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04/02/14

Benefici per chi?
Storia di cinque vittorie popolari contro le violazioni ai diritti alla città, all’abitazione, al lavoro, alla cultura e allo sport durante i preparativi per la Coppa del Mondo.

di Jessica Mota, Luiza Bodenmüller e Natalia Viana, Agência A Pública

traduzione in italiano a cura di Clelia Pinto e Carlinho Utopia

 

Molti sostengono che non ci sia più niente da fare rispetto ai Mondiali in Brasile.

Per distruggere questo mito, leggi queste cinque storie di vittorie popolari contro le violazioni ai diritti alla città, all’abitazione, al lavoro, alla cultura e allo sport durante i preparativi per la Coppa. Lottare è ancora possibile!

 

Recentemente la parola d’ordine "Non ci sarà Coppa!" (Não Vai Ter Copa!) ha iniziato a circolare nelle manifestazioni che denunciano l’impatto dei Mondiali 2014 sulla popolazione e ne mettono in discussione i benefici. Esponendo striscioni, come “Coppa per chi?” (Copa pra quem?), da tre anni organizzazioni popolari in dodici città-sede dell'evento stanno denunciando le rimozioni delle comunità (favelas), mettendo in discussione la costruzione di opere contrarie all’interesse pubblico e rivendicando il diritto della popolazione a lavorare nelle aree soggette alle esigenze della Fifa.

In alcuni di questi casi proteste, petizioni e azioni giuridiche si sono rivelati strumenti capaci di condurre alla vittoria la popolazione organizzata e saranno proprio queste conquiste, forse, la principale eredità che la Coppa lascerà al Brasile. Vi raccontiamo queste cinque storie.

Natal: un progetto alternativo di viabilità risparmia la comunità dallo sgombero

Natal vuole benefici della Coppa - No all'espropriazione

“Cosa ho imparato? Ho imparato che abbiamo dei diritti” sintetizza la professoressa di geografia Eloisa Varela, che abitava - e ancora abita- in Avenida Capitão-Mor Gouveia, nel quartiere di São Domingo, zona ovest di Natal. Nell’agosto del 2011, ha ricevuto una notifica della Prefettura in cui le si comunicava che sarebbe stata rimossa dalla casa in cui vive da 21 anni. “All’inizio le persone sono angosciate dall'idea di perdere la casa e il luogo nel quale si riconoscono, nel quale hanno stabilito i loro legami”, ricorda. Circa 250 famiglie residenti lungo quell’Avenida, che collega l’aeroporto allo stadio Arena das Dunas, hanno ricevuto lo stesso avviso con la sentenza toccata a Eloisa. "C’era gente che viveva lì da 40 anni”, dice. Eloisa iniziò a partecipare agli incontri del Comitato Popolare della Coppa che riuniva abitanti, architetti, urbanisti, avvocati. Insieme, vedevano la luce in fondo al tunnel.

“Studiando il progetto, iniziammo a vedere che l’opera in sé era irregolare; non rispondeva ai parametri del piano regolatore, non c’era stata udienza pubblica, non c’era la licenza ambientale. L’amministrazione ha semplicemente deciso che sarebbe stato quello il progetto e ha avvisato la popolazione” Per procedere legalmente contro il progetto, è stata formalizzata la creazione dell’Associazione Potiguar degli Abitanti Colpiti dai Mondiali (Apac). Ma il mandato di sicurezza inoltrato per impedire l’inizio dei lavori è stato rifiutato dal giudice della seconda sezione dei Lavori Pubblici di Natal, nel marzo 2012. Si è deciso di tentare un latro percorso. "All’inizio pensavamo solo ad azioni legali. Finché un abitante ha proposto: perché non creiamo un progetto alternativo?", ricorda Eloisa.

 

Il progetto ufficiale prevedeva, come principale cambiamento in quel tratto, l’allargamento dell’Avenida - che avrebbe provocato le rimozioni - per accelerare il collegamento tra aeroporto e stadio, già connesso alla zona alberghiera nell’area costiera. "È un percorso turistico o un 'percorso Coppa' "- spiega Dulce Bentes, professoressa del Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell’Università Federale di Rio Grande do Norte - Poiché si trattava di un progetto viario, sono stati organizzati seminari e workshop per proporre un tracciato alternativo, con l’aiuto di Dulce e di altri architetti e urbanisti.Dopo aver studiato il traffico della regione, il gruppo è giunto a un modello in cui si sarebbero utilizzate anche vie parallele all’Avenida per il dislocamento, senza necessità di allargarla. "È un insieme di vie abbastanza larghe, quindi l’idea era quella di far fluire il traffico a senso unico in una Avenida e farlo ritornare, sempre a senso unico, in un'altra. Abbiamo realizzato uno studio sul traffico più che un semplice progetto di ampliamento viario”, spiega.

 

Il progetto è stato consegnato a rappresentanti del comune in un’udienza pubblica nel maggio 2012 ma, ancor prima, il comitato popolare aveva cercato di spiegare il problema alla popolazione distribuendo fiori e volantini agli automobilisti che passavano da lì. Ad agosto, la Segreteria della Pianificazione Municipale di Opere Pubbliche è passata a discutere le alternative. Ma con il sindaco uscente Micarla Araújo de Sousa sembrava difficile che il progetto uscisse dalla carta. Gli abitanti hanno iniziato a far pressione sui candidati in campagna elettorale, avidi di appoggio e generosi di promesse, e sono riusciti a strappare a due di loro l’impegno, se eletti, di rivedere il progetto.

 

Quando è entrato in carica, il nuovo sindaco Carlos Eduardo Alves (PDT), ha revocato i decreti di espropriazione, ha convocato il comitato per una riunione e ha chiesto che la proposta fosse ripresentata formalmente. “Non c’è stata nessuna rimozione”, ricorda Eloísa, sottolineando che ci sono altre cause importanti in discussione a Natal, come quella di impedire la riduzione dell’area del Parco Areia das Dunas, il secondo maggior parco urbano del paese. "Queste amministrazioni sono state elette quindi devono rispondere alle domande della società. Quindi non sto pretendendo nulla di più che i miei diritti, il cittadino ha diritto di discutere della città e della sua costruzione”

Salvador: "Baiane" usano internet in azioni di pressione sulla FIFA

Il 5 aprile 2013 circa cento baiane in costume tradizionale hanno fatto ingresso allo stadio Fonte Nova, a Salvador, durante la cerimonia di inaugurazione, alla presenza della presidente Dilma Rousseff, del governatore di Bahia, Jaques Wagner e del sindaco della capitale baiana, ACM Neto. “Abbiamo portato il tabuleiro (le tradizionali bancarelle nelle quali si cucinano e si espongono le specialità gastronomiche bahiane di matrice africana, riconosciute dall'Unesco come Patrimonio dell'Umanità), abbiamo distribuito acarajé (la "frittella" più tipica) gratis, 200 magliette del Vitória e del Bahia e altre con la scritta “La FIFa non vuole acarajé durante i mondiali”, racconta Rita Santos, presidente dell’Associazione delle Baiane dell’acarajé. La divertente protesta è stata motivata dalle norme della FIFA sulla vendita degli alimenti negli stadi durante i mondiali, che in pratica impedivano alle baiane di vendere gastronomia tradizionale, considerato patrimonio immateriale del Brasile.

Oltre ai tabuleiros, le baiane hanno portato con loro una petizione con oltre 17.000 firme. Si trattava di una campagna di sensibilizzazione, un 'azione popolare che ha coinvolto anche alcuni politici in una strategia di appoggio alla popolazione e che ha attratto l’attenzione - e la simpatia- della stampa nazionale e internazionale. Alla carioca Rita Santos, madre del portiere del Flamengo Felipe, piace raccontare questa storia che si è conclusa con la vittoria delle baiane. È stato un giornalista ad avvertirla che le regole della FIFA per la vendita dei prodotti negli stadi e nei loro dintorni esigevano una gara dalla burocrazia inaccessibile per queste lavoratrici autonome.

 

La risposta della FIFA: tutti i locali e gli SNACK BAR che avessero vinto le gare erano autorizzati a vendere acarajé. “Noi abbiamo detto di no, che non volevamo essere al servizio dell’impresa, che volevamo lavorare per conto nostro, come sempre”, dice Rita “Dona Norma, Solange, Meirejane lavorano sempre durante tutte le partite. Dona Norma lavora lì da oltre 50 anni - spiega Rita - “è stato per queste tre donne che ho iniziato a lottare”

 

Rita, figura conosciuta dalla stampa bahiana , ha iniziato a rilasciare interviste criticando duramente la mossa della FIFA. “Ero già andata a parlare con il governatore, inviato e-mail al ministro dello sport e alla FIFA, sono stata al Ministero Pubblico e ho intentato un'azione contro la FIFA...”

Il movimento ha attirato l’attenzione dell’equipe di Change.org (un’organizzazione che promuove petizioni on line in difesa dei diritti) che stava arrivando in Brasile. “Siamo entrati in contatto per vedere se erano interessati a promuovere una petizione. Sono stati subito d’accordo - spiega Graziela Tanaka, direttrice delle campagne di Change - Noi abbiamo aiutato nella parte strategica, cercando di vedere chi fosse il responsabile della segreteria speciale per i Mondiali a Salvador e cercando contatti con il governo federale”.  Nei sei mesi seguenti la petizione ha raccolto 17.728 firme.

 

“Allora il movimento ha smesso d’essere locale, sono stati pubblicati articoli in altri stati e anche all'estero”, sottolinea Rita.

La petizione è stata consegnata ad un assessore dell’ufficio della presidenza della repubblica durante l’inaugurazione, quando le baiane sono state invitate all’ultimo minuto a entrare nello stadio. Poco dopo, Rita è stata chiamata dal Segretario Speciale degli Affari della Coppa: la FIFA aveva autorizzato le baiane a lavorare nello stadio durante la Coppa delle Confederazioni. Nonostante la vittoria abbia avuto eco internazionale - dopo tutto è stata una delle poche volte in cui i lavoratori sono riusciti a cambiare una norma della FIFA - Graziela fa notare che l'organizzazione non ha mai dichiarato pubblicamente di aver cambiato posizione “Non hanno voluto mostrare che la nostra vittoria è stata frutto della pressione popolare”, dice.

Belo Horizonte: la caparbietà dei commercianti della Fiera del Mineirinho

Anche i commercianti della tradizionale Fiera dell’Artigianato del Mineirinho, allo stadio Jornalista Felipe Drumond, a Belo Horizonte, hanno dovuto lottare tanto - sei mesi di proteste - per ottenere un risultato favorevole alla loro causa.

 

Tra il 2011 e il 2013 la fiera che si svolgeva tutti i giovedì e le domeniche, nello stadio, è stata chiusa per dar spazio alle strutture temporanee della Coppa delle Confederazioni. Voci che questa chiusura potesse essere definitiva minacciavano 400 espositori e circa quattro mila addetti nell'indotto generato da quest’attività commerciale.

“Abbiamo tentato la via del dialogo varie volte prima di fare manifestazioni. Ma il segretario statale del settore sportivo, Eros Biondini, sosteneva che non era lui a decidere, e Tiago Lacerda, che all’epoca era in carica alla Segreteria Statale degli Affari della Coppa non ci ha mai ricevuto”, dice Thereza Marques, presidente dell’ AEFEM (l'associazione dei commercianti della Fiera del Mineirinho). La soluzione è stata scendere per le strade, o meglio, allo stadio. "L’AEFEM ha continuato ad andare al Mineirinho tutti i giovedì e le domeniche, nell’orario della fiera, chiedendo il nostro ritorno - ricorda - Eravamo circa cento persone al giorno con striscioni, cartelloni, volantini. Vendevamo caramelle al semaforo, parlavamo con la gente, raccontavamo quel che stava succedendo”.

 

Grazie al Comitato Popolare delle comunità coinvolte dalla Coppa, i commercianti hanno ampliato la loro presenza durante le prime manifestazioni di massa in città, che riceveva la Coppa delle Confederazioni a giugno. “Siamo scesi in strada, ma ora per una manifestazione più grande della nostra. Il 17 giugno siamo stati dalla Piazza 7 al Minerão e lì Claudio, nostro collega di fiera, è stato colpito in volto da lacrimogeni e spray al peperoncino ed è stato quasi arrestato… ma è rimasto fermo nella volontà di riportare la fiera al suo posto", racconta Thereza. A quel punto il governo statale ha convocato i Comitati Popolari della Coppa e le Associazioni dei commercianti della fiera. “Siamo stati chiamati per una riunione con il governatore sulla sicurezza nelle manifestazioni. È stato lì che siamo riusciti a ottenere un’altra riunione per parlare delle richieste della popolazione, tra cui la Fiera del Mineirinho”.

 

Poco dopo, la fortuna è girata. "Era il 25 giugno - non lo dimentico - quando abbiamo ricevuto la risposta di Ronaldo Pedron, assessore del Governatore, sulla possibilità di tornare ad avere uno spazio provvisorio e, dopo la Coppa, ottenere uno spazio definitivo nel Mineirinho", ricorda Thereza.

I commercianti sono tornati alla fine del 2013 e oggi occupano il primo piano dello stadio. "Siamo molto contenti. La fiera è più compatta, più fluida, ed è più facile per la gente visitarla tutta”. Ora, lottano perché questo accordo sia firmato con la nuova impresa concessionaria dello stadio.

“Abbiamo già avvertito che usciremo (per i Mondiali) solo quando avremo in mano il contratto firmato”. Non c’è ancora una data per la nuova gara.

Fortaleza:

22 comunità (favelas) ancora in lotta

A metà 2010 gli abitanti della comunità Caminho das Flores, nel quartiere Parangaba, ricevettero la visita dei tecnici inviati dal governo statale per fare il registro delle quarantacinque famiglie residenti nell’unica via della comunità. Il motivo? A 18 metri da lì sarebbe passato il primo tratto del VLT (Veicolo Leggero su Rotaie) che collegherebbe la zona est di Fortaleza al Porto di Mucuripe, a un costo di 265, 5 milioni di Reais , erogati dalla Cassa Economica Federale e dal governo statale.

 

La notizia è arrivata così improvvisa quanto inaspettata; gli abitanti non hanno più sentito parlare dell’opera fino alla fine del 2012, ricorda Thiago de Souza, abitante e membro del Comitato Popolare dei Mondiali di Fortaleza: “Solo allora il governo decise di fare una riunione con noi per spiegare cosa sarebbe stato fatto”.

La fascia di 7 metri che doveva essere ceduta al nuovo VLT significava che buona parte delle case sarebbero state "fatte fuori" dalle espropriazioni. “Nel mio caso, per esempio, ho un terreno di 135 metri. Volevano espropriarne 35”. È stato allora che la comunità si è decisa a organizzarsi e unirsi ad altre 21 comunità che vivevano una situazione simile. “Le comunità esistono da più di cinquanta, sessant’anni. E il governo con un colpo di bacchetta magica vuole distruggerle”, riassume Thiago. “Abbiamo iniziato a impegnarci quando le cose per noi si misero male" ricorda, sottolineando per esempio che il progetto del VLT non era stato presentato agli abitanti.

 

Insieme alle altre comunità sono entrati in contatto con l’Ufficio per i Diritti Umani e l’Assessorato Giuridico Popolare Frei Tito de Alencar, che ha contattato la Difesa Pubblica. “Siamo riusciti a vedere il progetto solo dopo che la difesa ha aperto una causa civile pubblica esigendo che i nostri diritti fossero rispettati”. Ci sono state tre udienze nelle quali la Difesa ha mediato le negoziazioni con il governo statale. Il risultato nel caso della comunità Caminho das Flores è che il terreno da espropriare è stato molto ridotto e gli abitanti sono riusciti a ricostruire le loro case sul proprio terreno.

 

“Nella comunità Lauro Vieria Chaves avrebbero dovuto essere rimosse 200 famiglie e siamo riusciti a ridurle a cinquanta. Anche nella comunità Alcir Barbosa sarebbero state più di duecento e siamo riusciti a ridurre a cinquanta le famiglie sgomberate”. Secondo dati ufficiali, circa 3000 famiglie avrebbero dovuto esser rimosse ma il numero è sceso a 2.185 residenze attualmente coinvolte in un processo di rimozione. Il Comitato Popolare conta 5000 famiglie a rischio, inizialmente, e dice che ci sono ancora 2500 famiglie che devono essere rimosse a causa del VLT (in varie residenze c’è più di una famiglia). “Il governo dice di essere il responsabile della riduzione di questo numero ma questo non è altro che frutto della lotta delle comunità. Se nessuno avesse resistito, oggi staremmo tutti per strada”, dice. Il Comitato continua le negoziazioni e si batte per impedire altre rimozioni forzate nell’area del VLT.

Rio de Janeiro:
Il Maraca è nostro, il Maraca è loro

(ndt. "Maraca" è un affettuoso diminutivo popolare per indicare lo stadio Maracanã)

 

Il 29 luglio del 2013 il governatore Sergio Cabral ha annuciato tramite Twitter: "Ho sentito molte manifestazioni in difesa della permanenza delle piscine (Parque Aquático) nel complesso del Maracanã. Coaracy Nunes (presidente della Confederazione Brasiliana degli Sport Acquatici) mi ha detto che mantenendole il governo risponderebbe alle esigenze del nuoto brasiliano. Davanti a questa affermazione il Parco Julio de Lamare rimarrà al suo posto." I tweet segnalavano la ritirata del governo Cabral, ampiamente festeggiata da chi protestava contro la distruzione del complesso: oltre al parco acquatico, la sede dell’ex Museo dell’Indio, occupata da rappresentanti di varie nazioni indigene, lo stadio d’atletica Célio Barros e la Scuola Municipale Friedenreich, erano ugualmente condannate alla demolizione.

“L’annuncio è iniziato per il parco acquatico, poi si è detto che non avrebbero demolito la pista d’atletica e il 5 agosto è arrivata la conferma che la scuola non sarebbe stata demolita", ricorda Carlos Ehlers, padre di due alunne della Fridenrich. La sospensione delle demolizioni era rivendicata dal Comitato Popolare della Coppa di Rio de Janeiro- uno dei più attivi in Brasile - dal 2012, ma i tweet del governo sono arrivati in un momento in cui Rio era agitata dalle manifestazioni iniziate a giugno e prolungatesi per mesi.

 

La rivolta contro la snaturalizzazione del Maracanã a causa delle opere per i Mondiali era una delle bandiere che univa i carioca ben prima delle proteste di giugno, come spiega Gustavo Mehl, membro del Comitato Popolare e appassionato del Maraca. “Il Maracanã riassumeva quel che stava succedendo in città: il processo di privatizzazione, l’autoritarismo, la mancanza di dialogo con la società civile, rimozioni, espulsione dei poveri, elitizzazione degli spazi. Ma a partire dal 2012 il Maracanã è diventato un simbolo di lotta."  L’annuncio ufficiale dei piani di demolizione è stato reso pubblico il 22 ottobre 2012, con la pubblicazione da parte del governo statale del bando di gara per la concessione.

 

Alle proteste del comitato si sono uniti gli indios, che abitavano e esponevano oggetti artigianali nell’Aldeia Maracanã (ndt. villaggio Maracanã) come è stato ribattezzato da loro l’antico Museo dell’Indio, fondato da Darcy Ribeiro; i genitori degli alunni della scuola municipale Friedenreich, al decimo posto tra le migliori del paese escondo l’indice Ideb; gli atleti che si allenavano nello stadio d’atletica Célio de Barros; e i nuotatori del Parco Acquatico Julio Lamare. Insieme, hanno iniziato a riunirsi settimanalmente divulgando le loro denunce principamente via internet - uno dei video, sulla violazione dei diritti umani nei preparativi dei Mondiali è arrivato a essere presentato all’Onu. (potete vederlo, sottotitolato in italiano, in fondo all'articolo)

 

Il velocista Nelson Rocha dos Santos, detto Nelsinho, ex campione nazionale, sudamericano e mondiale di corsa, che ha partecipato alla mobilitazione, commenta: "I social network sono importantissimi perché il resto della popolazione sia informata e con questo guadagniamo forza, guadagniamo una voce che non avevamo”. Il movimento ha anche cercato l’appoggio giuridico del Ministério Público, ha dialogato con assessori, è stato in riunione con la segreteria municipale dell’Istruzione per tentare di evitare la chiusura della Scuola. Il confronto principale è avvenuto l’8 novembre 2012, quando gli organizzatori sono riusciti a mobilitare la popolazione per presenziare all’udienza pubblica per la presentazione della gara (fino ad allora le udienze pubbliche erano state meramente formali, afferma Gustavo Mehl.)

 

“Sono intervenute più di cinquecento persone, tutte molto determinate, applaudivano e gridavano tutte insieme contro il teatrino messo in piedi per la cessione del Maracanã. Furono due ore di protesta, non ci fu udienza", segnalò allora l'agenzia indipendente di giornalismo investigativo "Agência Pública" . "Se il governo avesse mostrato maggior sensibilità avrebbe visto che quella situazione si sarebbe complicata parecchio", valuta oggi.

Sebbene Sérgio Cabral avesse annunciato che non avrebbe demolito il palazzo del Museo dell’Indio già a gennaio, il governo ha insistito nello sgombero degli indios, per destinare lo spazio ad altre finalità.

 

Il 22 marzo del 2013 la polizia militare ha invaso l’Aldeia Maracanã usando lacrimogeni contro indios e attivisti per sgombrare lo spazio. La violenza dei poliziotti è stata denunciata all’ONU dalla ONG Justiça Global. Secondo Carlos Tukano, uno dei rappresentanti indigeni, il palazzo è ora in ristrutturazione e verrà trasformato nel Museo Vivo della Cultura Indigena, che dovrebbe essere completato nell’agosto 2015. Gli indios dell' Aldeia, per contro, vogliono tornare a esporre il loro artigianato in quello spazio anche durante i Mondiali. Oggi, la scuola continua a funzionare e ne è prevista la ristrutturazione; il parco acquatico è tornato in funzione il 4 novembre dopo una chiusura di sei mesi. Ma Nelsinho continua a essere pessimista: lo stadio Célio de Barros continua a essere come prima della ritirata di Cabral. “Hanno cementato la pista e il campo, hanno distrutto il cronometro elettronico, la torre di controllo, restano in piedi solo gli spalti” - si lamenta. Oggi lì sono tutti funzionari della Odebrecht. Ciò vuol dire che in verità non è pubblico.

 

L’Agência Pública ha scoperto che, il 20 gennaio scorso, il Ministero dello Sport ha trasferito alla Segreteria Statale dello Sport e Tempo Libero di Rio attraverso La Cassa Ecomica Federale, un importo di 9,2 milioni di reais per la ristrutturazione dello stradio, “Il governo statale deve ora presentare il progetto alla Cassa Economica federale, l'organo che ha la responsabilità di seguire l'esecuzione dell’oggetto del contratto”, ha informato l’ufficio stampa.

 

"La storia si ripete", attacca Nelsinho. "Il Célio de Barros sarà usato durante i Mondiali esattamente come è stato usato durante la Coppa delle Confederazioni: come parcheggio riservato ai vip”. Ciò nonstante Nelsinho non è deluso dalla battaglia. "Ho imparato che dobbiamo organizzarci e manifestare. Non possiamo avere paura. Ho comprato anche il disco di Rappa, c’è una canzone che dice così: qual è la pace che voglio per me? Una pace senza voce, non è pace, è paura”

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