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27.11.2013
BASTA BUGIE
di Silvestro Montanaro
Nino Sergi e Giancarlo Leoni

«Quello che meraviglia – dice Nino Sergi, il presidente di InterSos, la ong che insieme a Unhcr  ha partecipato alla realizzazione della trasmissione – è che ci si pronunci su qualcosa che non si conosce e che solo si immagina.

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Siamo aperti a tutte le critiche, ma noi siamo lì solo per garantire che venga rispettata la dignità e per evitare la spettacolarizzazione del dolore – aggiunge -. Chi ci critica evidentemente ha paura dell’innovazione. La presenza dei personaggi famosi ha solo lo scopo di far capire al pubblico della prima serata quello che facciamo."

Sergi risponde indirettamente alla mia nota di ieri e ribadisce che senza l'aiuto e la mediazione dei vip il tema dei rifugiati non troverebbe ascolto nel grande pubblico. E' la stessa tesi del direttore di Rai 1, Giancarlo Leone.

 

Insomma, il telespettatore medio e' incapace di attenzione a certe questioni, praticamente uno stupido ammalato di gossip, e l'unico modo per fargli conoscere certe situazioni è utilizzare ciò che più ama, i suoi vip. Un racconto di altro tipo, in prima serata, farebbe ascolti vicini allo zero.

 

Frottole, bugie. Meglio ancora... colpevoli bugie, altro che innovazione. In tutti i paesi "civili" i grandi problemi vengono raccontati con lo strumento dell'inchiesta, l'unico capace di dar voce e rispettare chi quei problemi li vive sulla propria pelle.

 

Il reportage, il documentario, in altri paesi, hanno la dignità della prima serata.

Gli inglesi, gli americani, i francesi, i tedeschi, sono più sensibili ed intelligenti di noi? No. E' solo più intelligente la politica dei palinsesti delle loro televisioni.

 

La Rai, sempre meno servizio pubblico, ha rinunciato volutamente a certi linguaggi e certe proposte informative. Si è scelto in questi anni di rincorrere gli istinti più bassi del pubblico televisivo, alle volte di evocarli.

 

Eppure è un fatto che si poteva far diversamente. Vorrei, umilmente, ricordare a Sergi e Leone che un decennio fa i centralini della Rai, da Trieste a Palermo vennero intasati da migliaia e migliaia di telefonate. Per una settimana intera. E, per la prima volta nella storia della nostra televisione, pochi giorni dopo, a richiesta di pubblico, venne riproposto in prima serata un documentario andato in onda dieci giorni prima in seconda serata. "...e poi ho incontrato Madid" era ambientato proprio nel mondo dei profughi, in una delle situazioni più terribili, quella del sud Sudan.

 

Protagoniste alcune madri, gente comune, il piccolo Madid. Nessun principe e nessuna ballerina. E Madid, la mamma disperata di Chol, Nina Ghep, parlarono all'Italia intera, sollevarono emozioni e riflessioni, spiegarono la loro tragedia e le sue ragioni. Vennero raccolti 10 miliardi di vecchie lire sul conto corrente dei Missionari Comboniani. Altrettanti finirono a tante organizzazioni umanitarie. Gli italiani scoprirono un mondo sino ad allora sconosciuto. E vennero costruite scuole e cliniche, salvate 70.000 vite dalla sicura morte per fame.

 

Mi si dirà che era dieci anni fa, che bisogna innovare... Rispondo subìto. Non è così.
Era solo un'altra Rai ed un altro mondo dell'umanitario. Non ne siete neanche l'ombra.

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