top of page

18.09.14

Sgombero dell'occupazione São João a San Paolo
Le immagini esclusive, riprese dall'equipe di giornalisti del sito Ponte.org all'interno dell'edificio occupato

I giornalisti indipendenti di Ponte.org sono stati gli unici ad accompagnare dall'interno l'operazione di sgombero avvenuta martedì 16 settembre, dell'edificio del centro di San Paolo occupato da oltre 800 persone, tutte famiglie di lavoratori senzatetto e di migranti.

L'edificio era abbandonato da 10 anni e dopo questo sgombero, molto probabilmente, tornerà ad esserlo, giusto per favorire la speculazione immobiliare. Il risultato è questo intensissimo video che mostra il lato che nessuno ha visto. La persecuzione di uomini, donne e bambini. Caos, panico, disperazione e molta tristezza. (Link al video originale su Youtube)

Fotografia e Reportage: Rafael Bonifácio e Caio Palazzo | Collaborazione: Maria Carolina Trevisan | Edizione: Dani de Lamare |

sottotitoli italiano: Carlinho Utopia

Lo Sgombero ha portato caos e sofferenza nel centro di San Paolo

Lavoratori senzatetto che occupavano da febbraio un edificio nel centro di San Paolo, sono stati sgomberati dalla polizia martedì 16 settembre, con un'azione che ha provocato sdegno, scontri e tanta sofferenza per le strade del centro di San Paolo

Pubblicato sul sito Ponte.org il 16.09.14

Reportage: Fausto Salvadori Filho, Laura Capriglione, Maria Carolina Trevisan, Paulo Eduardo Dias

traduzione: Carlinho Utopia

 

Circa 800 lavoratori senza casa con i loro bambini, alcuni neonati; intere famiglie, donne che avevano partorito da poco, anziani. Questa è la gente che ha affrontato nella mattinata del 16 settembre la polizia antisommossa, la famigerata squadra speciale del Rota, la Forza Tattica, la polizia metropolitana, e i motociclisti della Rocam, un contingente stimato in almeno 250 uomini, armati di manganelli, granate assordanti, gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

Ben presto, l'intero centro di São Paulo si sarebbe trasformato in una piazza di guerra con un autobus articolato dato alle fiamme proprio di fronte al Teatro Municipale, diversi focolai d'incendio sparsi per tutto il quartiere finanziario, la polizia che scagliava gas lacrimogeni contro tutto ciò che si muoveva, uffici che hanno chiuso le porte alle 11, come in un improvvisato giorno festivo e lavoratori che uscivano di gran carriera piangendo come bambini per effetto

dei gas.

 

L'esercito dei miserabili, tra i quali si contavano immigrati africani, boliviani e peruviani, si è equipaggiato con armi improvvisate. Dalla spazzatura di una tavola calda nelle vicinanze, hanno preso centinaia di noci di cocco verdi senz'acqua, che hanno poi portato al primo piano; da cassonetti per oggetti ingombranti, hanno preso vecchi divani, carcasse di televisori, resti di frigoriferi e di condizionatori d'aria, per gettarli dall'alto dell'edificio contro le truppe dei soldati. Anche barattoli di vernice bianca e petardi, sono stati trasformati in proiettili.

L'incrocio tra le Avenidas Ipiranga e São João non ha dato spazio a questa poesia dura e concreta, così impegnato con i preparativi del contingente di polizia per sgomberare gli occupanti che si erano chiusi all'interno dell'edificio al civico 605 dell'Avenida São João. Si è trattato di un provvedimento di sgombero ordinato dalla giudice Maria Fernanda Belli, del Tribunale civile di São Paulo, su richiesta del proprietario dell'immobile, l'imprenditore Ricardo Pimenta.

L' imponente edificio di 23 piani, costruito per essere l'Hotel Aquarius, era chiuso ed abbandonato da 10 anni ed era stato occupato dai senzatetto in lotta per il diritto alla casa fin dallo scorso febbraio.

Per i senzatetto, l'occupazione dell'edificio era stata una "carnevalata". "Durante il carnevale di quest'anno, ci travestimmo come un gruppo carnevalesco di strada per poter fare l'occupazione", ha ricordato Antonia Nascimento, 43 anni, una dei coordinatori del MSTRU (Movimento Senza Tetto per la Riforma Urbana), che ha occupato insieme alla FLM (Fronte di Lotta per la casa) e al MSTC (Movimento Senza Tetto del Centro).


Ma non era restato più nulla di festivo nella  mattina di martedì, data scelta dalla Polizia Militare per eseguire il mandato di sgombero della proprietà.

I senzatetto avevano annunciato che intendevano resistere all'azione della polizia. "Noi non usciremo", hanno gridato gli occupanti, sbattendo pentole e gettando carta sminuzzata come coriandoli dalle finestre poco prima delle 6 del mattino, quando la polizia militare è arrivata. Militanti di altre occupazioni si sono recati nell'edificio per unirsi alla resistenza. Pur prevedendo l'azione della polizia, i senzatetto hanno deciso di tenere le donne, comprese le donne incinte ed i bambini all'interno dell'edificio e si sono riuniti al primo piano.

 

Proprio di fronte all'entrata dell'occupazione, insieme ad un'altra trentina di persone, c'era l'operatrice di telemarketing Priscila, 28 anni, il marito Hozanio, di 29, ed i figli Fernando, 7, e Leticia, di 1.  "Siamo venuti a dare il nostro sostegno. Siamo di un'altra occupazione e potrebbe accadere anche a noi. Chi non lotta, è morto", ha detto con un sorriso.

Tutta la tensione è iniziata alle 5:30 del mattino, quando i primi camion dei pompieri sono entrati nel viale. "Entra, vieni dentro! Oppure esci, esci! Chi vuole entri, e chi non vuole, a presto... a Dio piacendo", ha esclamato Antônio, 23 anni, un nero forte e muscoloso, una sorta di uomo tuttofare per i commercianti dal centro. "Oggi, lascerò che i miei clienti se la cavino da soli", ha detto; attualmente Antônio stava lavorando come imbianchino in un pub nelle vicinanze. Antônio non ha avuto il coraggio di andare a lavorare abbandonando lì dentro sua madre, impiegata domestica.

 

Noi di Ponte siamo entrati. Siamo stati l'unico organo di stampa ad accompagnare dall'interno dell'occupazione gli scontri tra la polizia ed i senzatetto, fino alla resa di questi ultimi. I nostri giornalisti stavano anche al di fuori, seguendo l'azione della polizia e tutto il movimento nel centro di San Paolo.

L'ingresso principale dell'edificio è stato sbarrato, letti smontati, divani, frigoriferi e fornelli sono stati trasformati in barricate, bloccando il passaggio. Nessuno più poteva uscire.

 

Bambini con occhi sgranati aspettavano l'entrata delle truppe nell'edificio. Altri, più piccolini, dormivano, innocenti. Nessuno ha fatto la colazione.

Ed è a digiuno che questa truppa di disperati ha atteso l'arrivo dei soldati.

L'ordine della leader principale dei senzatetto, la Nete (Ivaneti Araújo), era che la gente si sparpagliasse per tutti i piani, in modo da ostacolare l'azione della Polizia Militare. Ma tutti  hanno preferito riunirsi ai primi 2 piani. È stato subito chiaro che la resistenza sarebbe stata a carico soprattutto di quelli che stavano alle finestre. Dall'alto dei loro posti di osservazione, la povera soldatesca calzava ciabatte infradito e indossava magliette e pantaloncini; accanto a loro noci di cocco pronte per essere lanciate, oltre alle altre "armi"...

Alle 07:27, il tenente Weisshaupt, del 7 ° Battaglione  della Forza Tattica, con un gruppo di circa 10 poliziotti militari, con indosso i caschi e armati di fucili e scudi, sono avanzati in direzione dell'edificio. Sono stati accolti da una pioggia di oggetti lanciati dai senza tetto, che li ha costretti a retrocedere. I senzatetto hanno iniziato a lanciare noci di cocco, bastoni, pietre e mattoni, poi sono passati a vasi, letti, televisori e divani. La Polizia Militare ha risposto con un lancio massiccio di gas lacrimogeni attraverso le finestre dell'edificio, così come di granate stordenti e proiettili di gomma. Sono subito arrivate squadre anche del 13° e dell'11° battaglione e un elicottero. Intanto scontri e barricate avevano raggiunto il Largo Paissandú, la Praça da República e l'incrocio tra l'Avenida São João e la Rua Timbiras ed è così intervenuto anche il 3° Battaglione antisommossa.

 

All'interno dell'edificio, l'aria si era fatta irrespirabile. Cauã, 9 anni, piangeva e tremava tutto per la paura. Piangeva per i gas lacrimogeni e di terrore. Sua nonna non riusciva a consolarlo. Era disperata per aver perso la figlia nella folle corsa su per le scale, dopo l'attacco.

La boliviana Juanita, con un bambino di due mesi in braccio ("è nato nell'occupazione"), ancora illegale nel Paese e senza documenti, improvvisamente ha dimenticato quel poco portoghese che ancora parlava fino a un attimo prima. L'aymara (la stessa lingua nativa del presidente Evo Morales) si era imposta come la sua lingua della paura. Si riusciva a capire solo "Dios, Dios, Dios y mia Madre", che le usciva ritmato come un mantra.

Quando è diventato chiaro che la nave stava davvero affondando, uno degli organizzatori dell'occupazione ha gridato: "C'è un'uscita attraverso l'edificio affianco. Prima le donne, i bambini e gli anziani. Gli uomini restano." Una fila indiana di disperazione, pianto e solidarietà si è formata per aiutare i più deboli a salire sul tetto vicino, una selva di ponteggi da attraversare e su per le scale che li avrebbero portati al palazzo attiguo, che è in fase di restauro. I giovani aiutavano a issare le persone con difficoltà di movimento.

 

"Ho dovuto saltare tre edifici con mia figlia in grembo, per venire fino a qui. Lei ha la bronchite ed è svenuta per il fumo", ha raccontato in strada, nella Avenida Ipiranga, Carla Batista Araújo, 22 anni, stringendo la figlia di 1 anno e mezzo. "Ci sono dei bambini, per l'amor di Dio", ha gridato più volte alla polizia. "Ho altri tre figli che stanno là dentro e che mio marito non è riuscito a portar fuori", ha detto piangendo. La Tropa de Choque (truppa antisommossa) è arrivata in seguito.

Verso le 8 del mattino, due camion blindati della Tropa de Choque, meglio noti come Centurion, si sono avvicinati all'edificio. Quanto più la Tropa de Choque minacciava di invadere l'occupazione, la tensione cresceva e gli abitanti reagivano. Oggetti sono stati gettati dall'edificio in direzione della polizia, che ha reagito sparando granate verso l'occupazione. Poi uno dei veicoli blindati ha forzato l'entrata dell'edificio e ha buttato giù la porta. Un altro blindato ha sradicato una palma imperiale dell'Avenida. Alle 09:17, circa 20 uomini della Tropa de Choque della Polizia Militare hanno invaso l'occupazione São João, facendo esplodere granate stordenti e bombe di gas lacrimogeno all'interno e all'esterno dell'edificio.

 

Dentro, erano rimasti in una cinquantina a resistere, tra cui alcune donne e bambini, ed una giovane di 16 anni incinta. Il gruppo è salito a piedi al piano superiore del palazzo, e lì ha atteso l'arrivo della Tropa de Choque. Tutti hanno iniziato a cercare la giornalista del Ponte, l'unica presente all'interno, chiedendo di intercedere con il il comando delle truppe di polizia. Volevano far arrivare il messaggio della loro resa e che non avrebbero più opposto resistenza o attaccato i poliziotti. Volevano solo uscire, ma non potevano. Era impossibile scendere con la polizia che sparava granate e lacrimogeni attraverso le finestre. Un'altra giornalista del Ponte, che stava fuori, a contatto con il comando delle truppe, ha trasmesso la notizia che la polizia dava garanzia che non ci sarebber stata violenza.

I poliziotti da un lato gridavano ai manifestanti di spostarsi, ordinandogli ora di appoggiarsi contro il muro, ora di sdraiarsi sul pavimento (allagato) e dall'altro di andare verso la parete opposta. Gli occupanti dell'altra parte urlavano che non avrebbero resistito e chiedevano di portare fuori le persone che si stavano sentendo male. Poi sono cominciati a scendere - prima quelli che si sentivano male, soprattutto le donne in stato di gravidanza, poi le altre donne e i bambini. Infine, gli uomini.

 

Si conclude l'occupazione São João

Improvvisamente, però, il conflitto si è esteso ben oltre il vecchio hotel Aquarius. La Tropa de Choque è avanzata nelle strade vicine, sparando proiettili di gomma e granate. Oltre alla Praça da Repubblica, gli scontri sono arrivati fino al Largo do Paissandu e à Praça Ramos de Azevedo, dove è stato dato alle fiamme un autobus.

La polizia ha preso di mira chiunque stesse passando per la strada, anche chi non stava praticando alcuna violenza. L'unico criterio sembrava essere quello di svuotare le strade, sparando lacrimogeni, granate e manganellando. Ben presto sono apparsi alcuni black bloc, con le magliette arrotolate sul volto per nasconderlo ed hanno cominciato a tirare pietre alla polizia. "Non ho mai visto la polizia adottare un'azione così violenta nelle strade, nemmeno nelle giornate di giugno", ha detto Josiah Rodrigues Vianna Filho, 41 anni, osservatore legale del gruppo degli Avvocati Attivisti.

Al Largo do Paissandu, un gruppo di persone ha invaso tre autobus ed è fuggito prendendo le chiavi dei veicoli. "Hanno detto che non avevano nulla contro di noi, che volevano solo le chiavi", ha detto un autista. Protetti dietro a dei veicoli fermi, il gruppo ne ha approfittato per dare fuoco alla cabina di una compagnia di autobus e per tirare altre pietre contro la polizia. La Chiesa Senhora do Rosário, di fronte, ha chiuso le porte col lucchetto.

 

Tre uomini con i vestiti logori e strappati hanno commemorato il conflitto nel centro di San Paolo. "Andiamo là a tentare di prendere un paio di scarpe da tennis in quel negozio. È rimasto aperto", ha detto uno di loro. Le granate della polizia hanno gli hanno fatto cambiare idea prima che potessero raggiungere il negozio. Hanno finito per accontentarsi di frugare tra i resti carbonizzati della cabina della compagnia di autobus. Hanno trovato un orologio e un po' di denaro sbruciacchiato e sono andati via sorridendo.

Un altro che ha sorriso per la guerra nel centro São Paulo è stato il venditore ambulante Genésio dos Santos - gli amici lo chiamano Kassab, per aver lanciato un sacco di ghiaccio addosso all'allora sindaco Gilberto Kassab, nel 2010, per vendetta contro gli agenti comunali che avevano confiscato le sue merci. Davanti al bus in fiamme nella Praça Ramos Azevedo, di fronte al Teatro Municipale, il signore di 51 anni, con un parasole a forma di ombrellino rosso e bianco appoggiato sulla sua testa calva, correva da una parte all'altra vendendo le sue bottigliette d'acqua a due reais, ignorando il frastuono delle bombe e l'odore dei lacrimogeni come se non esistessero. "Vendo la mia acqua buonissima per calmare la gente. La gente è molto nervosa."

Ponte Jornalismo

Nota del MTST (Movimento dei lavoratori senza tetto) sullo sgombero dell'edificio occupato dal Frente de Luta por Moradia (FLM - Fronte di Lotta per la Casa).


Questa mattina, abbiamo seguito lo sgombero effettuato dalla polizia militare di San Paolo di più di 300 famiglie che occupavano da oltre sei mesi un hotel abbandonato da più di 10 anni nella Av. São João, nel centro di São Paulo.

 

Ancora una volta il governo dello stato e la magistratura di San Paolo hanno trattato il problema della casa come un problema polizia.
La speculazione immobiliare sta trasformato la città São Paulo secondo i suoi capricci, in cerca di denaro facile, provocando segregazione ed esclusione.
La popolazione più povera viene espulsa alla periferia della periferia, lontano dai posti di lavoro e senza servizi pubblici di qualità, mentre nel centro di São Paulo, migliaia di edifici abbandonati rimangono vuoti, così da veder aumentata la loro valutazione a beneficio esclusivo della speculazione immobiliare.

 

La casa è un diritto umano e un diritto garantito dalla Costituzione, ma gli interessi di chi fa profitti prevalgono a spese dei poveri.
Abbiamo valutato che era possibile una proposta ragionevole alle famiglie che evitasse lo sgombero violento e tutti i disordini che ne sono derivati.
Difendiamo l'espropriazione dell'edificio da parte delle famiglie e chiediamo l'immediato rilascio delle 80 persone arrestate nell'occupazione organizzata dal FLM.

 

Il governo di Geraldo Alckmin dovrebbe essere accusato per l'ennesima tragedia sociale capeggiata dalle truppe antisommossa della polizia militare.

Tutto il nostro sostegno a chi lotta per il diritto alla casa!


Sao Paulo, 16 settembre 2014.

bottom of page