L'uomo che governa il Brasile ha condannato una generazione a crescere e vivere senza padre o madre
di Eliane Brum*, El País 05.05.2021 (traduzione di Carlinho Utopia)
Maria, hai appena 2 anni. Uno due. E solo questi due anni separano la tua nascita dalla morte di tuo padre. Lilo Clareto è morto il 21 aprile. La causa ufficiale nel certificato di morte è: “sepsi grave, polmonite associata a ventilazione e covid (tardiva)”. Ma questa è solo la verità parziale sulla morte di tuo padre. Ti guardo, Maria, e mi preparo per la conversazione che avremo un giorno, quella in cui dovrò dirti tutta la verità.
Maria, tuo padre è stato vittima di sterminio. Tuo padre è uno degli oltre 410.000 brasiliani caduti per un crimine contro l'umanità tra il 2020 e il 2021. Mentre ti scrivo questa lettera, gli omicidi continuano a verificarsi con una media di quasi 2.400 cadaveri al giorno. Ti guardo, Maria, e tu dici ancora, con gli occhi spalancati per l’aspettativa, quando qualcuno fa rumore alla porta d'ingresso: "pà!". E poi, delusa: “pa?”.
No, Maria, tuo padre non entrerà più in casa cantando e con le mani aperte per prenderti in braccio. Mentre ti scrivo questa lettera, Maria, tuo padre è diventato cenere. Queste ceneri un giorno verranno gettate alla foce del Riozinho (ndt. Fiumicino), là dove quel fiume, piccolo solo nel nome, incontra l’Iriri, nella Terra do Meio (ndt. Terra di Mezzo), in Amazzonia.
So che anche se aspetterò finché sarai molto più grande, Maria, non sarai in grado di capire fino in fondo. Sarai già in grado di capire il pensiero di Davi Kopenawa, Sueli Carneiro e Paul Preciado, ma non riuscirai a comprendere il pensiero di un uomo che, nel corso della più grande crisi sanitaria della storia del Brasile, ha lavorato per diffondere un virus che può uccidere. E uccide.
Non importa l’età che avrai e quante lauree avrai conseguito, Maria. Non ci sarà comunque modo di comprendere un uomo che ha favorito gli assembramenti proprio quando i medici chiedevano alla popolazione di rimanere a casa. Un uomo che ha posto il veto all'uso obbligatorio di mascherine quando le popolazioni della maggior parte dei paesi del mondo le indossavano per proteggersi dalla contaminazione.
Un uomo che ha sperperato denaro pubblico in farmaci comprovatamente senza efficacia contro una malattia mortale e ha mentito alla popolazione dicendo che erano efficaci. Un uomo che ha chiamato "gripezinha" (ndt. piccola influenza) quella che ha ucciso tuo padre e quasi mezzo milione di brasiliani (finora). Un uomo che ha rifiutato i vaccini contro questa malattia che ti ha reso orfana. No, Maria, non sarai in grado di capire quest'uomo in nessuna circostanza.
Mi guarderai con i tuoi occhi scuri, le tue pupille nere, in cerca di un chiarimento. Io ti guarderò e prometto che farò del mio meglio per non abbassare gli occhi. Perché, Maria, non ho risposta. Molte teorie sono già state fatte su genocidi come Adolf Hitler, Pol Pot e Slobodan Milosevic. Ne ho già lette alcune. E molte, ne sono certa, saranno fatte su Jair Bolsonaro. E molto si scriverà anche sui brasiliani che lo hanno sostenuto al potere. Prima con il loro voto, poi con la loro fede. Così come sono stati realizzati e scritti tanti film e libri sui tedeschi medi che hanno sostenuto, con la loro azione o omissione, lo sterminio di 6 milioni di ebrei, omosessuali, rom e persone con disabilità nella Germania degli anni Quaranta. Persone che camminavano tra noi, che conversavano amabilmente nella fila per il pane e che, improvvisamente, guardandoli, ce li ritrovavamo a sbavare morte. Non chiedevano più pane, ma più armi.
Cos'è il male, Maria? Da sempre ci siamo dibattuti con questo dilemma. Fino a quando ho vissuto orrori del genere solo sui libri, avevo molti dubbi sul nominare il male. Mi sembrava troppo semplice, troppo facile. Ma oggi, Maria, dopo quello di cui sono stata testimone con il mio corpo, devo dire che il male esiste. Bolsonaro è il male, Maria. E Bolsonaro è stato generato in questo mondo, in questa epoca storica, da questa società, da questa congiunzione di geni e caso, da queste circostanze.
Bolsonaro cerca di fare il male fin da quando il Brasile sa di Bolsonaro. Era un soldato dell'esercito e già progettava di piazzare bombe nelle caserme. Per gli interessi di questo o quel gruppo, chi avrebbe dovuto fermarlo non lo ha fermato. E, impunità dopo impunità, il male ha preso il potere. E per questo, tuo padre ha perso la vita e tu sei rimasta senza padre. Tu, Maria e decine di migliaia di altri bambini. Quando finalmente sarò in grado di avere questa conversazione con te, forse ci saranno centinaia di migliaia di altre figlie e figli senza padre o madre. Perché oggi, mentre ti scrivo questa lettera, Maria, il male governa ancora il Brasile.
Interrompo il male per parlare di tuo padre. Altrimenti non riesco a sopportarlo nemmeno io, Maria. Alcune persone, con le migliori intenzioni, lo so, mi dicono che era arrivata la sua ora, che tuo papà aveva già compiuto la sua missione su questa terra. Io affermo, con tutta convinzione: non era l’ora che Lilo morisse. Al contrario, era ancora tempo che Lilo vivesse. Tuo padre mi raccontava, solo poche settimane prima, che nonostante tutta le difficoltà dell’affrontare una pandemia, stava attraversando uno dei momenti più belli della sua vita. Perché viveva innamorato di tua madre e perché aveva te, Maria. E sognava di insegnarti tutto ciò che sapeva.
Tuo padre non lo ha nemmeno saputo, Maria, ma mentre era in coma indotto all'ospedale, era stato ammesso al corso di Lettere all'Università Federale del Pará. Lui avrebbe voluto fare Archeologia, perché si era innamorato del lavoro degli archeologi in una spedizione che abbiamo fatto insieme alla Stazione Ecologica, nella Terra do Meio. Ma questa opzione non esisteva ad Altamira. Siccome tuo padre era un poeta, di luci e anche di parole, scelse il corso di Lettere. Tuo padre sapeva dire per intero “A Máquina do Mundo” (ndt. La macchina del mondo), una poesia del suo conterraneo Carlos Drummond de Andrade. E ogni volta che la diceva, i suoi occhi galleggiavano nell'acqua salata. Per tuo padre, la macchina del mondo si apriva sempre come il diaframma della macchina fotografica con cui catturava la realtà così come la vedeva. Da quando sei nata, Maria, è stata la tua realtà che trasformava in immagine. Tu e tua madre eravate, per lui, un mondo solo bello.
No, Maria, non credere nemmeno per un secondo che fosse l'ora che tuo padre morisse. Non lo era. Tuo padre, come centinaia di migliaia di brasiliani, è morto perché Jair Bolsonaro e il suo governo hanno attuato un piano per diffondere il nuovo coronavirus per raggiungere, secondo loro, quella che chiamano "immunità di gregge". Sì, Maria, come il bestiame. "Alcuni moriranno, mi dispiace, questa è la vita", era così che il presidente del Brasile diceva.
Il mondo intero e tutti gli epidemiologi rispettabili dicevano il contrario. Affermavano che era una follia, oltre che immorale. Due ministri della salute, medici, hanno lasciato il governo perché non sopportavano l'idea di essere complici di questo crimine. Ma Bolsonaro ha preferito credere in sé stesso, con la sua esperienza di quasi 30 anni di rielezioni in parlamento senza proporre nulla di utile, perché presumibilmente non voleva che "l'economia” venisse danneggiata e, con ciò, il suo progetto di rielezione.
Questo è ciò che ha dimostrato l'analisi di oltre 3.000 norme federali, condotta da un gruppo di rinomati giuristi della Facoltà di Salute Pubblica dell'Università di San Paolo. In seguito, altri studi che concludevano che una parte significativa delle morti di covid sarebbero state evitate se Bolsonaro avesse combattuto il covid sono stati pubblicati in alcune delle più importanti pubblicazioni scientifiche del mondo. Ricerche internazionali hanno mostrato che il Brasile è stato il peggiore nell'affrontare la pandemia tra tutti i paesi del pianeta.
Mentre ti scrivo questa lettera, Maria, le azioni deliberate e le omissioni deliberate di Bolsonaro e del suo governo hanno causato e continuano a causare decine di migliaia di morti evitabili. Come quella di tuo padre, Maria. Nel momento in cui ti scrivo questa lettera, le azioni deliberate e le omissioni deliberate di Bolsonaro e del suo governo hanno generato decine di migliaia di bambine e bambini orfani, piccole e piccoli brasiliani che dovranno crescere e vivere senza padre o madre. Come te, Maria.
Guardo il tuo viso paffuto di bambina e penso: come ti spiegherò il perché del tuo crescere senza padre? Ti guardo, Maria, che hai appena 2 anni, e penso: come ti spiegherò che la tua vita, anche materialmente, sarà enormemente pregiudicata perché ora tua madre dovrà sostentarti da sola? Ti guardo, Maria, che hai appena 2 anni, e penso: chi ti ripagherà, Maria, per ciò che non ha prezzo, la perdita di un padre? Chi pagherà tutte le Marie, le Clare e le Stefanie? Chi ripagherà tutti i José, i Pedro ed i Neymar? Chi, Maria?
Prima che tu alzi i tuoi occhi penetranti su di me ancora una volta, ho bisogno di parlare di nuovo di tuo padre. Quando l'ho conosciuto, Maria, era già un fotoreporter esperto. Aveva lavorato per molti anni al quotidiano Estadão ed era appena approdato alla rivista Época, la rivista dove lavoravo.
Tra le sue tante foto degne di nota c'è quella di un bambino che vive per le strade di San Paolo, un bambino condannato per la nostra incapacità di vedere. L'immagine catturata da tuo padre mostra un bambino piccolo, appena un po' più grande di te, che si toglie il ciuccio dalla bocca per dare un tiro di sigaretta. È brutale. Il ciuccio e la sigaretta, fianco a fianco in quella bocca con i denti da latte. L'infanzia che resiste chiedendo cura, l'infanzia distrutta che, senza cura, viene incenerita con una sigaretta.
Penso che solo Lilo avrebbe potuto catturare quel momento. E anche quella volta Lilo soffrì di quello che avrebbe sofferto per sempre. Ciò che tuo padre denunciava causava commozione sociale, discorsi, ma la società e lo Stato presto se ne dimenticavano. E i bambini del Brasile avrebbero continuato a morire prima di crescere.
E ora, Maria, ora sei tu la bambina che ha perso il padre. Tu e decine di migliaia di piccole brasiliane e piccoli brasiliani. Ho bisogno di fare un respiro profondo, io, che ho ancora aria. Resterà ancora ossigeno per me, Maria, quando verrà il momento della nostra conversazione, o sarò diventata anch'io un'altra vittima dello sterminio? Mentre ti scrivo questa lettera, nessuna brasiliana, nessun brasiliano è sicuro del giorno successivo. E non lo sarà fino a quando a Bolsonaro non sarà impedito di continuare a eseguire il suo piano di morte.
Ma sì, ho bisogno di respirare l'aria che ancora resta in questo paese e continuare a parlarti dell'uomo che ha ucciso tuo padre. L'analisi dei documenti firmati dal presidente del Brasile, che preferisco chiamare anti-presidente, così come le sue dichiarazioni pubbliche e i documenti e le dichiarazioni pubbliche dei membri del suo governo, almeno uno dei quali generale in servizio, mostrano l'esecuzione di un piano di diffusione per promuovere l'immunità attraverso il contagio. È la verità, è successo, i fatti sono documentati. Ma comunque, Maria, devo dirti che penso che manchi almeno un pezzo.
Non ho mai conosciuto nessuno come Bolsonaro. Qualcuno che gli assomigli in tutto, ciò che la psicoanalisi chiama "pulsione di morte". La mia esperienza di oltre 30 anni di interviste a persone di ogni tipo, inclusi assassini, stupratori e abusatori, e seguendo ogni tipo di eventi, mi mostra che i grandi avvenimenti sono prodotti dalle soggettività tanto o più che dalle oggettività. Le oggettività sono ciò che permettono alla soggettività di realizzarsi come atto. Ma la forza, la spinta, proviene da un luogo meno apparente, meno presunto e meno pronunciato.
La mia ipotesi, Maria, è che a Bolsonaro piaccia uccidere. Gli piace anche guardare la sofferenza di tutti gli altri, tranne quella dei suoi figli, che ha plasmato a sua immagine e somiglianza per raccogliere la sua eredità di distruzione. Un giorno, se avrai stomaco, Maria, posso mostrarti una serie di scene e dichiarazioni dell'uomo che oggi governa il Brasile in cui rende esplicito il suo godimento con il dolore altrui. A volte, arriva persino a ridere quando si riferisce ai morti della pandemia.
La cosa più facile, Maria, è pensare che questa sia pazzia, come se la pazzia potesse spiegare questo gusto per la morte. Non è pazzia, Maria. A Bolsonaro piace uccidere, gli piace infliggere sofferenza e guardare la sofferenza, ama vedere scorrere il sangue degli altri. Gli piace. E, purtroppo, Maria, non è il solo a provarci gusto. I suoi sostenitori in Amazzonia, Maria, dove viviamo entrambe, hanno questa stessa ansia. Proprio come Bolsonaro pianificava di far esplodere bombe nelle caserme, nel 2019 pianificarono il "giorno del fuoco" e diedero fuoco a vaste porzioni della più grande foresta pluviale del mondo.
Devo anche dirti, Maria, che Bolsonaro non ha mai nascosto i suoi gusti e le sue pulsioni. Ha già affermato che "la dittatura avrebbe dovuto ucciderne almeno 30mila", che preferiva "un figlio morto in un incidente stradale a un figlio gay", chi non è d'accordo con lui "va a Ponta da Praia". Che cosa è "Ponta da Praia", ti chiederai sicuramente. E dovrò spiegarti, Maria, che era un luogo dove venivano sotterrati i corpi degli oppositori, torturati a morte durante il regime militare che ha oppresso il Brasile dal 1964 al 1985, quando io e tuo padre eravamo bambini e poi adolescenti.
Allora saprai, Maria, di un altro triste momento nella storia del tuo paese. Bolsonaro, Maria, è il prodotto di questo capitolo oscuro in Brasile. È figlio legittimo, principalmente, dell'impunità di coloro che hanno torturato e ucciso per ordine e al soldo dello Stato. Fu lì che Bolsonaro apprese che, al servizio dello Stato, è possibile liberare tutte le pulsioni di morte, tutta la voglia di distruggere i corpi altrui, senza mai esserne ritenuto responsabile e punito. Al contrario. Come è successo a Bolsonaro, il funzionario pubblico pianifica di far saltare in aria le caserme e viene promosso capitano, poi diventa deputato e un giorno diventa presidente del Paese.
Nessuno dichiara per caso che il suo eroe è uno dei più sadici torturatori del Brasile. Sì, Maria, soffro a dovertelo dire, ma è necessario. L'eroe del presidente del Brasile è Carlos Alberto Brilhante Ustra, un uomo che ha torturato persino donne incinte e bambini grandi come te, Maria. E te lo devo ripetere, perché hai diritto alla verità: Bolsonaro non l'ha mai nascosto. Anzi. Ha pubblicamente ostentato il suo eroe come un trofeo e, nella campagna elettorale che lo avrebbe portato alla presidenza, l'immagine del torturatore è stata stampata su una maglietta. Eppure quest'uomo - quest'uomo - è stato eletto. Bolsonaro è il male, Maria. E, prima che tu alzi i tuoi occhi inquisitori nella mia direzione, ho bisogno di parlare di nuovo di tuo padre, altrimenti non avrò la forza di arrivare alla fine di questa lettera. E devo arrivarci.
Penso che tuo padre abbia imparato a vedere con Dona Geraldinha, la madre che ha imparato a leggere all'età di 92 anni perché non voleva morire cieca delle lettere, la donna dalla parola cantata che ha dato alla luce 16 bambini nelle campagne di Passos, a Minas Gerais. Nessuna sofferenza, e sono state tante, ha lasciato un segno negli occhi di tua nonna, Maria. Vorrei tanto che tu l'avessi conosciuta, perché Dona Geraldinha, come suo padre, aveva la purezza di chi in ogni momento "rinasce all'eterna novità del mondo". Dona Geraldinha ha dato a tuo padre, Maria, gli occhi per la prima volta.
Ed è stato con questi occhi, Maria, che tuo padre è diventato un fotografo capace di documentare la brutalità, l’esteso elenco delle violazioni dei diritti dei tanti Brasili, senza mai mancare di catturare la bellezza anche nelle ore più dure. Ed era in questo che tuo padre era imbattibile. Lilo capiva con un colpo d’occhio dove stava la resistenza attraverso l'allegria, le risate, la delicatezza della vita di tutti i giorni. È da questo sguardo che sono nate le sue foto migliori. Ed è con questo sguardo che le sue immagini hanno attraversato il mondo sulle pagine stampate o digitali di pubblicazioni come EL PAÍS, The Guardian, Folha de S. Paulo, Amazônia Real, Repórter Brasil e molte altre.
La mia strada ha incrociato quella di tuo padre, Maria, nel 2001, quando lavoravamo entrambi per la rivista Época. Viaggiammo insieme per la prima volta nel territorio Yanomami. Non ci eravamo mai scambiati una parola prima di questo viaggio e ci guardavamo con sospetto l’uno con l'altro. Dopo aereo, elicottero e canoa a motore, raggiungemmo finalmente il villaggio indigeno di notte, bagnati fradici dalla pioggia amazzonica. Ci offrirono vermi arrostiti alla brace e uno spazio sul lato di fuori della bella casa comune. C'era solo un'amaca, e tuo padre e io dormimmo con i piedi di uno sulla faccia dell'altro.
Piovve su di noi tutta la notte ed arrivammo all'alba tremando di freddo. Quando fece giorno fummo svegliati dalle urla dell'équipe sanitaria che stavamo accompagnando: “Per terra, no! Trattienilo per favore! Sputa qui!”. I professionisti della Ong Urihi dovevano raccogliere il primo catarro del mattino per il test della tubercolosi, la malattia portata dai garimpeiros (ndt. cercatori d'oro) che decimava - e ancora decima - le popolazioni indigene. Non abbiamo mai visto così tanto catarro nelle nostre vite. Con un debutto di questa portata, non avremmo potuto che amarci per sempre o odiarci per sempre. Tuo padre e io non ci siamo mai separati. Diventammo fratelli nell'anima e nella vita e una coppia di reporter nel giornalismo - e non abbiamo mai separato una dimensione dall'altra. Ecco perché, quando sei nata, Maria, ho avuto l'onore di essere la tua madrina.
Erano già passati due decenni dal primo reportage ed altre dozzine ne erano succedute. Nel 2017 io e tuo padre decidemmo di documentare il Brasile e il mondo dall'Amazzonia e ci trasferimmo ad Altamira. Sbarcammo in città la notte del 16 agosto e, in una tipica "lilleria", quella notte stessa, tuo padre baciava tua madre (o tua madre baciava tuo padre) sul molo in riva al fiume Xingu. Tua madre, Maria, era già una delle donne più belle della regione, ma soprattutto, Maria, un'attivista per l'Amazzonia e per i diritti delle donne nere. Sei nata da questo amore più grande del mondo, Maria, e ti sei nutrita di latte materno e manifestazioni contro Belo Monte e contro tutto quello che è male, passando di grembo in grembo, sorretta da mani segnate dal duro lavoro.
E per tutto quello che è male, tuo padre è stato ucciso, Maria. Probabilmente si è contagiato con il covid-19 documentando in video l'ecocidio prodotto dalla centrale idroelettrica di Belo Monte sulla Volta Grande del fiume Xingu. Questo crimine è già stato denunciato dalla Procura federale, ma ciò nonostante continua a perpetrarsi per la connivenza del governo Bolsonaro. Quando potrai leggere questa lettera, Maria, lo avrai già scoperto. Tuttavia, devo dirtelo. Tu, Maria, sei nata e crescerai in una città trasfigurata da un'opera corrotta e corruttrice. Altamira, Maria, è diventata la città più violenta dell'Amazzonia. In questo scenario di cataclisma climatico causato dall'azione umana, gli adolescenti hanno iniziato a suicidarsi in serie all'inizio del 2020. Maria, sia chiaro fin da adesso che imparerai da tua madre a resistere a tutte le forme di morte.
Malato fin dai primi giorni di marzo, tuo padre ha affrontato l'intero collasso del sistema sanitario pubblico in una città amazzonica. Riguardo a questo capitolo, Maria, dovrò chiederti il permesso di approfondirlo in una seconda lettera, perché c'è ancora molto da chiarire. Per ora, mi limito a menzionare che tuo padre è morto in coda per un posto in una terapia intensiva pubblica a San Paolo.
Tuo padre non è morto per strada, Maria, come è successo - e continua a succedere - a migliaia di brasiliane e brasiliani, solo perché una rete di amici ha dedicato le giornate nella ricerca di donazioni che gli hanno permesso di essere ricoverato in una unità di terapia intensiva di un ospedale privato. Tuttavia, tuo padre è morto con un debito impagabile che nemmeno tutte le raccolte fondi e le vendite di foto e magliette sono stati in grado di raggiungere. Tuo padre, fino a quando è vissuto, ha sognato così tanto di avere una casa propria che non è mai riuscito a costruire con lo stipendio di giornalista e la sua morte è costata una somma in grado di costruire diverse case. Questo è il Brasile, Maria.
Per non perdere il filo, è necessario che io continui a parlarti di tutto ciò che è male. Avrai notato, Maria, che ogni volta prolungo sempre di più i paragrafi su tuo padre perché il mio cuore si ribella alla domanda ineludibile. Questa volta, prometto, affronterò i tuoi occhi e lascerò che mi trafiggano.
Mi chiederai, Maria, con uno sguardo sanguinante, perché Bolsonaro non è stato fermato. Mi chiederai, Maria, perché le istituzioni, in tutti i settori, non hanno impedito a Bolsonaro di continuare a diffondere il virus e ad uccidere brasiliane e brasiliani. Ed io dovrò dirti che coloro che comandano le istituzioni si dividono in codardi e corrotti. Entrambi complici, poiché l'omissione è un tipo di azione.
Per non farti sentire troppo ferita dalla società brasiliana, è giusto che ti dica che ci sono già più di 100 richieste di impeachment per Bolsonaro che giacciono come ibernate nel cassetto del Presidente del Congresso. Il primo fu Rodrigo Maia, a tenerli lì, oggi è Arthur Lira, rappresentante di una fazione del parlamento formata da “deputados de aluguel” (ndt. letteralmente “parlamentari in affitto”, che si vendono al miglior offerente) chiamato “Centrão” (ndt. Grande Centro). Chi paga di più, se li prende. E Bolsonaro ha sborsato 3 miliardi di denaro pubblico in fondi extra per affittare la fedeltà di eccellentissime escrescenze. Per poter iniziare a indagare sul ruolo del governo Bolsonaro nella gestione della pandemia da parte di una commissione parlamentare d'inchiesta, è stata necessaria un'ordinanza della Corte Suprema.
Lo so, Maria, anch'io mi sento disgustata. E il vomito mi attraversa la gola quando mi obbligo a dirti che esiste ancora un'entità metafisica che chiamano “mercato”. Questa entità ha sostenuto e avallato Bolsonaro, così come il miniministro dell'Economia, Paulo Guedes, credendo di poter trarre profitto da Bolsonaro al potere. Va detto che, sebbene sia pronunciato come se fosse un'entità al di sopra del bene e del male, mossa da forze superiori, questo "mercato" è solo un club molto selezionato di umani fatti con lo stesso numero di cromosomi come me e te, ma che si appropria della maggior parte della ricchezza del pianeta. Una parte di questo club molto selezionato ha già fatto i conti e rinunciato, ma c'è chi crede ancora che Bolsonaro possa continuare ad essere di qualche utilità. Questo club si riduce a una manciata di miliardari e super milionari e un numero meno insignificante di manager sul loro libro paga.
Devo dirti, Maria, che una parte della stampa del paese si sciacqua la bocca con un collutorio antisettico prima di pronunciare o scrivere la parola "mercato", come se si stesse riferendo a una specie di Oracolo di Delfi. E, per fare riferimento ai generali e alle forze armate che hanno sostenuto (e sostengono) Bolsonaro, la dose di risciacquo raddoppia proprio come fanno gli amanti per prepararsi al primo bacio. Un giorno, forse in una terza lettera, avrò bisogno di parlarti, Maria, del feticcio dell'uniforme che assale il Brasile. Qualsiasi generale in pantofole fa tremare questa gente. Non so ancora se sia per paura o per pulsione erotica.
Lo so, Maria, lo so che sto ancora scappando dall'argomento più difficile. Scusa, ma non sarà ancora in questo paragrafo. Avrò bisogno di raccontarti qualcosa di più su tuo padre per tornare a riempirmi i polmoni d'aria dopo questa rapida incursione nelle fogne.
Voglio raccontarti che tuo padre era diventato un verbo. La definizione del verbo “lilare” si è trasformata addirittura in una maglietta, in vendita sul negozio online creato per raccogliere donazioni per le cure e anche per il tuo sostentamento e quello di tua madre. Come sta Lilo, mi chiedevano le persone? Lilando. E tutti avevano già capito che si muoveva per le strade come se il mondo fosse buono e non avesse fretta, fermandosi a raccogliere una piantina di fiori ovunque andasse senza rendersi conto che una 4X4 gli aveva fatto il pelo, poetava agli angoli delle strade, cantando il suo incredibile repertorio di MPB (Musica Popolare Brasiliana) o la collezione completa dei Pink Floyd con l'incrollabile certezza dell'amore del pubblico.
Tuo padre era così, Maria. Anche quando calpestava un campo minato cantava o poetava, come se sentisse che era necessario mantenere la leggerezza nel calpestare le bombe per non esplodere con esse. Disarmava chiunque, a volte letteralmente, con la certezza che nessuno avrebbe avuto motivo di fargli del male. Suo padre credeva che, alla fine, ci sarebbe sempre stato qualcuno disposto a lanciargli una corda per farlo uscire dal fosso già intonando un samba. E così andava avanti lilando nei tanti Brasili e fuori di essi.
Ancora una volta prego in silenzio affinché tuo padre non abbia scoperto che questa volta il buco era troppo profondo e che nemmeno tutte le corde che gli hanno lanciato medici e infermieri, così come la sua famiglia e gli amici, sono bastate per affrontare uno sterminio promosso dalla macchina dello Stato.
No, Maria, non ho ancora intenzione di riprendere questo cammino nell'oscurità. Ho ancora bisogno di raccontarti che sono andata scoprendo pian piano che c'è qualcosa in cui tuo padre aveva ancora più talento che nella fotografia. Lilo era un genio dell'amore. La rete che è stata tessuta in un solo giorno per prendersi cura di lui e ora anche di te e tua madre, è la prova della capacità di tuo padre di essere amato. E lui ricambiava. Fino a quando non è stato intubato, dallo stesso reparto di terapia intensiva, tuo padre trovava il modo di rispondere ai messaggi che riceveva da tutte le aree geografiche. Poiché non aveva più abbastanza aria e nemmeno la forza per scrivere o parlare, si affidava ad un'ampia distribuzione di emoji. L'ultimo messaggio che ho ricevuto da lui sul mio whatsapp ha un cuore, nove alberi alti, tre alberi di cocco e tre graziose piantine. Poi tuo padre si è immerso nel coma indotto.
Non avrei mai immaginato, Maria, che le nostre ultime parole scambiate sarebbero state emoji. Vent'anni fa io e tuo padre andavamo raccontando insieme i Brasili, io come reporter, lui come fotoreporter. Ho sempre pensato che quando scrivevo, aggiungevo gli occhi di Lilo ai miei. E, quando lui fotografava, aggiungeva i miei occhi ai suoi. Siamo andati in giro per il mondo in modo quasi simbiotico, e bastava uno sguardo per capirci. Devo dirti, Maria, che quando gli occhi di tuo padre sono stati chiusi, ho iniziato ad andare per i mondi, quelli di fuori e quelli di dentro, mezza cieca, barcollante, non più abituata ad avere un solo paio di occhi per raccontare le storie di questo tempo. E quando ho saputo che Lilo non li avrebbe mai più aperti, ho sentito che i suoi occhi erano stati amputati a me.
Sì, lo so Maria, è ora di affrontare i tuoi occhi ben aperti. E che mi stanno fissando. Quello che ho rimandato fino ad ora è la domanda ineludibile. Perché non fermiamo Bolsonaro?
Potrei iniziare a risponderti dicendo che il Brasile è un paese fondato sui corpi umani, quelli degli indigeni e poi quelli dei neri arrivati qui in schiavitù. Tu hai, Maria, questa storia impressa sul corpo, è la tua storia. Questo paese ha sempre convissuto con la morte violenta, credendo che fosse "normale" che esistessero gli uccidibili, le persone del tuo colore, Maria, e i non uccidibili. Il tuo popolo, Maria, ha smesso di essere formalmente ridotto in schiavitù solo poco più di un secolo fa e continua a fornire carne per le peggiori statistiche di vita e di morte. È un paese brutale, Maria, e anche l'anima dei migliori tra noi è deformata dal razzismo strutturale.
Ma non sarebbe ancora la storia intera. La mia generazione è debole, Maria, devo dirtelo. Urla molto, ma si arrischia poco nell'affrontare gli oppressori. Preferisce sempre rischiare i corpi degli altri, e a questo punto ormai, già conosci il colore del corpo di quelli che sono chiamati a sacrificarsi. Quando la tua generazione guarderà alla mia, come tu stai facendo ora, sono sicura che proveremo una vergogna più grande della vita, perché questo è il tipo di vergogna che macchia una vita. A seconda delle dimensioni dell'omissione, macchia persino un nome, ben oltre le prime generazioni.
Sì, voi, vittime del fabbricatore di orfani chiamato Bolsonaro, ci punterete gli occhi addosso e ci domanderete: “Perché non gli avete impedito di uccidere i nostri padri e le nostre madri? Dove eravate? Cosa stavate facendo?". E, infine, la domanda più dura: "Chi siete voi?".
Ti dico, Maria, che oggi siamo già segnati dalla guerra. Nessun popolo perde quasi mezzo milione di persone senza rimanere segnato. E saremo segnati per questa vergogna, per questo affronto, per questo oltraggio dell'essere testimoni dello sterminio e del ritrovarci abituati a morire o a vedere uccidere. Ho ripetuto più volte questa domanda e la ripeto ancora: come può fermare il proprio genocidio un popolo che si è abituato a morire?
È un dato di fatto, Maria, è già successo. Più di 410.000 morti segnano per sempre una società. Quello che non è dato è se permetteremo che altri più di 410.000 muoiano. In questo momento, il Congresso ha avviato una CPI (ndt. Commissione Parlamentare d'Inchiesta) per indagare sui crimini del governo Bolsonaro relativi al covid. Credimi, Maria, solo adesso, per la prima volta, la responsabilità di Bolsonaro per le morti da covid è diventata il tema principale del Brasile.
Quando leggerai questa lettera, Maria, si sarà già deciso e raccontato nei libri di storia se Bolsonaro ha continuato a uccidere il suo popolo o se finalmente, con un ritardo per sempre criminale, è stato ritenuto responsabile e fermato. Spero, Maria, ma spero tanto, che tu e tutti gli orfani abbiate qualche motivo non per perdonarci, perché è imperdonabile, ma almeno per provare meno vergogna della mia generazione. Che si possa dire, anche se tardivamente, che obbligammo le istituzioni ad adempiere al loro dovere costituzionale.
Almeno una cosa ti prometto, Maria, e la prometto anche a tutti i bambini senza madre e senza padre. Quello che è successo verrà raccontato, sarà documentato, sarà scolpito nella pietra se necessario. I figli e i nipoti di ogni autorità che si ometterà conosceranno la storia che macchierà il loro cognome. E finché troverò aria da respirare lotterò per vedere Bolsonaro rispondere dei suoi crimini in tribunale, quello del Brasile e quello del mondo. Non lo faccio per te, Maria, non sono una bugiarda. Lo faccio per me. Lo sguardo che temo di più è il mio nello specchio del bagno.
Ricordare sarà la nostra resistenza. Ricordare è sempre la nostra resistenza. E ricorderemo, Maria. E trasmetteremo questa memoria generazione dopo generazione.
Avevo programmato di terminare questa lettera parlando di farfalle. Ma non sarà come avevo programmato. Ma per non dire che non ho parlato di farfalle ti dirò allora quanto segue, Maria. Il viaggio più importante che io e tuo padre abbiamo fatto fu nel 2004. Fummo i primi giornalisti a raggiungere la Terra do Meio, nello stato del Pará, nell'Amazzonia profonda. Le foto di tuo padre e il mio testo furono decisivi per dare vita alla creazione della Reserva Extrativista Riozinho do Anfrísio. Ecco perché tuo padre ha messo una foto aerea del Riozinho sulla copertina del suo profilo Facebook e ha scritto: "Seppellite il mio cuore in un'ansa del Riozinho do Anfrísio".
Quando raggiungemmo per la prima volta Riozinho, Maria, venimmo inghiottiti da uno stormo di farfalle. Non decine o centinaia, ma migliaia. Erano gialle, di varie sfumature di giallo, e tuo padre ed io avremmo sentito per sempre di essere passati attraverso un portale. Un portale della foresta, sì, ma anche un portale dentro di noi. Da quel momento in poi, noi due abbiamo iniziato ad amazzonizarci. Maria, Riozinho è diventata per noi la terra delle farfalle gialle.
Abbiamo imparato, tuo padre ed io, a diventare natura o a ritornare natura. Anche per questo ti affermo, Maria, con tutta convinzione, che non era ora che tuo padre morisse. Bolsonaro distrugge la foresta a una velocità vista solo durante il periodo della dittatura civile-militare. Migliaia e migliaia di chilometri quadrati di mondi complessi popolati da popoli di tutte le specie, umane e non umane, sono stati cancellati dalla carta geografica. Bolsonaro ha anche distrutto la vita di oltre 410.000 famiglie, tra le quali la tua.
Con questo massacro, Bolsonaro e il suo governo hanno provocato un profondo squilibrio sul pianeta. Non si cancellano quasi mezzo milione di vite senza causare un cataclisma. So che in una società che vede le persone solo come individui e non come esseri in costante interscambio con altri esseri, questa idea è di difficile comprensione. Ma tu, Maria, sei capace di capire. Possiamo già sentire questo squilibrio nell'aria che ci manca. Ogni morto che dovrebbe essere vivo strappa il tessuto della Terra. Quello che accade in questo momento è una catastrofe di grandi proporzioni, molto, ma molto oltre un elenco di vittime.
Quando tuo padre è morto, ho fatto un sogno ad occhi aperti. Ho visto un giaguaro muoversi contornato di bianco. Non un giaguaro come lo vediamo nella foresta che vediamo, ma più simile al fantasma di un giaguaro. Ed era furioso. Il dolore che ho provato per la morte di tuo padre era il dolore di vedere le mie budella strappate a morsi. Ho capito allora che tuo padre era il giaguaro. E ho capito che dovevo lasciarlo partire. Il giaguaro allora si è addentrato nella foresta. Ti dono questo sogno, in modo che tuo padre, trasformato in giaguaro, cammini accanto a te attraverso tutte le foreste.
Tuo padre non avrà il cuore sepolto in un'ansa del Riozinho. Ma le sue ceneri saranno sparse lì dove questo fiume piccolo solo nel nome incontra l'Iriri. E spero che il portale di farfalle gialle si apra per riceverlo. Sembra semplice, perché le farfalle sono sempre state là, ma qualche giorno fa ho saputo che Bolsonaro e tutti i distruttori dell'Amazzonia prima di lui e con lui stanno rubando anche i colori delle farfalle. Scienziati del Brasile e del Regno Unito hanno scoperto che le farfalle stanno diventando grigie e marroni per mimetizzarsi in una natura morta che ha assunto il colore degli alberi bruciati e abbattuti. Sì, Maria, uomini come Bolsonaro e la sua stirpe di assassini stanno letteralmente rubando il colore del mondo.
Non voglio illuderti, Maria, con storie di speranza. Non sono quel tipo di madrina. Tu e tutte le orfane e gli orfani siete nati nel tempo in cui il lutto è lotta. E dovrete lottare - e molto - affinché il mondo in cui vivrete continui ad avere colore. Sarò al tuo fianco, con le mie parole ei miei denti.
*Eliane Brum è nata a Ijuí, nel sud del Brasile, nel 1966. Scrittrice, reporter e documentarista si occupa in particolare di Amazzonia e di periferie urbane. Collabora con El País e The Guardian e i suoi articoli appaiono anche sulla rivista Internazionale. Ha pubblicato un romanzo, Uma Duas (2011), e varie raccolte di interviste e reportage, tra cui “Brasil, Construtor de Ruínas: um olhar sobre o país, de Lula a Bolsonaro” (Arquipélago). In Italia ha pubblicato “Le vite che nessuno vede” (Sellerio 2020) ed un suo testo in "Dignità! Nove scrittori per Medici senza Frontiere (Feltrinelli 2011). Ha vinto moltissimi premi nazionali e internazionali di giornalismo. “Le vite che nessuno vede” è stato selezionato per il National Book Award 2019 ed è stata tradotta in numerosi paesi.
Site: elianebrum.com
Email: elianebrum.coluna@gmail.com
Twitter, Instagram e Facebook: @brumelianebrum
Oltre che su questo blog, altri articoli di Eliane Brum tradotti in italiano sono presenti sul sito Il Resto del Carlinho Utopia, qui
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