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19.05.15

Periperi, morte e insorgenza popolare nella periferia di Salvador da Bahia

di Lena Azevedo*, pubblicato sul sito della Campanha Reaja ou Será Morta, Reaja ou Será Morto | 18 maggio 2015

Martedì. 12 maggio 2015. Alla periferia di Salvador da Bahia, zona  Subúrbio Ferroviário, occupazione Zeferina, nel quartiere Periperi, la polizia entra sparando. Era mattina. Le pallottole hanno attraversato le case. Gli abitanti spaventati cercano di proteggersi.

 

Non si trattava di un conflitto a fuoco. Era solo un altro gioco. I poliziotti militari si comportano come se le comunità periferiche fossero lo scenario virtuale di un videogame, nel quale bisogna eliminare l'altro, visto come un ostacolo al raggiungimento del livello successivo del gioco.

 

Sparare, ferire, uccidere. Il sangue sul display mostra che il giocatore ha vinto la minaccia che incombeva su di lui. Il sangue nelle strade, per queste truppe, equivale ad un livello superiore. Quanto più si avanza, tanto più aumenta la perversità dei giocatori militari.

Periperi - foto: Lena Azevedo

È il "poliziotto-artigliere" (ndt. poliziotto-goleador") che il governatore di Bahia, Rui Costa, ha difeso ed elogiato quando poliziotti della Rondesp hanno giustiziato 13 giovani nella favela di Cabula, il 6 febbraio di quest'anno.

 

"Artigliere" fa riferimento ad un soldato d'artiglieria, il quale maneggia, nelle forze armate, un equipaggiamento pesante capace di sparare proiettili a lungo raggio e di forte potere distruttivo, come cannoni e missili, armi per distruggere il nemico. Nel corso del tempo, i poliziotti militari giocatori accumulano cadaveri. Martedì è stata la volta di Dayllane, una giovane di 21 anni che stendeva i panni in giardino mentre la polizia iniziava il suo "addestramento". Lei è corsa dentro casa, ha tentato di chiudere la porta, ma un poliziotto l'ha forzata e le ha sparato un colpo di fucile alla testa.

 

Lì è morta un'adolescente che aveva una sorella gemella, un nipotino, una madre, una famiglia, una storia e dei sogni, come qualunque altra giovane ragazza ha. Per il poliziotto militare che l'ha uccisa, lei era appena una cosa che doveva essere eliminata. Nel suo sguardo tridimensionale da videogame non è previsto percepire il prossimo come persona reale, con i suoi vincoli familiari, sociali, i suoi affetti. Nella sua testa di "giocatore-artigliere", solo la morte lo porterà al livello seguente. Senza esitazioni, senza riflessioni. In questa logica, se solo dovesse temporeggiare o minimamente pensare al suo bersaglio, verrà colpito. Sarà un Game Over, una sconfitta.

Periperi - foto: Lena Azevedo

L'esecuzione di Dayllane ha provocato una rivolta in quella piccola comunità, stretta tra la ferrovia e la Baia de Todos os Santos, un luogo di terra battuta, case precarie ed un sistema d'illuminazione fatto di pali di legno, eternamente provvisorio, che ricorda il secolo scorso.

 

Zeferina, leader del Quilombo do Urubu (ndt. I quilombos erano comunità politicamente autonome, fondate da schiavi fuggiti dalle fazendas e dagli altri luoghi di prigionia del Brasile ai tempi della schiavitù) dove oggi si trova il Subúrbio Ferroviário e che ha dato il nome all'occupazione, fu cacciata dalla polizia militare, creata nel 1825 a Bahia per soffocare gli insorgenti quilombolas. Fu portata, legata, per le strade della città, esibita e, anche così, mantenne la testa alta. Nessun pianto o smorfia di dolore precedettero la sua morte. Orgoglio e odio di una donna nera che lottava insieme al suo popolo contro una politica razzista che voleva i neri come manodopera schiava e asservita a una élite bianca. 

Dayllane non era una leader. Era appena una ragazza, colpita a morte da queste truppe coloniale moderna. L'insorgenza del popolo della comunità non faceva parte della sceneggiatura in 3D della Polizia Militare. Quando bambini e giovani hanno invaso le due corsie dell'Avenida Suburbana, subito dopo l'esecuzione, i poliziotti hanno deciso di aggiungere altra violenza alla scena. Tre bambine di 11 anni hanno testimoniato la morte di Dayllane, la loro vicina, e di come hanno affrontato faccia a faccia e con coraggio più di 10 poliziotti armati. La gente è stata circondata ed è corsa lungo la stradina che dà accesso ai binari della ferrovia.

 

La bambina di 11 anni sapeva di cosa la polizia era capace ma, nella sua innocenza, ha detto di aver guardato indietro mentre correva. "Ho schivato una pallottola, mi sono abbassata e lei è passata a un pelo dalla mia testa". I bambini, malgrado convivano con questo tipo di minaccia tutti i giorni, hanno poca nozione del pericolo reale. Con un movimento repentino del loro corpo, pensano di poter sfuggire al giocatore-artigliere del videogame della vita reale, armato di fucile e con il sangue agli occhi. I bambini fanno sogni e pensano che tutto sia possibile e che il futuro sarà bello. Se sta scritto nei libri di favole, nelle storie romantiche che passano alla televisione, nei disegni animati, che, anche se inseguiti dai cattivi, i ragazzini e le ragazzine riescono sempre a scappare e a vivere a lungo felici e contenti, perché loro no?

 

I bambini ignorano la sceneggiatura crudele che la società che si crede superiore nel sua bianchitudine e ricca di diritti, ha riservato per le nere ed i neri in Brasile. In questa storia, che le bambine non sanno, i giovani muoiono, e per niente. Appena per soddisfare l'istinto selvaggio di una politica schiavocratica che insiste nel sopravvivere più di 125 anni dopo.

L'addestramento del gioco di morte della Polizia Militare è continuato dopo la prima ribellione di Periperi. I giovani nella piazza e nelle carreggiate laterali dell'Avenida osservavano la Polizia Militare che, a quel punto, si era ritirata, lasciando sul posto solo un automezzo.

 

Alle 11.30, quando chiamati dalla comunità sono arrivati gli attivisti di Reaja ou Será Morta, Reaja ou Será Morto, gli abitanti hanno festeggiato. Una sensazione di presa del potere popolare, così insolita ai giorni d'oggi, stava sui volti e nelle parole, occupava lo spazio. In tanti hanno accerchiato Hamilton Borges, Fred Aganju, di Reaja, Sandra Carvalho, di Justiça Global, Luis Carlos Alencar, cineasta ed io, sostenitori di Reaja.

 

Ci trovavamo a Salvador per una manifestazione che commemorava i 10 anni della Campagna Reaja ou Será Morta, Reaja ou Será Morto, che si sarebbe svolta nel pomeriggio. Non è comune scrivere in prima persona negli articoli. Una regola giornalistica dice che questo non è opportuno, ma un'eccezione qui è necessaria, a fronte della cronaca che seguirà.

Hamilton Borges a Periperi - foto: Lena Azevedo

Siamo arrivati nella piazza e, sospinti dalla moltitudine, abbiamo proseguito, sotto l'occhio vigile della Polizia Militare che ci seguiva a distanza, verso la ferrovia, dove i poliziotti erano stati ad esercitare la loro perversa abilità nell'uccidere persone. Molta gente indignata, che parlava tutta insieme, portava striscioni (uno di questi emblematico: "Non è stato un conflitto a fuoco") e molta rabbia.

 

Una signora con un crocefisso in mano ci avvicina e dice cose sconnesse che, in fondo, rimettevano al dolore di quella morte. Il gruppo decide di andare alla cooperativa della comunità, che ha avuto origine da un'occupazione del MTSB (Movimento dei Senza Tetto di Bahia). Cammino davanti con un gruppo, e quasi non mi accorgo che la signora del crocefisso ha avuto un attacco di epilessia ed è caduta, battendo la testa sui binari della ferrovia. Alcuni gridavano che le accadeva spesso, altri gridavano che sarebbe morta. In un luogo dove non esiste un ambulatorio medico e nessuno possiede automobili, l'unica soluzione è stata quella di caricare la signora su un carretto a mano. Aveva ancora le convulsioni quando le persone l'hanno portata sull'Avenida. Non c'è stata altra scelta che chiedere aiuto alla Polizia Militare per trasportarla all'ospedale. Non so cosa le sia successo dopo. So solo che è tutto molto triste. 

 

Dopo essersi occupati della signora epilettica, i giovani hanno nuovamente invaso la strada, dando fuoco a delle cataste di legna. Il numero delle auto della polizia e dei poliziotti è tornato ad aumentare. In alto, oltre ad un elicottero della TV, un altro della Polizia Militare controllava i manifestanti. Un signore ubriaco insulta un poliziotto e viene fermato. Hamilton Borges si aggrappa a lui per impedire che venga arrestato e portato via ed i poliziotti cominciano a spintonarlo con l'intenzione di arrestare anche lui. La moltitudine, furiosa, avanza verso poliziotti armati ed in procinto di premere il grilletto.

 

Scorgo una vettura della Rondesp che sta arrivando a sirene spiegate. Da questa scendono poliziotti con caschi, tipici da guerra. Ci ritroviamo tutti in questa insana situazione nella quale il pericolo per noi era reale e per la Polizia Militare un videogame. Infiltrato nella moltitudine, un poliziotto spruzza gas al peperoncino nei miei occhi. Continuo a seguire come posso, senza rendermi conto di cosa fosse stato quel liquido e chi l'avesse spruzzato. La rappresentante di Justiça Global, realizzando che la situazione avrebbe potuto trasformarsi in un'immensa tragedia, si presenta e chiede che i due vengano rilasciati, mentre tempesta di telefonate diversi parlamentari, che hanno telefonato al governatore Rui Costa per far cessare la barbarie.

 

Sono stati secondi, minuti in cui tutti noi siamo diventati dei bersagli e saremmo stati inevitabilmente giustiziati da poliziotti abituati ad uccidere senza pensare. Abitanti e militanti nel mirino delle armi. La sensazione di morte in quel giorno di Periperi è stata reale e lo è tutti i giorni nella periferia di Salvador ed in altre città dello Stato di Bahia. Non abbiamo le risorse dei bambini che credono che basti abbassare la testa per far passare la pallottola sopra di noi senza colpirci. Di tutti loro, abitanti di Zeferina, condividiamo solo la volontà di resistere, in un gioco diseguale tra personaggi di videogame che ci uccidono nella vita reale.

 

*Lena Azevedo è una giornalista e sostenitrice della Campanha Reaja ou Será Morta, Reaja ou Será Morto

REAJA: 10 ANNI

di Lena Azevedo

 

Dieci anni fa, 5 giovani vennero assassinati a Paripe, regione alla periferia di Salvador, da un gruppo di sterminio. Morirono bruciati. Tra di loro una donna, nipote di un militante dell'MNU (Movimento Nero Unificato). Nella stessa epoca, a Nova Iguaçu, nella grande zona periferica della Baixada Fluminense, a Rio de Janeiro, 29 persone vennero assassinate. Questi avvenimenti mostrarono la necessità di rendere politica la morte dei neri. Il 12 maggio del 2005, nasceva un ampio dibattito nel quale si affermava che quello che era in corso non era sterminio. Quello che si stava consumando era il genocidio del popolo nero. La Campanha Reaja ou Será Morta, Reaja ou Será Morto dà fastidio, perché mette in discussione i tratti razzisti della società, incrostati nelle istituzioni e che orientano le politiche pubbliche, specialmente quelle della sicurezza. La vita, i corpi, la cultura, i saperi delle nere e dei neri, che la supremazia bianca vuole ignorare, hanno molto valore. REAJA! (Reagisci!)

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