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24.06.16

Massacro di Costa Barros: Liberi i poliziotti assassini

Il Tribunale Superiore di Giustizia di Rio de Janeiro ha concesso in questi giorni la libertà (Habeas corpus) per i tre poliziotti accusati (prove e perizie alla mano) del massacro del quartiere Costa Barros avvenuto il 28 novembre del 2015, nel quale 5 giovani, tra i 16 e 20 anni, vennero freddati con 111 colpi di fucile mitragliatore sparati contro l'auto in cui stavano. Dei quattro accusati, uno era già stato liberato nell'aprile scorso.

La morte è un qualcosa diventato molto comune in Brasile, soprattutto quando le vittime sono nere e abitano nelle favelas. Prima di tutto, i media e la società hanno bisogno di esibire il "nulla osta" del cadavere, perché una vittima nera e di favela non può essere "semplicemente" assassinata, è necessario che, dopo morta, anche che la sua vita venga indagata, come se fossimo morti dovendo qualcosa, cosa molto curiosa per un paese che ha un debito storico con i neri.

Loro continuano a sparare!

di Bruno Rico, pubblicato il 22.06.16 su Mutirão Rio 2016

I 5 giovani massacrati nel quartiere Costa Barros

Il fatto è che questo tipo di indagine si svolge rigorosamente in tutti i casi, tutti! Senza eccezioni, non importa se il corpo steso a terra è di un bambino, di un anziano o di una donna, la società brasiliana semplicemente associa questi corpi a corpi di delinquenti, e questo fa parte di una cultura razzista della quale a quasi nessuno piace parlare, perché mettere il dito in queste ferite sociali è sempre molto delicato, e la parola "vittimista" affiora sempre come un eco in qualche angolo della stanza.

 

Se domani, io, uomo nero, abitante di una favela carioca, fossi colpito sulla porta di casa mia, si può star certi che non diventerei una notizia e, se per ventura dovessi diventarlo, è certo che i reporter televisivi frugherebbero un bel po' nella mia vita, e che  in un sito di notizie qualunque si parlerebbe di me come di un individuo sospetto, per giunta prontamente esecrato nei commenti della pagina. Già, i commenti... questi sono sempre un riflesso di questo paese che insiste nel camuffare il suo volto estremamente razzista.

 

Il fatto è che, dalle nostre parti, questo tipo di morte è qualcosa che va ben oltre la banalizzazione ma, malgrado sia questo il senso comune imperante, ci sono alcuni casi che rompono questa barriera, da tanto incredibilmente assurdi che sono; il caso del massacro dei giovani di Costa Barros è stato uno di questi. Cinque ragazzini che si godevano il loro tempo libero domenicale, escono da un parco, decidono di andare a fare uno spuntino e lungo la strada vengono fucilati con 111 COLPI sparati da poliziotti militari che, secondo le testimonianze, mentre mitragliavano il veicolo ridevano pure; ma aspettate un po' che voglio scrivere in caratteri maiuscoli per dare più enfasi: sto parlando di CENTO E UNDICI COLPI DI FUCILE MITRAGLIATORE! Sparati verso cinque giovani innocenti, disarmati e indifesi, e con un'aggravante: sono morti tutti colpiti alla schiena (come comprovato dalle perizie) e i poliziotti militari assassini hanno anche cercato di collocare una pistola finta sul posto (anche questo dimostrato dalle perizie); capite la gravità? Io sono sicuro di no. Se la gente avesse veramente capito l'importanza di tutto questo, in particolare la gente nera e delle favelas, il paese si sarebbe fermato il giorno dopo e oggi questi assassini non sarebbero stati rilasciati.

 

Ebbene si, sono liberi, gli è stato concesso l'Habeas corpus questa settimana. È come se lo Stato stesse di nuovo sparando e cercando di battere il record Olimpico degli assassini di giovani neri, considerato che questo numero di 111 spari è considerato un record, anche nei paesi in guerra del Medio Oriente. Avete capito la gravità? No, io so che non l'avete ancora capita. Se così fosse, le prime due udienze del processo sarebbero state affollate e avrebbero paralizzato il centro di Rio de Janeiro, ma non lo sono state; durante la prima, quasi deserta, i famigliari delle vittime sono stati intimiditi addirittura dagli assassini stessi, che continuamente li fissavano con sguardi minacciosi. La seconda udienza è stata un po' più affollata e i poliziotti se ne sono rimasti tutto il tempo con la testa bassa, senza mai guardare negli occhi qualcuno del pubblico, perché il popolo era lì, stretto intorno ai famigliari, sostenendoli, e loro lo hanno sentito; tuttavia è ancora poco!

 

Ora avremo la terza udienza, che, a quanto pare, sarà anche l'ultima, fissata per il 4 luglio. Nella prima udienza sono stati ascoltati i testimoni dell'accusa, nella seconda è stata la volta dei testimoni della difesa dei poliziotti (ne sono uscito con lo stomaco sottosopra per tutte le baggianate che sono stato obbligato a sentire) e ora saranno i poliziotti ad essere ascoltati, le cui dichiarazioni saranno confrontate con  quanto emerso dalle perizie e dalla ricostituzione del delitto.

 

Il 4 luglio, negli Stati Uniti, è il giorno dell'indipendenza , ma qui in Brasile sarà il giorno in cui il popolo nero e delle favelas farà la storia, perché abbiamo bisogno di rimettere quei vermi di nuovo in quella prigione dalla quale non dovrebbero mai essere usciti. Ora c'è una sola alternativa: commozione e manifestazione popolare. Neri, bianchi, abitanti delle favelas, studenti, lavoratori, insomma, tutti quelli che sono sensibili alla causa devono essere presenti questa volta, la porta del Tribunale di Rio de Janeiro deve vedere la sete di giustizia nei nostri occhi.

 

Credo davvero che questo giorno possa essere un giorno storico, ma per questo è necessario che tu capisca davvero questo caso, perché i famigliari lo capiscono ogni giorno e ogni ora e il dolore non fa che aumentare nel sapere che gli assassini sono liberi, loro hanno bisogno di noi! Noi abbiamo bisogno di noi! Lo Stato dovrà capire - a forza - che se uno di noi cadrà, tutti noi ci solleveremo.

 

Se tu non capisci questo, fratello mio e sorella mia, stai a casa, continua a prenderti la tua dose di alienazione, seduto sui banchi della vigliaccheria; ma non lamentarti quando un proiettile attraverserà la tua finestra e metterà fine a tutto quello che tu chiami vita, perché allora sarà troppo tardi.

 

E allora, vogliamo davvero lasciare che loro continuino a sparare? Tu non lo stai sentendo nella tua carne? Io lo sto sentendo, e sanguina più dentro che fuori.

 

4 luglio, non dimenticare! Noi per noi!

Link all'evento su Facebook

02.12.15

Massacro nel quartiere Costa Barros nella periferia nord di Rio de Janeiro: 5 giovani giustiziati da poliziotti militari

Poliziotti militari fucilano 5 giovani neri nella periferia nord di Rio de Janeiro! Avevano tra i 16 e i 20 anni. Quattro poliziotti arrestati con l'accusa di omicidio e falso, per aver alterato la scena del crimine

Cinque giovani, due dei quali minorenni, sono stati assassinati da poliziotti militari nella notte tra sabato e domenica. L'auto in cui si trovavano è stata crivellata da colpi di fucile e pistola. Le perizie, nei giorni successivi al massacro, ne conteranno almeno 111!

 

Le vittime stavano tornando da una passeggiata nel Parque de Madureira, dove avevano festeggiato il primo salario ricevuto da uno di loro, il sedicenne Roberto, quando sono stati attaccati dai poliziotti militari del 41° BPM, nella favela Complexo de Pedreira, barrio Costa Barros, zona nord di Rio de Janeiro.

 

Sono stati uccisi i fratelli Wesley Castro, 20 anni e Wilton Esteves Domingos Junior, anche lui di 20 anni, che si trovavano con gli amici Cleiton Corrêa de Souza, 18 anni, Carlos Eduardo da Silva Souza, di 16, e Roberto de Souza Penha, anche lui di 16 anni.

Massacro di Costa Barros. Le 5 giovani vittime e la loro auto crivellata dai colpi dei poliziotti

I poliziotti militari "avrebbero confuso" i ragazzi per banditi che stavano scortando un camion con un carico di birra, rubato nell'Avenida Brasil.

Secondo i testimoni giunti sul posto subito dopo il massacro, i poliziotti militari hanno poi tentato di alterare la scena del crimine, nel tentativo di simulare un "auto de resistencia".

 

"Hanno manipolato la scena del crimine, hanno preso le chiavi della macchina dalle mani del conducente, morto, poi hanno cercato di aprire il portabagagli e alla fine hanno messo una pistola vicino all'auto per poter dichiarare che i giovani erano armati", ha detto un testimone.

La solita messa in scena dei poliziotti questa volta non ha funzionato proprio grazie all'intervento degli abitanti della zona. Il comportamento criminale di quelli che dovrebbero difendere la legge ha provocato una vera e propria rivolta tra i testimoni del fatto, e in molti si sono recati a deporre al posto di polizia per denunciare i "banditi in divisa".

Le perizie successive non hanno lasciato margine a nessun dubbio: i ragazzi sono stati giustiziati. Secondo gli investigatori della Polizia Civile Wesley Rodrigues è stato raggiunto da 12 colpi, Roberto Penha da 11,  Carlos Souza da 8, i tre erano sui sedili posteriori della vettura, che presenta 62 perforazioni di proiettile, l'80% deelle quali di fucile. Nella parte anteriore della macchina c'erano Cleiton Correa de Souza, raggiunto da 5 proiettili e Wilton Domigos Jr, da 3.

 

Le perizie hanno rivelato che i 39 spari che hanno raggiunto i cinque ragazzi erano concentrati sul loro dorso, alla gola e alla nuca.

 

Quattro agenti sono stati arrestati per omicidio e falso. Ancora una volta la polizia militare di Rio de Janeiro ha mostrato di che pasta è fatta e come agisce nelle zone povere e periferiche della città. Le vittime erano tutte, come sempre, giovani, neri e abitavano nelle periferie.

Breve video di Aj+ Al Jazeera sul massacro dei 5 giovani neri avvenuto sabato scorso a Rio de Janeiro, uccisi da poliziotti militari che hanno sparato 111 colpi di mitra e pistola contro la loro auto, mentre tornavano a casa dopo essere stati a festeggiare il primo salario ricevuto da uno di loro, il sedicenne Roberto.

 

La loro colpa? Essere neri, giovani e abitare nelle periferie e nelle favelas. Nel video, le parole di Atila Roque, direttore di Anistia Internacional Brasil, suonano come un vero grido di allarme verso l'indifferenza del mondo davanti a questo genocidio quotidiano dei giovani neri:

"È come se le loro vite [nelle favelas] fossero vite a perdere. Le vittime di questa guerra [alla droga] sono soprattutto giovani, soprattutto giovani neri. È difficile pensare a qualcosa che sia più importante che salvare la vita di una generazione che si sta perdendo per la violenza nelle mani dello stato."

Delle 1.275 vittime della polizia tra il 2010 e nel 2013 nella sola città di Rio de Janeiro, il 99,5% era di sesso maschile, il 79% erano neri e il 75% avevano tra i 15 ei 29 anni. Si tratta di dati ufficiali, che non comprendono, ad esempio, i massacri ad opera dei cosiddetti squadrioni della morte, composti da poliziotti militari, e le innumerevoli sparizioni e occultamenti delle vittime.

"HO DOVUTO SEPPELLIRE IL CORPO DI MIO FIGLIO AL BUIO"

 

Erano già le nove di sera, ed era buio, quando il corpo di Cleiton Corrêa de Souza, di 18 anni, è arrivato al cimitero di Irajá, nella periferia nord di Rio de Janeiro, nella serata di lunedì. La famiglia stava aspettando da più di cinque ore di poter seppellire il ragazzo. Problemi burocratici all'Istituto di Medicina Legale e con il pagamento della sepoltura da parte del governo statale hanno ritardato la cerimonia, che era fissata per le 16, la stessa ora in cui sono stati seppelliti gli altri 4 amici di Cleiton, come lui morti sotto una pioggia di ben 111 colpi di fucile mitragliatore e pistola (questi gli ultimi dati riportati dalle perizie) sparati dai poliziotti militari nella notte del sabato precedente. Illuminata dai fari del carro funebre e dei riflettori di qualche televisione, mentre la cassa con i resti del figlio veniva inumata, Mônica Aparecida Santana Corrêa, madre di Cleiton, ha fatto un breve discorso ai presenti:

 "Sono le nove di sera, l'ora in cui mi hanno permesso di sotterrare mio figlio. Non mi interessa adesso sapere di chi è la colpa, perché non cambierebbe il dolore che sento dentro di me. Voglio ringraziare Dio perché, malgrado tutto, ho potuto onorare un po' del sangue sparso su quella strada, sotto quella montagna di spari", ha detto Monica, rivelando una promessa fatta davanti al corpo del figlio.

"Almeno ho potuto mantenere la promessa che ho fatto a mio figlio quando il suo sangue si è sparso in quella macchina. Ti seppellisco con i tuoi amici, figlio mio. La sto mantenendo. È qui, Signore. Grazie per avermi concesso di interrarlo insieme ai suoi amici. Se non doveva essere seppellito insieme a loro, non sarebbe morto con loro."

Monica ha poi trovato le forze per rivolgersi agli addetti del cimitero per ringraziarli e all'uomo che stava ricoprendo di terra la cassa di suo figlio ha detto: "È un padre di famiglia, che potrebbe essere già a casa a prendersi cura dei suoi figli. Ma ha aspettato, ed è qui con noi. Grazie di cuore"

La disperazione di una madre delle vittime

La disperazione di una madre e 111 fori su una bandiera brasiliana, tanti quanti i proiettili dei fucili mitragliatori della polizia militare di Rio de Janeiro che hanno stroncato la vita a cinque giovani neri di periferia. La loro colpa? Essere giovani, neri e di periferia... nulla di più!

José Roberto piange la morte di suo figlio di 16 anni

José Roberto piange la morte di suo figlio di 16 anni, assassinato dalla polizia insieme ad altri 4 amici mentre tornavano a casa dopo aver festeggiato il suo primo stipendio ricevuto.

14.12.15

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La regola non scritta che è permesso uccidere i giovani neri delle periferie

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07.12.15

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di Atila Roque, direttore di Amnesty International Brasile

 

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05.12.15

Manifestazione Contro il Genocidio Gioventù Nera a Madureira (RJ)
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