top of page

Le Noveau Corrier
 04.11.2013

È dedicata a Silvestro Montanaro la prima pagina di Le Noveau Courrier, il maggior quotidiano di Abidjan (Costa d'Avorio), che, nelle pagine interne, ospita una lunga ed interessante intervista al giornalista italiano che qui pubblichiamo nella traduzione italiana.

 

Gli ivoriani hanno scoperto Lei e la sua trasmissione C'era una volta grazie al documentario "La Francia in nero". Ma immaginiamo che la sua militanza per i diritti dei più deboli non sia iniziata nel 2012. Chi è Silvestro Montanaro? Perché aver scelto di lottare per i senza voce?

 

Silvestro Montanaro è solo un uomo come tanti altri. Ed è un giornalista, cioè uno che viene pagato per raccontare, con onestà, la verità. Tutta la verità. Il suo editore è questo personaggio sempre più scomodo e negato, la verità. Non i potenti. Ed insieme alla verità, il suo padrone sono i suoi lettori o chi vede i suoi reportage. E, con lo stesso peso ed importanza, coloro che gli affidano la propria storia e le proprie sofferenze. Un giornalista, poi, più di chiunque altro sente l’ingiustizia commessa ad altri, soprattutto ai più indifesi, come se fosse lui ad averla subita. Un giornalista è naturalmente la voce di chi voce non la ha. Se non lo fa… è solo un volgare truffatore.

 

A parte "La Francia in nero" quali sono stati gli altri suoi lavori importanti? Ha mai ricevuto qualche premio a livello professionale?

 

Ho avuto la fortuna di girare il mondo e vivere alcune delle sue pagine più drammatiche. Ho realizzato circa 60 reportage da un’ora e decine di trasmissioni sulle violazioni dei diritti umani, sul traffico di donne e bambini, sulle malefatte ed i crimini di tante multinazionali. Su tante guerre, soprattutto in Africa, raccontate, vergognosamente e falsamente, in occidente come guerre etniche e tribali. Ho raccontato e fatto vedere come dietro tante sanguinose crisi africane si nascondessero gli appetiti neocoloniali di tante potenze e la loro voglia di continuare a rapinare, delle sue immense risorse, il continente africano, grazie anche all’aiuto di loro

burattini messi al governo. Sempre facendo nomi e cognomi e portando prove.  Di lavori che ho realizzato e mi sono cari ne ricordo tanti. Uno su tutti gli altri. Il racconto di chi era Thomas Sankara, il grande presidente del Burkina Faso. Delle sue straordinarie idee e del suo straordinario modo di vivere. Ed io ho mostrato le prove di chi siano stati i suoi scellerati assassini grazie al supporto di alcuni governi occidentali e di presidenti-gangster dei paesi limitrofi. Credo di aver vinto ogni tipo di premio nazionale ed internazionale. Sono stato selezionato per l’Oscar del documentario. Ma il premio più bello è sempre stato per me la stima della gente di cui ho narrato le storie e il soprannome appiccicatomi da tanti africani di griot bianco. Un vero onore.

 

Com'è venuto a conoscenza della situazione in Costa d'Avorio? Dopo la sua inchiesta e la sua trasmissione, che idea si è fatta della guerra in Costa d'Avorio?

 

Seguo costantemente ciò che succede in Africa. E’ sulle vostre terre che si sono sperimentati e si sperimentano tanti dei meccanismi diabolici che oggi affliggono il mondo intero. Uno su tutti? L’uso del debito come strangolamento di interi paesi e nuova schiavitù, quella finanziaria. Il vostro straordinario paese ha vissuto un decennio di orrori. Nessuno dei protagonisti in campo può vantare mani che non siano sporche di sangue. Quello che però persino un cieco, se onesto, potrebbe notare è che una grande mano bianca esterna ha spesso interferito, se non manovrato la vostra tragedia. La Francia ha di fatto combattuto un presidente democraticamente eletto e lo ha combattuto perché ribelle ai suoi diktat ed ai propri interessi. La Francia ha voluto eliminare un’esperienza, che con tanti limiti, era comunque un’esperienza di emancipazione e sovranità nazionale.

 

Sappiamo che dopo la sua trasmissione sulla Costa d'Avorio ha subito tante pressioni sia da parte delle autorità ivoriane che da parte della RAI la sua azienda. Ci può raccontare tutto quello che ha subito dal giorno in cui la Rai trasmise La Francia in nero?

 

Le pressioni sono venute dal vostro governo attuale. Posso raccontarne una perché ne sono stato protagonista. La vostra ambasciata ha richiesto un incontro con i vertici della Rai, incontro cui ho partecipato. Erano evidentemente arrabbiati, hanno provato a raccontare le loro ragioni, hanno provato a minacciare ritorsioni economiche contro le imprese italiane operanti in Costa D’Avorio. Secondo loro, il mio racconto era frutto di un complotto. Ho spiegato che le minacce mi lasciano indifferente. Ho provato a far capire che avevo fatto semplicemente il mio mestiere, raccontando una verità evidentissima. Temo non abbiano capito. Per loro è inconcepibile che un giornalista racconti liberamente la verità.

 

L'attualità è la sospensione della sua trasmissione dai vertici della RAI. Perché secondo Lei la RAI ha scelto di sospendere la sua trasmissione?

 

Cosa abbia realmente motivato la Rai è terreno di ipotesi. Restiamo ai fatti. Prima evidenza.
C’era una volta era ormai da anni un prodotto scomodo perché troppo libero e pungente. Aveva raccontato le malefatte di troppi potenti e tanti di loro avevano fatto sentire il loro fastidio. Secondo fatto. Via via che ciò accadeva, le risorse a disposizione del programma, all’inizio osannato come programma dell’anno, sono drammaticamente diminuite rendendone sempre più difficile la realizzazione.

 

Non trova strano che per delle vicende che apparentemente non hanno niente a che vedere con le problematiche italiane lei abbia subito tutte queste avversità? Come se lo spiega?

 

Vi rispondo citando testualmente l’analisi fatta da un grande sindacato colombiano che ha espresso pubblicamente solidarietà a C’era una volta.

“I grandi poteri che governano il mondo hanno sempre tentato e tentano di controllare l’opinione pubblica attraverso la censura, le bugie e il controllo dei mezzi di comunicazione in ogni angolo del mondo. Essendo padrone della gran parte delle televisioni, delle radio, delle produzioni cinematografiche e dei grandi giornali, le grandi compagnie multinazionali incidono pesantemente sulla formazione della nostra visione della realtà.” Insomma, il mondo è sempre più interconnesso e gli interessi che lo governano non ammettono voci dissonanti o critiche. Peggio ancora se poi raccontano che in Costa D’Avorio, al costo di migliaia di vite umane e di anni di sofferenza per un intero popolo, si è scritto un nuovo capitolo di ricolonizzazione dell’Africa, di riscrittura dei suoi confini, di controllo dispotico delle sue risorse a favore del campo di interessi occidentale.

 

Una petizione on line per altro già firmata da Stefano Rodotà (candidato uscito secondo alle elezioni presidenziali italiane), Gino Strada (fondatore di Emergency), don Luigi Ciotti (presidente e fondatore di Gruppo Abele e Libera), Cecilia Strada (Presidente di Emergency), Fiorella Mannoia è stata lanciata da amici e sostenitori suoi, cosa spera da questa petizione?

 

L’obiettivo minimo è che la Rai, pagata dai soldi di tutti gli italiani, per essere servizio pubblico, rispetti la volontà dei tanti che stanno firmando la petizione, torni sui suoi passi e rimetta C’era una volta in palinsesto. L’obiettivo più grande è che tra la mia gente cresca la consapevolezza che senza buona e vera informazione su ciò che realmente accade nel nostro mondo non ci si può definire democratici. La democrazia è controllo popolare. Per esercitarlo dobbiamo essere informati. Se non lo siamo, saremo controllati dai soliti pochi interessati ai loro sporchi interessi. E se c'è buona informazione, poi, i popoli possono scoprirsi più vicini, vedere di aver gli stessi interessi, possono collaborare e lottare insieme. Credete che il popolo francese sarebbe felice di sapere di essere governato da gente con le mani sporche del vostro sangue e piene dei soldi a voi rubati?

Per questo, i potenti temono la buona informazione.

 

Lei e la sua trasmissione sono la prova che il mondo è ormai tra le mani di poteri che trascendono qualsiasi frontiera, pensa che ci sia qualche speranza che prevalga un giorno la Giustizia? Ha senso continuare a battersi per i diritti dei più deboli?

 

Il sogno di un mondo migliore ha le sue gambe, per divenire realtà, in ciascuno di noi. Senza questo sogno da render concreto, da realizzare e presto, non avrebbe senso la vita di tutti noi, il mio lavoro. Ed in giro per il mondo, anche in tante parti d’Africa, vedo tante gambe in cammino. Esperienze di governo straordinarie in Sudamerica, il protagonismo crescente delle donne, i movimenti di critica allo strapotere della finanza. Quindi, se è vero che mai come oggi c'è stata nella storia del mondo tanta concentrazione di potere nelle mani di pochi, è anche vero che la speranza è in cammino, quasi corre. Non potranno, nessuno potrà più fermarla.

 

Una battuta finale per tutti quelli che la leggeranno sicuramente numerosi?

 

La libertà, la giustizia, la felicità, non sono un dono del cielo o un regalo “generoso” di questo o quel potente. Sono solo le donne e gli uomini, che abitano questo granello di sabbia dell’universo chiamato Terra, a poter renderle possibili. Come? Impegnandosi a testa alta, lottando, perché la vita di tutti, e non solo di pochi, sia vita degna di esser vissuta, non triste sopravvivenza e schiavitù.

 

bottom of page