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17.06.16

MASSACRO DI CAARAPÓ

Massacro. La parola riassume il risultato dell'attacco subito martedì 14 giugno dai Guarani e Kaiowá della terra indígena Dourados-Amambai Peguá, nel municipio di Caarapó, nello stato del Mato Grosso do Sul.

 

L'indigeno Clodiode Aquileu Rodrigues de Souza, 26 anni, agente sanitario, è stato assassinato con almeno due spari ed è morto sul posto. Sei indigeni, anche loro raggiunti dagli spari dei fazendeiros, sono stati ricoverati nell'ospedale più vicino; tra loro un bambino di 12 anni, colpito all'addome.

Vignetta di Carlos Latuff

"Le pallottole ci passavano sopra. è stato terribile."

di Talita Bedinelli, pubblicato su El Pais il 16.06.16

Nel video, gli indios sopravvissuti all'attacco nel Mato Grosso do Sul raccontano che i fazendeiros hanno usato fuochi d'artificio per nascondere il rumore degli spari

Martedì scorso, Clodiode Aquileu Rodrigues de Souza, un Guarani-Kaiowá di 26 anni, è stato ucciso dopo che un gruppo di fazendeiros (grandi produttori agricoli, latifondisti) ha accerchiato una fazenda che era stata occupata due giorni prima dagli indigeni che rivendicano quell'area. Altri cinque, compreso un bambino di 12 anni, sono rimasti feriti e ricoverati all'ospedale.

 

Le testimonianze sono in un video realizzato da Ana Mendes e Ruy Sposati, del CIMI (Consiglio Indigenista Missionario) e pubblicati su El Pais. In esso, gli indigeni che erano entrati due giorni prima nella fazenda Yvu, a Caarapó, a 273 km dalla capitale Campo Grande, affermano che i fazendeiros sono arrivati sul luogo già sparando. "La sparatoria è cominciata alle 10 ed è finita alle 14", racconta uno di loro. "Sono arrivati con dei fuochi d'artificio, dei bengala, al di sopra e al di sotto dei quali sparavano alle persone", ha confermato un altro.

La fazenda Yvu è al centro di una dispuita territoriale. Fa parte di un'area già studiata dalla FUNAI (Fondazione Nazionale dell'Indio) che compone la Terra Indígena Dourados Amambaipeguá I, il cui processo di demarcazione è in corso. Secondo un rapporto pubblicato dall'organismo federale lo scorso 13 maggio, i Guarani-Kaiowá furono espulsi da quest'are molti decenni fa, per mano del governo stesso, che destinò l'area all'insediamento delle fazendas. I fazendeiros sono oggi proprietari di quella terra e dicono che non la lasceranno se non saranno pienamente indennizzati, cosa che il governo afferma di non poter fare in base alla Costituzione.

 

Gli indios, che vivono da anni in situazioni di assoluta precarietà in riserve o aree sovraffollate, si sono stancati di aspettare la risoluzione della querelle e sono passati alla fase che loro chiamano di "retomada", cioè di "ripresa" delle terre da sempre appartenute ai loro avi. Entrano nelle fazendas, montano accampamenti, e finiscono per essere espulsi da gruppi di fazendeiros, il più delle volte in forma violenta.

 

È quello che è successo martedì scorso. Gli indigeni affermano che sono stati sottratti loro anche tutti gli averi: moto, biciclette, vestiti, alimenti, sono stati dati alle fiamme e poi interrati in una fossa scavata dalle ruspe dei fazendeiros. La famiglia dei proprietari terrieri ha confermato di essersi recata sul posto insieme ad altri produttori e di aver avuto una discussione con gli indigeni, ma nega che qualcuno di loro fosse armato con altro che non fuochi d'artificio.

Vi proponiamo questo articolo pubblicato il 16.06.16 sull'ottimo sito italiano greenreport.it sempre attento alle questione legate ai diritti dei popoli indigeni

Massacro in Brasile: i fazendeiros sparano agli indios guarani kaiowa

Attacchi armati contro le comunità che reclamano la loro terra. E il governo ad interim sta a guardare

 

Un indio guarani kaiowá di 23 anni, Clodiodi Aquileu Rodrigues de Souza, è stato assassinato durante un assalto armato di fazendeiros a un terreno occupato da una comunità indigena. L’attacco è avvenuto la mattina del 14 giugno nel Município di Caarapó, nel Mato Grosso do Sul, e ci sono molti feriti, 6 gravissimi, tra i quali un bambino di 12 anni.

vignetta di Ribs

Secondo le informazioni dei leader indigeni e della Fundação Nacional do Índio (Funai), Clodiodi Aquileu era un agente sanitario della comunità  guarani kaiowá  ed è stato assassinato con almeno due colpi di arma da fuoco, i 6 indios feriti sono ricoverati all’Hospital São Matheus di Caarapó e al bambino è stato sparato all’addome. Ma il Funai teme che i feriti possano essere molti di più, perché gli indiani dopo l’attacco sono fuggiti e si sono  dispersi sul territorio.

 

Fatima Mello, consigliere di Anistia International Brasil ha detto che «L’omissione dello Stato brasiliano nell’adempimento del suo dovere costituzionale di delimitare e terre indigene ha avuto un peso in questa tragedia. Amnesty International chiede che venga fatta un’indagine sull’attacco e che  i colpevoli siano puniti. È più che mai urgente che agli indigeni venga garantito il diritto alla terra in modo definitivo».

 

Il Conselho Indigenista Missionário (Cimi) riassume quanto successo con una parola: «massacro» e spiega che l’attacco armato è avvenuto in una zona della terra indigena Dourados Amambai Peguá. Nei giorni precedenti i guarani kaiowá avevano rioccupato la Fazenda Yvu, che fa parte delle loro terre ancestrali e che il ministero della giustizia del Brasile sta demarcando come terre indigene, ma sono stati circondati da uomini armati arrivati su circa 200 autocarri, motociclette, cavalli e trattori, che poi hanno cominciato a sparare in una vera e propria caccia all’indio.

 

In un video (che pubblichiamo) realizzato dagli stessi Guarani Kaiowá si possono vedere un centinaio di uomini armati, che bruciano moto e altre proprietà degli indigeni e il Cimi sottolinea che «La maggior parte di quelle persone sono vestite in uniforme nera; nel filmato è possibile ascoltare il grido “Bugres! Bugres! “, utilizzato nel sud del paese in senso peggiorativo per riferirsi alle persone indigene. Le camionette circolano come mosche intorno gli uomini neri ed enormi falò vengono utilizzati per bruciare tutto il poco che possedevano e i guarani kaiowá, oltre la terra tradizionale per il quale si registra un altro massacro contro il popolo.

 

Anche i guarani kaiowá dei dintorni sono in fuga e si sono dispersi in aree più lontane del loro, in alcune delle riserve che compongono la loro terra indígena.

 

All’ospedale San Matheus, la più grande preoccupazione dei familiari delle vittime, che vivono nelle riserve limitrofe, è per la sicurezza degli indios rimasti nella zona dl massacro. «Il clima di tensione è tale – dicono al Cimi – che i veicoli della polizia militare sono andati alla fattoria Yvu  in soccorso alle vittime, ma alla fine sono stati attaccati dagli indiani, temevano che la polizia fosse venuta per attaccarli, dal momento che nella regione i guarani e kaiowá associano la  polizia ai fazendeiros».

 

L’attacco è stato una risposta alla rioccupazione da parte degli indios del terreno di Tey’i Kue, nella  Fazenda Yvu, vicina alla loro riserva. ST, una leader indigena che era sul posto e ha chiesto di non essere identificata, ha raccontato al Cimi che «Domenica 12, un gruppo di 100 famiglie rioccupato il territorio chiamato tekoha Toropaso, dove si insinua la Fazenda Yvu Farm Yvu. Quando siamo arrivati, non c’era nessuno nella fazenda, solo una dipendente che era indigena. Le abbiamo spiegato la nostra lotta e ci ha proposto di rimanere con noi».

Il giorno dopo, gli indios hanno ricevuto la visita della Polícia Federal (PF), accompagnata da Força Nacional, Polícia Militar e Polícia Civil e da due camion sui quali, secondo la leader india, c’erano alcuni fazendeiros della regione. Dopo che la polizia se ne è andata, è arrivato un gruppo di auto civili che ha per q 4 ore ha osservato il campo degli occupanti indios da circa 3 km di distanza. Il 14 giugno, verso le 7 del mattino, lo stesso posto era occupato da circa 200 veicoli che si sono divisi in due gruppi per assediare la Fazenda occupata dagli indios. Un trattore ha travolto il recinto e i fazendeiros hanno cominciato ad entrare  con le camionette nel terreno occupato e a sparare sui guarani kaiowa.  La leader indigena spiega: «Ci hanno respinti nel villaggio e sono andati avanti, sono entrati nella riserva, attaccando. A circa la metà di questo attacco, il figlio della nostra leader è caduto morto, delle persone sono rimaste ferite».

 

Secondo il Cimi, «Tutto ciò indica che l’operazione del massacro scatenata contro la comunità è ben lungi dall’essere alla fine» e S.T. conferma: «Siamo circondati. E’ tutto circondato, i fazendeiros sono in giro. Non possiamo entrare o uscire».

 

Gli indios dicono di sapere chi sono i fazendeiros responsabili dell’attacco e a maggio erano andati nella capitale federale Brasilia per perorare la pubblicazione del rapporto sulla terra indígena Dourados-Amambai Peguá che alla Fine è stato reso noto dal Funai, dando così l’approvazione a continuare la demsarcazione delle terre indigene.  Prima di essre destituita la presidente brasiliana Dilma Rousseff aveva riconosciuto come terra indígena l’area dove è avvenuto l’attacco dei fazendeiros. Il Cimi denuncia: «Il massacro dei leader indigeni è un modo criminale e codardo per intimidire le autorità pubbliche e sfrattare i guaraní kaiowá da una terra che appartiene a loro».

In una dichiarazione il Conselho Indigenista Missionário ha classificato come «azione paramilitare» l’attacco del 14 giugno e ha detto che negli ultimi 6 mesi nel Mato Grosso do Sul si sono registrati almeno 25 attacchi simili contro i guarani kaiowa.

 

Anche Survival International dice che l’attacco dei sicari alla comunità di Tey’i Jusu «E’ solo l’ultimo di una serie di assalti violenti alla tribù» e aggiunge che «L’attacco fa probabilmente parte dei crescenti tentativi dei potenti agricoltori e allevatori locali – strettamente legati al governo ad interim nominato di recente – di sfrattare illegalmente i guarani dalla loro terra ancestrale e intimidirli con violenza genocida e razzismo».

 

Il 13 giugno Survival aveva ricevuto – grazie al progetto Tribal Voice – un audio dei Guarani della comunità di Pyelito Kue che documentava un altro attacco dei sicari al loro villaggio. L’ONG che difende i popoli indigeni rivela che «Sono arrivate notizie anche da un’altra comunità guarani nella stessa regione, conosciuta come Apy Ka’y, che rischia lo sfratto dopo aver rioccupato la sua terra sotto la guida della leader Damiana Cavanha nel 2013. Le nove famiglie della comunità avevano ricevuto un’ordinanza di sfratto la scorsa settimana, ma non è ancora noto se siano riuscite a restare nella loro terra, che gli spetta di diritto secondo la legge brasiliana e quella internazionale».

 

A maggio, durante la sua visita in Europa, il leader guarani Tonico Benites aveva lanciato un preoccupato allarme: «E’ in corso un lento genocidio. C’è una guerra contro di noi. Abbiamo paura. Uccidono i nostri capi, nascondono i loro corpi, ci intimidiscono e ci minacciano. Continuiamo a lottare per la nostra terra. La nostra cultura non permette violenze, ma gli allevatori ci uccideranno piuttosto che restituirci la terra. Gran parte di essa ci è stata presa negli anni ’60 e ’70. Gli allevatori sono arrivati e ci hanno cacciato via. La terra è di buona qualità, con fiumi e foreste. Ora è preziosa».

 

Survival International ricorda che «Negli ultimi decenni, i Guarani hanno subito violenza genocida, schiavitù e razzismo da parte di chi vuole derubarli di terre, risorse e forza lavoro». Ad aprile Survival ha lanciato la campagna “Fermiamo il genocidio in Brasile” per portare all’attenzione del mondo questa crisi terribile e urgente, e dare alle tribù brasiliane un palcoscenico da cui parlare al mondo nell’anno delle Olimpiadi.

 

Il direttore generale di Survival, Stephen Corry, conclude: «Assistiamo a un attacco brutale e continuato ai guarani, che sta crescendo di intensità. Persone potenti in Brasile stanno cercando di ridurre al silenzio i membri della tribù, terrorizzandoli affinché rinuncino alle loro rivendicazioni territoriali. Ma i guarani non si fermeranno. Sanno di rischiare la morte cercando di tornare alla loro terra ancestrale, ma l’alternativa è così terribile che non hanno altra scelta se non quella di affrontare i sicari e le loro pallottole. Il governo ad interim del Brasile deve fare di più per porre fine a questa ondata di violenza che sta seminando morti».

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