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Il Manifesto -
06.11.2013

C’era una volta, ventimila firme in pochi giorni
di Silvestro Montanaro

 

Quasi 20.000 firme. In pochissimi giorni e senza alcun rimbalzo dei grandi media, tranne il solito generoso Manifesto. E che firme. Non parlo solo dei Rodotà, dei Landini, degli Strada, dei Ciotti, della Mannoia, primi firmatari. Quello che colpisce di più è la firma convinta di tanta gente da ogni angolo d’Italia. Un coro a testimoniare che C’era una volta, il programma di inchieste e reportages andato in onda su Rai 3 per ben 12 anni, era vissuto come informazione, pubblico servizio.

 

Migliaia di messaggi di solidarietà gli riconoscono il merito di aver raccontato, con lo strumento dell’inchiesta e del reportage, pagine, altrimenti rimaste buie se non oscurate, dei grandi cambiamenti in corso nel il mondo, delle guerre e delle crisi da altri volutamente dimenticate, dei passaggi più turbolenti e socialmente devastanti di quello sconvolgimento planetario chiamato globalizzazione. E di averlo fatto mettendo sempre al centro dei propri racconti i volti e le voci di chi altrimenti sarebbe rimasto sconosciuto.

 

Solo, con i suoi mali ed i suoi lutti. A C’era una volta, i cui documenti hanno girato il mondo, hanno ottenuto ogni forma di riconoscimento, sono stati alla base di tante campagne di verità e sui diritti umani, si riconosce poi un racconto che ha sempre provato a legare mondi solo

apparentemente lontani, mostrando invece la comunanza crescente di regole e poteri capaci di metterne in discussione la comune quotidianità. Straordinario che a cogliere tutto questo più di tanti soloni nostrani sia tanta gente comune, sindacati, esponenti della società civile, artisti, e da più angoli del mondo.

 

La Rai rinuncia a C’era una volta e ciò viene letto come il rinunciare ad un’altra, seppur piccola, porzione dei suoi doveri di servizio pubblico. E’ un processo in corso da più anni e non solo in Italia. Qualcosa di funesto e molto grave.

Questi ultimi tempi sono stati costellati dalla chiusura di tante, troppe botteghe dell’informazione critica. E non solo in Italia. E questa sciagurata moria si da proprio mentre più urgente sarebbe la necessità del suo prodotto.

Quale democrazia è esercitabile se non vi è una corretta informazione? Vi sembra informazione il cicaleggio sui fatterelli sempre più privi di influenza, incapaci di produrre realtà, del nostro cortile di casa? Dov’è il racconto della grande finanza, il nuovo grande potere mondiale, e delle sue azioni che, quelle sì, trasformano il mondo e la nostra vita?


Dov’è la narrazione delle ragioni profonde delle tante crisi attuali? Perché la tragedia di una Grecia ridotta al baratto dal rigorismo della troika europea, i grandi cambiamenti e le idee che li sorreggono in Sudamerica, la crescita e le lotte dei lavoratori cinesi e del sudest asiatico, il racconto delle delocalizzazioni selvagge, la guerra infinita che si combatte silenziosamente tra Sahel e Mediterraneo, non trovano ospitalità sui nostri schermi casalinghi?

 

Sono davvero problemi altrui e lontani o in un mondo interconnesso, invece, ci riguardano maledettamente da vicino e conoscerli aiuterebbe la crescita di una coscienza comune, da cittadini del mondo?

 

Sotto Natale, il nostro servizio pubblico, al massimo, ci chiederà qualche lacrima per dei vip a zonzo in qualche campo profughi. Come se i profughi avessero bisogno di lacrime e spettacolo, non di giustizia. Con i soldi di questa misera operazione, avremmo realizzato 20 puntate di C’era una volta.

 

Da una settimana non sono più un autore ed un giornalista della Rai. Un po’ mi amareggia, è vero. Mi addolora per l’esito certo non bello di tanta parte della mia vita spesa in un’azienda piena di storture, devastata dalle incursioni dei partiti, ma ricca di straordinarie umanità e professionalità che andrebbero riconosciute e valorizzate. E che invece restano sempre ai margini nel continuo dilagare di dirigenti troppo spesso forgiati nei vicoli di certa politica.

 

Sarò solo un autore ed un giornalista. Un piccolo cantastorie in cerca di verità, il griot bianco come con troppa generosità mi hanno soprannominato in tanti paesi africani.

 

Un uomo che insieme ai tanti che hanno firmato e firmeranno la petizione perché C’era una volta non chiuda, continuerà a battersi per una Rai da liberare perché renda onore al suo dovere di servire il pubblico italiano aiutandolo a navigare democraticamente nel mare in tempesta dei grandi cambiamenti in corso nel mondo.

 

 

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