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Jair Bolsonaro: la sopravvivenza della specie nelle mani di uno dei suoi peggiori esemplari

La guerra climatica in corso in Amazzonia non ha potere atomico, ma potrebbe porre fine all'umanità

di Eliane Brum*, El País, 06.04.2022


Jair Bolsonaro
Se Bolsonaro verrà rieletto, l'Amazzonia sarà cancellata dalla mappa globale. La guerra climatica non è atomica, ma ha il potere di condannare l'umanità all'estinzione.

In passato, il Brasile era visto come il paese del futuro. Oggi, il Brasile è diventato il paese che può rendere l'umanità senza futuro.


Non sembra che la comunità globale abbia compreso questa evidente realtà, a parte quelli che seguono l'agenda climatica come priorità. Se l'avesse compresa, la guerra del clima che si sta svolgendo in questo momento in Amazzonia e nel Brasile dominato da Jair Bolsonaro sarebbe stata trattata con lo stesso rilievo della guerra condotta dalla Russia di Vladimir Putin contro l'Ucraina.


Anche la stampa brasiliana, che in gran parte non ha ancora capito che il Brasile è diventato la periferia dell'Amazzonia, dà più risalto alla guerra contro l'Ucraina che a quello che sta succedendo contemporaneamente alla Corte Suprema e nella foresta.


Questa è, dopo tutto, l'epoca in cui la velocità dei fatti e dei cambiamenti è maggiore della capacità della mente umana di adattarsi e rispondere alla catastrofe che una parte della sua specie ha provocato - e continua a provocare.


Il Brasile vive un momento molto particolare, e non si tratterebbe altro che di una maledizione che gli stessi brasiliani si sono causati, se non fosse che nel territorio del paese si trova il 60% della più grande foresta tropicale del mondo. E allora, la catastrofe in corso diventa una tragedia globale senza precedenti. Alcuni dei più importanti scienziati del clima sostengono che la foresta amazzonica raggiungerà il punto di non ritorno quando tra il 20% e il 25% del suo territorio sarà distrutto. Al momento, la foresta è già devastata al 20%. Chiunque può giungere da solo all'ovvia conclusione.


Nel frattempo, lo scorso lunedì, un nuovo rapporto del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite ha mostrato che per avere una chance di limitare il riscaldamento globale a 1,5 o anche 2 gradi, le emissioni devono iniziare a scendere non più tardi del 2025. Questo significa che abbiamo tre anni per evitare una catastrofe climatica ancora più grande. Se la foresta Amazzonica non agirà come naturale regolatrice del clima e nell'assorbire il carbonio, ci sono poche possibilità di ottenere qualsiasi controllo. Data la velocità con cui Bolsonaro e il suo governo stanno distruggendo l'Amazzonia, è possibile che entro il 2025 la foresta appartenga già in gran parte al passato.


Consapevole di trovarsi sul palcoscenico della più grande sfida globale, la Corte Suprema del Brasile (STF - Supremo Tribunale Federale) ha iniziato a votare il 30 marzo su un pacchetto di sette azioni climatiche, la maggior parte delle quali riguardanti l'Amazzonia.


La Corte brasiliana tenta di far fronte a una escalation di distruzione che ha visto aumentare la deforestazione del 138% nelle terre indigene e del 130% nelle unità di conservazione durante i primi tre anni del governo Bolsonaro, rispetto ai tre anni precedenti. Queste aree, protette dalla Costituzione, sono precisamente "aree di sicurezza climatica", come ha sottolineato Maurício Guetta, avvocato dell'Istituto Socio-ambientale, nella sua arringa davanti al STF. E stanno venendo distrutte da una serie di azioni e omissioni calcolate di Bolsonaro, delle quali hanno beneficiato diverse corporation europee e nordamericane.


La tragedia davanti alla quale il mondo tarda a svegliarsi è che la sopravvivenza della specie è nelle mani di uno dei suoi peggiori esemplari. Se i giudici della Corte Suprema del Brasile saranno all'altezza della loro responsabilità storica, Bolsonaro troverà una barriera. Non sarà sufficiente, tuttavia, per bloccare il suo progetto di distruzione qualora venisse rieletto in ottobre. Dall'epoca della ridemocratizzazione del paese, tutti i presidenti al termine del loro primo mandato sono stati rieletti, senza eccezioni.


Al momento, Luiz Inácio Lula da Silva è ancora in testa nei sondaggi, ma lo scarto tra i due ha già cominciato a ridursi. Che la recente vittoria di Viktor Orbán in Ungheria serva da avvertimento: più le democrazie liberali esitano, più l'estrema destra fascista avanza. Se Bolsonaro verrà rieletto, l'Amazzonia sarà cancellata dalla mappa globale. La guerra climatica non è atomica, ma ha il potere di condannare l'umanità all'estinzione.



*Eliane Brum è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista, vive ad Altamira, città amazzonica nella quale si è stabilmente trasferita nel 2017. Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo ed è la reporter brasiliana più premiata della storia.


Nel 2021 è stata tra le vincitrici dell'antico e prestigioso Premio Cabot di giornalismo della Columbia University. In Brasile, nel 2019, con il suo libro “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro”, ha vinto il Premio Vladimir Herzog de Anistia e Direitos Humanos, che riconosce il lavoro di giornalisti, reporter fotografici e disegnatori che attraverso il loro lavoro quotidiano difendono la democrazia, la cittadinanza ed i diritti umani.


Collabora con El País e The Guardian. Ha pubblicato un romanzo, "Uma Duas" (2011), ed altri sette libri. Ad ottobre del 2021 ha pubblicato la sua ultima opera "Banzeiro òkòtó: Uma viagem à Amazônia Centro do Mundo". I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi. In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere" (Feltrinelli 2011).


Email: elianebrum.coluna@gmail.com

Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum


Oltre che su questo blog, altri articoli di Eliane Brum tradotti in italiano sono presenti sul sito Il Resto del Carlinho Utopia, qui

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