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22.11.2013
L'ultimo flop di Vianello.. 
chiude C'era una volta!

di Silvestro Montanaro

 
#C'eraUnaVoltaNonDeveChiudere

La prima mail mi arriva a tarda sera , il 29 ottobre. 
Carta intestata Rai, con tanto di pubblicità annessa alla fine.


Penso. Che strano, sembra il format classico di un programma di terza serata.

 

Leggo. Il direttore di Rai 3, Andrea Vianello, si dice dispiaciuto di non aver risposto ad una mia mail precedente. Una? Erano tante, più qualche chiacchierata a quattrocchi.
 

Penso. Cominciamo male, pessimo montaggio. Il racconto televisivo deve esser veloce, sintetico. Mai a scapito della verità, però.

 

Il seguito della mail mi lascia capire che la verità è l’ultimo dei problemi di chi ha confezionato questa strana mail/show. Mi si dice che avendo io deciso di andar via per mie vicende personali, è impossibile un prosieguo di C’era una volta. In futuro, si penserà a collaborazioni esterne.

 

Mentalmente do un titolo al piccolo show inviatomi dal direttore di Rai 3, “La mediocre arte del cinismo” e rispondo. Mi tocca, sotto mezzanotte, ribadirgli ciò che sa e fa finta di ignorare. Non sono voluto andar via dalla Rai, ci sono stato di fatto costretto. Mi si è messo nelle condizioni di dover scegliere tra la salute di un mio congiunto, bisognoso di cura nel suo paese d’origine ed il restare in Rai.

 

Ribadisco che è stato un modo di procedere non solo non umano, ma aziendalmente folle. Avrei potuto continuare a realizzare i miei racconti da quel paese senza alcun problema per l’azienda se non un ulteriore risparmio di spesa. E visto che in quel paese, che io conosco, la cui lingua parlo e di cui sono in pratica cittadino, la Rai sta aprendo una sede, l’aver rifiutato la mia offerta di collaborare a parità di stipendio anche alle attività di quella sede ha dello sconcio dal punto di vista economico.

 

Chiunque lo farà al mio posto comporterà una spesa in più di alcune centinaia di migliaia di euro l’anno. Benefit e varie cui per scritto io avevo rinunciato. Infine che l’unica collaborazione che mi interessa è realizzare C’era una volta. Ora, non in un improbabile futuro. Sono pronto a produrla e fornirla, come già più volte affermato, a modalità, costi e prezzo decisi dall’azienda, non da me.
Più disponibile di cosi, non posso.

 

Alcuni minuti di interruzione (altra pubblicità?) ed arriva la seconda parte del “programma”.
Che dire? Addirittura esilarante, se un certo modo di fare può esser considerato tale.

 

Il direttore rampante si dichiara innocente rispetto alla chiusura di C’era una volta, programma che ama al punto di aver sofferto tanto in questi anni a vederlo ridotto a sole poche puntate. Mi spiega di non averlo trovato in palinsesto al momento della sua nomina. E di non aver ricevuto nuove proposte al riguardo e mi invita a sottoporgliele.

 

Sono combattuto tra la rabbia e uno scompisciamento dalle risate.

 

Il livello dello show proposto, già basso, è in caduta libera. Roba da ascolti prossimi allo zero. Esperienza frequente, ultimamente, per il nostro direttore in erba.
Ignoro il suo dolore. Dovrei essere offensivo e non mi piace mai esserlo. Rispondo che un direttore di rete non è un vigile urbano o un passacarte. Se ama un programma, lo sostiene. Se non lo trova in palinsesto, ce lo riporta. Lui non l’ha fatto nonostante di proposte ne avesse ricevute, eccome. Tutte scritte. Mail conservate gelosamente. A parte le chiacchierate in proposito.

 

Poche ore dopo, aggiorno le proposte e gliele rinvio. Ribadisco che posso produrre documentari, magari attraverso una piccola società esterna,  e che lo farò a qualsiasi modalità e prezzo lui e l’azienda vorranno proporre. Pronto anche ad eliminare il mio nome, se serve.
 

Nonostante l’esilarante mediocrità dello “show” cui ho assistito, provo a credere in una soluzione positiva di questa vicenda. Racconto a tutti voi dell’apertura di uno spiraglio di trattativa. Due settimane di silenzio. Starà riflettendo, mi illudo. Sollecito una risposta. Niente.

 

Intanto le firme della petizione assumono dimensioni da valanga. 30.000 e più. E che firme! C'è il meglio della società italiana. Ed allora con straordinario tempismo e “rispetto” per tutti noi, sempre a notte fonda (deve essere un nostro destino….) arriva l’ultima puntata dello show.

 

Dopo lunghe ed attente riflessioni, il brillante showman, costernato (le lacrime fanno ascolto?) mi comunica che è definitivo. Essendo io in prepensionamento incentivato, non è possibile alcuna mia collaborazione con la Rai.

 

C’era una volta.. c’era una volta. Fine.

 

Rispondo. Ma allora perché mi hai chiesto delle proposte? Non potevi informarti meglio e prima?
E soprattutto perché non lo hai fatto veramente visto che continui a sostenere delle non verità?

 

Sono in prepensionamento anticipato non per mia scelta. Pronto a tornare indietro sui miei passi, visto che la cosa non è ancora legalmente ratificata. Da mesi sappiamo entrambi che il prepensionamento impedisce collaborazioni. Da mesi, però, sappiamo entrambi che nulla osta a che io realizzi documentari con una società vostra fornitrice e che la Rai li acquisti nelle modalità ritenute più opportune e consentite dalla legge.

 

Continuare a parlar del già noto, quindi,  rappresenta un’inutile perdita di tempo, una violenza nei miei confronti e nei confronti del pubblico di C’era una volta e di chi ha firmato la petizione. Ed un atto di vigliaccheria. È evidente, gli rispondo, che non vuoi C’era una volta. In caso contrario avresti cercato soluzioni e le avresti trovate.

 

Abbi allora il coraggio di dirlo chiaramente. Da uomo.
Non ha risposto. Non risponderà.

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