04.12.13
IL SILENZIO DEI MISSIONARI
di Silvestro Montanaro
Volano parole grosse in queste che ore che ci separano dalla messa in onda di Mission il "socialnonsochè" di Rai 1, Intersos ed Uchnur. Che addirittura, attraverso la Dinamo società cui è stato appaltato l’ “evento”, minacciano querele e richieste di danni milionari.
Credo che invece di minacciare, tutti i protagonisti di questa banale vicenda farebbero bene a dir dei sonori grazie. Si, farebbero bene a ringraziare chi in questi mesi ha giustamente manifestato critiche e preoccupazioni.
Quello che andrà in onda, pur essendo strutturalmente un obbrobrio, a modesto parere di chi scrive, sarà profondamente diverso dal progetto originario. Se possibile, un po’ meno peggio. E lo sarà proprio grazie alla levata di scudi indignata di tanti, tantissimi. Quereleranno tutti?
Ma quel meno peggio, lascia comunque aperto il terreno a critiche radicali e a domande, ad oggi inevase, per un’inutile spettacolarizzazione del dolore altrui a fini che più che informativi, sembrano a tanti per gran parte legati al bisogno di risorse da parte delle due organizzazioni “umanitarie” coinvolte. Quelle più salienti:
Perché mai la Rai, forte di enormi risorse umane e mezzi, di tante professionalità, ha scelto di appaltare questa operazione e perché alla società Dinamo? Non poteva autoprodurre e con minori costi?
A quanto ammonteranno i costi complessivi dell’operazione? Domanda assolutamente legittima visto che si tratta di soldi del cittadino che paga il canone.
Perché mai si continua a chiamare rimborsi spesa quelli che appaiono sempre più invece dei cachet? Il rimborso spese per giornalisti, operatori e personale Rai, previsti in quelle aree, sotto il titolo piccole spese, assommano a 50 euro in media. E quali spese dovrebbero poi aver mai avuto i cosiddetti vip in zone così disagiate e prive di possibilità di spesa?
Sono informati Rai, Uchnur, Intersos che i più di diecimila euro di “rimborso spese” a vip costituiscono l’equivalente di un anno di lavoro di uno dei nostri precari più fortunati? E che la stessa somma è quanto in tutta una vita, forse, si ritroveranno tra le mani tanti dei profughi che si vorrebbe raccontare’
I vip andati in “mission” e che ora pontificano la necessità di mettersi al servizio degli ultimi, non sentono il bisogno di rinunciare a tali “rimborsi spese”?
C’era realmente bisogno dello spettacolo di un signore in panama e sciarpetta di seta che scarica qualche pacco, di un principino in difficoltà a scendere da una scala, di una soubrette con occhialoni e tuta di gran marca a far finta di cucinare, per raccontare la tragedia dei profughi?
Non c’erano tra i profughi stessi e tra i volontari che vivono insieme a loro tanti, tantissimi, capaci di farlo meglio e legittimamente? E non suona offensivo nei loro confronti e nei confronti del telespettatore l’aver preferito così “buffe” mediazioni?
È vero o no che più volte, e con risorse interne e spese all’osso, la Rai era riuscita in passato a destare l’attenzione del grande pubblico sui grandi temi del mondo, peraltro salvando decine di migliaia di persone dalla morte per fame e consentendo la realizzazione di opere da tutti giudicate un esempio di cooperazione di altissimo livello e per giunta auto sostenibili?
A chi e a cosa andranno i soldi che verranno raccolti? Non basta che si dica che andranno genericamente alle organizzazioni coinvolte e ai profughi che vedremo. Credo sia giusto e onesto dettagliare e soprattutto rendicontare. Anche da parte di Uchnur. Dovrà pure esser messo un argine ad un modo di procedere che non consente di aver chiarezza fino in fondo sui costi delle agenzie Onu.
Ad esempio, e vale anche per il resto dell’”umanitario”, qual è il rapporto tra quattrini realmente destinati a chi vive i problemi e quattrini che finiscono tra stipendi, alloggi, auto e burocrazie varie?
Ed ancora, quali sono i risultati che ci si attendeva da certe iniziative umanitarie e quanto corrispondono agli obiettivi prefissati e pubblicizzati per raccoglier fondi? Qualcuno di voi, se sbaglia, paga?
Non sono domande moralistiche, a meno che non si voglia dar del moralista a quell’umanità crescente che contesta l’industria dell’umanitario vivendone sulla propria pelle gli sprechi e le storture.
Un esempio? Potevate raccontare, ed è solo uno dei tanti esempi possibili, i profughi interni di Haiti. Non lo avete fatto e non lo farete mai. Ad Haiti si vive ancora sotto gli stracci e si muore, nonostante i miliardi delle donazioni, nonostante il vostro aiuto, di migliaia di voi e ben pagati, o forse proprio a causa di esso. Ad Haiti, e non solo ad Haiti, i vostri fallimenti li paga la povera gente.