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18.09.15

Siamo NOI per NOI!

La voglia di rivolta del movimento nero, di favelas e periferie, in un paese a maggioranza nera dove il razzismo è istituzionalizzato e lo sterminio quotidiano. 

 

"Il terzo margine"

di Lena Azevedo, pubblicato sul sito Caros Amigos  il 05.09.15

Oh, ma tutto questo paese è pieno di bugie
Moriremo tutti come mosche
Non mi fido più di niente
Tu continui a dire 'Vai piano!'
'Vai piano!' 

 

(Mississippi Goddam – Nina Simone)

III Marcia Internazionale Contro il Genocidio del Popolo Nero (Foto: Leo Ornelas)

Un binario della ferrovia divide i neri dai bianchi. Non è una metafora. Il ricordo di Nina Simone nel documentario “What Happened, Miss Simone” (Cosa è successo, Miss Simone), nel descrivere il suo andare, da bambina, a casa dell'insegnante bianca di pianoforte, sembrano ricordi del passato. Non lo sono. Il razzismo lampante che divideva territorialmente i neri dai bianchi nord americani, rimane come un'ombra, estraneo a qualsiasi legislazione.

 

Nel 2015, cinquant'anni dopo la III Marcia da Selma a Montgomery per i diritti dei neri negli Stati Uniti, molto è cambiato. Nell'anno precedente alla prima marcia, il Civil Rights Act aveva messo fuori legge la segregazione razziale, che in pratica continuava ad esistere. La prima mobilitazione nel 1965, chiamata "Bloddy Sunday" (Domenica di sangue), portò alla Voting Rights Act (legge per il diritto al voto). I binari reali che dividevano la società sparirono, ma ancora rimangono nella struttura culturale che mantiene il razzismo presente nella vita quotidiana.

 

La morte di Michael Brown, nel mese di agosto 2014, a Ferguson (Missouri) e di Freddie Gray, giovane nero di 25 anni, nel mese di aprile di quest'anno a Baltimora, entrambi uccisi dalla polizia, hanno fatto esplodere immediatamente rivolte popolari. Le esecuzioni di giovani uomini neri da parte della polizia espongono il razzismo statunitense, reso visibile solo a causa delle proteste.

 

Le manifestazioni sono modi per esprimere la rabbia e il dolore e per affermarsi in quanto persone portatrici di diritti. Ovunque nel mondo, i cambiamenti avvengono solo attraverso una forte pressione popolare.

Campanha Reaja

 

In Brasile, 10 anni fa, la Campanha Reaja ou Será Morta, Reaja ou Será Morto (Campagna Reagisci o morirai), innescò un processo di mobilitazione per la politicizzazione delle morti dei neri a Bahia, quando cinque giovani, tra cui la nipote di un militante del Movimento Nero Unificato (MNU) vennero sterminati.

 

Era anche un modo per mettere al centro della discussione il genocidio del popolo nero che era in corso nel paese. Nella stessa settimana del massacro a Bahia, la polizia militare giustiziò 29 neri nella Baixada Fluminense (periferia povera di Rio de Janeiro). Cominciava il 12 maggio del 2005, una campagna per denunciare queste morti e dare visibilità a ciò che stava succedendo alle donne e agli uomini neri nel paese.

 

Il 24 agosto scorso, la Campanha Reaja ha portato per le strade Salvador cinquemila persone per la III Marcia Internazionale Contro il Genocidio del Popolo Nero. Due giorni prima, aveva realizzato il I Incontro Nazionale di Formazione e Organizzazione Pan africanista (Enfop), riunendo 350 persone, provenienti da nove stati, che si identificano nella lotta e nella tattica di Reaja per affrontare il sistema razzista. 

 

Nel giro di un decennio, sono stati costruiti ponti con comunità nazionali e internazionali. Il movimento ha una sua forma specifica di azione, ma, parallelamente, recupera anche le forme di resistenza degli afro-americani per i diritti civili, il diritto alla vita, del Movimento Nero Unificato (MNU), un'organizzazione creata in Brasile nel 1978 per affrontare il razzismo e mantenere all'ordine del giorno la politicizzazione delle morti nere. Più che per ancestralità, le manifestazioni sono frutto di sapere e conoscenza, elaborati da questi gruppi nel corso del tempo.

La tendenza di chi guarda alle manifestazioni dei neri e delle nere è di considerarle spontanee, non capendone il percorso politico, attraverso dibattiti intensi e continui sulla realtà. È nella natura del razzismo decontestualizzare e squalificare le motivazioni dei militanti che si esprimono nelle piazze, nelle favelas, nelle accademie, negli spazi di potere, in tutti i luoghi in cui gli uomini e le donne nere hanno il diritto di stare.

 

E dove sono gli uomini e le donne nere oggi? In cima alla classifica delle statistiche di omicidi. Su 30 mila giovani uccisi ogni anno il 77% (23.100) sono neri. Ossia, muoiono quasi quattro volte di più rispetto ai bianchi. Pur essendo la maggioranza della popolazione brasiliana ed aver notevolmente aumentato negli ultimi dieci anni la loro presenza nelle scuole secondarie e superiori, il privilegio di avere accesso a scuole e università, è ancora dei bianchi (65,7% nelle facoltà). Sono barriere che si abbattono col tempo, è vero, ma il tempo va avanti e indietro. Ci sono periodi di progressi e di recessi. Negli ultimi due anni, si può dire che questi ultimi sono stati decisamente predominanti.

Linciaggio a São Luís do Maranhão - clicca e vai al link

Parte della società brasiliana, in particolare a partire dal 2013, ha deciso di assumere il suo tratto più fascista, invocando nelle piazze il ritorno della dittatura militare, linciando i neri non solo nel mondo virtuale, ma nella vita reale, legandoli nudi a pali, proibendogli di frequentare luoghi.

 

Siamo tornati, senza rendercene conto, alla scena di Selma e, in altri momenti, ancora più indietro, arrivando al maccartismo, il pattugliamento anti comunista negli Stati Uniti che, anche a dispetto della legge, è esistito dalla fine degli anni '40 alla metà dei '50 .

 

Questo ufficialmente, visto che, tanto per dire,  Assata Shakur (Joanne Chesimard, dell'Esercito di Liberazione Nero), nera nord americana, colpita da spari alla schiena, nel 1973, è stata accusata e condannata al carcere a vita per aver sparato a distanza ravvicinata a un poliziotto, senza che ci fossero prove evidenti del fatto. Assata è fuggita dal carcere ed è in esilio a Cuba, ma l'FBI, pur con tutte le prove che la scagionerebbero, l'ha inserita, nel maggio 2013, nella lista dei dieci terroristi più ricercati negli Stati Uniti. Si tratta di un chiaro processo di criminalizzazione. Perché includere Assata, 40 anni dopo il delitto, che nemmeno può essere inquadrato come atto terroristico, come la prima donna ricercata per terrorismo e mettere una taglia sulla sua testa? Nulla di diverso dal periodo schiavista.

Oppressione

 

Comunisti, terroristi, vandali, sono parole che escono con naturalezza dalla bocca dei conservatori come giustificazioni per arresti illegali, esecuzioni sommarie e ogni sorta di persecuzione politica e di controllo delle popolazioni.

 

Il razzismo è strutturale in società di tutto il mondo. Nel Brasile del 2015, si arriva all'assurdo di essere assunto pubblicamente da parte delle autorità. Il 23 agosto, la polizia militare di Rio de Janeiro ha fermato un autobus proveniente dalla periferia che andava in direzione della Zona Sul (ndt. la Zona Sud di Rio de Janeiro, l'insieme dei quartieri benestanti affacciati sulle spiagge più famose della città) e portato alla stazione di polizia 15 giovani, 14 dei quali neri.

 

Il giorno dopo, il governatore Luis Fernando Pezão (PMDB), accompagnato dal Segretario della Sicurezza Pubblica, José Maria Beltrame, ha dichiarato giusta l'azione della polizia militare, anche se i ragazzi, che volevano solo andare alla spiaggia, fossero stati arrestati senza alcun motivo.

Apartheid Carioca/1 - clicca e vai al link
Apartheid Carioca/2 - clicca e vai al link

I blitz della polizia militare in luoghi strategici per impedire l'arrivo di giovani neri e poveri alle spiagge sono stati molto comuni durante l'estate di Rio de Janeiro. Il sindaco Eduardo Paes, sostenendo la presunta necessità di ridurre gli ingorghi nella capitale, ha ordinato il ritiro di 700 autobus, operazione che dovrebbe concludersi nel dicembre di quest'anno.

 

Settantotto linee vedranno i loro percorsi soppressi, in particolare quelli provenienti dalle favelas verso il lungomare, o ridotti per ostacolare la mobilità dei giovani neri in uno spazio che è pubblico e appartiene alla città. L'apartheid è stato ufficializzato nel silenzio complice e cinico della società carioca.

E questi non sono gli unici politici a esporre, senza alcun imbarazzo, il razzismo. Il caso più eclatante si è verificato nel mese di febbraio a Bahia, quando il governatore Rui Costa (PT) ha elogiato gli agenti della polizia militare che hanno giustiziato 13 giovani a Vila Moisés, nell'area periferica di Cabula a Salvador da Bahia, comparandoli a dei goleador davanti alla porta.

 

Mesi dopo, ha condannato un poliziotto che ha sparato e ucciso il cane di una donna bianca, che vive in un condominio di lusso. Sollecito, Costa ha immediatamente chiamato la proprietaria dell'animale scusandosi per l'azione del poliziotto militare, ma si è rifiutato di ricevere le madri dei giovani assassinati a Cabula. Secondo la logica del governatore di Bahia, i neri valgono meno di un cane.

Familiari delle vittime del massacro di Cabula
UPP - Unità di Polizia Pacificatrice by Carlos Latuff

La segregazione ha le sue formule. Le UPP (Unità di Polizia Pacificatrice) a Rio de Janeiro sono diventate un modello nel paese. Ipoteticamente create per "liberare le favelas dalla criminalità organizzata", le UPP si sono trasformate in un inferno per gli abitanti delle periferie ed hanno permesso alle "milizie" e ai "gruppi di sterminio" (squadroni della morte) di aumentare in modo significativo la loro area operativa. Richiama l'attenzione non solo il numero di morti di queste 37 UPP, ma soprattutto il numero dei "desaparecidos" (scomparsi). In un anno, tra il 2013 e il 2014, 6.034 persone sono scomparse a Rio de Janeiro. Da gennaio a giugno 2015, ci sono stati 3.187 casi, secondo i dati dell'Istituto di Sicurezza Pubblica (ISP).

 

L'aumento dei desaparecidos, dicono i ricercatori, sono proporzionali alla diminuzione degli omicidi. Questo perché il governo elargisce bonus economici ai poliziotti di aree che hanno ridotto il numero degli omicidi.  Le pratiche di occultamento di cadaveri e le indennità alla polizia non sono un caso.

 

Militarismo e oppressione

Il controllo nelle favelas dove operano le UPP è concentrata soprattutto sui giovani. Bailes funks (Feste Funk) e feste private non si svolgono se la polizia militare non vuole. Mandati di perquisizione e di arresto sono entrati in disuso da molto tempo e forse non sono mai stati utilizzati in queste zone popolari. Le perquisizioni degli abitanti, la sfilata ostensiva di poliziotti militari armati di fucili nelle favelas, come in quella del Complexo do Alemão, dove sparatorie e uccisioni sono di routine, danno un'idea del perché sono state imposte le Unità Pacificatrici. Esistono per controllare intere popolazioni e tenerle sotto un regime militare. E questo compito non è ristretto alle forze di polizia. L'insieme delle favelas della Maré, a Rio de Janeiro, hanno vissuto un lungo periodo occupate dai militari, con soldati che agivano come se si fosse in piena dittatura.

Un abitante della favela arrivava al punto di passare tre posti di blocco prima di poter far rientro a casa. Uno di loro si ribellò per essere stato perquisito 27 volte in un giorno. Non venne arrestato solo grazie all'intervento degli altri residenti.

L'esercito ha ucciso molte persone in questo insieme di favelas e ha lasciato un giovane paraplegico. Questo è stato il caso di Vitor Santiago Borges, 29 anni, un giovane che aveva un lavoro, studiava e faceva parte del corpo di ballo della favela da Maré. Il 12 febbraio, Vitor, padre di una bambina di due anni e quattro amici erano andati in un bar di un altro quartiere di Rio, per guardare la partita del Flamengo. Sulla via del ritorno, si fermarono a un posto di blocco dell'esercito a Vila São João. Vennero perquisiti e poi poterono proseguire. Mentre passavano nei pressi di Salsa e Merengue, sempre alla Maré, furono lenti nel capire che c'era un altro posto di blocco dell'esercito. "Stavano fermando la macchina quando il poliziotto militare Diego Neitzke sparò quattro colpi di fucile calibro 7,62", ricorda la sarta Irone Maria Santiago, 50 anni, madre di Vitor, che ha partecipato alla Terza Marcia Internazionale Contro il Genocidio, a Salvador.

Dei quattro colpi, due raggiunsero Vitor: uno attraversò la gamba sinistra, che ha dovuto essere amputata e un altro il petto, colpendo i polmoni - con una parte successivamente rimossa in chirurgia. Questo stesso colpo ha raggiunto la vertebra T-4, nella regione toracica, lasciando il ragazzo paraplegico. Un futuro paralizzato, disgregazione per un'intera famiglia. Anche questo fa parte della strategia genocida, dell'eliminazione delle donne e degli uomini neri.

 

Le forze armate fanno vittime anche a Bahia. Nella favela Quilombo Rio dos Macacos, a Salvador, la Marina invase, ancora ai tempi della dittatura, gran parte della terra dei "quilombolas" e, ancora oggi, impone ai residenti un'oppressione degna di un regime d'eccezione. I bambini e i giovani per studiare devono percorrere a piedi un buon tratto di strada sterrata - visto che i militari impediscono l'accesso dei veicoli e controllano l'ingresso di persone nella comunità. Sono stati denunciati, nel corso di questi anni, casi di tortura, uccisioni e stupri. Recentemente, secondo i sostenitori del Quilombo Rio dos Macacos, la tattica degli uomini della Marina è stata quella di chiudere un occhio sul traffico di droga. Consentendo ai trafficanti di entrare in area quilombola, immaginano i militari, saranno loro ad occuparsi del servizio di criminalizzare ed eliminare le famiglie che resistono e lottano per la restituzione delle loro terre. La perversione, definitivamente, non ha limiti.

 

Incarcerazione e controllo

 

La popolazione nera e delle comunità povere, pur riconoscendo da un lato i miglioramenti nell'accesso ad alcuni servizi, come l'istruzione e l'occupazione, dall'altro percepisce questo modello di militarizzazione della vita, delle rimozioni forzate e perdita di diritti, di criminalizzazione e incarcerazione di massa, in particolare di giovani neri, come un importante patto tra tutte le sfere del potere.

 

Gabriel Feltran, professore presso il Dipartimento di Sociologia  dell'Università Federale di São Carlos (UFSCar) e ricercatore al Centro Studi della Metropoli e del Centro Brasiliano di Analisi e Programmazione dell'Università di São Paulo (USP), nello studio “Margens da política, fronteiras da violência: uma ação coletiva das periferias de São Paulo” (Margini della politica, frontiere della violenza: un'azione collettiva delle periferie di San Paolo), affronta il cambiamento delle matrici, dei parametri che guidano queste comunità nella valutazione della realtà e nella costruzione di un altro modo di pensare alla politica:

"Nel passaggio tra un secolo e l'altro, la corda si tende. Da un lato, si cerca di allentarla con l'espansione delle politiche compensatorie e di gestione della sicurezza, dei territori e delle popolazioni, di solito sotto forma di accordi tra i governi e certe organizzazioni della società civile  - spesso vecchi movimenti sociali - per l'implementazione di "progetti sociali": professionalizzazione, sostegno della famiglia, attività culturali, ecc. Dall'altro, si espande la repressione alle frontiere, tendendo i margini di appartenenza sociale e politica e facendo emergere in loro sempre piu 'sospetti'. L'incarcerazione di giovani delle periferie di São Paulo è quadruplicato dalla metà degli anni '90 ".

 

Guerra alle droghe

 

Con il pretesto della guerra alla droga, l'incarceramento è esploso negli ultimi 12 anni. Una crescita del 620% in poco più di un di un decennio, in contrasto con la crescita della popolazione, che è stata del 30%. Oggi ci sono circa 600 000 detenuti, per lo più uomini neri in carcere con l'accusa di furto o traffico, dei quali quasi il 47% si trova ancora in attesa di giudizio. La situazione è simile per più della metà delle donne imprigionate da questa politica repressia. Questi numeri collocano il Brasile al terzo posto nel mondo per popolazione carceraria (dopo Stati Uniti e Cina).

 

In un'intervista a Agência Pública, nel luglio di quest'anno, Feltran dice che:

"il registro attraverso cui questa critica sociale si esprime, in periferia, passa sempre più lontano dalla polarizzazione sinistra contro destra o da una elaborazione discorsiva nel segno della politica tradizionale. Passa attraverso testi rap, l'estetica del funk, la razzializzazione, lo stile di vita, ossia, attraverso altre vie. Non è il registro della politica istituzionale, dei movimenti tradizionali di sinistra, che ospita le nozioni critiche che portano. Il pentecostalismo, la capacità di consumare, la polarità razziale o la 'vida Loka' sono oggi matrici di elaborazione delle proprie vite molto più importanti che la 'sinistra' istituzionale. E queste matrici muovono lo scenario politico verso una direzione ancora sconosciuta. Quel che si percepisce, muovendosi tra favelas e élite, è che la metafora della guerra (nemici da combattere) sembra avere più senso nel pensare la politica oggi che la metafora della democrazia (comunità di cittadini)."

 

Malgrado sinistra o destra no siano più parametri che definiscono la percezione della realtà, il ricercatore dice che le favelas non si identificano con le linee guida più conservatrici:

 

"Questa agenda è fortemente respinta nelle periferie, naturalmente. Un 'nero' sa quanto la meritocrazia sia perversa, quanti blocchi ci sono sulla sua strada verso l'università e quanto il paese sia diseguale. Conosce l'ipocrisia delle nostre élite ".

Il cambiamento di paradigma può essere visto nella III Marcia Internazionale Contro il Genocidio del Popolo Nero.

 

I giovani hanno marciato al suono del rap “Quilombo, favela e a rua” (Quilombo, favela e strada), di MC Mano Teko, di Rio de Janeiro:

 

"Oggi il quilombo è qui per dire,

la favela è qui per dire,

la strada è qui per dire:

che siamo NOI per NOI!"

 

Il rap dice tutto o quasi tutto.

Il rifiuto della politica tradizionale, dello Stato, dei partiti e di parte delle ONG è comprensibile. Il controllo delle popolazioni più povere (in maggioranza nere) realizzata con vari strumenti, come la polizia, l'uso dei media nei processi di criminalizzazione e di naturalizzazione delle morti e della violenza, il controllo urbano, come nel caso della ridefinizione dei percorsi degli autobus, la persecuzione al funk, al rap tante forme di cultura, la riduzione della maggiore età per la responsabilità penale, l'incarcerazione di massa dei neri, tra gli altri, crea un senso di estrema oppressione e di voglia di reagire a questo stato di cose. Le comunità elaborano le loro reazioni a partire da loro stesse. Sentono di poter contare solo su quelli che vivono la stessa condizione.

REAJA!| REAGISCI!

Quindi non è strano che così tante persone abbiano aderito alla Marcia Internazionale Contro il Genocidio del Popolo Nero, identificandosi con il panafricanismo (i neri sono un popolo legati dalla stessa origine africana, anche se nella diaspora).

 

La lotta degli USA, del Brasile e di varie altre parti del mondo per combattere il sistema razzista è una sola, anche se le tattiche si differenziano e variano a seconda della situazione locale. Ciò che permea tutto questo processo è la comprensione del fatto che non si rompono le frontiere ed i "binari" prestabiliti senza una dimostrazione di forza.

 

La resistenza dei neri afro-americani, compresi i Black Panthers, che il documentario su Nina Simone occulta (non nominandoli), le azioni dirette, quelle pacifiste di Martin Luther King, qualunque sia la loro matrice, dimostrano che dietro a questi movimenti esiste una lunga storia di resistenza nera.

 

Anche se non lo si dice, questa traiettoria sta lì, aleggiando sul presente e ad indicare il futuro. Coloro che osarono affrontare il razzismo nord-americano, i militanti del MNU, le donne, gli uomini e la gioventù di Reaja, si incontrano in questo luogo. Le forma e i risultati potranno anche essere differenti, ma, come in passato, è necessario andare avanti.

 

"Libertà è un sentimento, come l'amore. È non aver paura"

(Nina Simone).

 

 

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