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22.01.15

 

Come stracciare la Costituzione e massacrare gli indios secondo il governo Dilma Rousseff

di Eliane Brum*, pubblicato sul suo sito Desacontecimentos, 27.11.2014

Il secondo mandato non è nemmeno iniziato ed il governo di Dilma Rousseff sta già scrivendo un capitolo di violenza contro i popoli indigeni, questa volta sul fiume Tapajós, in Amazzonia.  Dopo aver imposto Belo Monte, che già considera cosa fatta, il governo concentra i suoi sforzi nel calpestare tutta la resistenza contro le idroelettriche di São Luiz do Tapajós e Jatobá, nel municipio di Itaituba, nello Stato del Pará.

 

E, come già a Belo Monte, lo fa passando sopra anche alla Costituzione ed a qualunque principio di rispetto dei diritti e della dignità umana. Un video filmato dai Munduruku, etnia che vive nell'area interessata dalle centrali idroeletriche, mostra l'allora presidente della Fondazione Nazionale dell'Indio (FUNAI), Maria Augusta Assirati, affermare ai leader indigeni, durante una riunione nel mese di settembre, che la relazione della demarcazione delle loro terre ancestrali non era stata ancora pubblicata perché si trovava sulla strada delle dighe.

"Io sono in debito con voi, si, voi avete tutte le ragioni, ma io ho fiducia, e voglio averla, perché il giorno che non l'avrò più non starò più qui a parlare con voi", disse Maria Augusta. Nove giorni dopo, lasciò la presidenza della Funai. 

Foto: Maurício Torres/Arquivo Pessoal

La Funai non ha pubblicato la relazione che comprova la terra indigena Munduruku Sawré Muybu perché, secondo la Costituzione, i popoli indigeni possono essere rimossi dalle loro terre solo in caso di catastrofe o epidemia che metta a rischio la sua popolazione, o per Ragion di Stato. E, in ogni caso, solo dopo deliberazione del Congresso Nazionale e garantendo, in ogni ipotesi, il ritorno immediato non appena il rischio sia cessato.

 

Il governo federale, quando si tratta di imporre il suo progetto di sviluppo e l'interesse delle grandi imprese, non è abituato a mostrare alcun tipo di remora nel far carta straccia della Costituzione, ma con la terra Sawré Muybu demarcata, sarebbe molto più complicato, perché direttamente colpita dalla diga di São Luiz do Tapajós. E lo scandalo internazionale avrebbe proporzioni molto maggiori.

 

Per evitare rischi e ritardi nella sua furia di sbarrare il fiume Tapajós con opere megalomani, il processo di demarcazione è stato paralizzato. Nel video, Maria Augusta mette ben in chiaro i motivi e le pressioni subite dalla Funai.

A maggio di quest'anno il Ministero Pubblico Federale è intervenuto esigendo la pubblicazione della relazione. Alla fine di ottobre la Giustizia Federale, attraverso il tribunale di Itaituba, ha intimato che la pubblicazione del documento avvenisse entro 15 giorni. Curiosamente, la Funai, organo che per legge dovrebbe difendere gli interessi indigeni, ha presentato ricorso chiedendo la sospensione dell'ordinanza per non pubblicare la relazione già pronta da oltre un anno. E la Giustizia Federale, a Brasilia, ha accolto la richiesta, autorizzando così la Funai a continuare a soprassedere sul futuro dei Munduruku.

 

Minacciati dal veder allagata la loro terra ancestrale e traditi dalla Funai, i guerrieri Munduruku sono protagonisti, dalla fine di ottobre, di una scena impressionante: l'auto-demarcazione del loro territorio

 

È in corso l'ennesimo capitolo cupo della storia brasiliana. Il governo più nocivo per i popoli indigeni e per l'Amazzonia fin dai tempi della dittatura militare, comincia a scrivere un altro capitolo vergognoso della sua storia. E tutto ciò succede in questo esatto momento, senza che parte della stampa brasiliana ne dia alcuna evidenza, senza che la maggioranza della popolazione brasiliana sembri importarsi.

Foto: Maurício Torres/Arquivo Pessoal

Di questo passo, quando i brasiliani si sveglieranno, non solo si ritroveranno senz'acqua nei rubinetti, ma non ci sarà più un fiume vivo ed un albero in piedi nella più mitica foresta tropicale del pianeta.

Eliane Brum

Eliane Brum

 

è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.

Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.

Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).

 

Site: elianebrum.com | Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum

 

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21.01.15

La battaglia per la frontiera Munduruku

Gli indigeni proclamano l’auto demarcazione della terra che può fermare la diga di São Luiz do Tapajós, il nuovo progetto di punta del governo federale. Situata su suolo che gli indigeni considerano sacro, l’area verrebbe allagata dalla diga.  

 

"Noi non ce ne andiamo", dice il cacique (il capo indigeno). La frontiera Munduruku è il maggior ostacolo sulla rotta del governo Dilma Rousseff nel progetto di sfruttamento dell’area del Tapajós.

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