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Gli 'amici' del Darfur

di Silvestro Montanaro (2006)
C'era una volta
Rai 3
- 01.11.2006

È l’ex-governatore del Darfur a spiegarci che quella regione è ricchissima di minerali e petrolio. E che l’interesse umanitario per la popolazione vittima della violenta guerra in corso, nasconde interessi di altra natura. Il nostro racconto parte dal Ciad, vicino di casa, dove un progetto della Banca Mondiale, organismo nato per favorire lo sviluppo dei paesi poveri, finanzia lo sfruttamento del petrolio a vantaggio della Esso. Passano anni durante i quali le trattative per l’estrazione di oro nero vengono portate a termine, assicurando i proventi alle tasche di compagnie petrolifere internazionali e familiari del presidente ciadiano, Idriss Deby nonostante i tentativi di alcune realtà locali per una migliore e più equa redistribuzione delle risorse. E i ciadiani, che sono tra i primi cinque popoli per povertà nel mondo, sono ancora più poveri. Un unico filo rosso lega questa realtà a quella del Darfur: la guerra per il controllo delle enormi risorse di quest’area contesa tra i grandi della terra. Come in Iraq, gli USA spingono per un intervento militare in Darfur. In nome di un genocidio, però, che nessuno riconosce. Le Nazioni Unite temporeggiano mentre il presidente del Sudan rifiuta anche le truppe dell’ONU. E così percossa e attonita la popolazione al nunzio sta. Quella del Darfur subisce dal 2003 un conflitto che ha reso la regione insicura, la povertà estrema e la violenza un elemento quotidiano. Saccheggi, stupri e sequestri sono stati elevati a tattica bellica da parte dei cosiddetti janjaweed, miliziani armati dal governo sudanese, e la tragedia del Darfur viene notata anche in Italia dove al Festival di Sanremo, un manipolo di artisti – capitanati da Bonolis – si tassano per far arrivare aiuti alla popolazione del Darfur attraverso Barbara Contini, l’ex governatrice di Nassirya poi divenuta senatrice del Pdl. Ma non tutto sembra essere andato per il meglio. Gli aiuti effettivamente arrivano. Ma sono pochi soldi, lamenta la Contini, che ha messo su Avamposto 55 e altri progetti correlati. E che si pregia di aver curato relazioni istituzionali nell’area tanto importanti da permettere un tavolo di trattative per la pace. Un lavoro, pare, ignorato in Italia.

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