopia

La frase che apre quest'articolo è di Iacyr Anderson Freitas, uno dei maggiori poeti brasiliani contemporanei. Rivela bene lo strano e pericoloso momento che stiamo vivendo, in cui prendere una  posizione rispetto a qualsiasi questione, dalla più semplice alla più controversa, è diventato un esercizio complesso.

 

La società brasiliana si ritrova divisa in due parti, quella di chi la pensa come noi (i buoni, intelligenti e onesti) e di chi la pensa in maniera differente (i malvagi, stupidi e corrotti). A partire da questa contrapposizione abbiamo iniziato a ridefinire le nostre amicizie, relazioni e la nostra visione del mondo. Accettare tutto ciò, tuttavia, significa percorre il cammino paludoso della mediocrità.

 

Recentemente, tornando da un viaggio di lavoro a Macao, ho sentito, nel tragitto tra Dubai e São Paulo, un uomo sui trent'anni spiegare a una giovane argentina che stava tornando a Buenos Aires dopo un anno di studi in Australia, che la principale caratteristica dei brasiliani è la tolleranza.

Tensione fra manifestanti pro e contro Dilma Rousseff a Brasilia (foto: Ricardo Moraes - Reuters)

Certamente, l'uomo stava cercando di impressionare la ragazza con una conversazione intellettuale e evocava a favore delle sue argomentazioni  tutti quegli stereotipi di autocompiacimento che usiamo per assolverci dalle nostre magagne, "democrazia razziale", "allegria", "libertà sessuale", "diversità etnica", etc..

 

Se avessi potuto intromettermi nella loro conversazione, cosa che non ho fatto, avrei chiesto se possiamo classificare come tollerante uma società razzista (che discrimina i discendenti di africani e indios), sessista (circa 5000 le donne uccise ogni anno), omofobica (con il maggior numero al mondo di omicidi di omosessuali), xenofoba (in questo caso la nostra intransigenza è selettiva, solo contro gli immigrati poveri) e, come abbiamo scoperto da poco tempo, anche fascista. Perché è un comportamento autoritario voler imporre le nostre opinioni agli altri, e quando frustrati, cerchiamo di screditare aggressivamente il nostro interlocutore. Il totalitarismo non ha alcuno lato, è accolto dalla destra e dalla sinistra con la stessa intensità.

 

Il drammaturgo e cronista Nelson Rodrigues definì una volta il Brasile come la “patria degli scarpini da calcio”. Negli anni ’70, auge del calcio nazionale, si diceva che eravamo 90 milioni di tecnici, tale era la passione risvegliata dal cosiddetto sport britannico. Il paese è cambiato, il calcio è entrato in decadenza, e abbiamo così trasferito e approfondito il nostro ardore per la politica.

 

È sul campo di battaglia di internet che oggi esercitiamo il nostro ruolo di giudici dei nostri avversari, sommariamente trasformati in nostri nemici. Indossando la toga dell’intolleranza e seduti sulla sedia delle certezze assolute, siamo implacabili gli uni con gli altri, condanniamo, accecati dall'odio e dal risentimento, tutti coloro che osano discordare, anche solo minimamente.

 

Il totalitarismo non ha lato – comanda la sinistra e la destra con la stessa intensità.

 

Il presidente Getulio Vargas, che prese il potere con un colpo di stato nel 1930, rinnovato nel 1937 con l'instaurazione di una dittatura, implementò sotto il suo governo la legislazione del lavoro introducendo così il Brasile nell'era industriale, gettando le basi della nostra modernità. Il soprannominato “padre dei poveri” governò il paese con il pugno di ferro, perseguitando gli oppositori – principalmente i comunisti – e intasando le carceri di prigionieri politici.

 

Il motto di Vargas era “agli amici, tutto, ai nemici il rigore implacabile della legge”, pratica che sembra rediviva nei tempi che corrono.

Da bambini, ancora liberi da bagagli emotivi e intellettuali più sofisticati, tendiamo a separare le cose del mondo in coppie antagoniste per capirlo meglio: il giorno e la notte, il dolce e il salato, il freddo e il caldo, il bravo ragazzo e il delinquente. Si tratta di una visione egocentrica e rudimentale, che però si trasforma e diversifica man mano che diventiamo adulti. Il problema è che noi, i brasiliani, per qualche ragione, rimaniamo confinati a questa visione infantilizzata e binaria che ci impedisce di vedere qualcosa che anche l’autrice del best-seller erotico Erika Leonard James ha già definito: tra il nero e il bianco ci sono almeno 50 sfumature di grigio...

 

Ho iniziato l’articolo evocando un poeta, lo termino citando lo scrittore Jeferson Tenorio, che in un articolo sul giornale Zero Hora, ha affermato: “In tempi di odio, sembra che la nostra migliore via di uscita sia la trasgressione dell'affetto”.

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