Se Bolsonaro minaccia Il Supremo Tribunale Federale in piena Avenida Paulista e l'impeachment non esce dal cassetto, è lui il vincitore del 7 settembre e la democrazia in Brasile è finita.
di Eliane Brum*, El País 08.09.2021
Il significato delle manifestazioni golpiste di Jair Bolsonaro di questo 7 settembre sarà chiaro solo nei prossimi giorni. Se Bolsonaro ha usato la macchina dello Stato per minacciare e ha dichiarato, in piena Avenida Paulista, che non rispetterà le decisioni del Supremo Tribunale Federale e, malgrado tutto questo, non gli succederà niente, il golpe avanza. Se Bolsonaro non sarà ritenuto penalmente responsabile e l'impeachment non uscirà dal cassetto del presidente della Camera dei deputati Arthur Lira, il vincitore è lui.
Questo è l'unico gioco a cui Bolsonaro sa giocare. Questa è la storia di Bolsonaro, sempre pronto ad alzare la posta oltre il limite, per vedere fin dove riesce ad arrivare. Ha iniziato a pianificare attacchi terroristici quando era ancora nell'esercito e ha continuato a sfidare la legge contando sull'impunità. Ha funzionato bene fino ad oggi. Talmente bene che è diventato presidente della Repubblica. Bolsonaro è una creatura prodotta dall'omissione e/o connivenza delle istituzioni: la magistratura e il Parlamento.
L'Avenida Paulista (ieri 7 settembre) era piena. È una minoranza? Sì, lo è. È una bolla? Sì, lo è. Chi ha pagato? Non lo sappiamo ancora. Ma da lì a dire che è stato un fiasco, andiamoci piano. Se Bolsonaro ha fatto tutto questo e resterà impunito, il golpe è andato avanti. Il futuro prossimo del Brasile non si deciderà il 7 settembre, come Bolsonaro aveva minacciato, ma nei giorni successivi. È arrivato il momento di mettergli un freno, anche se tardivamente, quasi 600.000 morti di covid-19 dopo, oltre 14 milioni di disoccupati dopo, un numero crescente di bambini e adulti che soffrono la fame dopo, e con l'inflazione che aumenta. O lo si farà adesso o vivremo giorni molto, molto peggiori.
I giorni saranno molto peggiori perché Bolsonaro non è capace di governare per affrontare realmente i problemi del paese. E lui lo sa. Non ha nessuna competenza e nessuna vocazione per il lavoro. E non permette a nessuno di governare e lavorare, perché tiene il paese al servizio del suo odio. Invece di parlare di come affrontare la fame, la miseria, l'inflazione che toglie il cibo dalla tavola, l'estensione delle vaccinazioni, la crisi idrica e la distruzione dell'Amazzonia, stiamo discutendo se Bolsonaro riuscirà o meno a invadere il Supremo Tribunale Federale. Il paese deve smetterla di essere un ostaggio.
Quello che Bolsonaro sa fare molto bene e che ha fatto molto bene anche in questo 7 settembre è minacciare, dividere e corrompere. Sa di avere talento nel manipolare odi e risentimenti e che questa è la sua carta vincente. Se non sarà fermato dalla Costituzione che oggi, ancora una volta, ha strappato sul palco del suo comizio, il Brasile arriverà al 2022 distrutto e con una parte della popolazione che non crede nel processo elettorale. Siamo seri: come difendere la democrazia se questa non è capace di impedire che un presidente usi il suo potere per dire che non rispetterà le decisioni dei tribunali?
Democrazia per cosa, se in un momento cruciale come questo, non c'è modo di affrontare un presidente che annuncia un colpo di stato dalla principale avenida del paese?
I giorni a venire saranno molto peggiori perché se Bolsonaro constaterà che può mancare di rispetto al Supremo Tribunale Federale e, il giorno dopo, riprendere tranquillamente i suoi giochi d’odio sui social, allora che altro ancora potrà fare? Ci sono strumenti nella Costituzione per fermare i presidenti golpisti e per fermare i presidenti che minacciano la parte della popolazione che gli si oppone. Se non si rispetta il diritto dei brasiliani ad essere protetti dalle istituzioni che hanno il dovere di far rispettare la Costituzione, allora non c'è già più democrazia.
Domenica prossima, 12 settembre, la destra e i partiti e gruppi che si definiscono di centro e che hanno molta responsabilità per la situazione attuale del paese e per l’ascesa al potere di Bolsonaro, convocano una manifestazione contro di lui. Del resto, dopo tutto quello che questi partiti e gruppi hanno fatto da quando sono apparsi all'orizzonte politico del paese, specialmente il MBL (ndt. Movimento Brasile Libero), il minimo che possono fare è il massimo per mettere in stato di accusa Bolsonaro. Lo devono alla popolazione.
Penso che la sinistra dovrebbe occupare questo spazio, integrarsi nella manifestazione, anche se è stata convocata dalla destra, e portarci le sue bandiere. Questo è il momento di unirsi con un unico obiettivo, quello dell’impeachment per Bolsonaro, che dovrà rispondere penalmente anche di golpismo. Prendete la vostra bandiera o il vostro cartello - e andate. Non è più possibile svegliarsi e scoprire che Bolsonaro è ancora lì. Abbiamo un genocida al potere che usa la macchina dello Stato per distruggere la Costituzione. Dobbiamo tirarlo fuori di là usando la democrazia. Bolsonaro ha tirato troppo la corda ancora una volta. Se non sarà fermato, la democrazia è finita.
*Eliane Brum è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista si occupa in particolare di Amazzonia e di periferie urbane. Collabora con El País e The Guardian e i suoi articoli appaiono anche sulla rivista Internazionale. Ha pubblicato un romanzo, Uma Duas (2011), e varie raccolte di interviste e reportage, tra cui “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro” (Arquipélago). In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere (Feltrinelli 2011). Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo. “Le vite che nessuno vede” è stato selezionato per il National Book Award 2019 ed è stata tradotta in numerosi paesi.
Oltre che su questo blog, altri articoli di Eliane Brum tradotti in italiano sono presenti sul sito Il Resto del Carlinho Utopia, qui
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